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Autore: Vanya Imyarek    19/11/2017    8 recensioni
Italia, 2016 d.C: in una piccola cittadina di provincia, la sedicenne Corinna Saltieri scompare senza lasciare alcuna traccia di sé. Nello stesso giorno, si ritrova uno strano campo energetico nella città, che causa guasti e disguidi di lieve entità prima di sparire del tutto.
Tahuantinsuyu, 1594 f.A: dopo millenni di accordo e devozione, gli dei negano all'umanità la capacità di usare la loro magia, rifiutando di far sentire di nuovo la propria voce ai loro fedeli e sacerdoti. L'Impero deve riorganizzarsi da capo, imparando a usare il proprio ingegno sulla natura invece di richiedere la facoltà di esserne assecondati. Gli unici a saperne davvero il motivo sono la giovanissima coppia imperiale, un sacerdote straniero, e un albero.
Tahuantinsuyu, 1896 f.A: una giovane nobildonna, dopo aver infranto un'importante tabù in un'impeto di rabbia, scopre casualmente un manoscritto di cui tutti ignoravano l'esistenza, e si troverà alla ricerca di una storia un tempo fatta dimenticare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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                          CAPITOLO 11

DOVE,  PER  DISTRARSI  DAI  PROPRI  PROBLEMI  FAMILIARI,  SI  FICCA  IL  NASO  IN  QUELLI  ALTRUI

 

 

 

 

 

 

Choqo doveva riconoscere di essere alquanto stranita dall’attaccamento e dalla devozione che Chica mostrava verso Llyra. Sarà che lei non aveva mai provato sentimenti simili verso nessuno, ma le sembrava qualcosa di fin patetico dipendere tanto da qualcuno.

 Poteva sperare in maggior sanità mentale da Corinna? Non aveva molto altro, Simay non sembrava impegnato in nulla di particolarmente degno di nota al momento e Itzèn non si era più fatto sentire per la faccenda del nuovo materiale.

 

 

 

                                                                    Dal Manoscritto di Corinna

 

“Ma non è possibile, porco cazzo, è un’indecenza!”

 Il lettore avrà capito che, in quel circolo di sofisticate dame che chiacchieravano amabilmente, era alquanto raro sentire una frase del genere; e infatti proveniva dal Cortile degli Artigiani. Il fatto che i giardini imperiali fossero di solito ben riparati dai rumori di quest’ultimo è di buona indicazione sull’ira di chi proferì questa frase.

 A me, confesso, sfuggì una risatina, specie dopo aver visto le espressioni imbarazzate e attonite delle nobildonne.

 Tabllay tossicchiò. “Non è compiaciuto” dichiarò, suscitando qualche risatina nervosa.

“Ma chi è?” azzardò Qilla.

 “Corinna, vuoi andare tu a investigare? Sembri molto divertita da tutto questo” interloquì Parinya, con una proposta che, sebbene mi procurò gli sguardi di sufficienza di molte delle donne lì riunite, mi fu molto gradita. Mi alzai senza una parola ed entrai nel Cortile.

 La fonte delle imprecazioni – che nel frattempo erano continuate senza sosta – era il fabbro, uscito dalla sua bottega allo scopo apposito di stramaledire ogni singolo sacerdote di Achesay. Uhm, non era l’ordine di Simay? Che stava succedendo lì?

Notai subito dopo che anche Sayre era uscito dalla sua bottega, e stava cercando di calmarlo; la mia poca esitazione nell’avvicinarmi a chiedere svanì di colpo.

 “Vi sentono fin dal giardino delle dame” li informai.

 Il fabbro impallidì e imprecò di nuovo, dopodiché si schiaffò una mano sulla bocca. Sayre mi sorrise, con l’aria di starsi seriamente impegnando nel non ridere.

 “Ma stai zitto, Hualpa, per l’amore di tutti gli dei!” quest’ultimo era Yzda, il farmacista padre di Alasu. “Capisco la tua frustrazione, ma …”

 “Ma un corno!” sbottò l’omaccione, anche se in tono più basso. “Per te potrà anche essere un disguido di poco conto, ma …”

 “Un disguido di poco conto?! Mi hanno dato erbe mezzo avariate! Vuoi che ti curi con quelle, la prossima volta che starai male?”

 “Io sto producendo armi per una guerra! Non possono darmi i metalli sbagliati, te ne rendi conto?”

 “Io ho solo ricevuto degli achemairi che erano più schegge che pietre vere e proprie” interloquì Sayre. “Se cerchi qualcuno che se la sia cavata meglio di te contro cui urlare, sono a tua disposizione”

 Invece di raccogliere l’invito, il fabbro mugugnò qualcosa di indistinto e guardò a terra, imbarazzato. Il farmacista rivolse all’orafo uno sguardo grato.

“Ma insomma, cosa sta succedendo qui?” insistei.

 “Ci sono stati seri problemi con le distribuzioni di materiale primo al Tempio di Achesay” iniziò a spiegare Yzda.

“Diciamo pure che abbiamo sfiorato la sommossa” aggiunse Sayre. “Poveri Sacerdoti, non so se abbiano davvero ricevuto tributi così grami o abbiano voluto alleviare lo stress di una vita tanto virtuosa facendo un bello scherzo a tutti quanti …”

 “Lo stress di una vita virtuosa!” saltò su Hualpa. “Anche noi facciamo una vita virtuosa! Perché per stare qui a farci il culo per le persone più potenti dell’Impero, realizzare i migliori lavori che si possano vedere nelle nostre arti, con la costante minaccia che da un giorno all’altro salti fuori qualcuno più bravo di noi e ci soffi il posto, e intanto tutti pensano che siamo stupidi perché se siamo qui abbiamo comunque fallito il test, potremmo far sfigurare qualunque paragone di virtù i templi vogliano piazzarci davanti! Ma ce lo riconoscono? No, pensano che saremmo buoni bersagli per uno scherzo …”

“Hualpa, stavo scherzando io!” la voce di Sayre suonava un po’ angosciata a questo punto – o forse era un disperato tentativo di trattenere le risate.

