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Autore: The Custodian ofthe Doors    22/11/2017    2 recensioni
[ AU!Police| Detective!Alec| Doctor!Simon| Criminal!Magnus]
Alexander Lightwood è un detective della Omicidi di New York City famoso per la sua pazienza e la sua calma imperturbabile.
Non trova strano, quindi, che il Capo Bureau Blackthorn chiami proprio lui per risolvere il caso di un contrabbandiere di merci rare ed opere d'arte che è stato trovato morto nella sua villa, completamente a soqquadro. Così come non lo sorprende la sfortuna che pare inseguirlo per tutte le indagini.
Un caso di omicidio che lentamente prende contorni più definiti e si colora di cupe tinte, storie vecchie quasi trent'anni che tornano alla ribalta, una scia di morti che culminano proprio sull'intreccio di fili che si tende nel tempo, personaggi scomparsi dalla scena e altri che mai l'hanno lasciata, cambiando solo ruolo. Sullo sfondo dell'estate più torrida che New York City ricordi nell'ultimo secolo la legge dovrà convincere il crimine a collaborare per riuscire ad arrivare alla conclusione e mettere definitivamente il punto ad una storia che è in replica sulla scena da fin troppo.
Genere: Azione, Commedia, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane, Simon Lewis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo V




 

La notizia era su tutti i giornali. I TG ne parlavano in continuazione e pareva essere anche l'argomento preferito delle stazioni radiofoniche e di tutti i programmi televisivi possibili immaginabili.

BLIZ DELLA POLIZIA DI NEW YORK IN FUMO”

BUCO NELL'ACQUA PER IL PDNYC, I CRIMINALI SI BURLANO DI LORO”

INUTILE SOLLECITAZIONE DELLE SWAT DEL PDNYC, DOVE FINISCONO LE NOSTRE TASSE?”

IL CRIMINE ORGANIZZATO SFUGGE ALLE MAGLIE DELLA LEGGE”

Alec poteva ritenersi fortunato: di tutta quella bufera mediatica lui ne osservava solo la nube senza doverci entrare. La divisione omicidi non si occupava del crimine organizzato, degli spacciatori e dei contrabbandieri, quello era lavoro della OCCB e dalle facce da funerale dei suoi membri, dai ringhi che lanciava Lucian quando si provava a parlargli e le occhiate di puro fuoco omicida che scoccava a tutti Jonathan, beh… il danno non era stato minimamente doloroso quanto la beffa.
Anche Jace era con i capelli dritti, la sua squadra era stata una delle tre convocate per il bliz, lui ed i suoi uomini quelli che erano entrati dalla porta principale a fucili spianati, pronti a dover combattere contro un piccolo manipolo di spacciatori che pesavano e dividevano coca per farne pastiglie.
O almeno questo è quello che la fonte aveva detto loro.
Come se non bastasse, il Vice Comandate Morgenstern era nero di rabbia: stavano dietro a quella banda da mesi e quando finalmente erano riusciti ad intercettare uno dei loro magazzini qualcuno li aveva messi in fuga.
Le sue urla erano arrivate fino al suo piano, dritte dritte da quello della Crimine Organizzato, e assieme a quelle di Morgenstern c'erano state anche quelle di Garroway che intimava a l'uomo di farsi gli affari suoi e lasciarli lavorare.
Era inutile negarlo ed era inutile far finta di niente, ormai lo sapevano tutti. Se un informatore era riuscito a far arrivare una notizia del genere alla Centrale e subito dopo gli spacciatori si erano defilati, significava solo che ci fosse una spia nella polizia. Una spia che aveva fatto si che tutto l'OCCB fosse messo in ridicolo su stampa nazionale, e Alec credeva anche mondiale.
In tutto ciò l'unico lato positivo era forse che ora tutti cercavano la talpa e ogni azione ed informazione veniva controllata ed esaminata con maniacale attenzione.
La parte cattiva, oltre alla terribile onta sul distintivo di ogni poliziotto, era che gli Affari Interni giravano per gli uffici come avvoltoi in cerca di una preda, che bisognava giustificare anche un ritardo per colpa del traffico, che non ci si fidava più neanche dei propri compagni e che Morgenstern aveva deciso di spostare tutte le forze disponibili su questo caso, sulla caccia alla talpa.
Oh, e che ora sua madre, Mr.s Procuratrice Generale dello Stato di New York avrebbe avviato in cooperativa con la Signora Herondale un processo ufficiale per spionaggio, tradimento, truffa o quel che cavolo sarebbe stato.
Alec dubitava che se ne potesse aprire uno con l'accusa “per aver preso per il culo tutto il dipartimento” ma erano dettagli.

Ciò che più gli premeva in quel momento, in attesa davanti alla porta del Capo Blackthorn, era riuscire ad essere sollevato da quel caso. C'erano già più di venti investigatori, di diversa specializzazione, inquirenti ed ispettori in gara per la caccia all'uomo in blu senza volto, che aiuto avrebbe potuto portare lui, un semplice detective della omicidi? Non era mica morto qualcuno. Non ancora almeno. Non proprio, insomma, il caso Fell per lui era assolutamente collegato al tutto, ma gli altri non lo sapevano, giusto? Quindi non ne faceva parte ancora e lui avrebbe potuto-

<< Lightwood?>>
La segretaria del Capo Blackthorn l'osservò con apprensione.
<< Mi dica.>>
<< Stai bene? Hai una faccia terribile. Questo caso vi sta sfiaccando tutti vero?>>
Alec annuì imbarazzato, lui pensava a tutt'altro, ma non c'era bisogno che la donna lo sapesse.
<< Lo capisco, si sono presi gioco dell'intero Dipartimento, ma questo non vuol dire che dobbiate impazzire. Con la Signora in giro poi...>> la donna scosse la testa ed inforcò gli occhiali sorridendogli con affetto, << Entra pure ragazzo, il Capo può riceverti.>>

Quell'ufficio non gli era mai parso così soffocante come quel momento, c'erano decine di fascicoli e fogli impilati su ogni superficie piana e Alec dovette spostarne un bel mucchio sul divano per potersi sedere su una delle poltrone che fronteggiavano la scrivania.
Blackthorn non alzò neanche la testa, perfettamente consapevole dell'intera faccenda.

<< So già cosa stai per dirmi Ligthwood.>>
Alec attese poggiando le mani sulle ginocchia e guardandolo con un pizzico d'apprensione.
<< E' come mi avevi detto tu. Il Comandante Herondale è stata informata di tutto a suo tempo e così anche il Capo del Dipartimento. Tuo padre ti ha detto niente?>>
Se glielo chiedeva significava che Robert aveva parlato anche con lui, o forse era stata la Signora, fatto sta che Alexander non aveva nessuna intenzione di mentire al suo superiore.
<< Se intende le soffiate poco compromettenti ed il modo in cui è avvenuta l'unica degna di nota, si.>>
Andrew annuì e posò la penna, incrociando le mani sotto al mento e scrutandolo da sopra la montatura scura degli occhiali.
<< I nostri informatori non hanno mai comunicato nulla di utile, tutto ciò che venivano a sapere non era mai abbastanza. Poi arrivi tu e mi dici che il caso Fell è stato “aiutato” da un membro interno al dipartimento. Un mese dopo un bliz progettato nei minimi dettagli va in fumo. Ci sarebbero dovute essere partite di coca a sufficienza per soddisfare tutta la richiesta della costa est.>>
Alec si schiarì la gola e fece un secco segno con la testa, << Se mi è permesso azzardare un ipotesi Signore, direi che tutti e tre i casi sono in un qualche modo collegati tra loro. E proprio a questo proposito… so che è essenziale trovare la talpa nel dipartimento, ma ci sono già moltissimi agenti sul caso, molto più esperti e competenti di me. Senza contare gli Affari Interni. Per questo volevo chiederle di essere esonerato dal caso e poter tornare a dedicarmi all'omicidio di Ragnor Fell.>>
Aveva tentennato un po', se ne era reso conto e si era anche maledetto mentalmente, ma ormai aveva fatto. Dopotutto aveva chiesto un colloquio con l'uomo solo per poter chiedere ciò.
Lui lo scrutò con attenzione per un attimo, << Sai che ciò significa che tutti i tuoi possibili ritrovamenti e rilievi verranno spostati in secondo piano per esaminare le prove del Caso Bliz?>>

<< Sissignore, ne sono perfettamente consapevole, >> un sorrisetto amaro gli si aprì sul volto, << fortunatamente di nuovi indizi concreti ne ho meno di nulla. L'unica cosa di cui averi bisogno è un tecnico informatico. Il Dottor Lews mi ha già aiutato in passato, lo sa, ci basta una linea chiusa sicura e non la infastidiremo minimamente.>>
Andrew annuì con un cenno secco e abbassò gli occhi sui suoi fogli,
<< Aspettati una convocazione dagli Affari Interni. Non solo Imogen vorrà sapere perché non sei sul caso come tutto l'intero dipartimento, ma anche per parlare delle tue indagini sul caso Fell. Dopotutto sei stato praticamente il primo a fiutare la pista, prima ancora che questa si palesasse in modo così evidente.>> Fece un segno dritto sul foglio, voltò pagina, << Lewis è con te, ti consiglio vivamente di portartelo appresso e con “consiglio” intendo un ordine. Se la talpa dovesse rendersi conto che la stiamo attaccando su più fronti, per quanto quel ragazzo possa essere intelligente, non ce la farà a difendersi da un criminale vero.>>
Alec si alzò con un movimento fluido e rimise i fogli sulla sedia, << La ringrazio Capo.>>
Si voltò per avviarsi verso la porta ma l'uomo lo fermò.
<< Alexander, tuo padre ti ha accennato nient'altro? Come nomi che non conoscevi o modus operandi che possano ricordare questi eventi? >>
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia improvvisamente attirato da quella domanda,
<< No Signore, non ha fatto nessun nome. Casa nostra è sicura ed il suo studio protetto, ma non si sa mai chi potrebbe essere in ascolto.>>
Lo vide fargli un gesto vago con la mano, gli occhi puntati sul foglio ma la mente palesemente altrove.
<< Va bene, vai pure. E ricorda quello che ti ho detto: non entrare nel pallone se gli AI vorranno parlare con te. Sei il nostro primo staffettista.>>


 

Aveva avuto appena il tempo di uscire dall'ufficio e chiamare Simon per proporgli un caffè. Erano stati fuori dal Dipartimento per quanto? Dieci minuti? Il tempo necessario per dire all'altro di fare armi e bagagli, che da quel momento lo avrebbe seguito come un'ombra o sarebbe rimasto a casa sua a lavorare e che non doveva dire niente a nessuno. Erano tornati in ufficio, aveva fatto appena in tempo a togliersi la giacca e sedersi che una recluta gli aveva battuto sulla spalla informandolo che la Signora voleva parlare con lui, che era arrivato il suo turno.
Alexander aveva seguito con calma e imperturbabile tranquillità l'agente sino all'ultimo piano dell'edificio, dove la donna aveva stabilito la sua sede, con grandissima gioia di Morgenstern.
Individuò l'uomo a colpo d'occhio, alto e serio come solo lui poteva essere, gli ricordava da sempre un qualche sacerdote dedito a riti sacrificali, con i suoi capelli bianchi come il sale e che suo figlio aveva ereditato. Lo guardò a mala pena, giusto il necessario per scorgere il rispettoso saluto che gli rivolse.
Imogen Herondale invece era tutt'altra cosa. La prima volta che l'aveva vista Alec si era detto che la Lady di Ferro non avrebbe mai retto il suo confronto. Era alta per la sua età, forse un metro e settantacinque, con i suoi tacchi neri arrivava sicuramente al metro e ottanta e incuteva un certo timore reverenziale, con quei suoi completi sempre grigi e perfettamente stirati, senza neanche una piega. Erano in perfetta coordinazione con le sfumature dei suoi capelli, Alexander una volta si era fermato a pensare che la donna abbinasse proprio a quelli i suoi vestiti, che se l'avesse conosciuta quando era più giovane magari tutti i suoi abiti sarebbero stati neri, o forse di un austero blu, non aveva la più pallida idea di quale fosse l'originario colore della Signora. Ma poteva quasi scommetterci che tra qualche anno, quando quella chioma sarebbe diventata definitivamente bianca lo sarebbero stati anche i completi della sua proprietaria.
I suoi pensieri si persero quando l'agente aprì la porta e gli fece cenno di poter entrare.
Imogen Herondale lo aspettava seduta comodamente dietro a quello che era stato il tavolo delle riunioni, occupando non il poso a capo tavola ma un intero lato lungo. Teneva gli occhi fissi su di lui, le mani intrecciate sul piano coperto di documenti.
Gli riservò un'espressione ancora più imperturbabile di quella di Morgenstern e gli indicò con un gesto della mano la sedia di fronte a lui.

