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Autore: marig28_libra    23/11/2017    3 recensioni
Le ombre del vespro si abbattono minacciose sul leone dei de Jarjayes, protettore araldico di una stirpe da secoli servitrice della corona francese.
Colpiti dal lutto delle loro bambine , François e Judith non riescono più a generare un erede sano e a vedere la serenità degli animi…
Oltre i campi di battaglia e le oscure incomprensioni, i due dovranno trovare il coraggio di prendersi ancora una volta per mano e riscoprire se stessi…Tra passato e presente , la ricerca dell’origine : la maturazione dell'amore assoluto e contorto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes, Madame Jarjayes, Marron Glacé
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAP 4 - PATRIARCHI E FOCOLARI: LA BAMBINO CON IL FIOCCO BLU ( IIparte)


4
Patriarchi e focolari:
La bambina con il fiocco blu
(II parte)
 

 
 
 
 
Gennaio 1756

 
 
 
 
Fu una settimana di guerra fredda in casa de’Jarjayes…
Judith preservava la propria regalità di cerva trasformandosi in tigre quando si trattava di Oscar: la proteggeva con aggressiva dolcezza facendola dormire nella sua camera, talvolta nella culla talvolta persino vicino a lei nel letto…Quella gelosia illudeva di non pensare all’educazione futura che sarebbe stato opportuno impartire…
François, intanto,  si era esiliato temporaneamente in un’altra camera, lanciando ammonimenti e costringendo chiunque  a rassegnarsi che la figlia sarebbe stata “ figlio”.
La faccenda divenne ancora più spinosa durante una mattina di gennaio dopo capodanno.
Era giunto il momento di inserire il nome della neonata nei registri parrocchiali e battezzarla.
A occuparsi dell' eroica e delicata missione venne chiamato Jeremy Meunier.
Accolto con somma venerazione dai servi che, gocciolavano imbarazzo e costernazione dietro la cordialità , giunse dinanzi ai padroni di casa.
Erano un trittico di composta tensione: i coniugi mostravano l’incarnato bronzeo brunito delle incurvabili icone bizantine mentre la bimba, in braccio alla madre, non osava lamentarsi infagottata in un abitino bianco piumato di merletti.
Il parroco non sapeva veramente se il clima fosse drammatico o comico. Era come nelle tragedie greche in cui il messo annunciava la notizia in cui si sarebbe ribaltata la sorte degli eroi? O era dinanzi ad una platea desiderosa di ascoltare qualche storiella buffonesca?
Guardava interrogativo tutti i camerieri che rispettosi ma ansiogeni stavano ai lati del salone da pranzo: probabilmente lo credevano il Cristo incarnato in grado di dispensare miracoli.
 
-          Il Signore vi benedica – ruppe il ghiaccio sorridendo festoso – che questo anno possa donarvi serenità, gioia e…nuove energie.

-          Potete dirlo ben forte , padre Jeremy – stiracchiò François lanciando un’occhiata arcigna alla moglie – vi ringraziamo di cuore per essere venuto.

-          Che il Signore possa proteggervi in eterno – aggiunse gentile la donna schivando il marito – siamo felici che possiate vedere la nostra piccina.
 
Mostrò orgogliosa Oscar che si guardava attorno sorpresa , con gli occhietti azzurri in cui si mescolavano ancora confusamente le cromature dei genitori.
Jeremy si avvicinò incantato e commosso carezzandole il faccino accuratamente rinfrescato:
 
-          Che capolavoro! È biondissima! Non per essere sfacciato, Madame , ma vostra madre, se non ricordo male , possiede una chioma chiara chiara.

-          Oh sì! – esaltò Judith  -   lei ha genitori e antenati svedesi! Anche io avevo i capelli biondi appena nata ma non così . Erano più scuri.

-          Devo ammettere…che mi ricorda un vostro ritratto da piccolo , generale…vi somiglia nell’espressione!
 
Il conte ebbe un indispettito guizzo che gli fece sollevare la mandibola : la galleria d’arte della villa era spesso oggetto d’ammirazione da parte del gesuita, amico di famiglia. In particolare costui adorava i ritratti (tutti i  tipi di ritratti ) e apprezzava la sensibilità e l’umanità con cui venivano resi gli infanti.
François provava vergogna di uno splendido dipinto che lo raffigurava a due anni intento a giocare su un sofà con un animaletto di pezza. Il pittore dei de Jarjayes aveva manifestato pazienza ciclopica a eternare quel baleno di innocenza nelle pupille sorprese.
 
