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Autore: Alley    22/11/2017    5 recensioni
[a Vero]
Castiel gli deposita un bacio tra le scapole e Dean inspira a fondo, la fronte premuta contro la superficie fredda delle piastrelle. Quello – l’acqua che gli scroscia addosso, il vapore che forma una densa cappa di calore tutt’intorno, la pelle bagnata di Castiel che aderisce alla sua – è la cosa più vicina alla pace che abbia sperimentato nell’ultimo periodo.
“Dean?”
Peccato che la pace, nella vita di Dean Winchester, non sia mai stata destinata a durare a lungo.

Le cinque volte in cui Dean si è fatto pare* su come Jack avrebbe preso la sua relazione con Castiel e quella in cui ha finalmente smesso.
*detto in modo più forbito non renderebbe
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ambientata in un ipotetico post 13x06 in cui restano tutti quanti al bunker a fare la famigliola felice com'è giusto che sia
Dedica a Vero (❤) perché tre scenari su cinque sono nati durante le nostre sedute di plottaggio e perché sì, che è sempre il motivo più nobile di tutti. 



























#01

Dean è impegnato a rimestare l’impasto dei pancake quando una stretta solida gli circonda la vita, distogliendo la sua attenzione dai fornelli.

“Ehi.”

“Ehi.”

Castiel si preme contro la sua schiena e gli stampa un bacio sul collo, poi si scosta quel tanto che basta a lasciar uscire le parole. “Perché non sei rimasto a letto?”

Effettivamente, con la voce di Castiel ancora roca di sonno ad un soffio dal suo orecchio, essersi alzato gli pare la decisione peggiore che abbia preso in tutta la sua vita.

“Perché in questo bunker c’è chi ha bisogno di nutrirsi--” La mano di Castiel scivola oltre la stoffa della sua maglia e accarezza la striscia di pelle sopra l’orlo dei pantaloni, lasciandosi dietro una lunga scia di calore – a rimarcare quanto cattiva sia stata la scelta. “—ma possiamo sempre tornarci.”

Quando il buongiorno di Jack risuona tra le pareti della cucina, Dean non si agita così tanto – dà una gomitata a Castiel e butta all’aria i pancake nel tentativo di divincolarsi alla svelta ma, tolto questo, riesce a reagire in maniera piuttosto stoica.

“Buongiorno, Jack.”

“Sì” borbotta Dean, togliendo la padella dal fuoco – doveva incatenarcisi, a quel fottuto letto. “Buongiorno.”

#02

Dean stira i muscoli per liberarli dall’indolenzimento, muovendosi nello spazio ristretto a sua disposizione. Quando solleva le palpebre, si ritrova due schegge di blu puntate addosso.

“È sempre inquietante, Cas.”

In realtà, è come imbattersi nella luce dopo aver brancolato nelle tenebre più nere: svegliarsi e incontrare il vuoto al posto di quegli occhi era diventato così insopportabile da fargli desiderare di non aprire mai più i propri.

(“Tu vuoi morire1.”)

“Hai dormito sul divano.”

“Le triple erano finite” si limita a dire, continuando a tenere i sottintesi nascosti sotto il tappeto. La sera prima, si è convinto di essere davvero troppo stanco per strisciare fino a uno dei due letti incassati alla parete e che il suo non fosse un patetico tentativo di fare ammenda. “E Sam non c’entrava.”

Castiel si siede sul bordo di uno dei cuscini da rivestimento; il suo sguardo si fa più morbido, simile a una carezza. Con lui, certe bugie non hanno mai attecchito. “Ti stai comportando benissimo con Jack.”

Dean valuta l’ipotesi di contraddirlo, ma, alla fine, decide che preferisce semplicemente baciarlo. “Vieni qui” gli mormora, e lo avvicina tirandolo per la cravatta.

Castiel è sporto a una manciata di centimetri dal suo viso quando la voce di Jack lo fa sollevare di scatto, allontanando le sue labbra dalla portata di Dean. “Castiel” lo chiama entusiasta e, a malincuore, Dean molla la presa.