<< Si sieda pure Detective Lightwood, abbiamo parecchio di cui discutere.>>
La porta si chiuse alle sue spalle sulle note di quell'ultima velata minaccia.


 

Simon era rientrato nel laboratorio un po' eccitato ed euforico per quella situazione del tutto nuova ed un po' preoccupato.
Non gli capitava praticamente mai di uscire dal dipartimento, era un ingegnere informatico lui, un tecnico, un perito, che la mettessero come gli pareva loro, ma restava il fatto che il posto di Simon fosse dietro ad un monitor con un mouse in mano.
Rimise in fretta le cose nello zaino, facendo attenzione a non piegare il suo tappetino dei pokémon e ammiccando al dekstop su cui la Principessa Leia lo fissava puntandogli contro una pistola.

<< Non dirmi che hai finalmente deciso di buttare quel coso.>>
La voce divertita di un uomo lo fece girare di scatto ed arrossire per quella mezza domanda,
<< E' dei pokémon, la prima generazione, non è un “coso” e non lo butterò. >> Lo disse con ferma risoluzione anche se lo imbarazzava un poco dover difendere i suoi miti infantili.
<< Allora perché lo stai mettendo via? Non so se ti sei reso conto di che ore sono Simon, magari lavorare con la sede della west coast ti ha fatto venire il jet-lag ma il tuo turno non è ancora finito.>>
Hodge Starkweather era un uomo di circa quarant'anni, anno in più anno in meno, forse stava quasi sui quarantasette ma Simon non si era mai azzardato a chiedere e specificare. Era abbastanza convinto però che gli ultimi due anni passati, sulla torta che una delle sue colleghe portava sempre per il compleanno del loro capo sezione, ci fossero state sempre una cosa come… un numero imprecisato di candeline, ecco. Si, non si era mai messo a contarle a dir il vero. Ma non era certo colpa sua, insomma, chi è che si mette a contare le candeline su una torta che non è la propria?
Che poi, se la torta è la tua, perché ti viene così tanta voglia di contare tutte quelle dannatissime candeline che tanto già lo sai quan-

<< Simon?>>
Il ragazzo si riscosse velocemente dai suoi pensieri e sorrise un po' tirato al capo.

Si va in scena.

<< Mi hanno chiesto una mano fuori sede. Oddio, non proprio, hanno controllato il mio computer e mi mandano a lavorare da casa. Credo che siano convinti che così la talpa non potrà accedere ai miei file. Come se poi fosse una cosa tanto logica, credo che non abbiano la minima idea di come funzioni una connessione internet. Se hanno anche solo il dubbio che questo tipo possa essere bravo con i computer non basterà mandarmi in Cina per evitare che mi rintracci. Ma poi, mandano via solo me? Insomma, non è che pensano che la talpa sia io così se me ne vado dal laboratorio non posso fare danni? Eh? Hodge, ti prego, dimmi che non sono l'unico e che non credono davvero che io potrei mai- >>
<< No. No Simon, no. Non pensano che sia tu la talpa, sta tranquillo.>> L'uomo si era tolto gli occhiali massaggiandosi la sella del naso per poi far scorrere la mano sulla fronte tra i corti capelli marroni, già stressato dallo straparlare di Simon.

Beh, almeno Alec aveva ragione a dire che se mi fossi comportato così non mi avrebbe fatto domande.
No, aspetta. Alec a detto che se mi fossi comportato come sempre lo avrei irritato a tal punto che mi avrebbe buttato fuori a calci e accolto la mia dipartita con gioia!

Mentre rimuginava sulle parole dell'amico, con lo sguardo perso nel vuoto e l'espressione crucciata di chi sta pensando troppo, Starkweather gli lanciò un'occhiata di sottecchi, valutandolo.
Era strano che gli togliessero un membro operativo della sua sezione senza informarlo, perché poi proprio Lewis? Lo stavano togliendo dai giochi? Era ovvio che lo volessero lontano dai laboratori ma era anche ugualmente sicuro che non fosse lui il traditore, che non rappresentasse nessuna minaccia e che anche gli AI lo sapevano. Quindi perché allontanarlo?
Il ragazzo nel mentre si era riscosso e si era messo a ciarlare di possibili infiltrazioni da remoto, elencando tutti i metodi in cui, comunque, sarebbe stato in grado di accedere ai server del Dipartimento, ma Hodge non lo ascoltava più.
A cosa aveva lavorato Lewis di così importante ultimamente perché potesse essere reputato in pericolo se fosse rimasto in centrale? Le ipotesi erano solo due infatti: o sapeva qualcosa di troppo e lo stavano allontanando dalla potenziale talpa o era stato assegnato ad una mansione specifica che non doveva esser divulgata.
Lasciò che lo sguardo scivolasse verso l'entrata dei laboratori informatici, dalle cui pareti a vetro si potevano vedere chiaramente le scale. Ne seguì i gradini finché poté, poi alzò gli occhi verso il soffitto. Malgrado ci fossero piani e piani a dividerli, alcuni sottoterra come quello altri alla luce del sole, Hodge era volato sino all'ultimo piano, dove attualmente risiedeva il Capo degli Affari Interni nonché Commissario di Polizia Imogen Herondale e dove a qualche ufficio di distanza Valentine Morgestern stava sicuramente imprecando contro quanti più santi conoscesse per quella vicinanza obbligata e per quei dannati titoli scandalistici che sbeffeggiavano la polizia e tutta l'unità Crimine Organizzato.
Sì, si disse mentalmente, se qualcuno poteva dirgli perché Simon Lewis, brillante tecnico informatico ma non di certo il migliore in piazza, era stato assegnato al lavoro da casa, quello era senza dubbio il Vice Commissario Morgestern.


 


<< Tutto bene Lightwood?>>
Alec si voltò verso la porta aperta dell'ufficio del Vice Commissario Morgestern e si espresse in un conciso e rispettoso cenno del capo.
<< Sissignore, tutto bene.>>
L'uomo si allontanò dallo stipite della porta e lo raggiunse a passi lenti, le braccia incrociate e l'espressione pensierosa.
<< Sono arrivati ad interrogare anche i detective della omicidi ora? Tsk, stanno solo sprecando tempo, dovrebbero concentrarsi sulla Crimine Organizzato o sull'Antidroga, non disturbare voi.>>
<< E' la prassi signore, non ci lamentiamo e assecondiamo tutti gli ordini che ci vengono dati.>> Lo disse con sicurezza, perché era ciò che gli avevano insegnato all'Accademia a suo tempo: quando c'è un indagine degli AI non bisogna mai pensare di esserne fuori o che non si possono avere informazioni importanti, ciò che noi reputiamo superfluo può essere essenziale per terzi. E poi nessuno sano di mente avrebbe disertato un incontro con la Signora.
<< Sei un bravo poliziotto Lightwood, proprio come lo è stato tuo padre a suo tempo, quando eravamo ancora sul campo e non tutti dietro ad una scrivania a firmar scartoffie.>> Morgestern gli rivolse un sorriso appena accennato, ripensando quasi con malinconia ai giorni in cui era un agente operativo. << Si è concluso al meglio spero, il tuo colloquio.>>
Alec annuì con decisione e l'altro proseguì soddisfatto, << Ma scommetto che non potrai tornare al tuo lavoro, avevi il caso Fell vero? Una bella gatta da pelare, una rapina andata male se non sbaglio.>>
<< No Signore.>> Gli occhi scuri dell'uomo saettarono verso di lui attenti, le sopracciglia distese come se quella risposta in verità non lo avesse minimamente sfiorato.
<< Come?>>
<< Non è stata una rapina andata male. Siamo riusciti a fare un inventario degli averi di Fell e non manca niente. Sarei molto più propenso a sospettare di un affare conclusosi in maniera infelice, era un trafficante di merci rare dopotutto.>>
Gli aveva risposto di getto quando aveva negato la rapina ma fortunatamente era riuscito a salvarsi in contropiede con l'altra versione, che era anche più credibile di uno stupido furto. Senza contare che alla fin fine Valentine Morgestern lo conosceva, aveva fatto l'Accademia con suo figlio, sapeva ben o male com'era e quali erano i suoi principi e i suoi modi di fare, probabilmente l'avrebbe capito subito se avesse mentito.
<< Hai sospetti?>> era ovvio che pretendesse informazioni e come Vice Commissario poteva benissimo ordinargli di dirgli tutto, Alec scosse la testa.
<< Abbiamo rintracciato il nome del compratore ma si tratta di un furto d'identità, un buco nell'acqua. Nel messaggio vocale lasciato al suo amico chiede di incontrarsi per un aiuto, nessuna spiegazione. Un buco nell'acqua dietro l'altro, signore. Ho come la sensazione che presto verrò riassegnato.>> lo disse con una sincera nota di sconforto, anche se più che per le verità appena pronunciate quel tono era tutto per il colloquio con la Herondale.
L'uomo si produsse in un altro piccolo sorrisetto che lo rendeva tanto simile a suo figlio e gli assestò una pacca sulla spalla, << Non disperare, capita a tutti di non trovare un criminale nel corso della nostra carriera. Pensa sempre che la vittima è un altro criminale e non un povero innocente.>>
Alec aggrottò la fronte senza capire fino in fondo le parole del superiore.
<< Ma era comunque una persona signore, poteva anche essere un malvivente ma ciò che meritava era l'arresto, essere processato per i suoi crimini e poi imprigionato per tutti gli anni che si meritava. Sarebbe dovuto essere consegnato alla giustizia non alla morte.>> Lo sguardo penetrante che gli rivolse fece deglutire il ragazzo, che schiaritosi la voce continuò mantenendo una certa fermezza, << Sono entrato in polizia per far rispettare la legge, una legge che è uguale per tutti. Fell era un contrabbandiere ma chi lo ha ucciso è un assassino e come tale deve pagare per le sue azioni. La legge è dura- >>

<< Ma è la legge.>> Terminò Morgestern per lui. Lo fissò ancora e poi, insospettabilmente, sogghignò più convinto ed annuì.
<< Molto bene Detective, questo si che è lo spirito e la mentalità giusta per un uomo del nostro dipartimento, per un uomo di legge come te. Fai il tuo lavoro ragazzo e non rimanerci troppo male se ora non lo catturerai, questa specie è reticente, prova una volta il brivido di passarla liscia e non può far a meno di riprovare. Magari non lo troverai questa volta, con tutti i problemi che si sono sollevati di recente, ma sta sicuro che lo incriminerai.>>
Detto ciò si girò e facendogli un cenno con la mano tornò nel suo ufficio.
Alexander rimase per una manciata di minuti pietrificato sul posto, colpa delle parole che il Vice Commissario gli aveva appena rivolto sulla sua convinzione che non sarebbe riuscito a catturare l'assassino quella volta ma che sarebbe sicuramente riuscito a farlo in seguito. I criminali sono reticenti, questo lo aveva colpito ancora di più. Morgestern dava per scontato che questo sarebbe stato il suo primo fiasco ma che un giorno avrebbe rincontrato quell'uomo e lo avrebbe arrestato.
Ma ancora più di quello, ancora più delle parole del superiore, Alec vedeva come impresso a fuoco sulle sue retine il ghigno che aveva piegato quelle labbra fini e pallide.
Un brivido di ghiaccio gli scivolò lungo la schiena, come se qualcuno lo stesse fissando. Fece scattare gli occhi verso le scale, attirato come una calamita, ed un pensiero folle gli balenò per la mente. Come fumo, un'idea senza consistenza che però offuscava l'aria e vi lasciava il suo olezzo di bruciato, il sapore amaro del tabacco sulla lingua.
Non seppe mai dirsi perché, ma il ghigno di Morgestern gli fece temere per la sua incolumità, ma ancora di più per quella di Simon. Doveva portarlo fuori di lì al più presto.
La domanda ora era: quale posto sarebbe stato abbastanza sicuro?
 
