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Autore: Arsax    21/11/2017    1 recensioni
Sequel di "The Bloody and Dark Princess"
Non potevo credere di averlo fatto. Non ci riuscivo. Non volevo. Sapevo di essere un mostro e le mie mani erano sporche del sangue di diverse persone già a venticinque anni, ma mai avrei pensato che la mia prossima vittima sarebbe stata lei.
Mi guardava con quegli occhi azzurri, sbarrati dalla sorpresa tanto quanto i miei. Volevo poter tornare indietro nel tempo e non compiere quel gesto, per impedire che si arrivasse a quel punto.
Avevo già perso la donna più importante della mia vita a soli sei anni e non volevo perdere anche lei.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 12


Nei quattro giorni successivi fui molto impegnato con l'organizzazione del funerale di mio padre. Serena mi era rimasta vicino e mi aveva aiutato in ogni modo possibile, come promesso, ma non volevo disturbarla più del dovuto. Volevo affrontare quella confusione emozionale da solo e lei dovette intuirlo, perché se le chiedevo di andarsene non ribatteva. Serena era petulante, ma sapeva rispettare gli spazi altrui ed era una cosa che apprezzavo molto.
Non avevo avuto tempo per riunire i membri più anziani della mia famiglia per affermare che Dimitri sarebbe diventato il mio consigliere, ma l'avrei fatto al più presto. In quei giorni, Dimitri mi rimase vicino moltissimo, aiutandomi proprio come avrebbe dovuto fare Lucian, che era il consigliere in carica. In quei giorni Lucian sparì quasi del tutto e i membri della mia famiglia mi riservavano sguardi scettici e guardinghi.
-Perché si comportano in modo così strano? E dove diavolo è finito Lucian?- chiesi un giorno a Dimitri.
Ci eravamo riuniti nello studio di mio padre e il mio primo ordine era stato di far sparire molte delle sue cose e di sostituirle con quelle di mia madre. Scrivania, poltrone, divano e tappeti erano stati sostituiti. Le armi e le librerie le avevo lasciate lì dov'erano sempre state. Sembrava quasi che avessi voluto eliminare mio padre dalla mia vita per avvicinarmi di più a mia madre.
-Si comportano in modo strano, soprattutto con me. Credo che pensino che io non eserciti una buona influenza su di te. Riguardo a Lucian sembra essersi vaporizzato.- rispose per poi grattarsi il mento pensieroso. -Stanno tramando qualcosa.
Sospirai massaggiandomi la radice del naso. Non era mai un buon segno quando i miei parenti si riunivano per pianificare qualcosa. Sperai che i loro piani, qualunque essi fossero, non avessero nulla a che fare con la mia principessa.
-Cerca di scoprire qualcosa. Ho bisogno di sapere che non hanno intenzione di fare del male a Serena.- dissi stancamente.
-Se posso permettermi, Stefan, ti consiglio di stare in guardia. Conosci la tua famiglia meglio di me e dovresti sapere di cosa sono capaci i tuoi parenti.
Era vero. Mio padre e Lucian non erano stati gli unici a divertirsi infliggendomi punizioni corporali. Quando mancavo di rispetto a qualcuno di loro, prima passavo per le mani di mio padre e mio zio e poi per le loro, anche se non raggiungevano mai la spietatezza e la forza delle punizioni di mio padre. La loro arma preferita, in particolare di Lucian, era un lungo bastone di una vecchia lancia. L'avevano usato così tante volte che non mi capacitavo di come non si fosse ancora spezzato, dopo tutti quegli anni di usura.
I miei parenti avrebbero avuto il coraggio di colpire il vampiro con la carica più alta? Ne dubitavo fortemente. Senza mio padre, non ci sarebbe stato nessuno che li avrebbe protetti e io non mi sarei fatto scrupoli a spedirli nelle segrete non appena avessero osato alzare un dito su di me.
-Non credo che possano essere una minaccia per me. Possono esserlo per Serena e non permetterò che le venga fatto alcun male.- risposi duramente, stringendo i braccioli della poltrona fino a far sbiancare le nocche.
-Fidati del mio giudizio. Sta' attento.- ribatté dandomi una pacca sulla spalla e uscendo dallo studio per assolvere al compito che gli avevo affidato.
