Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover
Segui la storia  |       
Autore: nainai    22/11/2017    0 recensioni
Rose rosse. Ambizioni. Desideri.
...il bisogno di attingere alla vita per essere vivi davvero.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Placebo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
E' come se i nostri mondi collidessero.
Il mio sta implodendo
e tu resti a guardare.

Vomitò tutto quello che aveva bevuto nelle ultime due ore.
Vomitò anche tutto quello che aveva masticato, ingoiato e non digerito. La bile, la rabbia, la paura...Vomitò quel senso di inadeguatezza che gli aveva serrato lo stomaco davanti allo sguardo di Stefan, al coraggio stupido di Marcian Lo Sconosciuto, all'indifferenza di Gail per quel messaggio che lui si ostinava a portare in scena ogni sera.
Si chiese cosa ci fosse di sbagliato in lui. Cosa impedisse alla gente di capire davvero. Quello che provava, quello che cercava di dire loro in ogni modo, in ogni singolo gesto, parola, grido disperato da quel maledetto palco!
Si accasciò a terra, le braccia sorrette solo dalla ceramica sudicia del cesso davanti a lui. In quel momento si faceva talmente schifo da non trovare nemmeno così orrendo starsene lì sul pavimento, in mezzo al lerciume, ad aspettare che il cuore smettesse di correre come un pazzo nel suo petto, la testa di pulsare e quel dannato sapore di ristagnargli in bocca con tanta ostinazione.
Spinse indietro i capelli, sperando che non si fossero macchiati ma senza forze per sincerarsene davvero; li avvertiva umidi e appiccicosi, ma non gli importava, a condizione che non gli ricadessero sulla fronte sudata.
L'idea di uscire da quel cubicolo e tornare nella confusione del locale lo terrorizzava a morte. Sentiva la musica rimbombare ossessivamente perfino da lì. Non c'era nessun posto in cui nascondersi, in mezzo a quella confusione: inevitabilmente lo avrebbero cercato, lo avrebbero visto e lo avrebbero giudicato. Non importava chi fossero “loro”. Non avevano un nome o una faccia, erano le centinaia di persone senza nome e volto che si erano girate nella sua direzione quando avevano incrociato la sua strada, nel corso lunghissimo di quella vita di merda che continuava a sfuggirgli dalle dita. Doveva pur esserci un senso da qualche parte! Perché solo lui sembrava incapace di vederlo?
La porta di legno, a cui era appoggiato con la schiena, venne spalancata di colpo. Brian si considerò fortunato ad essere ancora accasciato contro il water o niente lo avrebbe salvato dal ritrovarsi steso a terra a fissare dal basso il volto arrossato del gigante biondo che occupava adesso la soglia. Senza muovere un muscolo, gli rivolse un'occhiata stanca.
-...non si bussa, Eric?- borbottò piatto, svogliato.
Lui non gli prestò attenzione. Il suo sguardo vigile lo studiava analiticamente e lo fece sentire incredibilmente nudo ed esposto.
Brian si alzò di scatto, scavando dal fondo del proprio ego quanto restava del proprio coraggio e orgoglio. Spinse di lato Eric, che lo lasciò fare, e passò oltre, uscendo nel bagno e raggiungendo il lavandino. L'immagine spettrale allo specchio lo salutò con un paio di occhiaie verdi e labbra così livide da sembrare appena scappate all'inferno. Nonostante il trucco! Brian aprì l'acqua e la raccolse sui palmi a coppa, poi infilò il viso tra le mani e grattò via ciò che restava del make up, strofinando con ostinazione la pelle fino a renderla rossa e dolorante. La faccia che lo accolse, quando raddrizzò la schiena, non era migliore di quella di pochi istanti prima. Adesso, al posto delle occhiaie verdi, c'erano le scie scure di mascara, matita ed ombretto, che segnavano con prepotenza il solco profondo sotto i suoi occhi, rendendoli più brillanti, vividi e irreali del solito. Sembrava una maschera su cui qualcuno avesse praticato dei fori in corrispondenza di pupille di vetro colorato.
