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Autore: Steboh6    21/11/2017    1 recensioni
Settantotto anni prima l'inizio di questa storia le sei città del regno di Raula trovarono la pace tra loro. Ci vollero secoli per mettere da parte il rancore, dimenticare i conflitti passati e la creazione di una nuova città, Silka, che potesse fungere come nucleo della loro unione. A capo di essa venne messa una figura superiore ai Re delle città chiamato ravuo. Pur non essendo considerato un sovrano egli è l'uomo importante del regno, l'unico vero giudice e protettore.
L'attuale ravuo Maki e la figlia Irakua. Il generale supremo Hammerstone e un giovane la cui famiglia è caduta in disgrazia... nessuno di loro sarà preparato alla minaccia che sta arrivando, una forza esterna nata anni prima e che metterà alla prova la città intera.
L'era del dominatore è alle porte.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Al centro della foresta il cervo reale continuò a riposare, gli scoiattoli a rincorrersi tra i rami spogli. Alzò la testa verso il cielo, soffermandosi a quei lunghi rami spogli che si intersecavano tra loro. Anche da lì assomigliavano ad un enorme ammasso di rovi, una fitta e pericolosa trappola mortale.

Un gufo dormiente. Il cinguettio di un passerotto a qualche metro di distanza. Tredici uccelli diversi nell'arco di dieci metri insieme ad una famiglia di lepri e al cinghiale vicino al ruscello.

Un aquila in picchiata era appena entrata nella zona sensoriale. Dov'è esattamente la preda, quanto è distante?

Il flusso della percezione venne disturbato dal dubbio. Non gli piaceva essere incapace di dare una risposta precisa.

Eccolo! Dietro a quel masso più grande. Il coniglio si è allontanato di poco dalla sua tana, dai suoi tre cuccioli. Ancora non sa che tornerà più.

Rimani qui fino a quando non lo avrà preso...

In solenne silenzio Kuro ammirò il maestoso animale sbucare tra due alberi.

Ne vedeva il fiero piumaggio percependone il vigore della sua energia vitale. Accortosi tardivamente del pericolo il coniglio provò inutilmente a fuggire. Lunghi artigli lo cinsero penetrando la morbida pelle sotto al pelo. Kuro riuscì a sentire l'odore del sangue disperdersi come una spora nell'aria. Un colpo di ali e l'aquila riprese quota.

Chi si parerà davanti a me non avrà la stessa sorte pensò il bambino. Farò rumore. Tanto rumore.

Un eco distante ruppe la tranquillità. Seccato interruppe di tronco il collegamento.

 

Riaprì gli occhi dinnanzi l'immenso orizzonte. Del sole era rimasto solamente uno spicchio rosso acceso mentre sulla pianura calavano le prime ombre.

Kuro sedeva sopra al più grosso masso posto sulla punta dell'altopiano. Il suo trono personale, salirci era sempre una sfida. Di principio il posto ideale per sorvegliare il pascolo nella collina, il suo lavoro, ma ben presto divenne il luogo perfetto per un divertimento solitario, unica via di fuga dal suo personale orrore chiamato Rura.

Da lì poteva ammirare una buona fetta della regione di Sationne; alla base del precipizio partiva la foresta di Yutanov dove il bambino faceva pratica con le sue doti e più un là la pianura, ormai inaridita con l'arrivo del freddo, casa delle grigie mura della città di Ottana.

Era riuscito ad allontanarsi di altri cinquanta metri migliorando anche la capacità di distinguere presenze, forme e colori ma la sensazione di benessere durò poco. Per quanto grande fosse il risultato ottenuto non era abbastanza per soddisfare i suoi desideri.

Con la brezza gelida che lo raggiunse e l'esile corpo che si ritrovava Kuro pensò bene di stringersi alla pelliccia coprendosi fino al naso. Aveva fame ma non lo avrebbe mai ammesso. Pur di non chiedere cibo ad un adulto preferì lasciare lo stomaco a sommessi lamenti.

- Kuro! -

Immobile abbassò lo sguardo verso Kettere. Il pastore si sbracciava per attirare la sua attenzione dal ripiano sottostante.