La prossima volta col cazzo che glielo lascia, il letto.

#03

Trench e cravatta giacciono sul pavimento ai piedi del letto; Dean, invece, è sistemato sul bacino di Castiel e lo tiene premuto tra il proprio corpo e la testiera.

Gli lascia un bacio bagnato sulla mascella, scende a depositarne altri lungo il collo; il respiro di Castiel si fa più profondo e le sue mani gli si stringono attorno ai fianchi, le dita che affondano nel tessuto della t-shirt, scavando nella carne.

Dean lo sente fremere quando gli morde la clavicola scoperta. “Dean” esala Castiel, un suono basso e scuro che gli invia un brivido lungo la spina dorsale, e le dita di Dean corrono ad armeggiare con i bottoni della camicia ancora intrappolati nelle asole per rimuovere completamente l’ingombro della stoffa.

Il cigolio della porta è un dettaglio che passa totalmente inosservato alle sue orecchie.

“Jack.”

Dean si ferma di colpo, ogni singolo muscolo paralizzato al di fuori del cuore che sbalza in avanti fino a sbattere contro la gabbia toracica.

“Scusate” dice Jack alle sue spalle – è già abbastanza imbarazzante senza che si volti a guardarlo “Non volevo interrompervi.” Nemmeno il rumore dei passi che si allontanano risulta confortante come dovrebbe. “Continuate pure.”

Dean aspetta di sentire la porta richiudersi prima di staccarsi da Castiel con uno sbuffo - l’unica voglia che gli è rimasta è quella di sprofondare in una voragine. La fossa delle Marianne, preferibilmente. “Potresti insegnargli a bussare” dice piccato, lasciandosi cadere a peso morto sul materasso.

“Potresti insegnarglielo tu.”

“È da te che viene per ogni maledetta cosa.”

“È un problema?”

“No” replica Dean di getto, ma l’esitazione in cui incappa prima di proseguire racconta una storia diversa. “Anche se, certo, guido molto meglio di te e quindi quello avrei potuto insegnarglielo io.”

“Non volevi che usasse l’Impala.”

“Ho detto che potevo insegnarglielo, non che ero disposto a dargli Baby come cavia.”

“Sei un ipocrita, Dean Winchester.”

“Non sono un--”

Castiel lo sovrasta puntellandogli i fianchi con le ginocchia, i palmi piantati sul materasso ai lati del suo viso a fargli da sostegno; quando si china, Dean avverte il suo respiro infrangerglisi contro le guance. “Vuoi litigare o riprendere da dove eravamo rimasti?”

Forse quella di seppellirsi non è davvero l’unica voglia ad essergli rimasta.

#04

“Fammi vedere.”

“Cas, te l’ho già detto: non è niente.”

Dean non ha fatto altro che ripeterlo per tutto il viaggio di ritorno: non è necessario scomodare il pronto soccorso angelico per un graffio.

“Non erano questi i patti: se ti avessi lasciato guidare--”

“E va bene.” Dean spegne il motore e si lascia andare contro lo schienale, arreso. “Controlli pure, dottore.”

Castiel si sporge oltre il sediolino del passeggero e gli sfiora il taglio aperto lungo la tempia, attento a non esercitare troppa pressione.

Il bruciore sparisce all’istante.

“Ti avevo detto--”

“—non era solo un graffio.”

Presto, il tocco si trasforma in una carezza. Dean avverte la voglia di recriminare scemare pian piano, fino ad estinguersi definitivamente.

“Stai bene?”

Il covo ospitava più vampiri del previsto e, durante lo scontro, ogni attacco subito da Castiel gli ha fatto sussultare il cuore nel petto. Dean sapeva che sarebbe successo ed è per questo che gli aveva chiesto di restare al bunker insieme a Sam e a Jack, anche se, discutendone, aveva finto che fosse per tenere d’occhio il ragazzo.