Vide Eric alle proprie spalle. Lo vide sempre nel riflesso, non appena scelse di distogliere l'attenzione da se stesso e puntarla su quella figura enorme che sorrideva ironicamente dietro di lui.
-Che diavolo vuoi?!- lo apostrofò, cercando di suonare minaccioso ma risultando soltanto sfinito.
Lui sbuffò una risatina e gli andò incontro. Istintivamente Brian si ritrasse contro il lavandino, voltandosi nello stesso momento, sulla difensiva. Mai come in quell'istante Eric gli era sembrato minaccioso, ma sospettava fosse solo lui a sentirsi particolarmente fragile.
Il gigante lo ignorò. Aprì il rubinetto e c'infilò sotto le mani per sciacquarle.
-Brutta serata, ragazzino?- s'informò in modo quasi gentile.
Brian capì a quel punto che lui lo doveva aver sentito mentre rimetteva anche l'anima in quel cesso di merda. Si morse le labbra fino a farle sanguinare, cercando di calmare il dannato battito impazzito all'altezza dello stomaco.
-Senti, chiariamo una cosa.- sbottò aspro.- Noi due non siamo amici...
-Ah, questo lo so!- rise Eric, apertamente.
Brian si perse a metà del proprio discorso, spiazzato da quella reazione tanto neutrale alle sue parole. Lasciò ricadere “l'intimidatorio” dito che aveva sollevato verso di lui e si rilassò contro il sostegno di porcellana alle proprie spalle.
-...ma mi dici che diavolo vuoi da me?- sussurrò in tono appena udibile, senza preoccuparsi, stavolta, di suonare meno stanco e debole di quanto si sentisse davvero.
Eric chiuse l'acqua, si voltò verso di lui e sollevò un sopracciglio.
-Perché pensi che voglia qualcosa da te?- ritorse spiccio. Strappò dal rotolo lì di fianco alcuni tovaglioli e si asciugò le mani, per poi gettarli nel cestino vicino al muro. Quando tornò a guardarlo, Brian era ancora in attesa di una spiegazione.- Ragazzino, te l'ho detto la prima sera: mi piaci.
-La gente che dice questo, poi cerca di infilarmi le mani nei pantaloni.- affermò pianamente Brian.
Eric rise di nuovo. Scavò nella tasca dei jeans e tirò fuori una bustina trasparente simile alle altre svariate bustine trasparenti che, in quel tour, erano passate dalla sua mano a quella di Brian.
Lui, però, sentì che avrebbe fatto bene a voltarsi ed andarsene.
-Vuoi che ti infili le mani nei pantaloni?- ironizzò Eric.
...piuttosto preferirei la castrazione chimica...”
Non ebbe la prontezza di spirito di rispondere, comunque. E questo era abbastanza insolito da aumentare fortemente quel senso di straniamento e disagio che avvertiva. Adesso come adesso, voleva solo uscire da lì e tornare in Hotel per rinchiudersi in camera fino alla fine dei giorni.
Eric avanzò verso di lui, colmando la distanza di sicurezza – già breve – che Brian aveva mantenuto fino a quel momento. Fortunatamente si limitò a posare sul piano in ceramica il sacchetto e a farsi indietro con la stessa ironia beffarda ancora dipinta in viso.
-Sai ragazzino...non posso dire che l'idea non mi intrighi,- ammise semplicemente.- ma continuo a pensare che resterei molto deluso di scoprire cosa c'è lì sotto!- esclamò accennando un gesto tanto eloquente quanto volgare.- Quindi, non seccarti, ma mi limito a dirti che mi piaci e che mi piace fare regali agli amici.
Evidentemente aveva del tutto ignorato il fatto che Brian ci avesse tenuto a specificare che loro due non era affatto amici.
-E poi, questo tour è una tale rottura! Tu sei una delle poche cose interessanti che sia successa da quando è iniziato.- confessò candidamente, reinfilando le mani in tasca per lasciarcele, stavolta. - Mi piace l'idea di movimentarti un po' una serata, che sembra proprio ti stia andando di merda!