Le somiglianze tra lui e il padre erano notevoli. Ne aveva ereditato praticamente tutti i tratti somatici eccetto gli occhi. Un particolare su tutti il capello corvino. Questo aveva lo aveva portato spesso a chiedersi se mai avrebbe avuto ottenuto anche l'imponente statura.
Prima di alzarsi sistemò la pelliccia in modo che non scivolasse dalle spalle. Sapeva già il motivo della chiamata. Svogliato lo raggiunse lentamente nella collina circondato dal gregge di pecore che brucavano.

Le care, preziosissime pecore di Rura.

- Rimettile nel recinto. - gli venne ordinato.

Kettere lo fissava con severità ma Kuro non lo vide, di rado lo guardava negli occhi quando gli parlava. Da quando avevano iniziato a lavorare insieme il sempre gioviale Kettere pronto a raccontare storie ed aneddoti, colui che gli aveva insegnato come fare i nodi, tenere il gregge lontano dai pericoli e dissanguare una capra (l'unica parte per la quale Kuro aveva dimostrato interesse) non c'era più. Il tempo aveva trasformato le loro conversazioni a poche e veloci parole e tanti ordini. Quella era una delle poche reazioni ragionevoli che Kuro aveva visto in tutta la vita. Suo padre si era solamente arreso al suo disinteresse.

Il bambino liberò Flask, il loro cane da pascolo accompagnandolo dove le pecore più distanti stavano oziando. Lasciò scivolare la fune e il cane scattò in avanti abbaiando furiosamente. Non ci volle molto prima che la gran parte del gruppetto rientrò nel recinto e quando Flask convinse anche le ultime Kuro richiuse bloccando il cancello con un nodo perfetto.

- Molto bene. - affermò schiettamente Kettere fermo a monitorare. - è meglio muoversi ora. Sono affamato. -

L'uomo recuperò il suo bastone appoggiato ad una roccia e si diresse verso la salita. Non controllò che Kuro lo stesse seguendo sicuro che avrebbe iniziato a camminare quando la distanza tra loro sarebbe aumentata. Conscio di ciò Kuro ne approfittò per lanciare un occhiata carica d'odio alle bestiacce in gabbia. A detta del capo villaggio Sumurn erano considerate una risorsa indispensabile per la loro vita sul monte. Le carni sfamavano il popolo, le corna lavorate per costruire utensili o manici di coltelli, gli stomaci utili per costruire borse...ogni loro parte poteva essere usata. A Kuro ciò non interessava covando abbastanza odio per ciascuna di loro. Più del villaggio di Rura e di tutti i suoi abitanti. Più di suo padre.

Continuò a guardarle con ostilità fino a quando lo sfogo gli sembrò soddisfacente. Kettere aveva già raggiunto la parete rocciosa.

Ora poteva partire.


 

Da quel punto vi era un unico modo per raggiungere il villaggio: uno stretto passaggio scavato nella parete rocciosa. Le torce all'ingresso erano già state accese e Kettere avvicinò il bastone ad una di esse. La punta ricoperta di tela e olio prese fuoco illuminando il primo tratto del cammino.
Secondo Kuro quel percorso rappresentava la metafora perfetta per la destinazione a cui portava.

Il villaggio di Rura era stato fondato all'interno di un immensa crepa nel monte, circondato da metri e metri di pareti levigate dal vento. Eccezion fatta dell'inverno la luce solare colpiva le abitazioni solamente a metà giornata, dopo di che tutto ripiombava in una crescente oscurità. Così ogni giorno lavoravano in uno dei punti più luminosi e pieni di vita del monte per ritrovarsi a camminare nel buio pari ad una fredda caverna. L'umidità si insinuava nelle pesanti vesti e le gocce d'acqua colpivano a sorpresa dopo aver attraversato sottili passaggi.
Era fin troppo facile inciampare su un masso e ferirsi. Lì una torcia era una precauzione necessaria (ed il primo regalo per ogni bambino di Rura) ma non per lui. Ogni sporgenza appariva a Kuro come un sottile filo bianco. Approfittando di quel segreto manteneva lo sguardo alto, concentrato sulle spalle del pastore.

Tra la gente le qualità fisiche di Kettere si distinguevano enormemente, pareggiate solo dal più forte costruttore della comunità. La vita sul monte gli aveva temprato il fisico e malgrado il suo mestiere non gli permettesse di muoversi troppo usava le energie risparmiate aiutando nella costruzione di una casa o a scaricare le merci arrivate dalle città.