 “Avranno senz’altro passato una brutta settimana” Yzda cercò di calmare gli animi.

 “Sì, ma con ogni singolo prodotto?” brontolò di nuovo il fabbro, prima di alzare la voce di nuovo. “Ehi, Conira! Vieni un attimo a dirci qualcosa!”

 Si stava riferendo a una donna in carne che passava con aria stanca. La donna – artigiana anche lei, ormai li potevo riconoscere dalle vesti nere – si trascinò lì e riuscì a mettere insieme un “Hmm?”

 “Dicci un po’ se i Sacerdoti di Tumbe ti hanno dato problemi con la tua lana di kutluqun!”

 “No” borbottò lei. “La solita quota, e di eccellente qualità. Allora è vero che tutti voi delle Arti di Achesay avete avuto delle rogne?”

 “A quanto pare, sì” sospirò Yzda.

 “Evidentemente, qualcuno di noi ha mosso offesa alla Grande Madre” teorizzò Sayre. “E come è giusto che sia, la dea punisce tutti noi per le sue colpe”

“Se è così, giuro che trovò quel blasfemo di merda e lo uso per alimentarmi la fornace” brontolò Hualpa.

 “Lasciale ai Sacerdoti, queste cose” borbottò Conira. “E’ il loro compito, intercedere tra noi e gli dei e fare la loro volontà. E adesso scusate, ma sono già in ritardo con quel nuovo abito …”

 “Lasciar tutto ai Sacerdoti … fa presto a parlare lei, che ha la sua quota e poco lavoro” brontolò Hualpa.

“Ma ha ragione. Lascia che a trattare con gli dei sia chi ci è consacrato, e torna a fare il tuo lavoro. Abbiamo oziato anche fin troppo, a star qui fermi a parlare”

 Yzda dovette ritenerla una conclusione appropriata per la sua conversazione, perché tornò dritto alla sua bottega. Vidi Alasu sbirciare dalla finestra, e le rivolsi un cenno di saluto, ricambiata. Anche Hualpa tornò ai suoi lavori, seppure in una cacofonia di imprecazioni; rimase solo Sayre, a guardarlo allontanarsi con aria divertita.

 “Hai apprezzato questo ameno spaccato di vita da artigiani?” mi chiese.

 Io sbuffai. “Se ho capito bene, al Tempio di Achesay avrebbero dovuto darvi rifornimenti e invece vi hanno dato delle patacche?”

 “Non avrei saputo esprimermi meglio”

 “Perché la dea della Terra ce l’avrebbe con voi?” fui ben attenta a far trasudare sarcasmo da ogni sillaba. Seriamente, Sayre non era affatto un brutto spettacolo da guardare, ma come si faceva ad essere così indietro?

 Lui sorrise in risposta, infliggendo un brutto colpo alla mia acida superiorità. “Potrebbe essere interpretata così. Ma ho come l’impressione che la causa sia molto più … umana”

 “Ti riferisci al tizio che l’avrebbe offesa? Patetico. Se anche fosse un sacrilego o chissà che, sarebbe colpa della dea decidere di punire tutti voi invece che lui da solo. E a parte questo …” le parole mi morirono in gola. Credo di aver già reso sufficientemente chiaro che avevo un debole per i sorrisi di Sayre, ma quello che mi rivolse in quel momento fu così bello da farmi perdere le parole e battere il cuore all’impazzata.

 “Sono felice che la pensi così!” da dove arrivava la sensazione di starmi strozzando con il battito cardiaco? “E’ così raro riconoscere che gli dei sono padroni delle proprie azioni tanto quanto gli esseri umani. Ma quello che intendo io è anche più inerente alla buona razza umana: nello specifico ai Sacerdoti di Achesay”

 “Pensi che siano stati loro a rifilarvi le peggio cose? Credono che tra voi ci sia un peccatore incallito?”

 “Per una persona così poco religiosa, stai dando loro molto credito. No, mi riferisco ai rapporti non proprio idilliaci tra la nostra Imperatrice e il Sommo Sacerdote Pacha”

 Sentire quelle parole fu come ricevere una piccola scossa elettrica. Informazioni sull’Imperatrice? Esattamente quello che mi serviva! Dovevo proseguire su questa linea di indagine (anche perché guarda un po’, mi permetteva di parlare con Sayre).

 “Come, scusa? Continua a spettegolare, per favore”

 Lui rise. “Agli ordini, ma sappi che ti sto solo riferendo quello che ho sentito io, che sono qui solo da pochi anni. Se ci sono imprecisioni, non prendertela con me”

 “E allora perché le stai raccontando in giro?”

 “Perché è l’essenza del pettegolezzo. Ti hanno già detto che Pacha e la coppia imperiale sono fratellastri, sì?”

 “No. Pacha ambiva al trono?” avrebbe potuto spiegare un’avversione così feroce di Llyra verso qualsiasi competizione.