-Non sai quanto.- concordò Brian brevemente, evitando il suo sguardo. Finì per incocciare di nuovo nella propria immagine riflessa ed ebbe serie difficoltà a riconoscersi.-Cristo!- sfiatò stravolto.
Eric, intanto, sembrava essersi stancato di lui e stava già tornando verso la porta del bagno.
-Se vuoi un consiglio, ragazzino,- annunciò la voce roboante del gigante, senza attendere che lui chiedesse effettivamente che gli fosse dato qualche discutibile consiglio - lascia perdere tutti quelli che non sono abbastanza furbi da capire quanto vali e cerca altrove.
Eric scomparve dietro il battente, che si richiuse da sé, e Brian si ritrovò solo in compagnia di un sacchettino di pillole di LSD.
...beh...prenderne una, dimenticarsi in fretta di quanto successo ed uscire a cercare compagnia non sembrava affatto un brutto programma.
Le sue dita saettarono istintivamente verso il sacchetto, afferrandolo con forza. Brian si tirò dritto, rassettò i vestiti sgualciti e, infilate in tasca le pillole, uscì rapidamente dal bagno.

-Brian!- Alzò ulteriormente il tono quando l'uomo si voltò verso di lui, per essere certo che lo sentisse, nonostante la musica e nonostante a separarli ci fosse quasi per intero il bancone del bar.- Dov'è David?!
Eno si strinse nelle spalle. A Brian fu chiaro che era molto più interessato alle tette della tizia con cui stava chiacchierando al suo arrivo, che a dargli indicazioni su dove avrebbe potuto trovare il cantante.
Sbuffò infastidito.
Il sacchetto trasparente nella sua tasca posteriore pesava come un macigno. Brian fissò intensamente il bicchiere alto che era appena stato servito alla donna accanto a lui e si chiese se fosse il caso di ordinare da bere o se fosse meglio uscire da lì prima di ritrovarsi a soffocare per la voglia di farsi e quella di sparire in un buco profondo chilometri. Si accorse solo quando lei parlò, che la donna era di nuovo Gail.
-Guarda che David è appena uscito.- gli disse. Brian sollevò lo sguardo verso di lei, una luce bramosa negli occhi.- Se ti sbrighi, lo trovi sul retro. Jeff stava andando a prendere la macchina.
-Grazie.
Quasi corse via. Sentendosi un po' stupido nel farlo e non sapendo nemmeno bene per quale ragione, invece di cercare un facile rifugio nella droga, stava preferendo cercarlo tra le braccia di Bowie. La cosa lo spaventava a morte, in realtà. Mentre usciva dalla sala da ballo, lasciandosi alle spalle la confusione e il rumore, sentiva nuovamente il cuore prendere a rimbalzare impazzito nella cassa toracica, spingendo giù, giù sullo stomaco!
Nel giro di pochi giorni, Bowie sarebbe scomparso completamente dalla sua esistenza.
...o forse sarebbe stato Brian a scomparire dall'esistenza di David Bowie. Non aveva ben chiaro se l'essere una star e un'icona decennale comportasse di ridurre tutti gli altri a comparse anche nella propria vita, quando avevano la sorte di incontrarti sul loro cammino.
In ogni caso, lui sarebbe stato un punto passato su una linea retta verso un futuro incerto. Aggrapparsi a quel punto poteva significare cambiare totalmente il corso della propria vita: Steve gli aveva detto chiaramente che Stefan era geloso di Bowie, che temeva le scelte di Brian, che Brian avrebbe fatto fatica a riguadagnare la sua fiducia...cosa sarebbe stato di tutti loro una volta che il Duca Bianco fosse sparito e loro tre si fossero trovati a dover fare i conti con i Placebo e nient'altro?