 


 

Come gli fosse venuta quell'idea, se glielo avessero chiesto, non avrebbe saputo rispondere.
Perché era il posto più impensabile? Perché era come nascondere qualcosa in bella vista? Perché nessun poliziotto sano di mente avrebbe portato un ingegnere informatico a casa di un criminale?
Perché era dalle parti di Brooklin e se Simon non avesse smesso di parlare in trenta secondi netti avrebbe aperto la portiera della macchina e lo avrebbe lanciato fuori in corsa?
Se ci rifletteva con calma forse la risposta giusta era l'ultima, ma che nessuno osasse dire che Alexander Lightwood prendesse decisioni avventate per sfinimento.
Nessuno poteva sfinirlo. Lui era il fratello di Isabelle-nontengomailemieopinionipermeepretendosemprediaverragione- Lightwood e di Jace-sonouncretinopatentatomaguardacomesonofigosonobellocomeilsoleergomideviconcederetutto- Lightwood. Lui era iper paziente, era la pazienza fatta persona, era il dio della pazienza, il suo sangue era composto di emoglobina e pazienza, trasudava pazienza da tutti i pori, respirava disordine ed espirava pazienza. Lui avrebbe tirato un pugno in bocca a Simon Lewis se non avesse chiuso la suddetta bocca entro i restanti sei secondi che gli erano rimasti.

<< E avresti dovuto vedere che faccia a fatto Hodge! Secondo me se l'è bevuta. Anzi, no, non lo ha fatto, mi fissava come se sapesse tutto. Oddio Alec, lui sa tutto! E sa che gli ho mentito! Mi sono sentito come un peccatore in chiesa….che poi tecnicamente lo sarei pure perché io non vado in chiesa, non ci posso andare, forse non dovrei neanche fare paragoni del genere, non è educato. Sono davvero un maleducato si, mamma mi ucciderebbe se sapesse che faccio battute sulla religione e non voglio immaginare cosa mi direbbe il mio Rabino! Sarebbe così arrabbiato, pensi che sia come bestemmiare? Non ho mai bestemmiato in vita mia anche se Clary continua a dire che l'ho fatto quando abbiamo giocato a calcio, l'estate in cui tu ti sei ostinato a tenerti la maglia anche sotto il sole cocente. Che poi detto tra noi hai fatto bene perché noi ci siamo bruciati tutti. Quella volta Clary sbagliò mira e mi diede un calcio sulle palle terribile. Giura che quella volta io abbia bestemmiato, ma non l'ho fatto. Poi chiede a Jace e lui le da ragione, ma non vale, Jace giurerebbe il falso pur di mettermi in difficoltà. Non che io stia insinuando che lo abbia mai fatto, è un uomo di legge anche lui a modo suo. Non sto insultando tuo fratello! Anche se alle volte se le meriterebbe delle belle strigliate...avrebbe dovuto conoscere la Signora D- >>

Il telefono di Alec vibrò ed il ragazzo inchiodò di colpo, sterzando poi per una via a mala pena camminabile ancora più vuota di quella che stavano percorrendo in quel momento, e rischiando di far dare una capocciata sul cruscotto a Simon.

<< Ahi! Ma insomma! Ti pare questo il modo di guidare? E pensare che sei anche un poliziotto!>>
<< Tappati quella dannata fogna Lewis!>> Alec lo guardò in cagnesco mentre il ragazzo si tirava su gli occhiali e si stringeva la borsa con il computer al petto, intimidito dallo sguardo furente che si era appena beccato.
Lo vide smanettare con il cellulare e accigliarsi nel leggere il messaggio ricevuto.
Conosceva Alec da parecchi anni ormai, conosceva ancora meglio sua sorella e suo fratello a dir il vero, e ancora si stupiva del modo in cui riuscisse a guardare male la gente. Lui era abituato agli sguardi d'avvertimento di praticamente tutti, eppure Alexander era in grado di mettere al loro posto con una singola occhiata praticamente tutti, compresi Izzy e Jace. C'era riuscito persino con Jonathan, il fratello di Clary, una volta.

<< Chi ti scrive?>> domandò ingenuamente.
Il moro si riscosse e lo guardò, soppesando l'idea di dirgli la verità. In ogni caso avrebbe presto visto da chi lo stava portando.
<< La persona che ci ospiterà. Ti sto portando da lei.>>
<< Davvero? Credevo mi stessi riaccompagnando a casa.>>
<< Anche lui abita a Brooklin.>>
Simon si bloccò e si voltò a guardarlo, << Lui? >>
<< Così ho detto.>> replicò Alec impassibile facendo accigliare l'altro.
<< Mi stai portando a casa della tua ultima conquista? Lo sa chi sta per ospitare?>>
<< Un deficiente che non ragiona neanche a pagarlo e che apre bocca solo per il gusto di dargli fiato a quanto pare. In questo te e Jace siete molto simili. E no: non è la mia ultima conquista. Tutto il contrario in effetti.>> Si rimise nella strada principale e svoltò per riprendere il viaggio.
<< Non siamo simili io e Jace! Lo prendo come un insulto!>>
<< Esattamente come la prenderebbe lui. Uguali, che ti dicevo?>>
<< E non sono uno che non ragiona. Io ragiono tantissimo.>>
Alec si lasciò sfuggire un verso per nulla convinto, continuando a guidare senza prestare effettivamente attenzione a dove stesse andando. Era inquietante, si rese conto, che andasse già in automatico per tornare a quella casa.
<< Non fare quel verso di sufficienza con me Alexander Lightwood! Sto parlando seriamente.>> poi si rese conti di essersi scordato un pezzo: << Che vuol dire “tutto il contrario”?>>
Il moro lo ignorò inizialmente, fingendo di concentrarsi come non stava facendo per riportare alla mente la via esatta -che aveva perfettamente impressa a fuoco- e quando reputò di averlo lasciato abbastanza a cuocere nel suo brodo di mille e più opportunità nefaste ed assurde, poteva giurare di averlo sentito mormorare su prigioni ed assassini -non che ci fosse andato così lontano- si decise a rispondergli.

<< Vuol dire che ti porto nell'ultimo posto in cui ti cercherebbero. Se mai si mettessero a cercarti.>> si affrettò a specificare all'occhiata terrorizzata del castano.
Il povero Lewis non aveva la più pallida idea di dove si sarebbe ritrovato tra meno di 10 minuti.




 

Quando l'aitante Detective della omicidi gli aveva mandato un messaggio chiedendogli se per caso fosse in casa, Magnus aveva pensato a molte, moltissime cose. Quando poi il giovane uomo gli aveva chiesto un favore non indifferente, Magnus aveva gioito ancora di più.
Poi aveva aperto la porta di casa e si era trovato davanti un topo nerd con gli occhiali scappato dal laboratorio più vicino.

<< Sai Alexander, prima di prendere la seria decisione di adottare un animaletto avresti dovuto avvisarmi. Non è una cosa da prendere sotto gamba, è pur sempre la vita di un essere vivente. E come minimo mi sarei aspettato, non dico una proposta formale eh, ma sai...qualcosa...non abbiamo neanche superato la fase dei flirt e degli sguardi languidi. Dobbiamo arrivare ai baci bollenti e poi ai preliminari spinti. Segue un buon e sano rapporto orale e poi sesso selvaggio. Ecco, dopo di quello puoi potarmi un topolino in casa e sperare che io lo difenda da Presidente, ma nello nostre attuali condizioni non credo sia una buona idea. A meno che tu non voglia saltare a piedi pari tutto ciò che c'è in mezzo e fiondarti sul “sesso violento e selvaggio che farà cadere tutto il palazzo e verrà sentito anche dall'altra parte del mondo” prima citato.>>
Simon fissò tra il confuso e lo sbalordito l'uomo che gli stava dinnanzi: vestito con un pantalone dai toni violacei ed una maglia giallo acceso, il cui scollo era così abbondante che il castano si ritrovò a pensare fosse in realtà uno strappo strategico per mettere in mostra il torace glabo coperto a mala pena dalle collane che indossava. Osservò stupito il trucco preciso quasi a livello maniacale ed i capelli acconciati come lui non sarebbe mai stato in grado di fare. Ed in tutto ciò riconobbe la versione a colori del Magnus Bane che aveva visto nel video della sicurezza di Fell.

<< Sei passato da “sesso selvaggio” a “sesso selvaggio, violento e non so cos'altro”. Ti avevo chiesto se potevi farmi un favore e hai risposto di si. Lui è Simon Lewis, uno dei migliori tecnici informatici che abbiamo al dipartimento.>>
A differenza dell'altro, Alec non batté ciglio né per le parole dell'uomo né per il suo aspetto sgargiante, tutt'altro. Si fece avanti, mormorò un educato “con permesso” e lo trascinò all'interno di una delle abitazioni più lussuose che avesse mai visto in vita sua.
Il proprietario di casa alzò gli occhi al cielo con fare drammatico e si portò una mano alla fronte prima di chiudere la porta con un sonoro tonfo.
<< Sarai la mia rovina dolcezza!>>
Simon doveva ammettere che quel tipo era davvero troppo particolare per stare nella stessa stanza con il suo amico. Insomma, Alec era un tipo così ordinato e formale, quell'altro, oltre ad essere un criminale che Luke -l'uomo che praticamente lo aveva cresciuto e da cui era andato la prima volta che dovette farsi la barba- cercava di mettere in gattabuia da anni. Letteralmente.
Eppure se lo sarebbe immaginato più vecchio questo Bane, da come ne parlava l'uomo durante le cene o i pranzi in famiglia pareva che il conto in sospeso risalisse a parecchi, parecchi anni prima.