Non gli detti retta e mi concentrai sui cambiamenti che avrei portato come principe e, in futuro, come re. Dimenticai una delle lezioni più importanti che mi aveva impartito Dimitri e che non perdeva occasione di ricordarmi: mai sottovalutare nessuno.

Arrivò il giorno del funerale e io non avevo chiuso occhio per tutta la notte. Continuavo a provare quel misto di sollievo, senso di colpa e rabbia che mi faceva stare male. Quelle emozioni mi avevano privato del sonno e mi sentivo particolarmente vulnerabile quel giorno.
Ero in camera mia che cercavo di annodarmi la cravatta, ma le mani sembravano non darmi retta. Avevo le dita rigide e la presa sulla cravatta era molto debole, come se le forze mi avessero abbandonato.
Non mi accorsi nemmeno della presenza di Serena, fino a quando non mi toccò la spalla. La guardai spaesato per qualche secondo, senza sapere perché fosse lì.
-Lascia, faccio io. Stai facendo un casino.- disse iniziando ad annodarmi la cravatta.
Era lì perché eravamo fidanzati e perché a breve ci sarebbe stato il funerale di mio padre. Quella battuta innocente mi fece sorridere.
-Potrei abituarmi a tutte queste attenzioni.
-Tu riprenditi il prima possibile, perché non voglio farti da balia per il resto dei miei giorni.- ribatté e ridacchiai divertito.
Il suo umorismo riusciva a mandare via la mia tempesta interiore per qualche minuto. Lei riusciva a mandare via tutte le mie preoccupazioni.
Le sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e la guardai negli occhi intensamente. Mi dimenticavo sempre di quanto fosse bella e ogni volta che la vedevo mi sentivo strano, ma in senso positivo. Avevo voglia di baciarla, di dirle che ne ero innamorato e che volevo passare la mia vita sapendola al mio fianco.
-Serena... io...
Iniziai, ma qualcuno bussò alla porta e ci allontanammo di scatto contemporaneamente, come se avessimo appena compiuto qualcosa di sbagliato. La porta si aprì e Adrian entrò per riferirci che tutti gli ospiti erano arrivati.
Non ero lì con Serena per godere del tempo assieme a lei, ma per il funerale di mio padre. Perché non riuscivo a sentirmi dispiaciuto? Perché non facevo altro che pensare a Serena? Al funerale di mia madre non era stato così, anzi avevo pianto per giorni e avevo sfogato tutta la mia rabbia e il mio dolore in ogni modo possibile.
Ritornai ad avere la mia maschera glaciale di strafottenza e impassibilità. Era giunta l'ora di compiere il mio dovere.

Dopo che tutti ebbero dato l'ultimo saluto a mio padre, entrai nella sala e presi posto davanti a un pulpito. Dissi sì e no un paio di frasi di circostanza, anche se quello che avrei voluto dire era ben diverso.
“Sei stato un padre di merda, per usare il linguaggio della mia fidanzata. Ho sempre fatto di tutto per avere la tua approvazione, ma non hai fatto altro che umiliarmi e malmenarmi assieme a quell'idiota di Lucian, che tra l'altro non è nemmeno tuo fratello; lui è un bastardo nato da una scappatella. Sono sollevato di vederti davanti a me in questa bara lucida, con un foro nel petto. Spero che ci sia un posto per te all'inferno e che tu soffra per tutta l'eternità il doppio di quanto tu mi hai fatto soffrire per venticinque anni. Sono un figlio degenere, lo so, ma questo è ciò che penso anche se è sbagliato.” pensai dopo che ebbi richiesto il minuto di silenzio.
Sei servi chiusero la bara e se la caricarono sulle spalle, iniziando a dirigersi fuori dalla sala, verso il mausoleo di famiglia, accompagnati dalle campane che suonavano a morto. Iniziammo a seguire il feretro. La neve che era caduta quella notte imbiancava ogni cosa. Era presto per la neve, ma eravamo sulle montagne e le temperature erano diverse da quelle dell'Italia.
Giungemmo alla radura nella quale si trovava il mausoleo dedicato ai re e alle regine Lovinescu e i servi sistemarono la bara nel loculo, vicino a mia madre. Sapevo che non era contenta di giacere per l'eternità accanto a quel demonio di mio padre, ma i posti dei loro loculi erano stati stabiliti fin dal giorno delle nozze.
