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Autore: ADH    19/11/2017    0 recensioni
Per JK lo sfogo non era nulla di cui preoccuparsi. Protetto sotto a spesse mura in metallo, le misure di sicurezza della sua ricca casa creavano un secondo mondo sicuro e impenetrabile. Tutto ciò che accadeva fuori accadeva fuori e basta, a lui non interessava. Le persone potevano scannarsi a vicenda, compiere azioni ignobili e passarla anche liscia, finché Jungkook era rinchiuso in casa cose come quelle erano ignorate.
Ma quando sua madre fu uccisa, proprio in casa sua, sotto quelle mura che credeva sicure, allora il piccolo Jungkook iniziò a rendersi conto di quanto ciò che può accadere fuori possa irrompere nella sua tranquillità. Quando si accorse che non esiste posto sicuro, che starsene tranquillo è impossibile, iniziò a interessarsi.
Durante lo sfogo miliardi di innocenti venivano assassinati e gli artefici rimanevano impuniti. Il governo aveva deciso così, un giorno all'anno, per dodici ore, le persone avrebbero potuto fare tutto ciò che volevano. Bastavano dodici ore per tranciare vite su vite.
Ma JK deciderà di sfruttare proprio lo sfogo per ottenere vendetta.
Genere: Angst, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-A casa di un amico- 

-A fare che?-

-Ad aspettare che le dodici ore finiscano-

-Senza fare niente? Tu resterai con noi?-

-No-

-Dove andrai?-

-A fare il mio lavoro-

-Voglio venire anche io-

-No-

JK fu di nuovo rifiutato. E allora si comportò come si sarebbe comportato un bambino. Mise le braccia conserte e un muso storto gli comparve in viso. Sembrava che ignorasse completamente il fatto che lì fuori, fuori dal camion, c'erano cadaveri, esplosioni, armi da fuoco capaci di ridurti in groviera, persone nel panico e assassini. Teste decapitate, pazzi rabbiosi e armati fino ai denti, mucchietti di cadaveri, negozietti derubati e la lista era talmente lunga che scriverla sarebbe seccante e disgustante allo stesso tempo. 

-Chi è questo amico?- Jungkook continuava con le domande, imperterrito. E Suga iniziava ad aver voglia di puntargli una pistola alla tempia, e in quel momento capì perché i suoi scagnozzi se l'erano presa con lui poco prima.  

-Se te lo dico insulterai mia madre, perciò lo scoprirai quando arriveremo- 

-Perchè dovrei farlo? Da chi stiamo andando?-

-Uhm...- Suga sospirò affranto e, pur di tenerlo buono, decise di dirgli da chi stavano andando. Ma fece la scelta sbagliata, a quanto pare. 

-Kim Seokjin- 

Jungkook chiuse è riaprì gli occhi un paio di volte, sbattendo le ciglia come avesse voluto creare vento per allontanare le parole che gli erano appena giunte all'orecchio.

-Come? Non ho sentito-

-Ti devo fare lo spelling moccioso? K I M  S E O K J I N-

Le lettere formavano di sicuro un nome che JK on gradiva sentire. 

-Figlio di puttana! Fatemi scendere!-  

-Ecco, appunto-

-Quel riccone ermafrodita sul colle? Mi prendi in giro Yoongi?! Non andrò mai nella casa di quell'assassino snob che si crede migliore di tutti e tutto-

-Che si creda migliore di tutti e tutto hai ragione, in effetti, ma non è come la gente lo inquadra. Vedrai- 

-No, io non vedrò, perché adesso mi fate scendere-

Nello sbraitare adirato quelle parole alcune persone curiose dettero un'occhiata, mentre la maggioranza restò a sguardo basso, impaurita. 

Kim Seokjin era il figlio di una delle famiglie più ricche di tutta l'America. Non aveva solo soldi e fama, ma era anche affascinante. Per lui era successo assicurato in tutto ciò che faceva. Ma suo padre era conosciuto per essere un grandissimo sostenitore dello Sfogo. Durante gli anni aveva ucciso talmente tanta gente, ogni anno, che era sparsa la voce che la popolazione povera si era dimezzata per colpa sua. Tutti pensavano che il figlio fosse della stessa pasta del padre, mentre alcuni avevano stranamente deciso di inquadrarlo come l'opposto. 

Kim Seokjin restava segregato nel suo castello principesco sulla pendenza di una collina, abbastanza in alto da essere visto da tutto il paese. Jungkook, a guardare quell'imponente casa a gettare un ombra sulla sua cittadina, provava sempre quella sensazione di odio che ti fa venire voglia di picchiare il primo sconosciuto che ti capita di fronte.  

Una volta successe anche. Era talmente fuori di se, perché aveva saputo che il padre di Seokjin aveva licenziato un ammontare immenso di lavoratori onesti, solo perché un giorno si era svegliato e aveva deciso di chiudere una della sue tantissime fabbriche, che dette un pugno ad un ragazzetto occhialuto che era venuto da lui a chiedergli informazioni stradali.

Per colpa di quel gesto azzardato lo mandarono in terapia per il controllo della rabbia, in oltre dovette pagare una bella multa, ma ne valse la pena.

Suga abbassò il volume della voce, facendo capire a JK che quello di cui stavano parlando era un argomento che doveva essere sentito solo e soltanto da loro due. 