-          Beh sì – considerò contemplando la figlia – un po’ è vero…ricorda me…ma c’è anche molto di Judith…Comunque, padre, entrate , accomodatevi!
 
Il parroco si sedette ad un tavolo ellissoidale davanti alla coppia. Aprì il registro di cuoio ramato che sollevò un odore d’ocra rugosa. Prese , lindo e positivo, la penna e il calamaio , accuratamente preparati da Albert,  e domandò:
 
-          Dunque, signori…che nome avete stabilito per la fanciullina?
 
Judith, sistemandosi in grembo la figlia , sospirò severa scagliando un allusivo e rapido sguardo allo sposo.
 
-          È stata una scelta alquanto travagliata, padre.

-          Immagino che non ci si accontenti di poco per una futura e splendida contessa.
 
François, posò un avambraccio sul tavolo protendendo il petto in avanti foderato dalla giacca militare.
 
-          Si potrebbe affermare così…soprattutto quando è impossibile trascurare progetti e doveri per il bene dei de Jarjayes.

-          Progetti che gravano parecchio sull’animo – soggiunse la moglie ergendo la testa.

-          Mmmh…credo di comprendere…disporre dell’avvenire crea frequentemente apprensioni. Come chiameremo, la novella arrivata?

-          Oscar François.
 
Il sacerdote rese ancora più sferici gli occhi grandi e scuri.
 
-          Eh? Oscar?

-          Sì.
 
Si grattò il naso che pareva volesse fuggire ma non poteva poiché  voluminoso.
 
-          Emh…proprio Oscar?
 
Il conte inclinò il volto di lato socchiudendo assolutistico gli occhi:
 
-          Qualcosa vi urta , padre Jeremy?

-          Per favore, conte, non fraintendetemi…- si scusò il gesuita arrossito di vergogna - è….solo che…è curioso chiamare Oscar François una futura damigella…

-          Ciò non mi pare sia d’ostacolo al sacro rito del battesimo.
 
Judith, più dolce e desiderosa di deporre  la rigidezza del marito , chiarì:
 
-          Padre, credetemi, questa…scelta è stata dettata da…una situazione estrema e dura da intendere.
 
Il conte appoggiò il gomito sul bracciolo della seggiola quasi volesse dare uno strattone metaforico alla moglie che tentava di superarlo in una gara tra maratoneti.
 
-          Accanto alla culla del mio erede ci sarà un fioretto.
 
Jeremy non si sarebbe mai voluto trovare sul sentiero che divideva due vulcani in attività. Sinceramente, poi,  era mortificato dal più profondo alla vista di quella coppia che aveva unito e sposato.  Perfino i suoi baffetti sottili e umili tremolavano disgraziati.
 
-          Ah….- tentennò - quindi….scrivo Oscar?
 
Spazientito François sbatacchiò le iridi :
 
-          Certo, padre! – digrignò i denti - Quanti  Ave Maria devo pronunciare per farvelo incidere su quel libro?!

-          Chiedo venia! Non desideravo essere importuno…Allora…Oscar…

-          …Françoise , padre – circostanziò soave e integerrima Judith.

-          Oscar… Françoise
 
Il generale , ricevuto lo sgambetto a tradimento , rizzò le spalle e le sopracciglia :
 
-          Françoise?! Perché?! Avevo detto François!

-          Caro – perorò la contessa -  non possiamo negare il fatto che lei è e sarà contessa, qualsiasi sarà il suo percorso formativo.

-          Che ti è saltato in testa?

-          Oscar François sarebbe troppo drastico e assurdo….e poi Oscar non sembra neppure cristiano!
 
La bimba mugolò tossicchiando quasi interrogativa.
 
-          A dire il vero , Madame – illustrò Jeremy -  ci fu un santo germanico che portava quel nome…secondo la tradizione, l’onomastico dovrebbe cadere il tre febbraio…

-           Ma…- replicò risentita la donna - convenite con me che un doppio nome maschile sarebbe inaccettabile! È già difficile abituarsi a Oscar !

-          Eh, sì…anche un nome di santa andrebbe bene…magari come terzo nome! Anne, la madre della Vergine! Elisabeth! Rachele oppure…

-          Si chiamerà Oscar Françoise! Basta – troncò importunato il Generale -  o questo battesimo si celebrerà la domenica delle Palme!
 
Si stropicciò le palpebre tra pollice e indice per impastare in maniera più sopportabile quel bruciante compromesso.
Oscar emetteva versetti e brontolii di perplessità mentre la madre, soddisfatta di aver vinto quella piccola battaglia, le diede un bacio sulla guancia.
Jeremy cercò di trovare un nesso tra disagio ed esuberanza sdrammatizzante.
 