Quando tutto fu terminato, i presenti iniziarono a tornare al castello e restammo soltanto io e Serena. Uscimmo dal mausoleo e mi sedetti su una delle panchine sistemate nel cimitero e mi sentii uno schifo. Non ero un figlio normale.
Sentii Serena muovere un passo in direzione del cancello del cimitero, ma non me la sentivo di restare da solo.
-Serena, potresti restare?- chiesi a voce bassa, quasi impaurito di un suo eventuale rifiuto.
Si strinse nel pesante mantello nero e si sedette accanto a me, dopo aver spazzato via la neve dalla panchina. Restammo in silenzio per qualche minuto.
Prima di conoscere Serena, avevo snobbato e schifato sia i Vidrean che i Von Ziegler. Ero convinto che i Lovinescu fossero il clan di vampiri più potente del mondo e che quei due clan non fossero degni della mia attenzione, ma mi resi conto di quanto mi ero sbagliato. Avevo rispettato Astrid e Marius perché obiettivamente erano stati degli ottimi sovrani, ma non ero mai andato a rendere loro omaggio. Avrei dovuto farlo, quantomeno per ringraziarli di avermi dato Serena e per dire loro che dovevano essere fieri della loro figlia. Sarei andato al mausoleo dei Vidrean il prima possibile. Astrid aveva insistito per farsi seppellire nel mausoleo col marito e lei era l'unica persona estranea al clan Vidrean a essere sepolta con lui. Anche nella morte non volevano restare separati.
-Mi ricordo dei tuoi genitori, anche se avevo solo due anni. Erano splendidi, regali e fieri, ma quando mi videro mi sorrisero amorevolmente. Mia madre mi aveva spinto verso di loro, Astrid si era inginocchiata davanti a me e mi aveva fatto vedere cosa stringeva fra le braccia: tu. Mia madre aveva detto "Stefan, questa è la tua futura sposa". Marius mi aveva guardato serio e mi aveva detto "Mi raccomando, proteggila da tutto e da tutti, così come faremo io e sua madre per sempre. Lei è la mia principessa e non permetterò che le succeda nulla di male".- Feci una breve pausa e la guardai negli occhi. -Farò come mi disse quel giorno tuo padre, te lo prometto.
-Perché mi stai dicendo tutte queste cose?- chiese confusa.
-Non lo so.- risposi facendo spallucce.
Volevo che Serena avesse una bella immagine dei suoi genitori. L'avevano amata fin dal primo momento e non avevano mai smesso. Lei era stata circondata dall'amore per tutta la vita, mentre io solo per poco tempo. Pensavo di aver dimenticato le sensazioni che dava l'amore, ma con Serena lo stavo riscoprendo.
Volevo che Serena pensasse ai suoi genitori provando un misto di dolcezza e nostalgia, non di liberazione e ilarità come lo provavo io nei confronti di mio padre.
-Mia madre e tua madre iniziarono da subito a progettare le nostre nozze. Fecero comunella.- continuai sorridendo e ricordandomi quel giorno con chiarezza. -Invece io volevo solo disegnarti la faccia con i pennarelli.
Serena scoppiò a ridere di cuore e la sua risata cristallina riuscì a contagiarmi e risi anche io.
-Eri malefico già a due anni.- disse ridacchiando.
-Mi ricordo anche che mia madre, per farmi stare buono, si era messa a cucinare i papanasi, il mio dolce preferito. Era strano che una regina cucinasse, ma mia madre era fatta così.- aggiunsi e a ripensare a lei mi fece ritornare in mente l'ultimo ricordo che avevo.
-Eravamo andati a fare una passeggiata nei boschi, io e mia madre. Era primavera e volevo raccoglierle qualche fiore per farla felice. Mia madre si blocca e mi dice di andare a nascondermi su un albero e di non fare rumore.- raccontai, cambiando i tempi verbali.
Mi sembrava di essere tornato là nella foresta, all'età di sei anni.
-Arriva la folla, la circonda e inizia a colpirla con bastoni, pietre e a spararle contro con i fucili. Lei non emette un lamento. E' una regina dopotutto. C'è sangue ovunque e prima che le infliggano il colpo mortale, mi guarda con occhi pieni d'amore e mi sorride. Non appena la folla inferocita se ne va, scendo dall'albero e la chiamo, la scuoto, ma lei non si muove. Provo a pulirle la faccia dal sangue, provo a svegliarla, ma lei non apre gli occhi. Poggio la testa sul suo petto, cercando il battito del suo cuore, ma non c'è. Cala la notte, fa freddo, sono stanco e ho fame, ma non voglio lasciarla lì. Sento i lupi avvicinarsi, ma non scappo. Io...