 “Lui personalmente, tutt’altro. Ma sua madre, una delle pochissime concubine che l’Imperatore Duqas si sia concesso, ha fatto una guerra spietata alla sovrana legittima per insediare suo figlio al posto sul trono al posto di Manco”

 “E quindi Llyra ha rischiato la possibilità di diventare Imperatrice”

 “No. All’epoca era una ragazzina, non era ancora andata in sposa a nessuno. Se Pacha fosse stato scelto come successivo Imperatore, Llyra avrebbe semplicemente sposato lui, anche per contenere la dispersione del sangue degli dei”

 “E allora perché si starebbero tanto sulle scatole?”

 “Pare che Pacha non volesse saperne nulla di diventare Imperatore. Fin da giovanissimo era un fervente devoto alla Grande Madre, e non nutriva alcun interesse per le faccende politiche dell’Impero. Ambiva piuttosto alle alte posizioni che la sua nascita gli avrebbe garantito nell’ordine sacerdotale, e sognava di rendere il Tempio di Achesay un luogo di pura devozione, dove le anime dei fedeli sarebbero state esaltate e quelle dei peccatori ricondotte sulla retta via, in un futuro di fraternità e amore divino”

 Mi ricordava molto Simay. Forse Llyra si accaniva tanto contro di lui perché le ricordava il fratellastro che le stava antipatico?

“E Llyra aveva qualcosa contro tutto questo?”

 “A Llyra non poteva importar di meno delle ambizioni di Pacha. Chiunque avesse sposato, avrebbe avuto il trono. Era Pacha che, tutto preso dalla sua visione sublime della Terra, iniziò, come molti dello stesso sentore, a nutrire un certo disprezzo verso chi aveva ambizioni molto più terra terra”

 “Ti è scappato un pessimo gioco di parole”

 “Chiedo scusa. Comunque, anche prima di ricevere un’iniziazione vera e propria, iniziarono i dissidi con i fratelli interessati al regno. Non tanto con Manco, che venera tutti gli dei e dà in genere l’impressione di volere una vita relativamente tranquilla senza fare troppo chiasso, ma appunto con Llyra, che fin da bambina, ambiva alla grandezza. Aggiungici poi che queste convinzioni del giovane Pacha si sono esacerbate moltissimo durante i suoi tentativi di ricevere l’iniziazione: ha dovuto operare in diretta opposizione alla sua stessa madre, con la matrigna che gli fiatava sul collo cercando di capire cosa volesse fare veramente, e con suo padre che gli mostrava tutt’al più disinteresse, perché aveva già deciso di rendere suo erede Manco e le ambizioni degli altri suoi figli non gli interessavano. Pacha ha dovuto lottare per ottenere quello che voleva, e persone con ideologie opposte alle sue hanno avuto i loro desideri esauditi senza muovere un dito”

 “E quindi sono solo litigi tra fratelli che si rompono le scatole a vicenda?”

 “Esatto. Solo che invece di genitori e altri adulti a dirimere la lite e impedire loro di fare troppi danni, questi fratellini hanno a disposizione un popolo, servitù, e ordini religiosi”

 “Ma non ha senso, che cosa c’entrate voi della gente comune?”

 “C’entriamo perché siamo sotto di loro” replicò Sayre. “Anche i Sacerdoti di Achesay hanno ricevuto le loro beghe dalla sovrana … anche se lo ammetto: non tanto quanto noi, Sua Altezza è una donna pratica che non ama sprecare tempo ed energie in queste piccolezze. Però crede nella necessità di rimettere chi la sfida al suo posto”

 Stavo per lanciarmi in una proclamazione su quanto fossero sfigati gli abitanti di Tahuantinsuyu, che accettavano senza ribellarsi tutte le angherie che i potenti volevano infliggere su di loro nella versione esagerata di un litigio tra fratelli, quando le ultime parole di Sayre portarono una conseguenza molto logica alla mia attenzione.

 “Aspetta, vuoi dire che dopo essersi ritrovata con tutti i dipendenti sabotati, Llyra potrebbe prendere misure contro questi sacerdoti?”

 “Dopo un’offesa come questa, sospetto di sì”

 Quindi avrebbe potuto fare un attacco di qualunque tipo contro … il gruppo di Sacerdoti che comprendeva anche il figlio illegittimo di suo marito. Non avevo la più pallida idea di che ‘contromisure’ avrebbe potuto prendere Llyra, ma non sarebbe stata una buona occasione per creare un tragico incidente? Questa prospettiva non mi piaceva affatto. Accidenti a Pacha, era il superiore di Simay, e si metteva anche lui a dargli guai?

 A meno che … cos’avrebbe potuto fare incazzare la sorella più del proteggere il ragazzo che lei stava cercando di ammazzare? Improvvisamente, la situazione mi sembrò molto più rosea. Per caso avevamo appena guadagnato un alleato?

 Sussultai agli schiocchi.

“Ehi, sei ancora su questo piano dell’esistenza?” era Sayre che mi schioccava le dita sotto il naso. Lo guardai male, per non mostrare il mio imbarazzo all’essermi fatta sorprendere con la testa tra le nuvole.

 “Potrei avere cose più importanti di cui pensare che a te, sai?”

 “Ci credo solo se mi fai un esempio”

 “Se torno in ritardo Dylla mi farà ancora pulire i cessi”

 “Meno male che il mio orgoglio è resistente, quello sarebbe potuto essere un brutto colpo” sospirò drammaticamente. “Le latrine, di tutte le cose! Povero me … e ancor più povero me se non torno a lavorare, c’è già mezzo cortile che ci guarda male”

 “Colpa tua. Io sto procurando informazioni per le mie padrone”

 “Nessuno potrebbe mai pensare il contrario. Passa un sereno pomeriggio in compagnia delle tue latrine, Corinna!”