Intanto i due si erano messi a parlottare tra di loro, o meglio, Bane pareva lamentarsi e fare più allusioni sessuali di quante lui ne avesse sentite in tutta la sua intera esistenza e Alec gli rispondeva con una tranquillità ed una calma invidiabili, come se ci fosse abituato.
Un momento…

<< Da quanto voi due vi conoscete?>> se ne uscì così, di punto in bianco, bloccando il loro discorso e facendo voltare entrambi verso di lui.
Magnus si strinse nelle spalle, << Da un bel po' in effetti. Direi un mese e spicci. Insomma, abbiamo avuto il nostro momento di pausa di riflessione quando ho conosciuto Trace- >>
<< Quando gli ho mandato Jace nel suo locale per farlo parlare visto che con me pareva solo intenzionato depistami.>> spiegò spiccio il moro senza preoccuparsi di interromperlo.
<< Non cercavo di depistarti tesoro. O meglio, lo facevo fino a quando non ho capito che bellissimo fiorellino sei!>>
<< Intende quando la sua amica infermiera gli ha telefonato e gli ha intimato di rispondere seriamente alle mie domande.>> Rettificò ancora.
Magun lo fissò per un secondo senza parole, solo un secondo: << E tu come fai a sapere che Catarina mi ha minacciato?>>
Fu il turno di Alec di fissarlo con non-calanche e stringersi nelle spalle, << perché mi ha chiamato per chiedermi se effettivamente avevi eseguito.>>
<< Non sono un soldatino che esegue gli ordini.>> fece indignato quello, ricevendo un ennesimo stringersi di spalle in risposta.
<< Eppure lo hai fatto. Quindi mi sembra che a determinati ordini tu risponda in modo piuttosto efficiente.>>
Il padrone di casa gli sorrise improvvisamente malizioso, arricciando le labbra come se avesse appena sentito qualcosa di delizioso, << Oh, non sai quanto hai ragione. Mi piacciono gli uomini che comandano. A dir il vero mi piacciono anche quelli in divisa, ne hai una fiorellino? Potresti indossarla, venire qui da me, ammanettarmi da qualche parte e ordinarmi tutto quello che vuoi, eseguirò subito, agente.>> gli si avvicinò ammiccando, inclinando la testa verso la spalla destra e scrutandolo con attenzione, << Soprattutto se mi mostrasse l'arma in dotazione. Devo confessarle che ho un feticismo molto sviluppato per le armi di grosso calibro, signore. Lei preferisce pistola o fucile?>>
L'allusione fu così schifosamente sfacciata ed ovvia che Simon si sentì consecutivamente: di troppo, imbarazzato, molto imbarazzato, troppo imbarazzato, improvvisamente consapevole che magari Alec avrebbe anche potuto apprezzare il gioco di parole, per ritrovarsi ad immaginare la scena appena descritta da Bane. Arrossì con così tanta velocità da sentir il colpo di calore, come se l'afa soffocante di New York non bastasse a fargli girare la testa.
Tossì l'aria che non aveva nei polmoni e prese qualche respiro sincopato, mentre Alec accorgendosi della sua difficoltà si allontanava da Bane per battergli qualche colpo sulla schiena.

<< Per rispondere alla tua domanda, Magnus ha capito che non sono un poliziotto corrotto e che voglio effettivamente trovare l'assassino del suo amico circa una settimana fa e da allora mi aiuta come può.>>
<< Anche con favori in natura- >>
<< Non è assolutamente vero.>> Lo fece sedere sul divano come se quella fosse casa sua e gli tolse lo zaino di mano, poggiandolo con attenzione sul tavolinetto davanti a loro.
Intercettò lo sguardo preoccupato del castano e gli strinse gentilmente la mano sulla spalla,
<< Puoi fidarti Simon, è stato lui a dirmi a suo tempo che l'assassino, o almeno il mandante, era qualcuno in altro.>>
Simon fissò Alec apertamente stralunato: gli credeva ovviamente, se “Alexander sono una chioccia apprensiva verso tutti i miei pulcini”- ergo i miei fratelli e i loro amichetti del cuore- diceva che poteva fidarsi di qualcuno significava che era così. Alec non avrebbe fatto mai nulla per metterli in pericolo, se avesse anche solo pensato che Bane in un qualche modo poteva infastidirlo o intralciare il loro lavoro, adesso non sarebbero stati seduti in quel salone. Ma addirittura il moro lo aveva portato lì per essere al sicuro.
Solo una cosa lo aveva sconvolto più di tutta quell'assurda situazione, e si riferiva sia al caso Fell che a quell'incontro verbalmente a luci rosse.
<< Aspetta, t-tu...Alec tu hai- hai basato tutta la tua indagine sull'informazione che ti ha dato un sospettato al primo interrogatorio che gli hai fatto? Cioè, lui ti ha detto che il colpevole era un poliziotto e tu gli hai creduto e ti sei messo ad indagare?>>

Il silenzio cadde nella stanza.
Magnus osservò con sguardo accigliato la faccia confusa del quattrocchi e la schiena improvvisamente rigida del detective ma non osò aprir bocca.
D'altra parte Alec era rimasto letteralmente pietrificato dalle parole dell'amico, perché era esattamente ciò che era successo. Magnus Bane, famoso criminale indagato da anni, che riusciva sempre a sfuggire alla polizia, miglior amico della vittima, palesemente contrario alla polizia stessa, gli dice che secondo lui ad uccidere il suo amico è stato un uomo di legge e lui automaticamente gli crede.

Che cazzo ho fatto?

Batté le palpebre e fece per dire qualcosa, qualunque cosa che non uscì dalle sue labbra. La lingua improvvisamente intorpidita e la bocca secca furono solo la trasposizione reale della sua mente.
Come aveva potuto fare una cazzata così grande? Come aveva potuto fidarsi delle parole di un criminale senza batter ciglio? Un vero detective non lo avrebbe mai fatto, un qualunque poliziotto non lo avrebbe mai fatto, porca puttana.
Era un pessimo agente, questa era la verità, aveva abboccato all'amo e Magnus sarebbe anche potuto essere l vero assassino e magari lui gli aveva detto tutto ciò che sapeva e lui avrebbe potuto modificare prove ed eventi per risultare innocente.
Dio santo, che aveva fatto?

<< Alec?>> provò Simon titubante, allungando questa volta lui una mano per scuotere l'altro, ma senza successo.
Bane provò a fare un passo avanti, consapevole delle parole del nerd e dello stato di shock dell'altro. Davvero gli aveva creduto subito? A primo colpo? Senza fare ulteriori indagini?
Aveva sempre immaginato che dopo quell'interrogatorio Alexander fosse andato a parlare con qualcuno della OCCB, che avesse chiesto se c'era qualcosa di strano, ma non che avrebbe puntato subito quella pista senza batter ciglio.

<< Io- io ho seguito tutte le piste...ho… non è lui il colpevole, ne sono sicuro, io… >>
Lo smarrimento che trasudò la voce del poliziotto fece scattare Magnus che si sbrigò ad eliminare la distanza che lo separava da quello e si piegò verso di lui, rimanendo in equilibrio sulle punte delle sue costose scarpe di tela e posando delicatamente la mano sul ginocchio del moro.
<< Prendi un respiro profondo Alexander, non è successo poi nulla di così sconvolgente. Mi hai giudicato innocente e hai accettato la mia ipotesi come una di quelle più promettenti. Se può consolarti sei stata la prima persona a cui ho detto che secondo me Ragnor era stato ucciso da qualcuno in alto. Mi sono fidato di te come tu hai fatto con me.>>
Simon gettò un'occhiata preoccupata al poliziotto e al malvivente: quando gli ricapitava di vedere un detective della omicidi consolato con sincerità da uno dei trafficanti più attivi della costa est?
Sarebbero probabilmente rimasti così per ancora molto tempo se una testolina bianca non fosse improvvisamente apparsa tra le gambe di Alec, intenta a fiutare con attenzione i pantaloni puliti ma palesemente vecchi e le maniche della camicia che non si sapeva come il moro riusciva a tenere con tutto quel caldo. Quello che era palesemente un gatto si convinse che il giovane fosse un posto solido su cui arrampicarsi, come se stesse riconoscendo un giaciglio già provato, e con agilità saltò sulla coscia libera, ignorando la mano del padrone e strofinando il muso contro il braccio del detective.

<< Oh, ma tu guarda. Presidente spunta sempre fuori quando ci sei tu. Di solito per poterlo ammirare i miei ospiti devono sperare in un miracolo.>> Magnus allungò la mano e grattò la testa pelosa del cucciolo che parve da una parte apprezzare la coccola e dall'altra infastidirsi perché non era la mano che voleva.
Gli occhi felini dell'uomo sfiorarono quelli del gatto e poi si puntarono dritti in quelli blu di Alec,
<< A quanto pare fai miracoli Alexander.>> lo disse con un tono basso e gentile, un complimento che voleva cancellare l'inquietudine calata sull'uomo quando aveva realizzato la portata della sua azione.
Alec dal canto suo si risvegliò e abbassò la testa verso l'animaletto che gli miagolò richiedendo attenzione, << Ciao Miao, scusa se non ti ho salutato subito.>>
Bane si lasciò sfuggire una risata nasale: << Visto? Non abbiamo superato i flir e gli sguardi languidi e già il mio bambino ti ha accettato in questa casa e ti preferisce a me.>>
L'aria pesante era stata un poco stemperata e Magnus si alzò battendo la mano sulla coscia del moro per poi spolverarsi i pantaloni da polvere inesistente.
<< Bene, direi che se dobbiamo cominciare questo nostro rapporto lavorativo, qui ci serve qualcosa di fresco, fa così caldo che mi servirà un aiuto per uscire da questi dannati pantaloni. Non so proprio come tu faccia a tenerti quelle maniche lunghe Alexander, sei ufficialmente la persona più resistente che io abbia mai conosciuto e non puoi neanche immaginare che sollievo sia per me sapere che sei uno che regge anche le situazioni più bollenti!>> Sorrise sornione e si voltò verso il piano bar, raggiungendolo con passi eleganti e leggeri, << Questa volta lo accetti un buon Margarita fiorellino? Samuel tu sei minorenne, vero? Succo di frutta?>>


 


 