Serena mi prese la mano e io sbattei le palpebre un paio di volte. Non avevo raccontato a nessuno quella storia, a eccezione di mio padre che mi aveva chiesto i dettagli della morte di mia madre. Sapevo che quella storia la conoscevano tutti, ma non ero di certo stato io a raccontarla in giro.
Posai il mio sguardo su di lei e sospirai stancamente.
-Ricordala come una regina forte e una madre amorevole, d'accordo?- disse la mia principessa nel tentativo di consolarmi.
-Non capiterà mai più una cosa del genere, te lo prometto.- affermai con decisione.
Non avrei mai permesso che Serena fosse uccisa da una folla inferocita. L'avrei protetta a ogni costo e sarei morto felice sapendola viva e al sicuro.
-Forza, torniamo al castello. Ho le chiappe che sono diventate due ghiaccioli.- disse cercando di sdrammatizzare e ci riuscì, perché mi fece sorridere.

Il giorno dopo ritornai a Torino con Serena e la sera mi obbligò a uscire con loro, anzi mi trascinò letteralmente. Non mi sentivo in vena di festeggiamenti, anzi avevo voglia di stare da solo con i miei pensieri. Sapevo che Serena l'aveva fatto per provare a distrarmi e a non farmi pensare a mio padre, ma avrei voluto che non l'avesse fatto.
-Cosa facciamo per Halloween?- chiese Erica col suo solito limoncello in mano.
-Non ne ho idea.- ammise la mia principessa.
“Che bello festeggiare la festa di Ognissanti vestendosi con costumi ridicoli. Spero che a nessuno venga l'idea di vestirsi da Dracula.” pensai annoiato.
-Possiamo andare in discoteca.- propose Marika.
“Sì, certo. Non vedo l'ora di agitare il mio corpo a ritmo di musica rumorosa in mezzo a persone con la mente annebbiata dai fumi dell'alcol e dalla droga. È il mio sogno!” pensai sarcastico, ma fortunatamente l'idea fu scartata da tutti.
-Andiamo a fare “dolcetto o scherzetto”.- affermò Renzo scherzoso, facendo ridacchiare tutti gli altri.
-Come minimo ci tirano dietro le ciabatte o ci rincorrono col battipanni.- rispose Francesco.
“Probabilmente appena arriverò a casa mi picchierò da solo.”.
-Potreste venire da me.- dissi.
-No, ci sarebbero i miei genitori a controllarci, visto che siamo sullo stesso pianerottolo.- rispose Serena.
-Ho un cottage in montagna, non molto lontano da Aosta.- ribattei.
Tutto il gruppetto mi guardò a occhi sbarrati, troppo sconvolti per credere che avessi messo a disposizione la mia casa per una stupida festa alla quale avrebbero partecipato anche dei mezzosangue.
-Che c'è? Avete bisogno di un posto dove festeggiare e mi sembrava una buona idea, non va bene?- domandai.
-No, no! È un'idea splendida!- rispose Erica, stampandomi poi un bacio sulla testa con tanto di schiocco.
Rimasi ghiacciato a quel gesto, perché non mi aspettavo che tra amici si facesse. Si poteva fare?
-Grazie, nostro salvatore. Te ne saremo sempre riconoscenti.- aggiunse fingendo di inginocchiarsi davanti a lui.
Scoppiammo tutti a ridere, me compreso, per la teatralità della scena. Serena estrasse un quaderno dalla borsa, pronta a scrivere piatti e bevande.
-Io porto il limoncello e la sangria.- affermò Erica immantinente.
-La sangria è il sangue, così non destiamo sospetti agli umani.- si affrettò a spiegarmi la mia principessa.
-Idea geniale.- risposi sorridendo senza allegria.
Era davvero un'idea geniale, ma avevo continuato a sentirmi strano dalla morte di mio padre. Non riuscivo a tornare alla normalità e ciò mi impediva di essere di buon umore.
Quando si furono spartiti piatti e bevande (a me non lasciarono portare niente, perché avevo già messo a disposizione la mia casa) tornarono a casa soddisfatti. Cercai di non far intuire a Serena che fossi ancora malinconico, se non di più rispetto all'inizio della serata perché non volevo farla preoccupare.

