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Autore: Sospiri_amore    21/11/2017    2 recensioni
TERZO LIBRO DI UNA TRILOGIA
Elena se ne è andata via da New Heaven appena finite le scuole superiori, da ragazza ha lasciato gli USA per l'Europa. Tutte le persone a cui ha voluto bene l'hanno tradita, umiliata e usata.
Dopo quattordici anni, ormai adulta, Elena incontrerà di nuovo le persone che più ha amato e odiato nella sua vita, si confronterà con loro rivivendo ricordi dolorosi.
Torneranno James, Jo, Nik, Adrian, Lucas, Kate, Stephanie, Rebecca più altri personaggi che complicheranno e ingarbuglieranno la vita di Elena.
Come mai Elena è tornata in America?
Chi è il padre di suo figlio?
Elena riuscirà a staccarsi dal passato?
Chi si sposerà?
Riusciranno i vecchi amici a trovare l'armonia di un tempo?
Elena riuscirà ad amare ancora?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ora o mai più





... continua la scena del capitolo precedente...

 

(CAPITOLO MOLTO MOLTO LUNGO. HO PREFERITO NON DIVIDERLO)

 

Stretta in me stessa cammino avanti e indietro. Il mio appartamento è piccolo, a malapena riusciamo a stare comodi io e Sebastian, figuriamoci con tutte quelle persone e gli scatoloni stipati in ogni angolo.

 

Ho la gola secca e brucia.

Ho urlato fino allo sfinimento.

Mi sento in trappola e non posso fuggire.

Mi sento oppressa e non riesco a parlare.

 

Cammino avanti e indietro e li fisso tutti.

James.

Rebecca.

Jo.

Stephanie.

Lucas.

Adrian.

E Kate, la mia cara amica Kate.

 

«Elena, calmati. Siamo qui per aiutarti. Cosa significano questi scatoloni?». Kate prova ad intercettare il mio sguardo, ma l'unica cosa che ottiene è un mio grugnito.

«Cerca di prendere fiato. È ora di dirci cosa ti turba, non puoi andare avanti così. Hai un aspetto orrendo, sembra che tu non stia mangiando da giorni, le tue occhiaie paiono disegnate con un pennarello. Elena. Elena. Parla. Vedrai che starai meglio».

«Non parlo con te. Mi hai tradita. Deve essere l'aria di New Heaven che contagia le persone perché non riesco a capacitarmi di come tu abbia potuto farmi una cosa del genere», le dico senza tante cerimonie.

 

James si piazza di fronte a me bloccando la mia camminata ansiosa.

 

«L'ho costretta io. Ci sono troppe cose che non tornano. Nik che non torna in ufficio. Tu che sparisci dall'infermeria e ti trovo a curiosare tra i cassetti di Caroline. Che diavolo sta succedendo? Perché Kate ci ha chiesto di venire tutti qui?». James mi fissa con durezza. «Mi avevi promesso che quando saresti stata pronta ci avresti spiegato tutto della tua fuga di quattordici anni fa e adesso stai per fare la stessa cosa. Ora è il momento per parlare». 

 

Stephanie trattiene le lacrime, mentre Jo scalpita sul posto. Lucas e Rebecca mi guardano con freddezza, mentre Adrian pare confuso. 

 

«Non potevo far altro che chiamarli e portarli da te. Liberati di quello che provi. Butta tutto fuori. Te ne prego, Elena», mi supplica Kate.

 

Nessuno di loro ha idea di cosa mi frulli nella testa. 

Immagini confuse di rincorrono: i baci di James, le confidenze con Jonathan, le chiacchiere con Stephanie, le litigate con Rebecca, le discussioni con Lucas e le risate con Adrian. Poi Kate. Una vita insieme, una vita vissuta come fossimo sorelle.

Le immagini cambiano.

Bugie.

Tradimenti.

Sotterfugi.

Falsità.

Tanta falsità.

 

Andrew.

 

«Ho bisogno di un bicchiere d'acqua», dico con voce roca andando verso la cucina.

Nessuno mi ferma, ma sento gli sguardi di tutti seguire ogni mia mossa.

Bevo in un sorso il liquido trasparente. Appoggio le mani sul piano della cucina cercando di prendere fiato.

 

Ora o mai più, mi ripeto un milione di volte prima ti trovare il coraggio di tornare in sala.