La verità è che ha avuto Castiel indietro da troppo poco perché riesca a tenere a bada la paura di perderlo di nuovo.

“Sto bene.” Le dita di Castiel continuano a muoversi sulla sua pelle, sciogliendo la tensione ancora accumulata nelle membra – la grazia, stavolta, non c’entra nulla. “Tu?”

“Sono un angelo; non basta qualche vampiro a farmi male.”

“Sbruffone.”

Con la coda dell’occhio, Dean intravede Castiel sollevare gli angoli della bocca; a quel punto, accenna un sorriso a sua volta.

È quando fa per riportare lo sguardo sul parabrezza che adocchia nello specchietto retrovisore la figura stipata sul sedile anteriore.

“Che diavolo--” Dean si volta con uno scatto e Castiel ritrae la mano di riflesso “Da quanto sei lì?”

Jack si guarda intorno, come a volersi accertare del luogo in cui si trova. “Da…adesso” risponde, la delusione che si fa strada nella sua voce “Volevo teletrasportarmi in cucina. Devo aver sbagliato qualcosa.”

“Può capitare” lo tranquillizza Castiel “Prima non riuscivi nemmeno a farlo a comando, ricordi? Ora dobbiamo solo--”

“Impiantare il GPS?”

“—lavorare sulla destinazione.” Castiel marca per bene le parole, lanciandogli un’occhiata di ammonimento. “Andiamo ad esercitarci” aggiunge, diretto a Jack.

Quando apre lo sportello per scendere dall’auto, Jack lo imita.

Rimasto solo, Dean abbandona il capo contro il poggiatesta – ce lo sbatte, per la precisione, e non abbastanza forte da smaltire la frustrazione che gli ribolle dentro.

#05

Castiel gli deposita un bacio tra le scapole e Dean inspira a fondo, la fronte premuta contro la superficie fredda delle piastrelle. Quello – l’acqua che gli scroscia addosso, il vapore che forma una densa cappa di calore tutt’intorno, la pelle bagnata di Castiel che aderisce alla sua – è la cosa più vicina alla pace che abbia sperimentato nell’ultimo periodo.

“Dean?”

Peccato che la pace, nella vita di Dean Winchester, non sia mai stata destinata a durare a lungo.

“Dean?”

Dean chiude la doccia, voltandosi in modo da fronteggiare Castiel. Quando parla, si sforza di non suonare seccato come in realtà si sente. “Cosa c’è?” chiede, la domanda posta a voce abbastanza alta da risultare udibile oltre le pareti del bagno.

“Hai visto Castiel?”

Castiel apre la bocca, ma Dean gliela tappa con una mano prima che abbia il tempo di emettere alcun suono. “È, uh, andato a fare la spesa. Puoi chiedere a Sam, se hai bisogno di qualcosa.”

“Sam è uscito.” La voce di Jack, adesso, rivela un misto di incertezza e confusione. “Ha detto che andava a fare la spesa.”

Castiel, le labbra ancora sigillate, scocca a Dean un’occhiata eloquente che lui finge di non vedere.

“C’è qualche problema?”

“Credo d’aver fatto saltare la corrente. Il lampadario è esploso e non riesco a riaccendere la tv” spiega Jack, il tono colmo di mortificazione “Ho raccolto i pezzi di vetro.”

“Come hai fatto?”

“Mi sono chinato sul pavimento e--”

“A far saltare la corrente.”

“Ho provato a spostare il divano.”

A quella risposta, Dean storce la bocca in una smorfia carica di disappunto. “Avevo detto a Sam che era troppo più grande di una matita” borbotta, rivolto più a se stesso che a Castiel.

“Come?”

“Niente” si affretta a dire, tornando ad alzare la voce “Non importa, okay?” Dean emette un sospiro, rassegnato, e sposta la mano dal viso di Castiel al miscelatore. “Va’ da lui” gli dice, usando il rumore del gettito come copertura.