Erano di nuovo tutti e tre riuniti nel salotto del loft, Magnus stravaccato sulla sua poltrona con tre bicchieri vuoti allineati a terra, Simon a gambe incrociate sul tappeto, il computer aperto sul tavolo e le foto della scena del crimine e vari documenti spersi attorno. Alec passeggiava avanti e indietro rileggendo per l'ennesima volta foglio dopo foglio senza nessun risultato.
Fu il castano il primo a cedere, si lasciò cadere con le spalle contro il divano e si tolse gli occhiali, lanciandoli verso la tastiera del portatile e massaggiandosi la sella del naso su cui spiccavano i segni arrossati del nasello. La temperatura era cresciuta a dismisura in soli due giorni ed i capelli gli si appiccicavano alla fronte con una facilità disarmante. Simon lanciò di sottecchi uno sguardo ad Alec che si ostinava a portare la camicia nonostante Luglio avesse deciso di bruciare New York come se fosse già Agosto.
<< Mi fai caldo solo a guardarti.>> lo informò battendo le palpebre per metterlo a fuoco. Vide solo una massa non proprio definita sussultare, probabilmente stringendosi nelle spalle, per poi bloccarsi di colpo.
Magnus, che aveva abbandonato le camicie di lino in favore di una canotta strappata, una bandana rossa a tenergli i capelli alzati ed assorbire il sudore, mosse la mano a tentoni verso il pavimento, cercando un bicchiere pieno e bloccandosi nella sua azione solo quando sentì i passi di Alec arrestarsi.
<< Che hai trovato che non ti quadra tesoro?>>
Ma il moro non gli rispose e invece si girò verso Simon mostrandogli un foglio su cui evidentemente doveva esserci qualcosa che il ragazzo avrebbe dovuto vedere.
<< Cosa?>>
Il plico di fogli gli fu mollato senza troppa grazia sulle gambe e il castano fu costretto a stringere gli occhi per leggere quei segni leggeri e… lineari?
<< E' un disegno?>> chiese avvicinando ed allontanando il foglio, << Oh! Ecco dov'erano i disegni di Jocelyn!>>
<< In mezzo ai miei appunti sul caso? Come diamine ci sono finiti?>> Alec si sedette sul divano e lasciò andare la testa contro i cuscini, stanco morto e anche abbastanza irritato.
I colloqui con gli Affari interni non erano arrivati neanche a metà ma molti dei suoi colleghi erano stati riassegnati ai loro doveri e non alla folle corsa ad una talpa che nessuno di loro poteva identificare. Dopo aver portato Simon a casa di Magnus la prima volta ed essersi quasi fatto prendere da una crisi di panico dopo essersi reso conto dell'enorme puttanata che aveva fatto circa un mese prima, Alec aveva organizzato al meglio i compiti di ognuno di loro. Certo, non erano una squadra di chissà quale livello, un detective, un malvivente ed un programmatore, o un tecnico, o un nerd o quel che diavolo era Simon, ma restava il fatto che ora erano la sua squadra.
Una squadra non autorizzata apertamente dal dipartimento, Blackthron era stato piuttosto chiaro quando gli aveva detto che si, poteva usufruire degli agganci di Bane ma che non doveva dirlo in giro. Sospirò.
Guardò senza vederli davvero i bozzetti dei disegni che una Jocelyn studentessa d'arte aveva disegnato più di trent'anni prima, scrutando dall'alto anche il resto del caos che riempiva il tappeto pregiato ed il tavolino elegante. Gli erano bastati due giorni e già avevano stravolto la vita di quel poveraccio che li ospitava.
C'era da dire che forse Bane se lo meritava quel caos in casa, ora di certo comprendeva come aveva vissuto l'indagine Alec per un mese, con lui che non lo aveva minimamente aiutato ed i salti mortali che era stato costretto a fare per sfuggire all'attenzione generale, ma almeno l'uomo li stava aiutando.
Circa.
Si girò verso di lui giusto in tempo per vederlo scolarsi il fondo di quello che poteva essere il terzo come il dodicesimo drink della giornata. Con il braccio piegato verso l'alto metteva in evidenza il bracciale che gli stringeva il bicipite accennato e dava bella mostra dell'apertura gigantesca che si estendeva sul fianco della canottiera, arrivando quasi fino all'altezza dell'ombelico e aprendo uno scorcio sul costato ed il fianco abbronzati dell'uomo.
Che senso aveva mettersi una maglia del genere se non aveva stoffa sul lato?
Scosse la testa e si piegò per prendere altri fascicoli.
Bane aveva detto di aver chiamato qualcuno che avrebbe chiesto ad una fonte sicura se c'era qualcosa in giro sul mercato che veniva richiesto di più da qualcun altro, una ruota di pronomi indefiniti che gli aveva fatto girare la testa e non gli aveva dato la minima sicurezza che effettivamente avrebbe potuto ricevere delle risposte.
Girò i primi fogli e si ritrovò davanti la stampa della schermata dei dati bancari di Fell, una griglia in bianco e nero che mostrava gli ultimi spostamenti e le entrate dell'uomo, compresa quella mezza cifra che aveva ricevuto come pagamento anticipato. Se solo fossero stati in possesso dei documenti originali, del quaderno o del registro in cui Fell segnava i suoi rivenditori e cose simili, sapeva di chiedere troppo, però se entrare nella sua testa non lo avrebbe aiutato a scoprire il suo assassino, forse l'avrebbe aiutato a scoprire il suo acquirente.
Si voltò verso Magnus e lo fissò per un attimo, pensieroso.
<< Fiorellino, lo sai che mi eccito se mi fissi in quel modo intenso e ombroso.>> L'uomo gli sorrise e alzò le braccia incrociandole dietro la testa, mettendo così in mostra il corpo teso. Gli ammiccò distendendo le gambe sul bracciolo e alzando così anche il bacino.
<< Non cominciare Magnus. >> lo ammonì blandamente, ormai diventato già un abitudine, un'azione automatica. << Sai dirmi dove Fell scrivesse le sue compravendite?>>
<< Sul computer che avete requisito voi piedi piatti?>> rispose ironico, ma Alec scosse la testa.
<< No, non c'è nulla del genere sul suo computer, o meglio, c'è ma non è abbastanza, è solo una facciata o un promemoria semplificato. Io intendo proprio il suo registro, come l'agenda su cui scriveva tutto.>>
Magnus ci pensò su, poi schioccò le dita per attirare l'attenzione di Simon e gli fece cenno di lanciargli una delle lattine di coca seppellite della vaschetta del ghiaccio che gli stava di fronte. Il castano gli aveva fatto vedere la sua carta d'identità cinquantatré volte, l'uomo continuava a non accettare la sua maggiore età. Gli lanciò la bevanda e si imbronciò vedendolo stappare con i denti una bottiglia di un qualche liquore e versarne il contenuto per la metà di un bicchiere, allungandola con la coca cola frizzante e schiumosa.
<< Avete controllato i server?>>
I due si voltarono in contemporanea guardandolo senza capire.
Lui mosse la mano nell'aria e trangugiò tutto il bicchiere d'un fiato.
<< I server. Rag aveva una stanza nascosta dove teneva i suoi server e tutti i documenti e le informazioni che aveva su clienti e le merci. Lo avete analizzato no? Cosa ci avete trovato?>>
Il silenzio parlò per sé e Magnus alzò lo sguardo sui ragazzi, rimettendo dritta la bottiglia verde e guardandoli da sotto le ciglia lunghe.
<< Non lo avete fatto?>>
<< La domanda non è se l'abbiamo fatto o meno.>> fece Simon tentennante, << La domanda è: Ci sono dei server? Perché sono stato io ad analizzare il computer di Fell e non c'è assolutamente nulla del genere! C'è solo roba appuntata per metà o al volo, tipo un'agenda!>>
L'altro scosse la testa, << Si vede che non sei andato mai sul campo Sigmund e si vede anche che non sei stato tu il primo a giungere sulla scena Fiorellino bello. Non l'avete trovata la stanza dietro al quadro?>>
<< Quale quadro?>> chiesero in coro.
<< Quello gigantesco alla fine del corridoio prima del suo studio.>> continuò tranquillamente.
<< No, no. Ho le planimetrie della casa, ho tutto, davvero tutto, anche le posizioni dei circuiti e dei sensori del sistema d'allarme. Ma non c'è nessuna porta.>> Simon riprese al volo gli occhiali e ricominciò a smanettare sul pc richiamando cartelle e piantine dell'ambiente, collegandosi al circuito protetto che aveva installato lui stesso a casa di Bane, sostituendolo a quello vecchio della casa, certo buono e cablato da un bravo hacker, ma mai fico come il suo. Insomma, lui usava anche i programmi criptati del governo!
Magnus lo fissò alzando un sopracciglio e scuotendo ancora la testa con disapprovazione: cosa doveva fare lui con quei due bravi bambini che credevano fermamente a tutto ciò che vedevano?
<< Samuel, non te lo ha mai detto nessuno che non devi abboccare ad ogni cosa? Neanche tu fiorellino, anche se puoi abboccare ad altro… >> l'ennesimo occhiolino si trasformò in un broncio contrariato, stroncato sul nascere dall'occhiata gelida di Alexander che lo intimava neanche troppo velatamente a tapparsi la bocca o dire qualcosa di utile.
<< Rag dopo aver comprato casa si fece costruire una cabina nascosta. C'è una porta nascosta dietro al quadro della bella dama con il vestito grigio. Dentro c'è uno sgabuzzino di circa un metro per uno che contiene solo una botola che porta ad una stanzetta buia e di dubbio gusto che per anni Rag mi ha fatto credere contenesse giochini sadomaso, fruste, bende, catene e cose così, ma che poi ho scoperto essere solo una banalissima sala server.>>
Sorvolando il fatto che Ragnor Fell era stato così geniale da convincere il suo amico che avesse attrezzi del genere in casa solo per fargli fare mille viaggi mentali e poi abbatterlo brutalmente con la dura realtà, sapere che c'erano dei server che avrebbero potuto contenere tutto ciò di cui avevano bisogno fece saltare sull'attenti Alec, che mollò di colpo tutte le carte e s'affrettò a cercare il cellulare, consapevole di quale sarebbe stata la sua prossima mossa, finalmente.
<< Simon, prendi il portatile di riserva, Magnus tu mettiti le scarpe e smettila di bere.>> dettò perentorio avanzando verso l'attaccapanni e prendendo la sua giacca grigio fumo.
<< Andiamo a cercare i server?>> chiese zelante il ragazzo eseguendo gli ordini, felice ed emozionante di poter andare finalmente sul tanto agognato campo.
L'altro invece si limitò a fissare il detective infastidito, << Fiorellino, in che modo il mettermi le scarpe dovrebbe combaciare con lo smettere di bere?>>
<< Combacia dal momento che verrai con noi e che se malauguratamente uno dei miei colleghi dovesse beccarci sulla scena del crimine devi essere sobrio.>> ci fu una pausa e poi il moro si avvicinò al padrone di casa togliendo dalla sua portata la bottiglia verde e lanciandola malamente sul divano dopo essersi assicurato che fosse chiusa. << E poi bere troppo fa male, non vorrei doverti portare da Catarina in coma etilico. Il tuo fegato mi ringrazierà. Vi aspetto in macchina, sbrigatevi.>> E detto ciò imboccò la porta di casa e se la chiuse alle spalle di fretta.
Potevano sentire i suoi passi concitati sulle scale. Simon aspettò giusto il tempo della prima rampa prima di voltarsi verso Magnus con un sorriso sornione sul volto, tipico di chi la sa lunga.
Magnus invece era rimasto interdetto a fissare il punto in cui l'uomo era sparito e ci mise un po' a rendersi conto di quello sguardo insistente.
Infastidito da tutta quella situazione assottigliò lo sguardo e quasi gli ringhiò contro:

<< Cosa? >>
<< Niente. Non te ne sei reso conto?>> Simon stava letteralmente gongolando. Oh, c'era passato anche lui a suo tempo e ancora si ricordava lo sconcerto di quella prima volta. A suo tempo però c'era stata Isabelle a battergli una mano sulla schiena e spiegargli l'arcano. Ma lui non aveva tutta questa voglia di dirgli tutto subito e si limitò a tirarla un po' più per le lunghe.
<< Di cosa dovrei essermi accorto Stephan? Che mi ha appena ordinato di non bere perché se, Dio non voglia, incontriamo uno dei suoi amichetti c'è rischio che gli faccia fare brutta figura?>>
Oh, oh! Era davvero arrabbiato! Non aveva proprio capito nulla!
<< Non sorridere in quel modo Stanlee. Sto per picchiarti.>>
<< Non lo faresti mai, anche perché poi non sapresti mai cosa ha appena fatto Alec.>>
<< Non mi interessa!>> si girò e marciò verso la sua camera. Aveva appena deciso che c'avrebbe messo un'infinità di tempo a prepararsi, Lightwood sarebbe dovuto tornare su casa a prenderlo di peso e si sarebbe pure portato una bottiglia di gin appresso!
Il ridacchiare basso di quello stupido topo nerd lo raggiunse fin dentro la cabina armadio e non poté evitare di ringhiare di nuovo, cercando di concentrarsi sull'abbinare al meglio i suoi vestiti sino a giungere all'esasperazione.
Uscì a testa alta con delle semplici superga bianche, senza degnare di uno sguardo il ragazzo che lo seguiva fin troppo divertito dalla situazione.
Lo avrebbe ignorato, si lo avrebbe fatto sino a quando non avrebbero implorato il suo perdono.
<< Se continui così Alec salirà a prenderci di peso e dovrai subirti ancora quella cosa lì.>> Lo fece apposta, Magnus poteva giurarlo, Simon lo stava facendo apposta a parlare in modo così vago.
Masticò qualcosa che sembrò tanto un “ci provasse” a cui il ragazzo rispose prontamente.
<< Oh, non dubitare che lo faccia. Solo che poi dovresti anche subirti la sua faccia da cucciolo bastonato che non capisce perché lo stai trattando male e ci rimane male a sua volta. E ti assicuro che agli occhioni di Alec non resiste nessuno, neanche Jace. Beh, ad onor del vero Jace non resiste a nessuna richiesta di Alec, ma questi sono dettagli. Pensa che riesce a convincere persino Maryse e Robert, ma non sfodera mai la sua arma segreta contro i suoi perché lo trova riprovevole. Solo che certe volte lo fa e neanche se ne rende conto, non se ne rende mai conto e ciò non fa altro che farlo sembrare ancora più innocente e sinceramente confuso. Lo hai visto l'altra volta no? Quand- >>
<< Simon! Tappati quella boccaccia!>>
Il castano sorrise, << Allora lo sai il mio nome!>>
Un movimento seccato dell'altro, << Se lo meriterebbe, dopo quello che mi ha detto.>>
<< Ti ha detto una cosa bellissima a dir il vero, ma tu non lo conosci e quindi non lo hai capito. Io potrei dirtelo, però tu non vuoi saperlo… >>
Magnus sospirò affranto, sicuro che se quel deficiente avesse detto anche solo un'altra frase di puerile chiacchiericcio senza senso lo avrebbe defenestrato.
<< Cosa?>> ripeté come prima e Simon lo capì al volo.
<< “Il tuo fegato mi ringrazierà”.>>
<< Questo l'ho sentito anche io razza di imbecille.>>
<< Ehi! Non c'è bisogno di insultare!>> poi un trillo del telefono, << Oh, è Alec, chiede se ci siano problemi.>>
<< Fantastico, si preoccupa davvero tanto. E' proprio la tua balia Sigfrid, l'ho detto io che non sei maggiorenne.>>
<< Lo sono ti ho detto, lavoro per la polizia diamine! E comunque lo era anche per te.>>
Magnus afferrò le chiavi di casa con tutti i suoi ingombrati pendenti e si maledì per essere così indeciso e non fare mai una cernita di cosa lasciarci appeso e cosa no. Non gli sarebbero mai entrati nella tasca tutti quanti.
<< Maaagnus… >> cantilenò l'altro.
<< Ti prego, riesci ad estinguerti dalla mia vista almeno per dieci minuti?>>
Simon scoppiò a ridere come se quella fosse una battuta e non una preghiera di lasciar respirare le sue orecchie per quella decina di minuti e scosse la testa aprendo la porta di casa.
Gli passò vicino e gli poggiò una mano sulla spalla, << Ti reputa un aiuto valido per la sua indagine e ti vuole lucido. Se poi incontriamo qualcuno del dipartimento può giustificare il fatto che sei con lui come una cosa di lavoro, ma se sei ubriaco sarebbe solo dimostrazione di incompetenza portarti sulla scena del crimine e rischiare che tu faccia danni.>> batté qualche colpo ed uscì di casa, << Mi spiace per te Maguns, ma sei appena entrato tra i “pulcini” di Alexander-chioccia-Lightwood, da ora in poi preparati ad subire tutta la sua apprensione e le sue manie da fratello maggiore.>>
Si voltò e gli fece l'occhiolino.
<< Benvenuto nel club!>>