 Mi salutò con un cenno e si defilò al sicuro nell’oreficeria prima che io riuscissi a pensare a un insulto adeguato. Sbuffai e tornai a mia volta nei giardini, trovando Namina ad aspettarmi sulla soglia.

 “Volevano sapere dove fossi finita” disse atona. “Stavi parlando con l’orafo?”

 “Sì, perché?”

 Lei mi guardò stringendo le labbra. “Ti ha detto nulla a proposito di me?”

 “E perché avrebbe dovuto? Mi stava parlando delle stronzate che combinano i Sacerdoti di Achesay. Che c’entri tu?”

 Non avevo mai pensato davvero al fatto che Sayre potesse interessare anche a qualcun’altra. Certo, con un aspetto simile davo per scontato che gli morissero a dietro in molte, ma le avevo sempre immaginate come uno stereotipato branco di oche giulive da cui differenziarmi (risaltando) per il mio atteggiamento ribelle e spigliato.

 Ma non avevo mai incontrato di persona la mia ‘concorrenza’, e poterle dare una faccia e un nome … non faceva che riempirmi d’astio verso Namina. Chi le aveva detto di mettersi di mezzo? Cosa credeva di avere di tanto speciale più di me? Con quel muso perenne e l’obbedienza passiva a tutto quello che le ordinava un branco di stronze viziate … cos’aveva che sarebbe potuto interessare a Sayre?

 E sì, lo sapevo che era incredibilmente irrazionale da parte mia. Tutta la mia infatuazione per Sayre era irrazionale, io non avevo nessuna intenzione di rimanere in quel mondo, tantomeno per un ragazzo carino che conoscevo a malapena. Avrei trovato il modo di farmi portare a casa da Pachtu, e lui sarebbe rimasto lì a fare l’orafo imperiale, a un universo parallelo di distanza. Non dovevo farmi troppe fantasie, bei ragazzi ce n’erano anche dalle mie parti, quindi non aveva senso che mi mostrassi così aggressiva verso Namina.

 Il problema era che non avevo una grande tendenza alle cose razionali: rimuginai le peggiori cose su di lei per buona parte del pomeriggio.

 Il resto del tempo ebbe fortunatamente un impiego più costruttivo: riflettere bene su quello che avevo imparato a proposito di Pacha e Llyra. Sembravano proprio due bambini troppo cresciuti che si facevano i dispetti … be’, principalmente lui, l’Imperatrice per tutte le sue colpe aveva almeno la testa sulle spalle, e Sayre l’aveva confermato. A ben pensarci, questo andava a nostro vantaggio: se il Sommo Sacerdote era disposto a esporsi a rischi per qualche sciocchezza, ancora di più lo sarebbe dovuto essere per cose davvero serie, come una minaccia alla vita di uno dei suoi novizi.

 Non sapevo se Simay avesse confidato anche a lui la faccenda, ma in ogni caso, questo era esattamente il genere di informazioni che quella Qillalla mi aveva chiesto di riferire. Non appena iniziò a farsi sera, attaccai il nastro blu a una delle finestre delle zone meno frequentate del palazzo.

 

 

 

 

                                                              Dal Manoscritto di Simay  

 

 

Per coronare giustamente quei giorni di rivelazioni sconvolgenti, incertezza, paura, alleanze che non ero certo se mi avrebbero aiutato o invece peggiorato la situazione, la consegna delle scorte agli artigiani non fu il processo ordinato della volta precedente, ma una situazione che pareva uscita dalla Notte stessa.

 Le scorte destinate agli artigiani imperiali erano incredibilmente magre e scadenti. Sulle prime pensai che fosse solo un’impressione data dalla mia inesperienza, forse c’era invece stata sovrabbondanza la volta prima, ma corressi quest’impressione quando vidi le facce confuse e imbarazzate degli altri sacerdoti.

 Chacuti, il sacerdote che coordinava le distribuzioni, fece un sospiro sconfortato.

 “Proseguiremo ugualmente, come tutti i giorni” ordinò. “Speriamo che gli artigiani ci mostrino abbastanza rispetto da non protestare le decisioni del Sommo Sacerdote”

 “Signore, dev’esserci uno sbaglio” obiettò Capac. “Le quote destinate agli artigiani della città sono nettamente superiori, e dovrebbe essere il contrario. Forse il Sommo Sacerdote ha sbagliato le numerazioni …”

 “Prego che gli artigiani non diano problemi, e ti metti a darli tu, Capac?” sbottò Chacuti. “Chi ti credi di essere per contestare le decisioni di Pacha? Non mi interessano i tuoi talenti, non sei migliore degli altri!”

 Capac mormorò una scusa, guardando a terra. Non lo meritava … certo, stavamo parlando del Sommo Sacerdote, ma forse una svista poteva capitare anche a lui. Anche se le distribuzioni fossero state intenzionali, data l’eccezionalità della cosa non sarebbe stato insensato chiedere conferme.

 Rimasi zitto, però: Chacuti sembrava se possibile ancor più confuso e preoccupato di noi, e dubitavo che mi avrebbe ascoltato in uno stato d’animo simile. Come aveva detto lui, c’era da sperare nella comprensione degli artigiani.

 Le loro reazioni furono molto varie: Hualpa protestò rumorosamente e dovette essere minacciato dalle guardie per allontanarsi; l’architetto cercò di mostrarci i suoi disegni per far notare che davvero, aveva bisogno di pietre di una determinata forma e consistenza, non quei sassolini a caso; Sayre si limitò a stringere le labbra senza dire nulla, preferendo chiedermi amichevolmente come me la stessi passando prima che Capac lo scacciasse per far procedere la fila; il farmacista passò diversi secondi a fissare prima le erbe, poi noi, poi di nuovo le erbe, come se volesse chiederci perché diamine gli avessimo dato quella gramigna ma non ne avesse il coraggio.

