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Autore: LaMicheCoria    20/11/2017    1 recensioni
“Come puoi non vedere?” lo canzona il suo doppio “Come puoi, oh Dio degli Inganni, non accorgerti del tranello di cui sei vittima e carnefice?”
[1.Battlefield][2. Tony Stark - Gemma Dell'Anima] [3. Doctor Strange - Gemma Del Potere] [Loki - Gemma Della Realtà]
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cause Nobody Wants To Be The Last One There :.'
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The Poet And The Pendulum

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1.    The Songwriter’s Dead
Battlefield

 

Il silenzio deflagrò in mezzo a loro e l’impatto spazzò via le ossa dei morti, i resti dei caduti.
La stanchezza si sollevò come l’onda durante la marea, scavalcò la testa e le spalle, si infranse contro le ginocchia e li fece tremare, rese insicuri i loro piedi e trascinò il cuore ben oltre le fondamenta dello stomaco.
Il campo di battaglia brillava allo scintillare immobile delle stelle; i loro volti vacui, filamentosi li fissavano curiosi; le mandibole dei Chitauri schioccavano e sbatacchiavano, seminascosti dalla spuma iridescente dei portali ancora aperti. Le creature allungavano gli artigli, attendevano ringhiando nel ventre delle Navi Madri, tuttavia osavano oltrepassare il sottile confine tra loro e le stelle.
Il loro Padrone era morto.
Il Padrone dei Chitauri era morto.
Il Lord dell’Infinito era morto.
Il suo corpo mastodontico aveva sollevato una nube tale da nascondere i contorni del mondo a chi era sopravvissuto per vedere la tanto agognata e sofferta caduta di Thanos.
Un evento di tale portata meritava di essere accolto con grida di gioia, sorrisi di sollievo, dalla consapevolezza di aver appena scongiurato la più grande minaccia all’intero Multiverso: quel cadavere, quel trofeo di stazza inaudita simboleggiava la fine del terrore.
L’intero Multiverso, ora al sicuro, poteva dirsi finalmente salvo dagli occhi crudeli di Thanos, dal suo sguardo in grado di sondare l’Anima degli avversari, e dalle sue mani capaci di imbrigliare in un sol gesto la Mente, il Tempo e la Realtà, di incatenare tra le dita il Potere e ridisegnare i confini dello Spazio.
Il Multiverso poteva finalmente gioire e danzare sotto la volta del cielo e la presenza vigile degli Eterni fino all’albeggiare e poi oltre, fino all’imbrunire.
Perché Thanos era morto, Thanos, il Padrone dei Chitauri, il Lord dell’Infinito aveva cessato di spadroneggiare e uccidere.
Il Multiverso poteva finalmente festeggiare una vittoria come mai prima di allora.
Ogni vittoria, tuttavia, reclama per sé un tributo.
Sempre.
Il  prezzo grande o piccolo sia, non può aspettare di essere pagato, il debito deve essere saldato immediatamente: non si può rimandare, non si può attendere il momento più opportuno, non si può nemmeno tentare di essere pronti.
Il prezzo della vittoria è una spada di Damocle pronta a cadere all’ultima goccia di sangue versato.
E la spada era caduta.
Era stato un attimo. Un battito di ciglia.
Il respiro spezzato e il cuore che gelava e il sangue come piombo nelle vene e la cassa toracica ripiegata su se stessa a stritolare i polmoni e lo sterno spaccato e le costole in frantumi e i muscoli che si gonfiavano e poi si rinsecchivano e le membra che s’appesantivano gravando sulle ossa e tagliando i legamenti e fracassando le articolazioni e la testa che cascava all’indietro sul collo molle e gli occhi a seguire  il movimento del capo all’interno delle orbite rovesciandosi bianchi a guardare immoti le profondità del cranio e la bocca che perdeva colore e s’apriva, si spalancava a vomitare fiato voce e sangue.
E il corpo che, infine, cadeva.
Crollato e collassato sulla terra dura, coperto di polvere, il boato del contraccolpo come un ruggito nella notte, onde di dolore propagatesi a scuotere i nervi e la coscienza.
Il loro sguardo, spalancato e incredulo, le ginocchia che si abbandonavano a terra e si genuflettevano dinanzi ad uno spettacolo terribile e definitivo.
Nel mezzo dello sgomento, Quill si era alzato e Drax con lui e Gamora, chiuse le palpebre raccapriccianti di Rocket, li aveva accompagnati a sollevare le membra divelte; lo tennero sulle spalle, il capo piegato, gli occhi semichiusi e l’iride affaticata seminascosta tra le ciglia.  I loro passi spossati si trascinavano a stento sul terreno brullo, incespicando nella polvere ed ogni passo accumulava pena e lutto sulla schiena, piegandola, curvandola, fino a quando, troppo stremati per continuare, non si lasciarono andare e caddero, prima Gamora, quindi Star-Lord e infine Drax, colpito più dallo sguardo dell’uomo di fronte a lui che dalla battaglia appena conclusa.
Drax il Distruttore conosceva quello sguardo.
Conosceva il rimpianto delle cose non dette, delle cose fatte, delle cose che sarebbero potute essere e non sarebbero state mai: le aveva provate sulla pelle e nella carne e la sua mente sconvolta aveva gridato per ore e ore e ore, per albe e tramonti rossi come il sangue. Gridava e giurava vendetta e nel mentre il suo cuore rattrappiva nel torace e piangeva ricordi e memorie e speranze e più le piangeva più le perdeva e lo abbandonavano e andavano a nutrire, sconvolte, il suo rancore bollente come acido.
Per questo non disse nulla, quando l’uomo strisciò verso di loro, una lingua lucente e vermiglia a segnare il percorso del suo dolore. Non disse nulla, perché conosceva la sofferenza che riempiva l’addome, un vuoto dalle fauci spalancate e pronte a divorare e sbranare.
Pronte a distruggere.
E nel mentre che l’uomo si aggrappava a quel corpo tanto caro, gli eroi vennero vicini e si fecero loro intorno, li nascosero agli occhi dell’Universo e della realtà, bandirono il tempo dal frammento Non-Spazio che avevano così ritagliato e rimasero in silenzio.
Ammutoliti dalla Morte e dalle ferite che Thanos aveva loro inferto e forse non sarebbero mai guarite del tutto.

   
 
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