No, rifugiarsi tra le braccia di Bowie non sembrava affatto la scelta saggia. E, per assurdo, appariva più saggio tornare indietro, ordinare qualcosa al bar e mandare giù una o due di quelle pillole magiche che Eric aveva dispensato con tanta generosità.
Ma, poi, Brian uscì all'aria aperta. Un vento gelido gli rimbalzò addosso, cercando inutilmente di ricacciarlo dentro il locale, fece sbattere la porta alle sue spalle, Brian la guardò e poi si girò ad allargare lo sguardo all'intero spazio del parcheggio sul retro. Riconobbe David immediatamente. Era una macchia chiarissima in un cielo nero, punteggiato di lampioni. Sorrideva. Il suo viso appariva disteso e sereno e Brian poteva sentire un eco lontana delle sue parole, dolci, morbide come sempre, scivolare fino a lui sulle tracce di quel vento.
Lo calmò in un momento. Brian provò la stessa sensazione di tranquillità e sicurezza che aveva avvertito quando, quel mattino, si era svegliato accanto a lui. Fino a quel momento, era sembrata passata un'eternità da allora, ma adesso si rese conto che erano solo poche ore che lui e David si erano separati e che tutto quello che voleva in quell'istante era tornare con lui in Hotel e chiudersi con lui nella propria camera, fino alla fine dei giorni.
Brian iniziò a camminare in direzione dell'uomo. Lo spirito decisamente più leggero ed i passi più sicuri e meno affrettati. E poi la vide.
Emily era un'elegante curva nera e bianca sullo spaccato monocromatico della notte.
Lei e Bowie non si sfioravano nemmeno. In piedi uno davanti all'altra. Lui un punto di luce nel cappotto bianco, lei un angelo nero con il vestito a balze che scivolava sul vento, da sotto il giubbino di pelle troppo corto.
Brian s'immobilizzò. Nessuno dei due sembrava essersi accorto di lui, Bowie parlava ancora, con quella sua voce calda e rasserenante, lei oscillava leggermente, come fosse incorporea, un'apparizione spettrale. La limousine dell'uomo arrivò in silenzio dal fondo del parcheggio e fermò davanti a loro. Jeff scese ad aprire la portiera, il braccio di Bowie si sollevò a circondare le spalle magre di Emily, la strinse a sé con affetto e senso di protezione evidenti perfino a quella distanza, le sussurrò qualcosa all'orecchio o forse le diede un bacio in quello spazio piccolo, intimo, tra il lobo ed il collo. Sparirono nell'auto ancora abbracciati.
Brian sentì distintamente il suono della crepa che si era appena allargata, perfetta e precisa, nel suo piccolo mondo disastrato.

Perché non mi hai detto quello che sentivi?
Perché hai voluto che scoprissi da solo quanto a fondo eri spezzato?

Stefan si era annoiato in fretta di Marcian tanto quanto della propria personalissima ribellione senza senso.
Vedere uscire Brian a quel modo, per non vederlo più tornare, gli aveva lasciato un senso di vuoto così persistente che non era bastato tutto l'alcool che era riuscito ad ingoiare per sedarlo.
Marcian era stato congedato in malo modo, dopo che aveva tentato inutilmente di farsi portare in albergo dal bassista. Stef era uscito dal privé dichiarando che andava a prendere una boccata d'aria e, invece, si era diretto al bar a caccia del proprio cantante, ma senza avere fortuna.
Appoggiato di spalle al bancone, tentava adesso di capire se sarebbe stato in grado di individuare Brian nella piccola folla che ancora occupava il locale. Nonostante l'ora tarda, la maggior parte degli invitati alla festa era ancora lì, complici i pochi giorni di pausa che li separavano dalla data successiva e la voglia di far festa a ridosso della conclusione del tour.
Stefan riconobbe un paio di figure familiari che bevevano sedute a pochi passi da lui. Si voltò da quella parte.
-Revees!- gridò attraverso il rumore. Il musicista si voltò insieme con Gail.- Avete visto Brian?