 

Tutti sono nella stessa posizione in cui li ho lasciati, immobili come statue di gesso.

 

«Vorrei che mi lasciaste finire di parlare prima di dire qualsiasi cosa. Ve lo chiedo come favore personale. Anche se non mi sopportate o mi detestate, vi chiedo questa gentilezza», dico a tutti i presenti che annuiscono silenziosi.

 

Prendo fiato.

Riempio i polmoni con più aria possibile.

 

È l'ora.

 

«Mio padre e Nik non sanno perché me ne sono andata da New Heaven e non ho frequentato Yale. Nessuno lo sa a parte Kate. Le ho parlato qualche mese fa dopo molti anni e ho chiarito cosa mi abbia spinto a fare una cosa del genere visto che anche lei era coinvolta in tutta questa faccenda».

 

Le facce di tutti assumono un'espressione tra il sorpreso e lo stranito.

 

«Ricordate il ballo di fine anno? Ricordate tutto quello successo l'ultimo anno? Credo che per farvi capire il perché del mio gesto sia il caso che pensiate al momento esatto in cui James è arrivato davanti all'ingresso del Teatro della scuola prima che venisse eletta la reginetta», dico io.

 

Resto in silenzio per qualche secondo vedendo la perplessità dipinta sui loro volti.

 

«James ed io avevamo discusso poco prima nel parcheggio della scuola. Lui mi rimproverava il fatto di aver discusso con Nik e di aver perso la fiducia di un professore tanto importante. Era furioso. Le nostre strade si sono separate in quel momento».

 

James annuisce. Ha la fronte aggrottata come se cercasse di ricordare. «Se non mi sbaglio eri andata a prendere una cosa in macchina, poi mi hai scritto un messaggio che l'avevi dimenticata a casa».

 

Sento il mio cuore battere più forte di un tamburo.

Sento le mani formicolarmi per l'ansia.

 

«Era una bugia. Non sono mai tornata a casa». Ho la voce roca e carica di rabbia.

«Cosa? Perché hai fatto una cosa del genere?», chiede Jo confuso.

 

Osservo tutti negli occhi.

Sto per scoppiare a piangere.

 

«Una persona mi ha convinto a farlo, a scrivere quel messaggio. Una persona che doveva consegnare una cosa a Rebecca». Sto tremando come una foglia, le lacrime mi cadono copiose sulle guance al pensiero di quei momenti prima che la mia vita cambiasse per sempre.

 

Non riesco più ad andare avanti.

I denti battono tra di loro.

Mi sembra di scoppiare.

Kate è di fianco a me e mi sorregge per la vita.

 

«Ma cosa stai blaterando? Quella sera... quella sera nessuno mi ha portato nulla», dice Rebecca con un certo fastidio.

«Aspetta... aspetta... una persona... una persona c'è stata», dice Stephanie. I suoi grandi occhi guardano il vuoto come se cercasse di ricordare il particolare mancante. «Ma... ma... no. No. Vuoi dire che... che... o mio Dio! No. Elena, tu... tu...». Stephanie indietreggia qualche passo andando a sbattere contro una pila di libri. 

 

I nostri sguardi si incrociano per un decimo di secondo e il ricordo di quel momento esplode in lei. Le sue guance passano dal rosso acceso al verde cadaverico. Sembra stia per svenire.

 

«Chi c'era? Io non ricordo», dice Lucas mentre aiuta la moglie a ricomporsi tra le lacrime e i tremori. 

«Nessuno. Non c'era nessuno a parte noi», dice Rebecca secca.

«Mi ricordo di James, Lucas e Adrian. C'era anche Stephanie, Rebecca e... e...». Jo si paralizza fissandomi incredulo. Con la faccia inclinata da un lato mi osserva come se quello che sta per dire non fosse veramente successo, ma un incubo diventato realtà.

«..e quella sera con noi c'era anche un'altra persona: Andrew», dice asciutto James impallidendo all'istante. Con la testa china fissa le sue scarpe, i capelli, di solito ordinati e pettinati, scivolano davanti al suo volto coprendogli il volto.

 

Stringo la mascella.

La pancia si contorce.

Stritolo il polso di Kate.

Una rabbia primitiva avvolge la mia anima.