Il giorno dopo mi stavo allenando con delle daghe, come facevo sempre ogni sabato mattina, quando suonò il campanello. Aprii la porta e mi ritrovai davanti un Dimitri sorridente.
-Che ci fai qui?- chiesi sorpreso.
-E' così che si accoglie un amico? Che educazione.- affermò fingendosi offeso e io ridacchiai.
Ci scambiammo un vigoroso abbraccio e lo invitai a entrare.
-Però! Vedo che non scherzavi riguardo all'arredamento del tuo appartamento.- disse guardandosi intorno meravigliato.
-Preferisco il castello.- risposi prendendo due calici di vetro e versando un po' di sangue in ciascuno, sotto lo sguardo sbigottito di Dimitri.
-Mi stai veramente servendo del sangue?
-Vedi forse qualche domestica che può farlo al posto mio?- domandai allargando le braccia.
-Non dirmi anche che hai imparato a piegare le mutande?- mi canzonò e io sorrisi.
-No, per quello ho assunto una signora delle pulizie. Posso abbassarmi a servire un po' di sangue, ma non piegherò mai la biancheria.- risposi facendo ridere il mio amico.
-Allora, perché sei qui?- chiesi sorseggiando un po' di sangue.
-Non posso fare visita a un mio caro amico?
-La faccenda puzza di bruciato. Allora?
Dimitri sospirò e si passò una mano fra i corti capelli. Aveva l'aria esausta, come se non dormisse da parecchio tempo. Estrasse dalla tasca dei pantaloni un volantino e me lo porse.
-Lascio a te le conclusioni.- sussurrò adirato.
Aprii il foglio e vidi che era un volantino che riportata la scritta “ricercato, vivo o morto” e il suo ritratto. La ricompensa era di sessantottomila e cinquecento lei circa, più o meno quindicimila euro.
-Perché? Che cosa è successo? Solo ieri ero in Romania e oggi vedo spuntare fuori questo. Non capisco.
-Stefan, c'entra Lucian. Mi ha accusato di essere una spia della famiglia Vidrean e mi ha messo contro tutti i Lovinescu. Credo che una domestica abbia trovato tutte le informazioni che mi avevi richiesto in camera mia e che sia andato a consegnarle subito a Lucian. Ha preso la palla al balzo, soprattutto dopo aver scoperto che vuoi farmi diventare tuo consigliere.
-Non ci credo.- sussurrai sgomento.
“Perché diavolo mi sorprendo ancora di ciò che può fare Lucian? Sono anni che lo conosco e dovrei sapere fino a che punto si può spingere per il potere.” pensai.
-Credici. Quando ha ordinato di arrestarmi, io ero nella foresta. Fortunatamente sto simpatico ad Adrian e mi ha contattato non appena è venuto a conoscenza del mio mandato d'arresto. Sono scappato subito, senza passare a recuperare niente. Devo sparire per un po'.- spiegò velocemente Dimitri.
Lucian avrebbe pagato anche per quel gesto. Non poteva ordinare di arrestare qualcuno senza il mio consenso. Ero io a regnare sul clan, ero io che avevo il potere di incarcerare qualcuno o meno.
-Stefan, conosco quella faccia.- esordì interrompendo il filo dei pensieri. -Non ti daranno retta. Ora che tuo padre è morto, tutti considerano Lucian come loro sovrano.
-Se è così, allora penserò prima a nasconderti e poi ad andare lì e a far arrestare Lucian per alto tradimento.- affermai deciso.
Avevo già in mente dove mandarlo e sapevo anche a chi affidarlo. Cercai in rubrica il numero e attesi che rispondesse.
-Pronto?
-Erica, sono Stefan. Ho bisogno di un grosso favore, ma mi devi giurare che Serena non verrà mai a saperlo.
-Dipende da che favore si tratta. Sarò da te fra dieci minuti e vediamo che posso fare.- rispose per poi attaccare.
Puntuale come un orologio svizzero, Erica si presentò alla mia porta e mi affrettai a farla entrare.
-Serena sa che sei qui?- chiesi un poco agitato.
-No, ma sono curiosa di sapere perché ti serve il mio aiuto.- rispose guardinga.