 E noi ci sentivamo come se stessimo commettendo un’ingiustizia. Il palazzo doveva ricevere le scorte migliori, era assurdo quello che stava succedendo; ma del resto, così era stato deciso da gente più saggia ed esperta di noi. Noi dovevamo solo compiere i loro ordini.

 Ma lo stesso, fummo tutti molto contenti quando le distribuzioni finirono. Capac non cercò di chiacchierare con nessuno, la sgridata di Chacuti lo aveva reso molto meditabondo, e senza di lui io non avevo molte persone con cui parlare. Piuttosto, io avevo problemi più personali di cui occuparmi.

 Qillalla mi aveva annunciato che la cooperazione di Corinna era stata procurata senza alcun problema, e mi aveva descritto il segnale concordato per il ritrovo di informazioni, e cosa fare nel caso fosse comparso. Era una prospettiva che non mi entusiasmava per niente, ma almeno cercavo di farmela piacere: mi avrebbe permesso di occuparmi della situazione personalmente, senza importunare nessuno a parte chi davvero sembrava deciso ad aiutarmi.

 Non mi aspettavo che delle informazioni di rilievo sarebbero state procurate velocemente, fu quasi solo per scrupolo che la sera, appena prima di cena, guardai in direzione del palazzo. E mi si fermò il cuore in petto, perché vidi il nastro blu sventolare ai venti della Rinascita, attaccato a una finestra.

Già quella notte? Che la Grande Madre mi aiutasse, non ero preparato a qualcosa di simile, mi sarei fatto scoprire subito, come mi sarei giustificato davanti ai sacerdoti, la mia famiglia forse ne sarebbe stata informata, e comunque cos’aveva scoperto Corinna di così urgente, di cosa avrei dovuto preoccuparmi – basta!

Non sarebbe servito a nulla andare nel panico. Sarei stato attento a non svegliare nessuno. E avrei attinto al potere di Achesay: osavo confidare che la dea mi avrebbe aiutato, non ero quello cui fino a quel momento aveva prestato con maggior prontezza il suo potere? La magia non poteva essere usata per scopi malvagi o futili, proprio perché erano gli dei a concederla. I sacerdoti avrebbero tenuto conto di questo. Approfittarmene così, senza spiegare nulla, mi lasciava un gusto amaro in bocca, ma non potevo fare altro.

 Rimasi di umore meditabondo per tutta la serata, e durante la cena fu proprio quello a riscuotere Capac dal suo.

“Simay, cos’è quella faccia? Tu hai meno che tutti la responsabilità di quel che è successo. Hai obbedito agli ordini, devi solo andarne fiero”

 “Tu hai fatto lo stesso” obiettai. “Anzi, credo sia anche stato meglio quello che hai fatto tu. Se il Sommo Sacerdote si fosse effettivamente sbagliato, gli avresti evitato un certo imbarazzo” lui fece per replicare, ma io notai che fino a quel momento non aveva toccato cibo. “E di sicuro non c’è bisogno che tu digiuni per penitenza”

Lui ridacchiò. “Cosa? Non lo sto facendo per penitenza. Tutti i Sacerdoti già consacrati digiunano durante il giorno delle distribuzioni, offrendo quella che sarebbe la loro porzione in sacrificio alla Grande Madre. In un giorno in cui noi umani riceviamo i suoi doni, è giusto che i suoi servi le offrano qualcosa in cambio, per non rendere il suo sacrificio troppo amaro”

 Io fissai il mio piatto. Avevo già mangiato qualcosa, ma non troppo … non avevo mancato di rispetto alla dea?

“E se, di nuovo, ti guardassi attorno, noteresti che i novizi sono esonerati da questo dovere, a meno che non lo scelgano volontariamente. Come me, appunto. Lo faccio già da diversi mesi, e del resto, a sentire Pacha, il giorno della mia consacrazione non è troppo distante”

 Non stentavo a crederlo. Capac aveva sempre dimostrato una devozione rara, comprovata dal notevole potere cui poteva regolarmente attingere. E dunque non mi sarebbe convenuto seguire la sua stessa strada? Anche perché nei giorni seguenti avrei avuto molti favori da chiedere ad Achesay: l’ultima cosa che volevo era peccare di ingratitudine.

 Così misi da parte il mio piatto e, una volta che il pasto fu terminato, seguii Capac e i sacerdoti per versarne il contenuto in una buca nel terreno, che fu subito ricoperta di terra. Il novizio più anziano non mi disse nulla, né per lodarmi né per dissuadermi, limitandosi a un cenno di apprezzamento col capo. Onestamente, lo preferii a una lode esplicita.

 Prima aveva ripreso a spiegarmi, mentre gli altri mangiavano, che mostrare fiducia verso le azioni dei superiori, senza porre domande, era un segno di rispetto, quindi quel pomeriggio era stato lui ad essere nel torto. Non ero poi così d’accordo, ma ammiravo la sua volontà di mostrare devozione ai nostri maestri, perciò tacqui in proposito.

 Il momento del pasto e delle chiacchiere finì anche troppo presto per i miei gusti, riconsegnandomi alle mie preoccupazioni per quello che stavo per fare. Rimasi zitto e in disparte per tutto il resto della serata, cercando di cumulare la maggior lucidità mentale che mi era possibile. Attesi che fosse giunta l’ora di dormire sia per i novizi che per i Sacerdoti, e per sicurezza, mi accertai che tutti quelli attorno a me avessero gli occhi ben chiusi e russassero. Quando ebbi la relativa sicurezza che tutti stessero dormendo, mi azzardai a sgattaiolare fuori dal dormitorio.