 

«Andrew?! Ah, sì. Andrew», dice Rebecca con un sorrisetto rendendosi immediatamente conto, subito dopo, di cosa sia successo quella famosa notte. «Merda! L-Lui ti ha detto che... che...».

«Ma... ma...», dice Adrian che sembra ritornato il ragazzo di un tempo, timido e impacciato.

 

Tesa come una corda di violino li osservo.

Ognuno di loro ha capito.

Ha capito perché me ne sono andata.

 

«No, Rebecca. Ho avuto il dispiacere di sentirlo con le mie orecchie. Ogni vostra parola, ogni vostra insinuazione, ogni vostra bugia. Ho sentito tutto quello che avete combinato alle mie spalle per mesi solo per avere potere a Yale. Mi avete usata per attirare l'attenzione della stampa, del rettore e di Nik, solo per poter accedere a Yale con la fama che avevate al Trinity. Perché a tutti voi non bastava essere come gli altri studenti. No. Dovevate essere speciali e chi se ne frega se avete giocato con la vita di una ingenua e sfigata provincialotta facile da manipolare. Mi avete fatto litigare con mio padre per difendere un amore basato sulle menzogne. Avete distrutto quattordici anni della mia amicizia con Kate. Ma a voi che vi importa degli altri, se le cose non riguardano voi non siete contenti, giusto? La cosa divertente è che vi ho difesi con Andrew, credevo non potesse essere possibile che voi poteste farmi quello che mi avete fatto, eppure...». 

Sfilo davanti a ognuno di loro.

Ogni passo è guidato dal mio istinto.

«... Ho passato minuti dietro l'angolo ad origliare, a sentire amici che mi infamavano, persone di cui mi fidavo. Ero lo specchietto per le allodole, dovevo attirare l'attenzione per voi, per rendervi importanti. La gara di dibattito truccata. Il caricatore del cellulare rubato. Le moine e le falsità raccontate. Avete fatto tutto questo per cosa?», chiedo con voce dura.

 

Sono come un fiume in piena.

Mi sento più leggera.

Vorrei prenderli a schiaffi.

Vorrei vederli soffrire.

Vorrei avere la rivincita che mi merito.

 

Lucas sembra vacillare quando mi avvicino a lui: «Un combattente senza paura destinato al successo», dico ad alta voce.

Adrian mi fissa sbigottito:«Un ragazzo dal cuore d'oro», la mia voce aumenta d'intensità.

Poi passo a Stephanie: «Quella che credevo un'amica, una sorella», grido.

Mi lancio verso Jo con l'indice puntato: «Uno dei miei migliori amici», urlo.

Rebecca mi guarda con la bocca spalancata: «Quella che consideravo la mia migliore nemica», strillo.

James non alza la testa, immobile fissa ancora i suoi piedi: «Il ragazzo che amavo... hai capito? Il ragazzo che amavo. L'unica persona che io volessi. L'unica a cui ero legata e che desideravo. Mi hai illusa, mi hai usata». La mia voce esplode nella mia gola roca e straziante.

 

L'enormità dei quattordici anni, i segreti trattenuti, le paure celate, fuoriescono lasciando vuoti strutturali nella mia anima. Buchi e voragini fanno vacillare le mie fondamenta, il mio essere si sta sfaldando. Senza questa rabbia sarò ancora me stessa? 

 

James è immobile.

È come un palo avvolto nella tempesta.

Rigido.

Fermo a testa china.

Non vedo i suoi occhi verdi.

Non vedo ciò che prova.

 

«Merda, James, dì qualcosa!», gli urlo in faccia mentre lo spingo per le spalle verso la parete dietro di lui.

Un tonfo sordo accompagna lo sbattere del suo corpo contro la parete.

Stringo le dita intorno alla stoffa della sua giacca, piccole pieghe, simili a crepe, saettano dalla mia presa decisa. Mi sembra di poterlo distruggere. Mi sembra di potergli fare male.

 

«È... è solo colpa mia. Tutta colpa mia», dice con voce strascicata. «Gli altri mi hanno seguito più per fedeltà che altro. Forse anche per paura di perdere la mia amicizia, non so. È stato un gioco, credo. Non mi ricordo più perché volessimo a tutti i costi avere successo a Yale. Ansia. Inadeguatezza. Forse timore di non sentirci all'altezza».

«Un gioco? Uno stupidissimo gioco? Stai scherzando, vero?», gli urlo in faccia.