Revees scosse la testa. Gail, al suo fianco, si sporse sul bancone e gli rispose: Credo sia andato via con David!- urlò.- Lo stava cercando prima! Penso siano tornati in albergo assieme!
Stefan soffocò bruscamente il senso di abbandono che gli risalì addosso con ferocia. Annuì senza aprire bocca. Si staccò dal bancone con un gesto rapido e scoordinato, sentiva solo il bisogno urgente di uscire davvero da lì, allontanarsi da quella sensazione spiacevole di aver perso qualcosa di troppo importante.
Steve lo intercettò sulla soglia del corridoio che portava all'esterno. Si accorse facilmente del suo stato d'animo, ma, del resto, lo aveva seguito apposta per assicurarsi che fosse tutto a posto.
-Stef!- lo chiamò inutilmente.
Lui si voltò, lo vide e poi lo ignorò e corse fuori, inseguito dai passi del batterista. Steve lo raggiunse all'uscita posteriore del locale; sbucarono entrambi nel parcheggio silenzioso, la porta che sbatteva con violenza alle loro spalle.
-Che succede?- chiese immediatamente Steve, piazzandoglisi di fronte.
Stefan non rispose. Cercò di calmare i nervi e riprendere il controllo, evitando accuratamente di incrociare lo sguardo dell'amico. Cavò di tasca le sigarette, se ne accese una e, poi, si lasciò cadere a sedere per terra, spalle al muro del locale dietro di sé. Da lì gli alzò in faccia gli occhi, con una rassegnazione evidente perfino nella semioscurità che li circondava.
-Non avrei dovuto comportarmi come ho fatto.- mormorò angosciato.
Steve sospirò. Con fatica si sistemò al suo fianco, appoggiando anche lui la schiena al muro umido e bestemmiando mentalmente contro quegli idioti dei suoi migliori amici che lo obbligavano a simili sciocchezze nel cuore della notte e nel mezzo di una festa.
Non disse niente del genere.
-Se vuoi la mia opinione spassionata, per quanto tu sia stato orrendo e vagamente ridicolo, Brian se l'è meritata tutta.
-Certo!- sbuffò Stefan, amaramente.- E cosa ci ho guadagnato?! Che lui è tornato esattamente dove non volevo che fosse: con Bowie!
Steve sospirò di nuovo. Tirò su le ginocchia, ci appoggiò un gomito, s'inclinò in avanti e si grattò pensieroso la testa, studiando da sotto in su l'espressione di pura disperazione che Stefan rivolgeva adesso al parcheggio vuoto.
-Non credo che essere gentile e carino con lui ti avrebbe portato vantaggi, sotto questo profilo.- considerò pianamente.- Al massimo, Brian avrebbe passato la notte con te e domattina sarebbe tornato da Bowie.
Stefan non disse nulla. Tanto, sapevano entrambi che sarebbe sarebbe andata esattamente così e non avevano davvero bisogno di dirselo ad alta voce. Il punto, molto più banalmente, era che a Stefan sarebbe anche stato bene: non voleva perdere Brian e, se questo significava continuare ad essere una seconda scelta, lo svedese stava scoprendo tristemente in fretta quanto fosse disponibile ad esserlo.
Steve lo sapeva anche senza che Stef glielo dicesse. Era tragicamente consapevole delle dinamiche sbagliate che animavano la coppia che lui e Brian formavano, tragicamente consapevole di come quest'ultimo ci riversasse dentro buona parte del veleno che lo alimentava. Stefan era un'ancora di salvezza? Brian poteva insistentemente rosicchiare la corda che li univa nonostante sapesse che sarebbe andato alla deriva senza possibilità di recupero.
-...Stef...- Lui lo guardò.- Lascialo andare quanto prima.- consigliò a voce bassissima. Faceva fatica a dirlo, aveva paura quanto Stefan che, il giorno in cui si fosse trovato davvero da solo, Brian avrebbe finito per autodistruggersi. Era come una stella pericolosamente vicina al termine del proprio ciclo vitale – Lascialo. Almeno uno di voi due deve uscire da questa storia ancora vivo.