-Non c'entra nulla con Serena o con i suoi clan, ma con il mio. So che la famiglia Berti è molto abile a scovare le persone tanto quanto a nasconderle. Non per niente siete sempre stati i cacciatori di taglie del clan Von Ziegler, ma avrei un grosso favore da chiederti.- dissi utilizzando il mio tono autoritario e conducendola in salotto, dov'era seduto Dimitri. -Lui è il generale Dimitri Petrescu, nonché un mio caro amico. A breve sarebbe diventato il mio consigliere, ma...
Le spiegai tutta la storia per filo e per segno, senza tralasciare nulla. Sapevo che di Erica ci si poteva fidare e, se la questione non avesse toccato Serena, mi avrebbe dato più che volentieri una mano. Le dissi che ovviamente l'avrei pagata per il disturbo, ma lei scacciò le mie parole con un gesto della mano.
-Lucian non mi piace per niente. Lo nasconderò a dovere fino a quando non risolverai la questione. Il mio pagamento sono le informazioni.- disse Erica con una serietà che non le avevo mai visto addosso.
-Informazioni?- domandò Dimitri confuso.
-Sì, esatto. Sono al servizio della principessa e lei è la mia priorità, non soltanto perché è il mio sovrano.- rispose con uno sguardo eloquente.
Dimitri mi guardò e in quello sguardo lessi un secco e mastodontico “NO”, ma non avevo scelta. Io non avevo nulla da nascondere e presto io e Serena avremo unito le nostre famiglie. Erica voleva essere pagata con le informazioni? Bene.
-Siamo d'accordo allora. Dimitri ti dirà tutto ciò che vuoi sapere.
-Ma sei pazzo?- chiese il mio amico.
-Dimitri, non ho niente da nascondere, quindi puoi benissimo rispondere alle sue domande. Preferisco saperti al sicuro piuttosto che braccato come una volpe dalla mia famiglia.
Dimitri mi rivolse uno sguardo commosso. Non si aspettava che avrei fatto di tutto per lui, ma lo consideravo parte della famiglia, una vera famiglia, e non l'avrei lasciato a se stesso.
-Quando potete partire?
-Stanotte. Lo porterò in un bellissimo posto provvisto di tutti i comfort e mi assicurerò che stia bene, promesso.- spiegò Erica facendomi l'occhiolino.
Andai in camera mia e recuperai dalla cassaforte posta nell'armadio venticinquemila euro. Sperai che gli bastassero. Li misi in una borsa e gliela porsi senza troppe cerimonie. Dato che aveva lasciato tutto al castello, supposi che avesse con sé solo i documenti.
-Comprati un computer nuovo e fammi sapere quando sei arrivato.- gli ordinai.
Ci abbracciammo velocemente ed Erica lo spedì ad accendere la macchina.
-Non rischia di...
-Calmati, mio dolce principe.- rispose canzonandomi. -E' lui il Dimitri che dicevi?
Un sorriso mi spuntò sulle labbra senza che me ne rendessi conto e io annuii.
-Be', niente male per un vecchietto di sessant'anni. Lo controllerò molto da vicino.- aggiunse facendomi un secondo occhiolino e io ridacchiai.
-Grazie davvero, Erica. A sapere di questa cosa siamo solo noi tre.
-E così deve restare. Ci vediamo alla festa di Halloween.

Quello stesso giorno mi recai nuovamente in Romania. Non potevo accettare che venisse fatta una cosa del genere a Dimitri. Era il momento della resa dei conti con Lucian.
Non appena misi piede nel castello, ordinai di riunire tutti i membri più anziani della nostra famiglia e neanche mezz'ora dopo, eravamo seduti al tavolo della sala delle udienze. Tutti i miei parenti mi osservavano con un misto di curiosità e fastidio, come se avessero avuto qualcosa di meglio da fare che stare lì.
-Dov'è Lucian?- chiesi duramente, accorgendomi che non era ancora arrivato.
-Ha delle faccende da sbrigare.- rispose Octavian.
-Non mi interessa. Guardie, andatelo a prendere e portatelo qui.- ordinai.
Le guardie tentennarono, ma quando videro il mio sguardo di fuoco si affrettarono a eseguire. Pochi minuti dopo, Lucian varcava la porta della sala con un ghigno malefico stampato sul volto.
-Allora, cosa c'è di così importante da scomodarci tutti?- domandò con spavalderia.
Estrassi il volantino dalla tasca e lo lanciai in mezzo al tavolo, in modo che tutti quanti potessero vederlo.