 

James mi guarda.

I suoi occhi paiono neri. La pupilla è dilatata. L'occhio è acquoso. È come se una patina li ricoprisse, come se non riuscissi a vedere il solito James.

 

«Ti ho amata, molto, e ti ho persa. Ti ho vista cambiare. Ti ho vista trasformarti in quello che non eri. Ti ho vista diventare uguale a me, una stronza senza anima. Ti ho vista persa. Vagare nella confusione. Allora ero convinto che solo io avrei potuto salvarti, il mio Ego, la mia vanità mi hanno accecato. Ero convinto che avremmo potuto tornare quelli di un tempo se io ti avessi aiutata a ritornare te stessa. Non sapevo ancora che Andrew ti avesse plagiata, non sapevo stessi così male per colpa mia. L'ho capito tardi, troppo tardi. Quando... quando... quando ti ho vista baciare Nik nel magazzino del Parco Franklin...».

 

Interrompo malamente James.

 

La voce trema come il mio corpo:«Non ho mai baciato Nik. Capito? Stupido idiota. Mai. Tra me e lui c'era un affetto, un legame fraterno, speciale. Come chiami la vicinanza tra due disperati in cerca di stabilità? Come lo chiami l'affetto tra due anime fragili? Io e Nik siamo due sognatori, due eterni romantici. Siamo sempre stati due illusi, crediamo nel lieto fine e che tutto andrà sempre bene. Quel non-bacio era la prova che tra me e lui non poteva funzionare. Mai. Nik non era la mia realtà, il mio salvagente nel mare in tempesta. Tu eri la terra, il miraggio, l'isola di cui avevo bisogno».

 

James è rigido come se non sapesse cosa fare. È in balìa della mia furia e non sa come reagire.

 

«M-mi dispiace», dice Jo che è appena dietro di me, «Mi dispiace per quello che ho fatto. Io credevo che avrei potuto frequentare Yale se li avessi seguiti, credevo avrei realizzato i miei sogni se fossi stato come loro. Scusa Kate. Non ho capito nulla, nulla. L'allontanamento tra te ed Elena è stata una vigliaccata, uno schifo», dice alla mia amica.

 

Kate lo osserva in silenzio, ha le braccia incrociate e lo sguardo severo.

 

«Eri il mio migliore amico. Sei la prima persona che ho conosciuto al Trinity, c'era un legame speciale tra di noi, ci prendevamo cura l'uno dell'altro», dico a Jo scuotendo la testa disgustata.

 

Jonathan si morde il labbro come volesse trattenere le parole.

 

«Con te mi confidavo, in te credevo. Il tuo tradimento è peggiore di altri. Con Lucas e Adrian non ho mai avuto molta confidenza. Li rispettavo, li ammiravo a tratti. Persone diverse da me, ma con molte cose da insegnarmi... ma tu, caro mio, eri come un fratello». 

 

Jonathan è di fronte a me, sta tremando.

 

«Io... io... ti amavo... oppure credevo di amarti. I ricordi sono così confusi. Ero così legato a te, eppure tu volevi James. Già, tutti volevano essere come lui, me compreso. Se fossi stato James avrei potuto averti, invece no. No. Ero l'amico. Ero il confidente. Lo so che è meschino quello che ho fatto, ma quando mi hanno detto del bacio con Nik non ho capito più nulla. Da vigliacco ho ascoltato le malignità senza avere il coraggio di difenderti, ho preferito seguire le mie ambizioni piuttosto che avere un'amica».

 

Stephanie raggiunge Jo e lo prende a braccetto.

 

«Sai cosa vuol dire scappare dalle proprie paure. Hai sofferto molto, ti conosco bene e so che hai dovuto affrontare sfide enormi in tutta la tua vita. Come Jo sono imperdonabile e ho seguito i miei amici per paura di non essere accettata. Volevo essere parte di un gruppo. Volevo essere di nuovo quella che ero sempre stata perché con te e Kate tutto aveva un sapore nuovo e mi s-spaventava. Quando mi hanno informato su quello che volevano farti non mi sono opposta. N-Non li ho fermati e non vi ho avvisate. Già... come al solito non ho preso posizione e questo mi ha fatto perdere due amiche importanti. Scusa, Elena. S-Scusa, Kate». Stephanie ha gli occhi che riversano lacrime, singhiozza e pare vicina allo svenimento.