***
Gail rideva ad una sua battuta. Brian Eno pensava che sarebbe stato il caso di chiederle, una volta in Hotel, se avesse voglia di fermarsi a bere un “bicchiere della staffa” da lui. Gli altri intorno a loro non sembravano nemmeno essersi accorti del clima di complicità che intercorreva con la donna.
La limousine nera si fermò silenziosamente a pochi passi dal punto cui approdarono. Eno, cavallerescamente, aprì la portiera per far salire la bassista bruna; l'autista, sceso dalla macchina per aprire anche l'altro sportello, si voltò, invece, verso di loro.
-Mr. Eno!- lo chiamò con urgenza.
Brian Eno si voltò senza capire cosa potesse esserci di tanto pressante: l'uomo aveva un'espressione preoccupata che era decisamente fuori luogo come finale di una serata tanto piacevole e divertente.
-C'è un cadavere all'ingresso del parcheggio!- esclamò l'autista.
Il tempo si fermò. Diverse paia di occhi attoniti si girarono in direzione dell'uomo. Brian Eno, sfoggiando un autocontrollo impeccabile, chiuse educatamente la portiera, nonostante Gail fosse ancora in piedi di fianco a lui, e si voltò nella direzione dell'autista.
-Spiegati.- ordinò in tono fermo e pacato.

-Puoi andare ad aprire tu, tesoro?
Emily non gli rispose. Mise da parte il libro che stava leggendo e, in mutande e con solo una maglietta di Bowie a coprirle il seno e la pancia, saltò agilmente giù dal letto e puntò alla porta della suite. Nel bagno della camera, Bowie fischiettava allegro uno dei propri singoli più vecchi.
Emily ricambiò l'espressione preoccupata di Eno, fuori della stanza, con la propria curiosità più ingenua e sfrontata. Il produttore la ignorò.
-David?
-In bagno.
Eno annuì.
-Abbiamo un problema.- annunciò subito dopo.
Quando Bowie uscì dal bagno, la sua camera da letto era decisamente più affollata di quando l'aveva lasciata.
Il cantante girò lo sguardo da Eno ad Emily a Revees e ritornò a puntarlo su Eno. Poi si accorse, senza bisogno che l'altro aprisse la bocca, della figura bruna, pallida e sfatta che occupava il suo letto.
Si accigliò.
-Brian!- sfiatò incredulo.
Si precipitò da quella parte, scostando di peso Eno per poter raggiungere il letto.
-Che diavolo succede?!- ringhiò, facendosi spazio accanto al ragazzo, sul materasso, e posandogli affannosamente una mano sulla fronte.
Brian era gelido. Un sudore ghiacciato appiccicò i polpastrelli della mano di Bowie alla sua pelle pallida. Il respiro del ragazzo era talmente flebile che David dovette spostare la mano sul petto per assicurarsi che fosse presente.
Per assurdo, quelle constatazioni lo calmarono, ridandogli in un secondo la lucidità necessaria per agire. Si voltò verso Emily.
-Chiama la hall, dì che mandino immediatamente il medico dell'Hotel.- ordinò.
La ragazza scattò verso il telefono, lo afferrò e camminò lontano da loro per poter chiamare senza essere disturbata.
Eno si affiancò a Bowie.
-Era nel parcheggio della discoteca.- cavò di tasca una bustina trasparente che conteneva ancora un paio di pillole colorate. Bowie le guardò senza vederle.- Non penso sia niente di serio,- cercò di rassicurarlo l'amico.- ha bevuto un po' troppo e l'alcool e queste non vanno d'accordo, lo sai.
Lo sguardo di David era tagliente come una lama, il suo viso era totalmente inespressivo ma Brian Eno avvertì distintamente la rabbia serpeggiare sotto quella calma apparente.
-Voglio che licenzi Eric.- affermò Bowie con fermezza, ma senza che il suo tono assumesse alcuna inflessione particolare.- E quando dico che voglio che sia licenziato,- aggiunse allo stesso modo – intendo dire che, da domani, il suo unico modo per entrare ad un concerto dovrà essere pagando un biglietto.