 Attraversai il cortile, avvicinandomi al tempio. Al suo interno c’era un custode, ma non sarei dovuto entrare. Invece, mi inginocchiai e mormorai una preghiera alla Grande Madre. Poi visualizzai il terreno che si apriva davanti a me, creando un tunnel. Con un tremito e un fruscio, fu esattamente quello che accadde. Bisbigliai un’altra preghiera di ringraziamento, poi attraversai il passaggio che il potere della dea mi aveva appena permesso di realizzare.

 Non avevo mai eseguito niente di così complicato, e ne fui al contempo affascinato e spaventato. Avanzare nelle profondità del terreno, osservando radici di alberi e fondamenta di mura ed edifici mentre li oltrepassavo, era qualcosa che mi faceva desiderare di riprovare ancora, in altri luoghi, ad altre profondità, questo modo di vedere le cose che non avrei nemmeno potuto immaginare; d’altro canto, ero perfettamente consapevole che tutto ciò che stavo vivendo era la generosa concessione di Achesay, e che non avrei dovuto esserle ingrato, peccare di superbia o perdere la concentrazione nelle mie preghiere. A parte il sacrilegio che avrei commesso, c’era anche il pericolo che quel tunnel così intrigante mi crollasse in testa.

 Cercando di rimanere assorto in preghiera, e al contempo immaginare la prosecuzione del tunnel e cercando di capire dove fossi, sbagliai strada un paio di volte. Allora fui assolutamente convinto che fosse stata solo una grazia divina che nessuno nelle due case in cui sbucai si fosse svegliato alla mia invasione dal pavimento.

 Finalmente riuscii a trovare il giusto orientamento e ad emergere senza rischi; non ero esattamente nel punto in cui avrei desiderato spuntare, ossia appena fuori dalle mura del Tempio, ma almeno era un luogo che riconoscevo, non troppo distante. Raggiunsi di corsa le mura: come concordato, trovai Qillalla ad aspettarmi.

 Al vedermi, lei ridacchiò. “Scusami, ma ho visto zappatori più puliti. Domani dovrai faticare non poco a spiegare ai tuoi amici sacerdoti perché tu sia pieno di terra da capo a piedi”

 “Purtroppo non abbiamo altra scelta, l’hai detto tu stessa” le feci notare.

 “E lo ribadisco. Stavo solo scherzando. Ora vieni, è da questa parte per il palazzo”

 Non mi ero mai mosso di notte a quel modo. Un paio di volte ero stato a un ricevimento che si era concluso a tarda sera, ma in quei casi ero sempre stato accompagnato dai miei genitori e da diversi schiavi: camminare a quel modo, con la sola compagnia di Qillalla che conoscevo pochissimo, a un orario in cui non c’era anima viva in giro perché tutte le persone perbene erano impegnate a dormire … già, tutte le persone perbene. Che avremmo fatto, se avessimo incontrato dei criminali?

 Certo, nei quartieri nobiliari della città non era una prospettiva probabile come lo sarebbe stato in altre zone, ma comunque il rischio esisteva. Avrei dovuto ricorrere alla mia magia per difendere me e Qillalla? Io che già faticavo a mantenere la concentrazione sul pregare e scavare un tunnel, processo relativamente statico e controllabile, nello stesso momento, che avrei potuto fare con uno o più uomini, di cui non potevo controllare le mosse, e mentre mi trovavo presumibilmente nel panico? Tutto ciò di cui potevo pregare gli dei era non trovarmi in quella situazione in primo luogo.

 Per fortuna, non incontrammo anima viva, mentre procedevamo per il palazzo. Ci fermammo esattamente fuori dalle mura dei giardini.

“Sei sicura che sia ancora lì fuori?” chiesi alla mia alleata.

 “Se non è stupida, sarà ancora lì”

 Fissai il terreno alla base delle mura. “Non sono convinto che questa sia una buona idea. Ho già avuto problemi a creare un tunnel per me stesso. Se dovessi sbagliare, se dovesse crollare mentre lei è lì dentro …”

“Credi che la tua dea ti abbandonerebbe e sacrificherebbe un’innocente se non la preghi abbastanza?” ribatté Qillalla.

 “No, hai ragione” Non ero ancora davvero tranquillizzato, ma trassi un respiro profondo e ripresi la mia preghiera, nel frattempo immaginando un tunnel che si apriva sotto le mura e creava un passaggio fino ai giardini, senza danneggiare gli edifici o le piante, assolutamente sicuro da percorrere. Non mi azzardai alla minima distrazione, al minimo timore, finché non sentii forte e chiara la voce di Corinna riecheggiare dal tunnel.

“Se questo coso mi crolla in testa, giuro che torno dal mondo dei morti per farvela pagare”

Questo mi fece solo proseguire le mie preghiere con maggiore speranza ed entusiasmo, fino al momento in cui vidi la schiava fare capolino dal buco nel terreno e arrampicarsene fuori.

 “Che figata” fu la primissima cosa che disse. “Cioè, sembrava sempre sul punto di franarmi tutto addosso, però è stato impressionante. L’hai fatto tu?”

 “Per concessione della Grande Madre” mi affrettai a chiarire, rimproverandomi mentalmente per l’orgoglio che le parole della ragazza avevano suscitato in me. Dovevo solo rendere grazie alla dea, non vantarmi delle mie capacità, che non erano neppure eclatanti in confronto a quanto avevo visto fare da Sacerdoti anziani. Ero abbastanza sicuro che quella ragazza non aveva mai visto praticare magia.