 

James raggiunge Stephanie, lo stesso fanno Lucas e Adrian. Solo Rebecca se ne sta in disparte a fissarmi con disappunto.

 

«Che cosa hai risolto tenendoti dentro queste cose per tutto questo tempo? Ti credi speciale? Un'eroina? Sì, siamo stati meschini, tremendi, il peggio che potesse esserci, ma tu hai fatto lo stesso con noi. È inutile che ci giriamo in torno, quando te ne sei andata è come se avessi sganciato una bomba nucleare e questo lo sapevi bene». 

Rebecca mi raggiunge e si piazza di fronte a me. 

«Ho dovuto raccogliere i cocci di James, perché nonostante dicesse di non amarti tutti noi sapevamo benissimo che era legato a te. Non ci vuole certo un genio per capire quanto fosse geloso del bacio o non-bacio, chiamalo come vuoi, con Nik. Come cavolo poteva pensare di competere con un professore intelligente, laureato e destinato al successo? Per riconquistarti non gli sarebbe bastato il suo cognome o i suoi soldi. No. Il piano per incastrarti era una messa in scena, una trovata per giustificare la sua vicinanza a te. Non lo avrebbe mai ammesso, non era esplicito, ma a tutti faceva comodo. Aiutare te era come aiutare noi stessi. Ci siamo impegnati nello studio con la scusa di incastrarti. Ci siamo comportati bene con gli altri studenti con la scusa di incastrarti. Siamo stati il meglio che potevamo mai essere con la scusa di incastrarti. Nei mesi in cui ti abbiamo aiutata a studiare, durante tutto quel periodo, James ti era vicino, ti voleva tutta per sé. Credo che James in fondo fosse geloso pure di Kate e della vostra complicità. Seppur contorto, sbagliato, assurdo e impensabile, quello era il suo modo per averti e per starti vicino. Il nostro modo per averti ed illuderci di essere migliori di quanto fossimo in realtà». 

Rebecca scuote i lunghi capelli biondi con un colpo deciso della testa.

«È stato un mistero la tua scomparsa, abbiamo pensato fossi morta, ti avessero rapita, ti fosse capitato qualcosa di brutto. Jonathan non si dava pace. Elena. Elena. Eri la sua ossessione. Sì, tutti in un modo o nell'altro erano ossessionati da te... me compresa. Contenta di sentirmelo dire?».

«Ma cosa stai dicendo?», le chiedo confusa.

 

Le parole di Rebecca mi stupiscono, non sono sicura di aver capito.

Cosa significa quello che mi sta dicendo?

 

«Sei sempre stata ciò che io non sono mai stata. Hai conquistato il ragazzo che mi piaceva, hai conquistato tutti. I tuoi modi di fare così sinceri e onesti, forse ingenui a volte, ma sempre fatti con il cuore. Ti ricordi quando mi hai sfidata in mensa? Quando sei arrivata davanti a me mangiando il risotto? Ecco, non hai idea di come ti invidiai, di come avrei voluto avere la tua forza. Eri così carina e determinata, eri ciò che a me mancava. Quando poi James mi ha raccontato di te e Nik... io... tu... tu non potevi fare questo. Io potevo tradire, tu no. Io potevo essere cattiva, tu no. Come potevi fare del male a James, mio fratello in amicizia? Io non sono riuscita a tollerarlo e... sì... ho complottato, ho detto cattiverie, sono stata semplicemente me stessa... ma c'è un piccolo problema: se tu fossi restata a New Heaven, dopo aver sentito le nostre chiacchiere, avresti fatto pace con Kate in meno di una settimana, tuo padre ti avrebbe perdonata come avrebbe fatto anche Nik, avresti frequentato Yale e avresti vissuto la vita a cui aspiravi. Dimmi la verità, perché te ne sei andata? Perché qualche malignità, le cattiverie non possono bastare a farti fare quello che hai fatto».

 

Fisso Rebecca schifata.

Cosa intende dire che me ne sono andata per capriccio o per attirare l'attenzione?

Che la mia fuga da New Heaven fosse programmata?

 

«Credi che l'abbia fatto per qualche motivo in particolare? Illuminami, visto che sembri sapere tutto, istruiscimi», le dico a muso duro.

«Perché te ne sei andata?», insiste Rebecca.