Non un vanto ma obbligo morale, così affermava con solennità.
Oppure per risentimento, così pensava il figlio. Kettere era conscio dell'importanza del suo ruolo, lo ripeteva ogni volta che aveva l'opportunità di farlo ma sgradiva stare seduto metà giornata per alzarsi solo quando una povera pecorella si avvicinava troppo al dirupo. Se così era lo nascondeva bene. O forse, la possibilità più ridicola, era davvero sincero. Poteva essere un generale, leader assoluto di un gruppo di prodi guerrieri. Kuro lo immaginava camminare a testa alta per le strade di una grande città dopo una grande vittoria mentre la gente gridava il suo nome. Un uomo che poteva molto di più e che si trovava a gestire una ventina di pecore di montagna. Non che la sorte di Kettere lo tormentasse troppo, per quanto gliene importasse sarebbe potuto precipitare da uno strapiombo il giorno seguente. Ma era un altro spreco, una piccola goccia nel mare di delusione e risentimento in cui si sentiva annegare...

Più volte hanno cercato di avvisarti...

...e più volte tu li hai derisi.

Solo l'esperienza aveva confermato la leggerezza delle sue valutazioni ed il peso di quell'errore si faceva sentire ogni giorno. Ogni singolo e dannatissimo giorno.

Otto anni erano già trascorsi. I primi quattro a far crescere quell'inutile corpo e gli altri ad accontentare le loro sciocche richieste e documentarsi su tutto quello su cui era stato possibile mettere le mani. Nel tempo rimasto cercava di comprendere gli idioti che gli stavano attorno.

Che cosa poteva spronare un uomo, uno qualsiasi, a rimanere in una terra così anonima?

Rura, una località ben protetta ma non particolarmente allegra, talmente sperduta da non attirare nessuna attenzione se non di rari commercianti e avventurieri di passaggio intenti a conquistare la cima del Rukalo. Solite facce e solite attività, qualche festa durante l'anno per celebrare un animale sacro e nulla più. In un posto del genere domande e desideri di pari passo e dilaniato dai dubbi provò a cercar risposta con i più importanti uomini del villaggio:

Sumurn, Gejko il fabbro, Oran il macellaio...
Ad ognuno le stesse domande: sei mai uscito da Sationne? che cosa ti ha spinto a vivere tutta la vita a Rura? ti piace quello che fai?
Inizialmente accettavano di buon grado la sua curiosità finendo poi a rimarcare quanto il senso di unione fosse importante. Oran si era anche permesso di cacciarlo dal suo negozio in malo modo dichiarandosi stufo del suo comportamento.
Quale affronto da un essere così mediocre!
Tentò anche con Kettere che stremato dei suoi innumerevoli tentativi gli promise che un giorno sarebbero andati a Ottana insieme. Sarebbe stato interessante vedere la città coi propri occhi ma non avvenne. Fù anche sciocco crederci dato che da quando aveva memoria il padre non aveva mai lasciato il monte.

Vi era una possibilità per cui gli uomini pensassero solo al villaggio. Un termine che spesso veniva usato dalla donne ma era un concetto troppo astratto per Kuro e fuori dalla sua portata. Senza alcun valore.

Di lì a poco lo scarso interesse per quella vita si era trasformato in raccapricciante malessere e sebbene fosse un rischio calcolato era avvenuto con troppo anticipo. Il silenzio richiedeva sforzo. Lo sforzo richiedeva nuove energie ma niente era peggio di una prematura disfatta, unica eventualità che riempiva Kuro di puro terrore...

La luce delle torce illuminarono Kettere, segno dell'arrivo al villaggio. Mentre il padre continuava la marcia verso casa Kuro si fermò a guardare il paesaggio. Al declino verso sera non molto era rimasto visibile se non le capanne più vicine. Il resto comprendeva numerose fiammelle, puntini rossastri e frastagliati, bloccati davanti agli ingressi delle abitazioni, in punti strategici o in movimento per la larga area. Quando la notte calava del tutto quello scenario appariva come un cielo stellato.

La loro capanna era la prima sul sentiero in terra. Kettere aveva già spento il bastone nella tinozza vicino alla porta. La lasciò aperta, ultima vera gentilezza quotidiana rimasta nei suoi confronti. Kuro affrettò il passo ma non appena posò un piede sulla soglia una figura gli sbarrò la strada. La donna si abbassò alla sua altezza e lo strinse in un caldo abbraccio.