 “Scusate se mi intrometto” intervenne Qillalla. “Ma abbiamo poco tempo, sembriamo dei poco di buono a stare qui fuori a quest’ora. Almeno andiamo in quel vicolo così le guardie di ronda non ci vedranno … ecco. Allora, che cos’hai scoperto?”

 “Oggi i Sacerdoti di Achesay hanno consegnato un sacco di roba scadente agli artigiani imperiali …”

 Qillalla la interruppe per girarsi a guardarmi. “E’ vero?”

 “Eravamo molto confusi noi stessi …”

 “Quindi, Corinna, hai messo il segnale per qualcosa che già sapevamo?”

 “Prima di deridere chiudi il becco e ascolta bene, o ci rimedi una figura di merda. Io ho scoperto perché c’è stata questa anomalia, e qualcuno di voi lo sapeva?”

Credo di aver strabuzzato gli occhi, guardandola. “Vuoi dire che non è stato un caso?”

 “Ecco, appunto”

Non avrei mai potuto immaginare la storia che ci riferì. A quanto pareva, un artigiano – non specificò quale – le aveva narrato di un’inimicizia tra Pacha e l’Imperatrice Llyra, nata fin dall’infanzia, e che si trascinava fino a quei giorni, esplicandosi in numerose offese. Io avevo difficoltà a conciliare l’immagine che avevo sempre avuto di Pacha, quello di un uomo saggio e benevolo, impegnato dalle gravi responsabilità del suo compito, con quello che mi stava raccontando Corinna, quello che, mi pareva, erano quasi dispetti da bambini, solo molto dannosi per gli affari di onesti lavoratori che non avevano nulla a che vedere con le sue faide familiari; ma dovevo riconoscere che spiegava molto bene l’anomalia delle consegne.

 Per giunta, non potevo dire di conoscere davvero il Sommo Sacerdote, e da quel che avevo visto e capito del generale carattere delle persone, la sua tendenza alla spiritualità poteva ben tradursi in una difficoltà ad accettare gli affari più mondani dei fratelli.

 Certo, Corinna stessa fu molto coscienziosa, e sottolineò che lei aveva solo sentito dire da qualcuno che a sua volta aveva sentito dire; ma era comunque verosimile. O magari quei pettegolezzi erano legati a verità più gravi, a più profonde cause di rivalità tra i fratelli di cui non potevamo sapere, né fare illazioni con quei pochi elementi che avevamo in mano? Non potevamo essere certi; né, a detta di entrambe le ragazze, era quello che davvero importava.

 “Il punto è che Pacha è disposto ad andare contro i desideri dell’Imperatrice” fu la risposta di Qillalla, quando io feci loro presente queste perplessità.

 “Per di più per una cazzata simile. Figuriamoci a tirargli in ballo la vita di un suo sottoposto” concordò Corinna.

 Qillalla si accigliò. “E’ una divergenza ideologica. Magari a una schiava potrà sembrare una cosa stupida, ma ti assicuro che per chi non ha come sua più alta preoccupazione il raccattare qualcosa da mangiare per la giornata, può essere molto importante. La gente ha bisogno di qualcosa che impieghi le loro giornate, e i – noi ricchi abbiamo questo”

 “Scusa tanto se non capisco la mente profonda delle persone ricche, principessa sul pisello …”

 “Principessa sul che?”

 “Ma la questione non cambia: per quanto gli piaccia blaterare di ideologia e aria fritta, si renderà anche conto che la vita di una persona è anche più importante. Oppure, se è così fanatico, lo vedrà come una conferma di quanto sia una merda sua sorella e sarà ancora più motivato a opporla, ovvero proteggendo il qui presente” mi indicò. Qillalla borbottò un assenso quasi a malincuore.

 Dire, a quel punto, che le due ragazze non si piacevano sarebbe bastato a procurare a chiunque commenti sarcastici sulla capacità di notare l’ovvio; potevo solo sentirmi a disagio in quella situazione, e chiedermi perché Qillalla e Corinna fossero così ostili l’una con l’altra. Forse si conoscevano già da prima? Improbabile, data l’estraneità della schiava a tutto ciò che riguardava Tahuantinsuyu. Era più probabile che le loro differenti condizioni sociali rendessero la loro mentalità e i loro punti di vista inconciliabili.

 Ma io dovevo davvero sorbirmele così per tutto il tempo a insultarsi e litigare?

 No, non dovevo pensare così. Dovevo essere grato a entrambe per essere così determinate ad aiutarmi in primo luogo, non criticare il loro comportamento. O meglio, dovevo aiutarle a pacificarsi tra loro, era questo ciò che un vero Sacerdote avrebbe fatto. Mi schiarii la voce.

 “Dunque suggerite di chiedere aiuto a Pacha?”

 “Che è quello che io ti avevo già detto di fare ieri” puntualizzò Qillalla.

 “E piantala di rompere i coglioni, sta cercando di decidere della sua pelle, non dando peso a ogni cosa che esce dalla tua bocca” la rimbeccò Corinna.

 Qillalla fece per ribattere, e io intervenni. “Ti ringrazio, ma non è un problema per me. Non ho bisogno che tu mi difenda”

 “E chi ti difende? Io dico quello che mi passa per la testa!”