Castiel assente con un gesto del capo. Quando poggia il palmo su uno dei pannelli del box per farlo scorrere, Dean lo ferma agguantandolo per il braccio. “Teletrasportati.”

“Sono nudo.”

“Sei un angelo--”

“Grazie per il promemoria, Dean.”

“—se puoi farmi sparire i vestiti da dosso puoi anche farli comparire su te stesso, no?”

“Credo che anche il frigorifero abbia qualcosa che non va...”

“Non vedo perché non possa semplicemente rivestirmi e uscire dalla porta.”

“Perché--”

Dean abbassa lo sguardo, improvvisamente a disagio.

Il fatto è che quello è uno step che non hanno mai affrontato prima.

Con Sam non ce n’è stato bisogno. La sera in cui ha spento la tv e Castiel lo ha seguito nella sua stanza, lui non ha fatto una piega. Il mattino dopo, quando Dean si è presentato in cucina, al posto delle domande che si aspettava di sentirsi porre ha ricevuto il consueto buongiorno e una tazza di caffè fumante. Poco dopo, Castiel si è unito alla colazione e la giornata è proseguita con la solita routine a scandirla.

Nessun annuncio, nessuna spiegazione; nessuna reazione da gestire.

Con Mary è stato lo stesso. Più o meno. “Come vi siete conosciuti?”, ha chiesto un giorno, rivolta ad entrambi, e l’allusione celata dalla domanda si è materializzata davanti agli occhi di Dean come una terribile epifania. Prima che il suo cervello avesse il tempo di farle assumere le proporzioni di un dramma, Castiel aveva preso la parola. Mentre Mary lo ascoltava, il fantasma di un sorriso ad aleggiarle sulle labbra, la paura si era ridimensionata fino a diventare un punto appena distinguibile in mezzo alla calma che la voce di Castiel gli infondeva.

Nemmeno lei aveva posto domande.

Con Jack è diverso. Il ragazzo considera Castiel suo padre e Dean non sa come prenderebbe un rapporto come quello che li lega; non è nemmeno sicuro che sappia cosa siano esattamente cose come l’amore.

Quando il termine si delinea tra i suoi pensieri, il vuoto allo stomaco gli fa ancorare gli occhi al piatto doccia ancora più saldamente.

“Va bene” Castiel gli solleva gentilmente il viso, come a volergli gettare un’ancora di salvezza. “Se sei così preoccupato che sgoccioli sul pavimento, farò come dici tu.”

Dean mormora al vuoto il grazie risalitogli alle labbra.

+1

Quando Castiel fa capolino in cucina e Dean lo vede andargli incontro, si convince che sia per prender posto sulla sedia accanto a quella che occupa.

La previsione si rivela errata: una volta raggiuntolo, Castiel si china e poggia la bocca sulla sua, in un gesto tanto rapido che Dean ha a stento il tempo di registrarlo.

Più che un bacio vero e proprio è uno sfiorarsi di labbra, un contatto appena accennato, ma basta a procurargli una fitta di panico che diventa più acuta quando si accorge di Jack che li fissa dall’altra parte del tavolo.

Quando Castiel si ritrae, Jack non sposta lo sguardo e Dean resiste alla tentazione di distogliere il proprio. Non sa esattamente cosa si aspettasse di trovare in quegli occhi, ma sa che, di qualunque cosa si trattasse, non ve n’è traccia: non c’è niente di particolare o di diverso.

Un attimo e Jack torna a dedicarsi alla colazione, come se non si fosse mai nemmeno interrotto. Attorno a loro, le pareti del bunker sono ancora in piedi e il mondo non è collassato su se stesso. Persino respirare risulta sorprendentemente semplice.

“Posso prendere un altro nougat?” chiede Jack, e a Dean non sfugge il piccolo sorriso che Castiel cerca di trattenere.

“Certo.”
 
 
 
 
 
















Note
1 “So, you wanna die. But I say: keep living.” (Billie, Advanced Thanatology)
 
  
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