-          Giusto!Giusto! – pronunciava infondendosi ottimismo - Oscar Françoise… sarà un perfetto equilibrio tra forza virile e grazia di rosa! 
 
 
 
***§***
 
 
 
 
Le irremovibili correnti di  gelo , cariche di nuvole e raggi solari inargentati, non avevano fermato Grégoire e Bénédicte.
Avvolti in vestiti di velluto e mantelli pesanti giunsero a villa de Jarjayes entusiasti di ammirare la nipotina ed assistere al battesimo.
Judith era felice della loro presenza, François un po’ meno. Certo, non si trattava di astio e antipatia ma temeva un complicarsi ulteriore della faccenda.
Una volta messi comodi , i suoceri , naturalmente, furono condotti nella camera in cui ninnava la culla protetta da una bella stola di veli ricamati.
Non osarono turbare il sonno di Oscar , il cui profilo minuto dalla bocca paffuta,  si stagliava sul morbido cuscino. Restarono profondamente toccati dalla serenità e dalla salute che veniva espirata da quelle narici rosate e piccolissime.
Grégoire ebbe parole tenere mentre Bénédicte , dopo un’iniziale leggerezza,  tornò severa e persino inasprita. Aveva ritenuto  un’onta che la bambina si chiamasse “ Oscar “ e che avrebbe , probabilmente,  seguito un percorso differente dalle altre fanciulle. Anche il marito esternò, con maggiore diplomazia ma eguale sbigottimento, i bizzarri propositi del genero. Quest’ultimo , cercando di mantenere l’autocontrollo, perseverò fermissimo come se fosse la cosa più naturale del mondo far entrare un ipotetico uomo nelle guardie reali. “ Dentro Oscar c’è anche il mio sangue” appianava “ e i bambini hanno l’animo aperto a tutto. Non conta tanto il sesso quanto la mente che deve recepire “ . Prontamente Judith opponeva “ la mente è molto delicata e può precipitare! “  Da qui si propagavano catene e catene discussioni a cui si unì Bénédicte e che vennero arbitrate dal paziente Grégoire.
La sera prima del battesimo,  la contessa scrisse a Oriane per sfogarsi della frustrante situazione. Purtroppo la sorella abitava a Napoli e non si sapeva ancora  quando ,  con la famiglia ,  sarebbe tornata in Francia. Avvertiva l’ esigenza di una persona esterna, sebbene stretta parente, che non era pregna del pulviscolo turbolento di Villa de Jarjayes. Dialogare con il marito significava caricare preventivamente i cannoni mentre la madre stava arroccata sui propri principi di indignata moralità. Non sentiva il desiderio di recar dispiacere al padre che voleva godersi la nipotina in pace senza avvelenamenti. Bisogna aggrapparsi all’estenuante pazienza che richiedevano gli scambi epistolari e attendere la volitiva e informale calligrafia della mano amica…
Restava la consolazione della cerimonia.
Il giorno seguente il cielo e l’aria trasudavano  limpidezza fine e pungente. Pini e pioppi sfoggiavano un verde scuro, gonfio e imponente ; il suolo mostrava le squame ciottolose umide di lieve nevischio.
Quella domenica la chiesetta romanica di Joyssigni  accoglieva imperterrita i fedeli con la facciata a capanna in pietra franco-longobarda mentre il campanile assisteva silenziosamente uguale ad un fedele paggio.
C’erano alcuni nobili che risiedevano fuori Parigi , poi notai e contabili , diversi artigiani , mercanti e agricoltori. Tutti parlavano davanti il sagrato, una folla compatta da lontano e  fratturata da vicino. Si notavano chiaramente le chiazze ocra, marroni e grigi dei più umili da un lato, i completi seriosi e neri dei borghesi da un altro lato e gli abiti blu, verdi e bordò dei baroni e dei conti vicini ai portoni secondari.
François e Judith appartenevano alle prime schiere di parrocchiani che portavano i bimbi da battezzare. Oscar era scrupolosamente avvolta in tessuti di candida lana, munita di una cuffietta pesante che le proteggeva orecchie e i riccio letti. Si univa ai borbottii , ai lamenti e alle lagnanze degli altri piccoli iniziati alla comunità cattolica.
Marie era stata concordemente nominata madrina assieme alla crucciata Bénédicte che non aveva approvato la presenza della governante in quel frangente. Grègoire, come al solito, tentava di rabbonirla invitandola a farsi scaldare dal sole e non dal freddo suolo di sassi.
Con piacere partecipò all’evento Blaise assieme  alla moglie Elenoire di ventitré anni.  
 