 “Ti chiedo umilmente perdono, non mi ero resa conto che le insistenze di una patetica laica fossero qualcosa degno di parlare di una difesa”

 Volevo renderle più tolleranti l’una verso l’altra, e il risultato era stato trovarmele contro entrambe. Si poteva considerare un accordo, quello? A parte una lieve voglia di ridere per la situazione, non avevo idea di come uscirne, quindi tentai, con la massima discrezione di cui disponevo allora, di cambiare argomento.

“Chiedo scusa a entrambe, non volevo offendervi. Dunque, sarebbe meglio che chiedessimo aiuto a Pacha, ma come? Dovremo portargli delle prove …?”

 “Io non la rubo quella cazzo di lettera una seconda volta”

 “La tua dedizione ad aiutarci è commovente”

 “Disse quella che non sta rischiando niente. E comunque sono sicura che Llyra l’avrà già spostata chissà dove”

 “Non sarà necessario un secondo furto, scusami. E’ vero, avranno anche spostato la lettera. Inoltre, quella da sola non sarebbe neppure una prova sufficiente che Llyra voglia uccidermi, quindi avrebbe solo l’importanza di confermare che non mi sto inventando le mie origini … forse”

 “Scusami se lo chiedo, ma la famiglia imperiale sapeva della tresca dei tuoi genitori?” intervenne Qillalla.

“Io dico di sì, le amanti di Manco sono praticamente sotto gli occhi di tutti a palazzo”

“Che delicatezza …”

 “Ehi, è la realtà dei fatti”

 “La lettera diceva che i genitori di Manco sapevano di mia madre” mi affrettai a intervenire. “E anche Llyra viene menzionata come al corrente”

 “Allora possiamo assumere che anche Pacha sapesse di lei” dichiarò Qillalla. “Ho visto l’Imperatore alle feste, qualche volta: tu non gli somigli molto, quindi avrai preso da tua madre. E se gli dici che hai sedici anni, dovrebbe fare un rapido calcolo e capire che l’età conferma”

 Non era certo fornire una prova schiacciante, ma meglio di nulla. E poi, sarei stato attento a chiarire che io non avevo alcuna mira sul trono, dunque avrebbe solo protetto uno dei suoi sacerdoti, non assistito un sedizioso. Sotto questi nuovi cambi di prospettiva, poteva effettivamente essere sicuro chiedere aiuto a Pacha.

“D’accordo, allora è deciso. Verrete entrambe a supportare la mia versione?”

 Io sicuramente. Non so se una schiava potrebbe …”

 “Mi inventerò qualcosa, le guardie non perdono tempo a controllare le scuse di tutti quelli che escono”

 “Ma tu pensa”

 Corinna sbuffò, ma non la degnò di altra risposta. “A che ora?”

 “Pensavo a dopo l’ora del pasto di mezzogiorno. Noi abbiamo una pausa dalle nostre attività, una volta mia madre mi ha detto che alla Casa dell’Educazione è lo stesso …?”

 “Precisamente”

 “E anche a noi viene dato un momento libero a quell’ora. Di solito lo usiamo per mangiare, ma per questa volta …” Corinna alzò le spalle.

“Ammiriamo moltissimo il tuo spirito di sacrificio. Hai qualcos’altro di cui parlare? No? Allora, Simay, puoi rimandarla nel cortile? Credo che non sia prudente far durare queste riunioni più a lungo del dovuto”

 Corinna sparì minacciandomi di torture degne della notte se avessi smesso di mantenere il tunnel prima di sentire un sasso lanciato contro le mura. Feci esattamente come ordinato, pregando che non fosse stato un rumore casuale. Non fu un pensiero molto confortante, ma cercai di non soffermarmici troppo.

 Offrii a Qillalla di accompagnarla al luogo dove risiedeva, ma lei rifiutò, e insisté invece per accompagnare me, scherzando su questo mio interesse a infiltrarmi a casa sua di notte. Non riuscii a rispondere in altro modo che con balbettii imbarazzati per tutto il tragitto.

 

 

 

Di nuovo, Choqo era molto confusa. Come già sottolineato da molti, era ben strano che l’Imperatrice e il Sommo Sacerdote della Terra facessero quella specie di scambio di dispetti tra fratelli. Contrastava con quello che aveva letto di entrambi fino a quel momento, e ricordava dalle lezioni di storia che la vicenda di Pacha aveva avuto un’evoluzione ben più grave. Proprio in concomitanza del momento in cui Simay stava per chiedergli aiuto?

 Choqo aveva il forte sospetto che i futuri Imperatori – e l’assassina di Llyra – stessero per trovarsi immischiati in qualcosa di molto, molto più grave di quel che si aspettavano.

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

e finalmente, sembra che i nostri eroi abbiano fatto qualche passettino avanti nel raccattare alleati, complice Sayre che è praticamente il Gazzettino di Tahuantinsuyu. E se vi sembra irrealistico che due persone in una posizione di potere si comportino così … ricordiamoci che al momento si paventa una guerra mondiale tra due tizi che si dicono letteralmente ‘sei vecchio’ e ‘sei basso e grasso’. A parte questo, per la prima volta vediamo finalmente della magia praticata in questa storia! Cosa ve ne sembra?

Di nuovo un piccolo avviso, soprattutto per le persone che recensisco a mia volta: nella prossima settimana sarò molto poco attiva su EFP, perché ho fatto un preappello e di nuovo si applica la mia regola di non scrivere e recensire durante i periodi di esami (sto postando questo capitolo perché era già pronto). Quindi il prossimo aggiornamento sarà il 10 invece che il 3. Mi spiace, recupererò recensendo e pubblicando a raffica durante le vacanze natalizie!

Di nuovo grazie a tutti i lettori, e un grazie speciale a chi vorrà recensire!

  
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