-Credimi Jungkook, Jin è contro Lo Sfogo, è l'opposto del padre. Vive da eremita perché non ha la faccia per presentarsi alla gente comune in città, sa che ha la fama di assassino spietato e non vuole essere trattato male dalla gente. Jin ci aiuta, ospita le persone che salviamo nella sua magione e con i suoi fondi ci rifornisce di armi, mezzi di trasporto e aiuti vari. Ha anche pagato un'ambulanza per rimanere attiva anche dopo lo Sfogo. E' un tipo a posto, e quando lo incontrerai capirai.-

Jungkook non era ancora convinto. Anzi, era convinto, ma soltanto del fatto che appena lo avesse visto gli avrebbe mollato un cazzotto proprio sulla mandibola e magari vedere se nelle vene avesse banconote al posto del sangue. 

-Non sei convinto eh?- Suga non si sforzò molto a convincerlo, sapeva che non sarebbe servito.

-Ma, aspetta un secondo. Jin non si mette in pericolo se si espone così? Gli altri ricconi sanno che durante lo Sfogo aiuta una fazione nemica? Dopotutto, tutti quelli che straripano d'oro sono favorevoli allo Sfogo-

-E' pericoloso sì, ma non corre rischi. Suo padre è troppo influente, uccidere suo figlio sarebbe un errore mortale, letteralmente. Lo sanno sia i ricchi che i poveri, toccare Jin equivale a suicidio. Suo padre, per quanto bastardo, ci tiene al figlio. Ma comunque è trattato da alieno da praticamente tutti. Questo è un altro motivo per cui non esce mai-

-Ma se salva le persone perché le voci continuano a girare sul suo conto?-

-Probabilmente chi salviamo non parla, forse per paura che il padre di Jin li accoppi. Sai com'è... vuole "riparare" agli errori del figlio-

Jungkook rimase spiazzato. E' cresciuto con l'imponetene casa Kim a ridergli in faccia, e adesso veniva a sapere che non stava ridendo di lui, ma stava solo fissando da lontano la vita che scorreva mentre veniva isolata da tutto il resto.

Per un po' provò compassione, ma pensando al padre di Kim Seokjin quel poco di compassione venne esclusa senza troppi sbattimenti. 

-Il padre è considerato un Dio, tutti quelli favorevoli allo sfogo vorrebbero avere la stessa crudeltà e la stessa sete di sangue, oltre che agli stessi incassi. Jin deve essere considerato la pecora nera della famiglia...- continuò JK.

-Lo è. Il padre è violento, ma fortunatamente adesso che vive da solo non ha più problemi con lui. Fatto sta che grazie a Jin abbiamo salvato tantissima gente riconoscente, molte persone stanno cambiando impressione su di lui. Anche se restano in silenzio-

Il camion si fermò bruscamente. 

Gli uomini armati scesero per primi, poi toccò a JK e a Suga, e dopo di che i soldati e Suga aiutarono tutti i passeggeri a scendere. 

Due uomini uscirono da una gigantesca magione. Sembrava un'abitazione uscita da un giallo poliziesco. Grande quanto un castello e dall'aria costosa, doveva aver avuto decine di stanze. JK riusciva ad intravedere una grandissima piscina nel giardino.

La casa era una fortezza inespugnabile, finestre e porte erano chiuse da un spessa lastra di metallo, c'erano delle telecamere in vista su praticamente ogni angolo dell'abitazione e era abbastanza ovvio che ce ne erano altrettanto nascoste. 

Vicino all'abitazione c'era una specie di bunker, si vedeva solo il tetto perché il resto era sotterranea. 

"E' lì che andremo a finire?" JK si chiese se non soffrisse di claustrofobia, perché a vedere le scale che portavano al buio bunker impallidì di botto. 

I due uomini si precipitarono al camion, uno di loro, alto con la carnagione abbronzata, si riferì a Suga. 

-Un altro carico?- aveva una voce stanca ed estremamente profonda. 

Suga annuì sorridendo, poi salutò entrambi con un gesto del capo.  

Il primo era alto e magro, indossava un camice da medico e si portava a presso una gigantesca borsa. Jungkook poteva vedere delle macchioline rosse sulle mani e sugli abiti del ragazzo, probabilmente tra quelli che salvavano c'erano un sacco di feriti. 

Il secondo era alto e incredibilmente affascinante. Da quello che JK intuì, quello doveva essere Jin.

Un ragazzo di pressoché la sua età, forse più grande. Pelle chiara e labbra piene, aveva i capelli tinti di rosa, i suoi occhi erano grandi ed espressivi, aveva delle spalle incredibilmente ampie, ma non erano sproporzionate al resto del corpo, anzi, forse gli davano un'aria ancora più principesca. Dai suoi abiti al suo aspetto, Jin dava l'impressione di un miliardario. Se avesse dovuto nascondersi o travestirsi, di sicuro non ci sarebbe riuscito. 

Mentre Jungkook fissava come un maniaco Jin, quest'ultimo finì con il ricambiare lo sguardo. A quel punto Suga decise di fare le dovute presentazioni, nel frattempo gli alleati di Suga stavano aiutando le persone, stavano spiegando cosa stava succedendo e gli stavano invitando ad entrare nella magione. Una porta di metallo, quella dell'entrata, stava lentamente liberando le porte in legno pregiato 

-Jungkook...- indicò prima Jin e poi Nam -Kim Seokjin e Kim Namjoon- 

 

   
 
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