Magnus rimase a fissare la porta aperta mentre lentamente assimilava tutto quello che Simon gli aveva appena detto. Un improvviso sorriso compiaciuto gli piegò le labbra.
E così fiorellino si preoccupava per lui?

Alexander-chioccia-Lightwood?

Forse quel topo non era poi così stupido.
No, okay, era stupido, ma forse non così inutile.
<< Papà torna presto Presidente, fai il bravo, ti prometto che farò altrettanto. Oh, non preoccuparti, ho la “chioccia” più sexy del mondo a proteggermi.>>


 


 

Tornare in quella casa per Magnus era stato terribile, inutile negare la verità.
Era riuscito a dissimulare la sua ansia fino a quando non aveva sentito il pesante portone di ferro battuto e vetro colorato chiudersi alle sue spalle.
Simon era rimasto sbalordito da tutta quella ricchezza, nessun oggetto era stato toccato poiché le indagini erano ancora in corso e quella casa gli sembrava un parco delle meraviglie.
<< Clary impazzirebbe qui dentro!>> aveva esclamato in preda all'euforia dettata dalla sua prima vera indagine. Aveva curiosato per le stanze fino a trovare il famoso quadro e si era subito messo a smanettare per aprirlo, a quanto pare c'era un codice, ma nulla che uno come lui non potesse decriptare.
Magnus invece non si mosse. Osservava quel posto che gli era tanto famigliare, in cui era entrato così tante volte. Molti arredi aveva aiutato lui stesso a portarli in casa, come il divanetto verde nella nicchia alla sua sinistra, ricordava perfettamente quel giorno di quasi dodici anni fa, quando lui e Ragnor lo avevano sollevato con un carico extra sopra. Catarina aveva sfidato il loro orgoglio maschile asserendo che non sarebbero mai riusciti a sollevare la struttura di legno massello con lei sopra e i due amici si erano incaponiti a dimostrarle il contrario.
Quante volte aveva varcato quella soglia senza neanche degnare l'ingresso di uno sguardo? Quante volte aveva dato per scontati tutti quegli oggetti, tutti quei ricordi?
Aveva camminato scalzo sul marmo pregiato solo per infastidire Ragnor, aveva provato a scivolare giù del grande corrimano della scala che seguiva la curva dell'edificio e portava al secondo piano e per poco non si era fatto una vasectomia da solo. Quanto aveva riso Rag quella volta, mentre lui se ne stava accasciato a terra, se lo vedeva ancora, in pigiama e con un pacco di surgelati in mano. Cercava di passarglielo ma stava ridendo troppo e a ogni singulto s'allontanava un po'.
Lo aveva mandato al diavolo in tutte le lingue che conosceva, quella volta.
Alzò lo sguardo al soffitto dipinto, al piano superiore c'erano le camere da letto, la sua era la terza a destra e tantissime volte era rimasta occupata solo dai suoi vestiti perché lui se ne stava sul letto del suo migliore amico ad infastidirlo mentre leggeva, accendendo la tv e cercando i programmi più trash e stupidi che trovava solo per poterli commentare ad alta voce e distrarlo. Si addormentava sempre lì e la mattina dopo si risvegliava con quel cretino ancora poggiato ai cuscini a leggere.

Volevo leggere solo un altro capitolo Mags, ma sai come sono fatto. Un altro capitolo è diventato 'questo e poi basta' ma dopo sono entrato nel vivo della storia e non sono riuscito a fermarmi.”

Lo aveva rimproverato così tante volte, dicendogli che sarebbe diventato cieco a forza di leggere con poca luce. Finivano sempre per insultarsi e poi ridere delle assurdità che riuscivano a tirare fuori, come quando erano piccoli.
E ora? Ora chi lo avrebbe ripreso perché il marmo si macchiava? Perché, anche se era vetro spesso e resistente, sbattere la porta prima o poi l'avrebbe fatto crollare?

Non lanciare la porta Magnus! Quante volte ti ho detto di accompagnarla?”

Chi lo avrebbe sopportato mentre parlava di mille cose inutili e faceva battute così stupide da essere al limite del legale?

Hai un cervello, perché mi devi sempre affliggere con ste' cavolate? Vuoi dimostrarmi a tutti i costi che hai problemi mentali? Lo avevo già capito da me amico, ma ti voglio bene anche se sei un bambino speciale.”

Chi gli avrebbe tolto la bottiglia di mano e lo avrebbe rimproverato perché l'alcol non era la risposta a tutto?

Un giorno di questi andrai in coma etilico e io ti ritroverò mezzo morto nel tuo stesso vomito e mi prenderà un infarto. Sarò io a chiamare l'ambulanza e sarò io a passarti a Catarina che sarà morta di paura quanto me. Sarò io ad aspettare in sala d'attesa che lei esca e mi dica come stai. E se dovesse andare male sarò io che dovrò consolarla, che non potrò permettermi di crollare perché lo avrà già fatto lei! Pensa anche ai tuoi amici, cazzo! Quello schifo ti ucciderà! Io lo dico per te, perché ti voglio bene e mi preoccupo, lo sai. Sei la mia famiglia Magnus, non voglio seppellirti prima del dovuto.”

Già, peccato che alla fine quel compito era toccato a lui.

Una mano si posò delicata sulla sua spalla, un tocco leggero come una brezza primaverile che lo riscosse dai suoi pensieri e per un attimo lo illuse che Ragnor fosse di nuovo con lui, che lo stesse richiamando dagli incubi del suo passato.
Si voltò di fretta, speranzoso di ritrovare quei profondi occhi scuri e quei ridicoli capelli verde slavato, spaventato di farselo sfuggire e di non riuscire a vederlo in tempo.
<< Tutto bene Magnus?>>
Ma ciò che incontrò invece fu il volto gentile e preoccupato di Alexander, gli occhi blu intensi e luminosi -così pieni di vita e di segreti- che lo scrutavano con apprensione. Simon aveva avuto ragione da vendere, il ragazzo con i suoi diretti e spicci modi di fare stava cercando di prendersi cura anche di lui, nel suo personalissimo modo, s'intende.
Vide qualche ciocca scura muoversi quando l'altro si avvicinò un poco a lui per scrutarlo bene in faccia e sentì distintamente anche l'altra mano posarsi sul suo braccio.
Voleva parlare e dirgli che non aveva avuto tempo, non avevano avuto tempo, che non avrebbero più potuto fare tutte quelle cose che si erano prefissati di fare, che non si può morire a quell'età, non dopo che si era lottato tanto per arrivare dove si era, per avere una vita migliore. Voleva dirgli tutto ciò che non aveva detto a Ragnor, che era stupido e che erano cose stupide ma essenziali che lui aveva sempre dato per scontato, che sapeva che l'amico le sapeva ma che sentirsele dire ad alta voce valeva molto di più. Infinitamente di più.
Nella sua testa la voce della sua coscienza rise amareggiata delle sue sciocche realizzazioni, il suo lato più cinico gli diceva che gli stava bene, che se lo meritava e che ora poteva solo che prendersela con se stesso. Perché il tempo non gli era mancato per fare tutte quelle cose, erano stati loro a rimandarle per pigrizia o per comodità, non era stato l'assassino ad impedirgli di farle, era solo colpa loro. Ora solo colpa sua.
E glielo stava davvero per dire al detective, ma poi si rese conto che non riusciva più a vederlo in faccia, che tutta la sua visuale era coperta da uno sfondo bianco ma leggero. Mise a fuoco le fibre del tessuto, lino probabilmente. Allora il poliziotto non era così digiuno di materiali di moda.
Quando realizzò che quello che vedeva era la stoffa della camicia di Alexander capì anche che quella leggera linea nera che vedeva al lato del suo campo visivo doveva essere la sua cravatta e che il giovane lo aveva tirato a sé e lo stava abbracciando, stringendogli le braccia attorno alle spalle e tenendolo pressato contro il suo petto.
Non si rese conto di quanto gli servisse quella presa, quell'appoggio finché non capì anche perché lo stava abbracciando.
Chiuse gli occhi inspirando forte il profumo di panni puliti mischiato a quello più personale, intenso ed avvolgente ma al contempo fresco, della pelle dell'altro. Sentiva qualcosa pungere dietro alle palpebre, ma non avrebbe pianto, lo aveva promesso a sé stesso, a Catarina e a Ragnor stesso tanti anni fa: niente più lacrime a meno che non siano di felicità-

O perché sei stato così stupido a provare di nuovo a scivolare lungo il corrimano.”

Un singulto gli si bloccò in gola a quel ricordo e automaticamente strinse le braccia attorno alla vita del moro.