Con garbo ricambiò il sorriso della donna.
- Il mio piccolo lavoratore! - esclamò Meriè.
Era piuttosto bella e leggermente più giovane rispetto alle altre madri. Si era legata l'ondulata chioma rossa con una sottile corda, lasciando i capelli appoggiati alla spalla. I lineamenti del viso così sottili da farla sembrare fragile ma sempre radiosa. - Vai a pulirti le mani. Tra poco si mangia. -
Meriè rimase appoggiata sulle ginocchia aspettandosi una ricompensa per la calorosa accoglienza. Solo quando Kuro si decise a darle un bacio sulla guancia, guardando altrove, lo lasciò passare. Avvolto dal tepore della casa Kuro superò il tavolo al centro della capanna mentre Kettere sistemava il bastone vicino al camino acceso. In una sedia appoggiata al muro lasciarono a turno le pellicce tenendosi solamente i pantaloni di bisonte e una maglia leggera.
La capanna di mattoni rappresentava uno degli aspetti più miserabili della loro esistenza. Alla destra dell'ingresso era stato messo un tavolo dove Meriè preparava i pasti e vi teneva tutti gli strumenti per cucinare. Più in fondo insieme ai pochi strumenti da pascolo e per le riparazioni era stato adibito un piccolo spazio dove cuciva e creava indumenti da rivendere. In altre parole un cumulo di paglia vicino ad uno più piccolo di lana.
Insieme al tavolo centrale che usavano per mangiare e la sterpaglia lasciata sotto al tetto dove dormivano quelli erano tutti i loro possedimenti.
L'odore in casa non era dei migliori soprattutto quando erano presenti carcasse da consumare alla svelta. Una fortuna per lo stomaco, si, ma Kuro era grato di non doverci passare ancora le sue giornate.
Dopo aver richiuso la porta Meriè si era lanciata a recuperare ciotole e cucchiai dal suo tavolo da lavoro mentre gli uomini presero posto. Attesero giusto qualche minuto e una porzione di spezzatino venne data ad entrambi.
Non avendo spazio per un campo coltivabile a Rura non vi erano grandissime risorse disponibili. Il mese prima era passato un mercante con dell'ottimo agnello, presente nello spezzatino, ma nella stragrande maggioranza dei casi erano patate e verdure ad arricchire la tavola.

Silenzioso Kuro mangiò la sua cena insieme ad un pezzo di pane e un tozzo di formaggio. Meriè tenne occupato il marito con domande sulla giornata trascorsa. Nella stragrande maggioranza dei casi otteneva poche sillabe, la routine di Kettere regalava raramente sorprese. Venne il turno di Kuro.

- E tu cosa hai imparato oggi? - gli chiese.

Il bambino dovette prendersi qualche secondo per trovare qualcosa di decente da dire. Incurante Kettere lo anticipò. - Meriè...questa carne è cotta magnificamente. -

Il sorriso della donna si fece ancor più luminoso. - Il merito è della carne, non mio. -

- Sei troppo umile. Non credo che questo agnello sia saltato dentro alla pentola da solo. Complimenti a lui allora. Se è stato così bravo a tagliarsi finemente dovevamo metterlo a lavorare in macelleria al posto di Oran. -

Entrambi risero di gusto, nel caso di Kettere era la prima volta da quando si era svegliato. Kuro lo guardava dubbioso. Sotto alla barba i lineamenti del viso di suo padre si ammorbidivano, veniva a mancare tutta quella serietà che si portava sull'altopiano o quando conferiva opinioni con altri uomini.

Era felice. Quello era il termine che loro usavano.
Meriè raccontò di alcune discussioni che aveva avuto con un anziana mentre il marito ascoltava estasiato. Kuro ne approfittò di quel tempo per trangugiare il pezzo di pane e bersi l'ultima sorsata di zuppa. - Vorrei uscire. -
- Con questo freddo? - Meriè gli lanciò un occhiata corrucciata. Tornò al solito comportamento sereno controllando che la ciotola di Kuro fosse vuota. Annuì con soddisfazione. - Bravo il mio lavoratore. Non allontanarti troppo e ricorda di prendere una torcia. È troppo buio e non sai mai su cosa puoi camminare... -
- Tanto lo sai benissimo dove va... -
Il commento di Kettere non passò inosservato ma per diversi motivi non ottenne risposta. Kuro si limitò ad alzarsi, sparecchiare il suo posto, recuperare un vestiario adatto per non morire assiderato e chiudersi la porta alle spalle.
Fuori fece un solo passo, giusto per staccarsi dal ruvido legno e potersi sedere sul gradino. La brezza si stava facendo insistente e costringendolo a coprirsi al meglio delle possibilità. Avvicinò l'orecchio alla porta aspettandosi una conversazione importante e sospirò.