-Voglio una spiegazione e dev'essere convincente.
Lucian mi guardò e il ghigno si allargò. -E' un traditore. Ha raccolto numerose informazioni su tutti noi e sono convinto che volesse consegnarle ai Vidrean.
-Sono stato io a ordinarglielo.- risposi e numerosi sussurri animarono i partecipanti di quella riunione.
-E perché? Diffidi di noi?- chiese Lucian con irritazione.
-Volevo sapere perché avevate da confabulare con mio padre.
-La faccenda non ti riguarda.
-Non mi riguarda? Lucian, stai dicendo che non riguarda me, che sono il principe e il vampiro con la carica più alta qui dentro?!- ringhiai adirato e Lucian si alzò dalla sedia.
-No! Non ti riguarda! Sei uno stupido e non sei tagliato per fare il principe, perciò il comando spetta a me fino a nuovo ordine. Ho più esperienza di te e non mi sono preso una cotta per la principessa.- rispose con cattiveria, provocando un vociare sorpreso tra i presenti.
-Hai più esperienza di me perché non sei il fratello di mio padre. Hai duecento anni, eppure non sei mai salito al trono e sai perché? Perché la trisnonna di mio padre ebbe una scappatella con un discendente dei Vidrean, quindi sei un bastardo che non potrà mai salire al trono.- risposi con cattiveria e Lucian divenne paonazzo di rabbia.
-Adesso basta con queste fandonie! Credo che l'aver passato tanto tempo lontano da casa e dalla tua famiglia, ti abbia fatto dimenticare il rispetto che mi devi! Il rispetto che devi a tutti noi, che siamo i parenti più anziani! Guardie, tenetelo fermo.
Le guardie si avvicinarono a me tentennati, ma alla fine obbedirono agli ordini di Lucian e io rimasi sbalordito.
-Lasciatemi immediatamente o vi faccio arrestare per tradimento.- minacciai, ma non mi ascoltarono.
Lucian prese una lancia da una delle armature che ornavano la sala e, usando il manico del bastone, iniziò a colpirmi su petto e gambe, evitando accuratamente la faccia. Era più debole di mio padre, ma riuscì comunque a farmi un gran male.
Non riuscivo a credere che le punizioni sarebbero continuate anche con la morte di mio padre. Pensavo di essere finalmente libero e di avere la mia vita nelle mie mani, ma mi ero sbagliato. Dovevo fare i conti con Lucian, che aveva un buon ascendente su tutti i membri della nostra famiglia.
-Che ti serva da lezione e ora torna dalla tua principessa. Deve innamorarsi di te per fare in modo che il nostro piano vada a buon fine.- ringhiò.
-Che piano?- domandai duramente.
-A tempo debito saprai ogni cosa, non avere fretta.- rispose sorridendo malignamente e i miei parenti fecero altrettanto.



Senza aggiungere altro, Lucian aveva ordinato di sbattermi in camera mia e assicurarsi che ci sarei rimasto fino al giorno dopo. Sapevo perché l'aveva fatto e ancora non riuscivo a credere che stessi permettendo che mi facessero questo. Avevano intenzione che ripensassi alle mie azioni e che mi convincessi che loro avevano ragione.
Ero stato educato a portare rispetto ai parenti più anziani e ancora non riuscivo a farmi accettare nel mio ruolo di sovrano. Ero una pedina nelle loro mani esattamente come lo ero stato nelle mani di mio padre. Con la sua morte non era cambiato niente.
Perché ero così succube? Perché ancora permettevo loro di malmenarmi a loro piacimento? Perché non mi ribellavo per difendere la mia principessa, che sapevo essere in pericolo?
Mi sentii un verme strisciante senza spina dorsale e fegato. Non avevo nemmeno il coraggio di far revocare il mandato di arresto contro Dimitri, come avrei potuto difendere Serena dalle loro grinfie? Ero un debole e non era per colpa dell'amore. Ero un debole perché non avevo la grinta di andare contro gli insegnamenti sbagliati che mi avevano inculato a forza per venticinque anni.
Ripensavo a questo, seduto sul letto in preda al dolore che il costato e le gambe mi infliggevano. Come potevo difendere la mia principessa se non ero in grado nemmeno di difendere me stesso?
Quello era essere deboli. Io ero un debole.
  
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