Eno prese mentalmente nota di quella disposizione, annuendo senza ribattere. David perse interesse; tornò a concentrarsi su Brian, per rendersi conto di non essere stato neppure capace di allontanare da quel corpo sottile la mano che ancora premeva contro il suo petto...aveva quasi paura che, facendolo, Brian avrebbe semplicemente smesso di respirare.
-Il medico sta arrivando.- annunciò Emily, riapparendo accanto a loro.
David sollevò gli occhi su di lei. Appariva preoccupata almeno quanto lui ed era così strano vederla alterata per qualcosa che avvertì immediata l'empatia che li legava in quell'istante. Annuì silenziosamente, a mo' di ringraziamento, e tornò a guardare Brian. Cauto e lento, spostò la mano, raddrizzando la schiena e cercando di riacquistare completamente il controllo di sé e delle emozioni che lo attraversavano in quel momento come una tempesta.
Brian respirava piano, ma respirava. Al caldo della camera stava lentamente riacquistando un colorito più salutare, la sua espressione sembrava distendersi lentamente, come se fosse immerso in un sonno appena più profondo di quanto usuale.
David si voltò verso Eno.
-I suoi amici erano ancora alla festa?
-Credo fossero rientrati anche loro, perché non lo ho visti...
-Ok.- Bowie si voltò verso Reeves.- Ti spiace andare a chiamare Stefan Olsdal e Steve Hewitt?
Reeves si limitò ad assentire brevemente ed uscì rapido dalla suite.
-David.- chiamò Eno, approfittando di un momentaneo allontanamento di Emily, a caccia delle proprie sigarette.- Starà bene.- promise quietamente, quando gli occhi dell'amico furono nei suoi.- E' un ragazzino, è forte...e se avessi pensato che era qualcosa di grave, lo avrei portato di filato in ospedale, lo sai.- Sorrise.- Ne abbiamo viste di peggio, noi due!- esclamò con finta allegria, cercando di smorzare la tensione almeno un po'.
Bowie annuì con un sorriso incerto.
-...mi sento responsabile.- ammise a voce bassissima.
Eno sbuffò, infastidito.
-Non sei suo padre! E' comunque un adulto.- osservò brusco.
David si chiese come fare per spiegargli esattamente il senso delle proprie parole. Si sentiva responsabile di Brian, aveva la sensazione di avergli fatto un qualche tipo di promessa, quel mattino, e di averla appena infranta, lasciandolo solo con dei demoni che lui faceva fatica anche a scorgere davvero. Non capiva ancora del tutto quali fossero le ombre nelle quali Brian si dibatteva, cosa lo spaventasse da renderlo tanto insicuro di sé. Lui...chiunque vedeva solo un essere divino, una creatura perfetta nelle sue imperfezioni, bella come poche cose al mondo e pronta a conquistare l'anima di chiunque con un sorriso, una parola, un semplice cenno. Brian no. Brian allo specchio vedeva qualcos'altro. Vedeva qualcun altro. Qualcuno che, David aveva appena scoperto, era pronto a saltare fuori e divorare il suo ragazzino tutto in una volta.

Nota di fine capitolo della Nai:
Buongiorno a tutti!
Penso si sia intuito ma, come l'Outside Tour vole alla sua conclusione, anche la storia sta per finire. Penso manchino pochi capitoli, di fatto, e, purtroppo, al momento un po' di impegni pressanti, un po' di confusione mentale, un po' di bisogno di prendere una pausa da questa storia hanno fatto mancare l'ispirazione per completarla.
Non vuol dire che l'abbandonerò! Ma sappiate che riprenderò la pubblicazione solo dopo aver scritto tutti i capitoli che ne compongono il finale.
Vi ringrazio per essere stati presenti fino a qui e vi do appuntamento a prestissimo.
MEM
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover / Vai alla pagina dell'autore: nainai