Fingersi uno di loro stava diventando troppo frustrante.

 

 

Il camino sbuffò scintille che si spensero in aria. Ancor prima che Kettere iniziasse a parlare la moglie già sapeva cosa lo tormentasse. Il pastore teneva lo sguardo fisso sul tavolo coprendosi la parte bassa del viso con le mani. Nascondere le preoccupazioni non faceva parte dei talenti del marito.

- Niente? - gli chiese.

- Niente. - ammise lui cupo.

Kettere temporeggiò ancora. Si teneva dentro quelle parole da troppo tempo, stufo della situazione ma timoroso delle conseguenze. Eppure quando riuscì a guardarla negli occhi c'era qualcosa che la donna non si sarebbe mai aspettata: decisione.

- è arrivato il momento di accettare la realtà. - dichiarò.

Qualsiasi cosa volesse dirle quella frase non le piacque per niente.

- Ha solo otto anni. - puntualizzò subito lei.

- Quanti bambini vedi che si comportano come lui? - tuonò Kettere. - Quanti ne hai mai visti a Rura? Nessuno Meriè, nessuno! Non fa altro che stare sopra quel grande masso a fissare il vuoto, a malapena parla... -

- Questo non è assolutamente vero! L'ha sentito Sumurn, ogni volta che ne ha occasione legge e fa domande. è un bambino intelligente e curioso di conoscere il mondo... -

A stento Kettere provò a reprimere la rabbia. - Quello è sicuro... quanto è vero che mi giudica. Io lo so Meriè, pensa che io sia stupido! Forse tutti noi. -

Meriè capiva i suoi sentimenti. L'unico motivo che le impedì di alzare la voce. - La delusione ti sta offuscando le idee. -

- Offuscando? - Kettere lo ripetè con tono vuoto. Scosse la testa. - Devi smetterla di prendere le sue difese. Così non sei aiuto per nessuno. Anche se fosse curioso, anche se volesse fare qualcos'altro, che importanza ha? Kuro deve imparare a fare ciò che è giusto per Rura. Sta diventando troppo grande per ignorarlo. Questo villaggio lo ha cresciuto, il debito dev'essere ripagato e lui non si preoccupa di fare la sua parte. Non gioca nemmeno con gli altri bambini. Anche se non vengono a chiedere, anche se per loro non sembra essere un problema...Meriè... tu sai che se ne stanno accorgendo. -

La donna provò a rispondere immediatamente ma si bloccò. Non era l'amore materno ad offuscare il suo giudizio, ne era convinta...questo non le aveva impedito di notare gli sguardi che le venivano rivolti o come alcune conversazioni venivano interrotte quando era abbastanza vicina per poterle ascoltare. Comunque il problema era un altro...

Si alzò dalla sedia dando le spalle a Kettere. I suoi occhi girovagavano nel suo tavolo di lavoro. Insicura cercava una risposta, come se gli strumenti di una vita potessero aiutarla.

- Non è tardi per trovare un altra soluzione. - bofonchiò.

La prima volta che avevano affrontato il discorso era stato quasi due anni prima e da lì avevano ripetuto sempre lo stesso processo: Kettere preoccupato e lei che lo tranquillizzava convinta che il tempo avrebbe portato soluzione...

Senza preavviso il tempo era finito e lei si ritrovava completamente impreparata. Non voleva accettarlo, dovevano esserci altre carte da giocare. Si ritrovò pure a pregare tra sé ma Kettere non voleva mollare. - Domani ne parlerò con Sumurn. Gli dirò che il bambino andrà spronato, che ha qualche problema... -

Senza nemmeno lasciarlo finire Meriè si rivolse a lui di scatto. - NON PUOI VERAMENTE FARLO! -

Rivolgersi agli altri abitanti in quel modo significava ammettere che Kuro fosse davvero diverso e questo avrebbe potuto incrinare il rapporto del bambino col resto della popolazione. Emarginarlo.