<< Non gli ho risposto. >>
Il suono uscì soffocato contro il tessuto leggero della camicia. Alec non osò muoversi, limitandosi a sostenerlo.
<< Avevo sentito la telefonata, ha provato a chiamarmi anche sul cellulare. Ma ero così offeso perché non si faceva sentire da mesi, sono io la- ero, ero io la dramaqueen del trio, dovevo far valere il mio “ruolo” e così l'ho ignorato.>>
Fece una pausa, forse sperando che Alexander lo bloccasse e gli dicesse che non era colpa sua, ma nessuna risposta arrivò alla sua confessione.
<< Avrei potuto parlarci un'ultima volta e invece l'ho volutamente ignorato. Se solo avessi risposto… >>
<< Se solo avessi risposto probabilmente ora starei indagando su un duplice omicidio.>>
<< Questo non vuol dire che doveva morire da solo!>> lo disse con veemenza cercando si staccarsi da lui, ma la presa delle sue braccia era troppo forte e lo costrinse di nuovo a poggiare la fronte contro il suo petto.
<< Nessuno merita di morire da solo Magnus. Però lui non lo era.>> allentò di poco la stretta solo per guardarlo in faccia: l'espressione preoccupata di prima ora cancellata da una più seria e risoluta.
<< Stava guardando le vostre foto, quelle dei suoi amici, della sua famiglia. Chi ci ama non ci lascia mai da soli Magnus, che sia ancora in vita oppure no. Quando ami qualcuno ti porti sempre un pezzo di lui con te. Non era davvero solo, forse lo era fisicamente, ma non davvero. E poi sono sicuro che non avrebbe mai voluto metterti in pericolo. Sono stato chiaro?>>
Non c'era ombra di dubbio che il detective credesse fermamente alle sue parole, come se anche lui avesse vissuto una situazione simile.
Magnus lo guardò sorpreso e l'altro sembrò capire al volo il filo dei suoi pensieri.
<< Mi hanno sparato una volta, quando non ero ancora un detective. E' una storia lunga, ma il sunto è questo: mi hanno sparato e per quanto in quel momento avrei desiderato con tutto me stesso che Jace o Isabelle fossero con me, fossero al mio fianco in un momento così terribile, per vederli un'ultima volta, ero anche immensamente sollevato di essere solo, che né loro né i miei compagni fossero con me. Perché ero sicuro che si sarebbero preoccupati per me, che avrebbero cercato di prestarmi soccorso o di portarmi al sicuro e che sarebbero stati sotto fuoco nemico, che avrebbero sparato anche a loro.>>
Gli regalò un sorriso impacciato e gli sfregò le mani sulle braccia come a scaldarlo, anche se facevano 30° fuori la villa era fresca come una cappella funebre.
<< Quindi credimi quando ti dico che è morto nel modo migliore, con chi amava sotto lo sguardo ma al sicuro lontano da quella situazione. Non è una grande consolazione, lo so, ma è il massimo che posso darti per ora. Abbi fiducia in me e la prossima volta invece di uno stupido aneddoto potrò dirti il nome del colpevole e quando lo manderanno in prigione.>>

Non sapeva di preciso cosa si dicesse in questi casi, quando qualcuno ti racconta qualcosa di così personale solo per cercare di farti stare meglio e fati capire che si va avanti, che non è tutto nero come lo si vede. La cosa più spontanea che gli riuscì fu il sorriso più grato che avesse fatto da molti anni. Mosse piano le mani ed afferrò quelle del poliziotto stringendole in una presa salda.
<< Ti ringrazio Alexander.>>
L'altro sbuffò, << E' Alec, ma almeno è sempre meglio di “fiorellino”.>>
La temperatura salì di qualche grado e Magnus non poté che ringraziarlo ancora con uno sguardo che fece arrossire un poco il moro.
<< Oh, non temere tesoro, posso trovarti tanti di quei nomi mille volte più imbarazzanti e stucchevoli che alla fine mi pregherai in ginocchio di chiamarti di nuovo fiorellino!>>
Lo disse con una nuova leggerezza nel cuore, anche se velata e sospesa precariamente sopra al cratere lasciato dalla morte del suo amico. Gli lasciò una mano ma rafforzò la presa sull'altra tirandosi dietro il detective e cominciando a ciarlare con la sua solita voce pimpante di tutte le meraviglie che offriva quella casa.

Era stato il luogo dei loro ritrovi, delle loro litigate, delle loro cavolate e fin troppe volte era stata “casa” più di quella in cui erano cresciuti con i loro genitori, se doveva ancora calcarne i pavimenti lo avrebbe fatto mostrando tutto il loro magnifico mondo e rendendo Ragnor orgoglioso di ogni suo singolo oggetto e imperfezione. Non avrebbe permesso a nessuno di trasformare la sua casa in un luogo di dolore quando era sempre stata piena di vita e di bellezza.
Non lo avrebbe mai fatto.
Per sé, per Catarina e per Ragnor.

Soprattutto per te, Rag.


 


 

Il quadro nascondeva davvero una porta per una stanza angusta che ospitava solo una botola. Che poi tanto botola non era, ma un'ampia apertura nel pavimento che si apriva automaticamente e permetteva l'accesso alla sala dei server.
Simon sembrava ancora più felice e non prese tempo a collegare il computer e scandagliare tutti i dati presenti.

<< Sono su un circuito chiuso a cui è possibile accedere solo collegandosi via cavo, intelligente come cosa, ormai andiamo tutti sul wifi, nessuno penserebbe a portarsi un cavetto, soprattutto non uno così vecchio. Il tuo amico doveva averne una scorta da qualche parte, se si rompeva uno non poteva certo andare al negozio dietro l'angolo a ricomprarlo!>>
<< Davvero emozionante Smigol, ora, per favore, potresti cercare quello che siamo venuti a cercare e fare il tuo dannato lavoro?>> chiese Magnus guardandosi attorno infastidito.
L'ambiente non aveva finestre, aveva il soffitto basso ed era illuminato solo dalle centinaia di luci dei grandissimi cervelloni li impilati. L'unica cosa che lo tratteneva dall'andarsene da quel covo di polvere e buttarsi sul divano d'avanguardia del salottino privato di Ragnor era vedere il bel detective occhi blu che si ostinava a stare in piedi ma era costretto a piegare la testa di lato.
A sua discolpa c'era da dire che c'aveva provato, il poliziotto, a piegarsi sulle ginocchia e poggiarvi sopra le mani per aver sostegno, ma forse Magnus aveva fatto un passo indietro e si era messo a fissare spudoratamente quel bel fondo schiena e forse il diretto interessato se ne era accorto e si era drizzato subito in piedi prendendosi una bella botta in testa.
Magnus ridacchiò improvvisamente più felice di prima mentre Simon cercava tra i vari dati quelli che gli interessano, gli ultimi mesi di lavoro di Ragnor per la precisione, e Alec annuiva a tutto quello che il ragazzo gli vomita addosso riuscendo anche a concentrarsi contemporaneamente sullo schermo e sui nomi che vedeva comparire, informando il tecnico che quella persona figurava altre quattro volte e che quell'indirizzo era fasullo perché in quella strada vi era tutt'altro.
Sembrava che la cosa alla fine avrebbe portato qualche buona nuova e -per quello che poteva permettersi- Magnus si rilassò contro la parete intonacata di bianco.
Diamine, pareva che quelle dannate luci blu si riflettessero il doppio su quei muri, ma almeno quel colore si abbinava bene agli occhi del detective e li facevano sembrare lanterne di carta accese nella notte. Molto poetico, doveva ammetterlo. Ed era meglio che li vedesse con questi termini filosofici o li avrebbe paragonati alle luci stroboscopiche e ai brillantini che coprono i corpi delle ballerine e sarebbe finito per far pensieri poco casti sul giovane davanti a lui mezzo nudo, lucido di glitter e oli, che ballava sensualmente sotto luci blu da discoteca che si riflettevano su un palo di liscio metallo argenteo.
Doveva chiedergli se sapesse ballare e se, come ricompensa per il suo aiuto, poteva chiedere una lapdance privata.

<< Clicca lì.>> Alec si piegò di nuovo in avanti, poggiando un braccio sulla spalla di Simon, ma il suo tono fu improvvisamente così perentorio che Magnus si sentì quasi costretto a staccare gli occhi dai suoi pantaloni grigi e a puntarli sullo schermo.
<< Sono le notizie raccolte nel corso dei precedenti cinque mesi su un oggetto particolare che pare provenire dritto dritto dal Medio Oriente. No, aspetta, dalla Russia? O forse dalla Romania? Ma che cavolo! Sta statuina è rimbalzata per mezzo Vecchio Mondo!>> Simon si passò una mano tra i capelli scompigliati e poi tornò a digitare veloce. Alec invece alzò un sopracciglio attento,
<< Statuina? Sappiamo cos'era la merce rintracciata da Fell?>>
Il ragazzo scosse la testa, << Possiamo ipotizzarlo: qui parla di un piedistallo in legno che sorregge un oggetto in vetro e argento. Pare che sia tipo un mosaico, ma non ne sono sicuro.>>
<< Un mosaico su un piedistallo?>> Il moro voltò la testa verso Magnus e questo si sentì estremamente considerato quando si rese conto che il giovane investigatore si stava rivolgendo a lui, affidandosi alle sue conoscenze in campo.
<< Potrebbe anche essere. Magari è un vaso o un piatto decorato, le tessere saranno in vetro e le linee di congiunzione in argento, come le vetrate delle cattedrali ma molto più costoso.>>
Il ragazzo tornò con lo sguardo allo schermo e per un attimo a Magnus parve una proiezione cibernetica uscita da quello stesso monitor. Poi lo vide irrigidirsi di colpo e la cosa non gli piacque per niente.
<< Che succede? Simon perché stai scorrendo così velocemente i file?>>
<< Non sono io! Non sto facendo niente è qualcuno da remoto.>> si bloccò colto dal panico, << Oddio mi hanno hackerato il sistema!>>
<< Bloccalo!>> Magnus saltò sul posto avvicinandosi allo schermo e cercando di immagazzinare più informazioni possibili.
<< Ci sto provando in tutti i modi! Ho attivato quattro firewall e una decina di codici criptati diversi sperimentati dal governo e ancora segretati! Dio, se Hodge scopre che li ho usati e che me li sono fatti fregare da degli hacker sono morto, mi spediranno davanti alla Corte Suprema con l'accusa di Alto Tradimento!>> Il ragazzo si mise le mani tra i capelli sconvolto, prima che l'asiatico gli desse uno schiaffo in testa e gli urlasse di non disperarsi ma di cercare di fermare tutto.
<< Non so cosa fare! Non ci riesco!>>
<< Stacca il cavo!>>
<< E' inutile è entrato nei server!>>
<< Sei un tecnico informatico, un programmatore, per l'amore del cielo! DEVI sapere cosa fare!>>
<< La fai facile tu! Non hai un tipo da non si sa dove che ti sta fottendo tutte le informazioni che hai appena- >>

Di colpo tutta la sala si spense, le mille luci delle gigantesche banche dati s'arrestarono ed il ronzio che aveva fatto da sottofondo alla loro permanenza cessò.
L'ultima cosa che videro fu l'immagine bloccata nei pixle dello schermo che andava lentamente scomparendo come la luce residua di una lampadina rotta che si fredda minuto dopo minuto rendendo la resistenza al suo interno priva di calore e luminosità.
L'immagine era una pagina d'appunti che l'hacker stava cercando di cancellare. Aveva avviato una ricerca per parole chiave e stava eliminando tutti i file che le contenevano, saltando da settore a settore. Sul monitor le parole più piccole erano già sparite, ma in grassetto potevano leggere ancora un luogo, un certo numero di merci ed una singola parola lontana da tutte le altre.
Poi anche quelle scomparvero come scintille che cadono nel buio ed assieme ad esso solo il silenzio rimase a far compagnia ai due.
<< Ce l'hai fatta?>> chiese titubante Magnus, << Ti prego, dimmi che sei stato tu, che sei riuscito a bloccarlo.>>
Simon deglutì a vuoto una boccata d'aria che non fece altro che incendiargli la gola e fargli salire le lacrime agli occhi per il dolore.
<< Io non ho fatto niente.>> pigolò con voce stridula.