«Non ha senso ciò che dici... io... io..?», le rispondo confusa.

«Perché te ne sei andata?», continua a chiedermi.

«Smettila. Smettila di chiedermelo». Cammino avanti e indietro cercando di trovare spazio nella sala piena di persone e scatoloni.

«Perché?», mi urla Rebecca in pieno volto.

 

Affogo.

Sommersa.

Nelle.

Paure.

 

«Perché non volevo Yale. Non ho mai voluto il Club di Dibattito. Non ho mai voluto Nik.  Non volevo New Heaven. Non volevo la fama. Non ho mai voluto altro che essere amata e voi avete giocato con me quando vi ho dato tutta me stessa, nel bene e nel male. Volevo solo amore. Volevo solo amore e voi mi avete tolto la possibilità di scegliere. O era Yale o niente. O era New Heaven o niente. O era Dibattito o niente. Non potevo essere me stessa perché non rientrava nei vostri piani e tutto ciò che era diverso da voi non doveva esistere. Ho sacrificato me stessa per amore e in cambio non ho ricevuto nulla, solo bugie», urlo le parole straripano dalla mia bocca come fossero ammassi marci della mia anima, come se il male che sento dentro esplodesse violento.

 

Poi il nulla.

Un vuoto ronzio invade il mio cervello.

 

Rebecca mi guarda con tristezza, non l'ho mai vista così commossa, sembra una bambina piccola e indifesa. Giocherella con un bracciale dorato che ha al polso, piange: «Non posso fare altro che chiederti scusa. Io... io non ho capito nulla di te. Scusa».

Stephanie l'abbraccia, lo stesso fa Jo e Adrian. James mi fissa per pochi secondi, ha la faccia stravolta, poi raggiunge gli amici stringendoli più forte che può.

Kate si sta asciugando le lacrime mentre mi viene incontro per abbracciarmi.

 

Le mie gambe vacillano.

Il mio cuore sussulta.

La mia anima è senza forma.

 

Abbraccio Kate affondando la faccia nei suoi capelli.

 

«Non vorrei fare il guastafeste. Lo so che mi taccerete di mancare di sensibilità, ma come ben sapete sono un uomo pratico. Prima di tutto mi scuso con te, Elena, e anche con Kate. Certo siamo stati un po' duri, ma la vita va avanti». Lucas si è messo in mezzo alla sala e sta parlando a tutti. «Questi ricordi sono molto toccanti, ma credevo fossimo venuti qui per un'altro motivo. Che fine ha fatto Nik? Cosa c'entra la sua segretaria Caroline? Non credo che tutto questo centri con il presente». Lucas apre le braccia come se quello che chiedesse fosse la cosa più ovvia del mondo.

 

Kate si stacca da me.

Adrian abbraccia Stephanie.

Rebecca stringe la mano a Jo.

James mi fissa.

 

Aspettano tutti una mia risposta.

Trattengo il fiato.

Non ho il coraggio di dire quel nome.

Non ho il coraggio di raccontare ciò che è successo.

 

«Nik è agli arresti domiciliari e Caroline è scappata», dico senza tanti fronzoli.

«Cosa?», dicono tutti come fossero un grande coro.

«Tutto per colpa mia, per quello che è successo quattordici anni fa», dico io.

«In che modo? Cosa diavolo hanno in comune gli eventi del passato e ciò che sta accadendo adesso?», chiede Lucas.

 

Abbasso lo sguardo.

Mi mordo il labbro.

Stringo i pugni.

 

«Andrew. C'è Andrew dietro a tutto. Mi vuole far pagare il fatto che non abbia fatto gruppo contro di voi. Mi vuole far pagare il fatto di averlo ignorato», dico con un filo di voce.

«Ma cosa ti ha fatto?», chiede Kate preoccupata.

«Cosa ci ha fatto. Siamo tutti coinvolti. Siamo tutti nei guai. Guai seri».

 

Il terrore che per giorni ha attanagliato il mio cuore si espande a macchia d'olio tra tutti i presenti. 

Nessuno è al sicuro.

Nessuno è intoccabile.

Andrew ci ha fregato tutti quanti e nessuno se ne è mai accorto.

 

Nessuno è più al sicuro, tantomeno io.

 

Ho paura.

 

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Fatemi sapere come vi sembra il capitolo.

Ciao!

   
 
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