Lentamente Kettere si alzò in piedi. Non parve avere intenzioni minacciose, più calmo di quando avevano iniziato a parlare. Eppure la moglie indietreggiò come se davanti a lei si fosse presentato uno sconosciuto.

- Meriè... - mormorò lui. - ...nostro figlio è diverso. -

- Smettila. -

Lui continuò ad avvicinarsi. - Lo sai che ho provato. Più volte. Provato e riprovato, non mi ascolta. -

- E perchè non lo comprendi appieno. Non puoi avercela con lui se non è come lo desideravi... -

- Sei tu l'unica che non vuole comprendere... -

Uno scoppiettio nel camino fece sobbalzare Meriè. Aveva passato una giornata serena a sistemare la casa, ora affrontava le sue paure. - Potrebbe cambiare tutto. - affermò. - Tutto, Kettere. Hai faticato tanto per costruirti questa posizione dopo che tuo padre è morto, sei uno dei giovani più rispettati del villaggio. Non pensi a cosa potrebbe comportare questo per Kur... -

- E COME PENSI CHE MI SENTA IO?? -

La collera che Kettere esplose di colpo. Non si rese conto di quanto fosse stata violenta e fulminea ma bastò la reazione ammutolita della donna per fargli capire di aver esagerato. Non sapendo come rimediare si risedette al tavolo strofinandosi i palmi delle mani sul viso. - Perdonami. - sussurrò con voce profondamente colpevole. - Non volevo... -

Era a pronto a parlare a cuore aperto, rivelare la sua sofferenza ma non riuscì a continuare. Piangendo Meriè crollò sulle proprie ginocchia e senza pensarci si buttò su di lei rischiando di ribaltare il tavolo. Temeva di averla spaventata troppo ma realizzò poco dopo che il motivo era un altro.

Meriè aveva sempre avuto il problema davanti agli occhi. Kuro era un bambino distaccato e taciturno senza alcun motivo valido e salvo rari casi era sempre stato così. Non vi era niente di sbagliato nel suo senso di protezione e più difficile sarebbe stato per lei trovare la forza per altre strade.

Kettere le lasciò ancora qualche secondo per sfogarsi.

- Un giorno sorriderà... - disse Meriè. - Un giorno sorriderà. -

L'uomo si sentì crudele nel pensarlo ma provò un infinita tenerezza in quello sguardo disperato.

- Noi non siamo soli. - le ricordò, provando a rincuorarla. - Abbiamo sempre sostenuto la nostra
gente e sono certo che loro faranno lo stesso. Non c'è niente da temere, ce la caveremo anche questa volta. -

Non ci fù spazio per altre parole. Meriè credeva ciecamente nella bontà del marito e alla gentilezza che aveva sempre dimostrato. Era ancora un padre amorevole. Erano ancora una famiglia.

 

 

Appoggiato alla porta Kuro non si lasciò sfuggire mezza parola. Sospettava che Kettere aveva perso la pazienza e la possibile richiesta d'aiuto non lo sorprese troppo. Anzi. Era felice di averlo scoperto subito.

Si alzò per affrontare la corrente gelida che stava passando attraverso il monte. Non vi erano più fuochi in movimento per tutta Rura e all'interno del tunnel il vento si fece così violento da fischiare tra le incanalature nella roccia. Raggelato superò il percorso con difficoltà fino ad arrivare al trono. Nessun suono a tenergli compagnia, non una traccia di vita. Esattamente come voleva. Lì si sedette in contemplazione.

La scoperta non aveva portato alla luce alcuna minaccia reale ma avrebbe richiesto un nuovo carico d'impegno. Nel realizzarlo le budella gli si contorsero per la rabbia.

Gestire quelle emozioni non gli era facile ma ciò era scritto nel suo destino, doveva rispondere alla sfida con la stessa forza con cui aveva accettato. Da solo si sarebbe trovato in difficoltà e provato la tentazione di cedere e sbagliare. Solo in quel modo riusciva a dare un significato alla sua nascita in un posto così insignificante.

Doveva sopportare un altro po', stringere i denti...

Si guardò le mani stringendole fino a farsi male.

- Muoviti... - si disse tra sè. - Devi darti una mossa... -

Nessuna paura di fallire, solo eccitazione di immaginare cosa avrebbe fatto al momento opportuno. Fantasticando Kuro non riuscì a trattenersi dal ridere.

 

   
 
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