<< Sono stato io.>>
I due si voltarono in contemporanea verso la loro destra, dove presumibilmente se ne stava in piedi Alec, che apparve dopo pochi secondi illuminato dallo schermo del suo telefono, con i cavi dell'alimentazione generale in mano.
Il castano lo guardò scioccato, battendo le palpebre senza sapere cosa fare.
<< Hai staccato la spina? Ma sei impazzito?!>> si passò le mani tra i capelli, cercando di mettere inutilmente a fuoco la situazione, << Adesso ci vorrà una marea di tempo per riavviarli tutti, non sono così moderni, hanno moltissima memoria ma sono come minimo di una decina d'anni fa! Staccando tutti ci hai praticamente negato l'accesso a tutte le informazioni che contenevano, se non le hai cancellate con lo sbalzo di corrente!>>
Magnus lo guardava impietrito, non poteva credere che una persona acuta come Alexander avesse fatto una cazzata del genere, lo sapevano anche i vecchi che non si doveva mai staccare la corrente di colpo ad un computer o c'era rischio di giocarsi tutti i suoi dati.
Eppure il moro pareva così calmo.
<< Meglio averli persi tutti che lasciarli nelle mani di un criminale che avrebbe cancellato tutti gli indizi. Hai detto che ad ogni server ci si accede distintamente tramite cavo, giusto? Questo vuol dire che solo quello su cui stavamo lavorando è parzialmente compromesso, ma, e dimmi se sbaglio, senza alimentazione anche il virus o ciò che è non può funzionare.>>
Ci fu di nuovo silenzio, poi Simon si lasciò cadere a terra frastornato ma evidentemente rincuorato dalla logica di quel discorso.
<< Si, grazie a Dio ha infettato solo questo server, gli altri sono a posto. Quando beccheremo quel bastardo ci faremo dire cosa ha inviato e lo elimineremo al primo colpo. >> Nel buio della stanza nessuno poté vedere la sua espressione, eppure Alec se lo immaginava perfettamente chiudere gli occhi rilassato e poi riaprirli di scatto, voltandosi nella sua direzione. << Perché è stato lui vero? Il tipo che stiamo cercando.>>
Alec sospirò, << Si, temo proprio di si. In un modo o nell'altro deve aver scoperto che eravamo qui e che stavamo mettendo le mani sui veri registri di Fell- >>
<< Per favore.>> Li interruppe Magnus, << Potreste chiamarlo per nome? Solo Ragnor, non Fell o “la vittima”, solo Ragnor. Rag se preferite. O “emerito cornuto” se non vi piace il suo nome. Ma non continuate a chiamarlo come un estraneo.>>
I due poliziotti annuirono in silenzio, poi accesero tutti le torce dei propri cellulari e uscirono dalla sala.
<< Come avrà fatto a rintracciarci se il circuito è chiuso?>> domandò di punto in bianco Alec.
L'altro si massaggiò il naso sotto gli occhiali e fece mente locale, prima di esibirsi in una magnifica smorfia e abbassare le spalle sconfitto.
<< Deve aver usato il mio portatile. Avrà superato le protezioni del sistema e attivato il wifi collegandosi alla rete di casa, a quelle dei vicini o più probabilmente a quella statale. Ci ha fregati con le nostre stesse risorse. Scusatemi, è colpa mia.>>
Una poderosa pacca sulla spalla lo fece quasi volare a terra, << Su con il morale Santana! Vedrai che ci rifaremo. Ho letto un indirizzo prima che tutto si bruciasse e credo proprio di sapere anche dove si trova.>>
Simon accennò un sorriso e poi si accigliò di colpo,
<< Ma Santana non è un nome da donna? Tipo di quella super figa e lesbica di Glee?>>
<< E' anche il nome di un musicista, genio.>> fece atono Alec passandogli vicino e sorpassandoli.
<< Bravissimo il mio fiorellino! Ah, dolce prezel al sale, lo sai vero che tutto questo vuol dire che spiano i nostri, anzi, i tuoi movimenti?>>
Alec neanche si girò e fece un gesto vago con la mano avviandosi verso la scena del crimine per ristudiarla per la millesima volta.
<< O che stanno tenendo sotto controllo i sensori della casa o magari Simon, non possiamo saperlo.>>
<< COSA?! Io? Perché io? Cosa c'entro ora?>>
<< Tipo tutto Sheldon?>>
<< M-ma… ma- >> Simon cominciò a parlare a vanvera di tutto e niente, mentre Magnus gli rispondeva seccato ma partecipe e Alexander si allontanava sempre di più, sino a giungere alla sua meta.
Non c'era niente di diverso ma qualcosa non gli quadrava in quella storia.
Se qualcuno li aveva scoperti voleva dire che o aveva una cimice addosso, cosa impossibile visto che aveva controllato più volte sia se stesso che Simon, o che veniva intercettato, o chi era a capo di tutto questo era davvero bravo con i computer.

O ha un complice che lo è.

In tutta quella storia, gli indirizzi letti, i nomi, le cifre, una sola cosa era rimasta scolpita nella testa del detective, come l'eco di un ricordo lontano che sapeva avrebbe dovuto fargli scattare un campanello d'allarme che però non riusciva a suonare completamente e non gli dava nessuna informazione utile.
Fissando gli oggetti della stanza fece scivolare lo sguardo sulla scrivania e sui frammenti di vetro chiaro e opaco che vi erano stati lasciati vicini. Li guardò per un attimo domandandosi distrattamente perché la scientifica non li avesse raccolti, ma la sua mente era effettivamente altrove e quel dettaglio, come tanti altri, gli fece solo ricordare per l'ennesima volta che tutti i suoi colleghi vedevano quel caso come una banale lite tra criminali finita con la morte di uno di questi.
Uno di meno.
Non chiuse gli occhi, li lasciò puntati su quei frammenti luminosi, forse residuo della colluttazione tra la vittima -Ragnor, è una persona, devo chiamarlo con il suo nome- e l'assassino.
Si congedò mentalmente da quella stanza che aveva visto vivo per l'ultima volta il suo proprietario, una persona che per quanto immischiata in traffici illeciti non aveva mai fatto del male a nessuno e non meritava di morire. Di finire dietro le sbarre si, pagare per i suoi crimini, ma non morire così.
Raggiunse i suoi compagni d'avventura e gli intimò brevemente di tornare a casa.

<< E come ci torniamo fiorellino?>> non fece neanche in tempo a finire la frase che Alec gli lanciò le chiavi della sua macchina.
<< Andate dritti a casa e chiudetevi lì. Spegnete internet, non lasciate nulla di violabile acceso. Io ho un affare da risolvere.>>
<< Dove devi andare?>> chiese Simon rimettendo il portatile nello zaino e guardando preoccupato l'amico.
Alec si voltò per fronteggiarli, lo sguardo serio e determinato di chi ha scelto la sua via e non ha intenzione di abbandonarla.

<< A fare un po' di domande ai piani alti. Credo sia giunto il momento di invertire i ruoli.>>


 


 

Digitò per l'ennesima volta la stringa di comando ma il computer non gli rispondeva più, così come il suo virus. Dovevano aver staccato la corrente, era impossibile che fossero riusciti a tener testa al suo programma così velocemente. Imprecò a denti stretti e batté i pugni sul tavolo, facendo sussultare la tastiera.
Doveva essere stato Alec ovviamente. Da bravo nerd votato ai computer e alla tecnologia, Simon non avrebbe mai pensato ad una soluzione così barbarica.
Però almeno adesso ne aveva la certezza: quei due stavano lavorando assieme al caso Fell e questo non prometteva nulla di buono.
Prese il palmare e mosse veloce il dito sulla schermo piatto, avviando una telefonata che non necessitò neanche di tre squilli prima di essere accettata.

<< Sono io. Si, esatto. Li ho seguiti e ho infettato il portatile di Lewis. No, ho cancellato quel che potevo. Significa che poi hanno tagliato il collegamento. La corrente, l'hanno staccata… beh c'è rischio che tutti i dati siano andati perduti, si, lo spero anche io. Non avevo la più pallida idea che ci fossero dei server segreti, sulla piantina non ci sono. Lo so, lo so che bisognava controllare sul posto, ma ci hanno mandato dei cretini e non potevo oppormi. In ogni caso avevo ragione: Lightwood sta indagando troppo a fondo. No t- … si… ma tu non lo conosci, io si. So che non mollerà per niente al mondo. Magari non sa cosa sta cercando, che acque sta smuovendo e dove vuole effettivamente andare a parare, ma che voglia solo catturare un assassino o meno ti assicuro che ha quasi sfiorato il centro. Non lo so, non posso dirlo con certe- si, va bene… sei tu il capo qui, fai come ti pare. Si, ho capito, ciao.>>

Si passò una mano sul viso e poi fissò il suo riflesso nello schermo nero del computer.
Aveva detto il vero, non lo conosceva e lo stava sottovalutando, non aveva la minima idea di quanto potesse essere testardo e cieco quel Lightwood, quanto fosse fermamente intriso di ideali di giustizia e patriottismo e tutte quelle puttanate lì.
Ma non era un suo problema, era lui il capo, facesse quello che reputasse più giusto.
Sperava solo che aggiustasse presto il tiro.


 


 

Alexander avanzò a passo di marcia verso l'ascensore, entrandovi appena arrivato e aspettando con pazienza di raggiungere il piano da lui selezionato.
Uscì dalle ante metalliche e si diresse spedito verso l'uscita, puntando poi in direzione del parco che si trovava a qualche isolato dal dipartimento.
Non gli fu difficile trovare il suo obbiettivo, lo stupido ragionamento che aveva fatto giorni prima pareva non essere più così tanto stupido.
Raggiunse la panchina che occupava e si fermò lì davanti salutando con cortesia.
<< Buon giorno anche a lei Detective Lightwood, la sua richiesta di colloquio sembrava piuttosto urgente.>>
<< Non sapevo a chi potermi affidare e ho pensato di puntare in alto, per essere al sicuro.>>
Annuì, << Lo è infatti. Come posso aiutarla?>>
<< Ho bisogno di un'informazione, forse più di una.>>
<< Mio caro ragazzo, di solito sono io a fare domande e le persone a darmi delle risposte.>>
<< Questa volta temo che i ruoli s'invertiranno.>> lo disse con sicurezza disarmante, così forte da convincere anche il suo interlocutore che però continuò a fissarlo imperturbabile per lunghi minuti.
Poi parlò, << Ebbene, mi dica ciò di cui ha bisogno di sapere, Detective.>>
Alec si concesse un attimo di respiro mentale in cui lasciò cadere le spalle ed esultò, senza lasciar trasparire alcuna emozione al di fuori. Si schiarì la voce e prese il coraggio necessario per porre quella domanda che con il viaggio in metro aveva assunto sempre più chiarezza, sempre più dettagli e particolari che ora lo spingevano verso un inquietante precipizio su cui non era sicuro di volersi affacciare.
Ma era pur sempre un poliziotto, un detective, lui faceva giustizia per chi non poteva farsene da solo, per chi necessitava del suo aiuto. Era un uomo di legge ma soprattutto di giustizia e non si sarebbe mai tirato indietro, per quanta paura potesse avere.

<< Vorrei sapere cosa ne sa lei del “Circolo”.>>

Il vento mosse i suoi capelli chiari e la camicia bianca che indossava sembrò improvvisamente più colorata dell'espressione sgomenta che assalì i lineamenti decisi del suo volto.
Quanto tempo era che non sentiva più quel nome? Anni sicuramente. Pensava che tutti se ne fossero dimenticati, che avrebbe potuto lasciarsi tutto alle spalle.

<< Credo proprio che io e lei abbiamo molto di cui parlare Lightwood.>>
 

Le porte dell'inferno si erano appena riaperte davanti ad Imogen Herondale e la Signora non sapeva se quella volta sarebbe riuscita ancora a scappare al loro richiamo o se l'avrebbero afferrata e trascinata nelle loro profondità.

 

   
 
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