-          Signori – sorrise l’ufficiale – vi facciamo le nostre più sincere e affettuose felicitazioni! Finalmente possiamo festeggiare!

-          Anche noi, Blaise, siamo lietissimi di avervi qui tra noi– ricambiò tersa Judith – ho saputo da François che presto non sarete più soli.

-          Volevamo dei bimbi ed ecco giunta la tanto attesa conferma.
 
La giovane ricambiò un’espressione gioiosa, benché fosse d’indole riservata e restia a parlare con scioltezza . Era d’aspetto semplice e curato, con una carnagione fresca e luminosa su cui spiccavano labbra indaco rosseggiante. I lunghi capelli neri si arrotolavano in una rigonfia crocchia sul capo che lasciava cascare tornelli di boccoli sulla nuca . Portava un vestito blu scuro che le dava la giusta sicurezza per non sembrare né troppo sobria e né troppo fastosa.
 
-          Sì – rispose con voce chiara e ponderata – se Dio vuole , il piccolo vedrà la luce prima dell'estate. Forse a maggio.

-          Già stiamo discutendo su che nome dare – scherzò il marito - che avi glorificare e quali no. Tanto so che uscirà vincitrice la futura mater familia .
 
Elenoire gli strinse il braccio affabile ma al contempo vigile: era scrupolosa, perspicace e diffidente . Si sentiva profondamente soddisfatta della sua unione,  soprattutto,  con un uomo intelligente, brillante e attraente. Quest’ultimo aspetto si rivelava un’arma a doppio taglio giacché provava una forte gelosia , conscia di alcune avventure galanti del consorte. Nonostante non si definisse civetta,  ci teneva a mostrasi in perfetto ordine e avvolta in abiti di elevata sartoria. Controllava furtiva le altre dame per tranquillizzarsi e dare valore alla propria grazia.
François ricordava, sorridendo dentro se stesso, che l’amico aveva frequentato donne di bellezza più estrosa e frizzante. Tuttavia Elenoire era indispensabile: non poteva mai essere una passione focosa o una dea donata da Eros. Doveva occupare il trono di moglie - madre, pulita e affidabile senza possedere ottusa passività. Blaise, pur di non prendere decisioni affrettate ( e prolungare la  libertà di scapolo seducente) , aveva scelto diligentemente la fanciulla da portare all’altare. Desiderava pace, stabilità e bei figlioletti.
 
-          Dunque– si rivolse all’amico – alla fine avete stabilito…Oscar Françoise. Confesso che sono stupito se vedo la tua bimba. Un nome molto particolare per una nuvoletta così delicata…
 
Alla stregua di un giaguaro  , che sospetta un invasore nella propria selva, il generale si mise quasi in guardia, ficcando gli occhi dentro le pupille del suo interlocutore. Quel “ molto particolare” gli pizzicava tale e quale ad una chela di granchio che importunava la saldezza dei suoi piedi.
 
-          Oscar Françoise è un nome perfetto – sentenziò minatorio – starà bene ad un futuro ufficiale delle Guardie Reali.
  Elenoire non riuscì a dissimulare preoccupato disorientamento mentre Blaise inarcò le sopracciglia come per dire “ sicuro di non aver una febbre cerebrale?”  ma annuì :
 
-          Sì…capisco, capisco. Ci sono state… motivazioni importanti. Lei sarà l’erede della famiglia.

-          Imparerà ogni regola e le permetterò di essere forte quanto un uomo.
 
Judith, mettendo comoda la neonata in braccio , si inserì tentando di temperare l’imbarazzante piglio militaresco :
 
-          La piccola avrà un’istruzione come si deve, abbiamo una bella biblioteca e imparerà a suonare il piano e ad essere elegante e discreta.
 
I  Rochebrune sorrisero per evitare impicci con altre incresciose domande: il volto di François si accingeva a tingersi di bigio uguale alle pietre della chiesa mentre la contessa , con le labbra tirate , non sapeva quale scudo prendere per arginare altre sofferenti affermazioni sulla piccola Oscar.
La campana , per fortuna,  chiamò la folla col suo squillo d’ottone oscillante e la messa potette iniziare.
Sulle prime panche di legno sederono le famiglie coi bambini,qualcuna aristocratica e qualcuna che palesava l’accresciuta potenza di una stirpe di avvocati o giuristi. I più umili formicolavano coi loro rosari sia sul fondo della navata sia nei posti centrali. Padre Jeremy , non digeriva quegli scompartimenti classisti , essendo naturalmente cristiano fin nel midollo. Sosteneva, causando parecchie volte la stizza dei feudatari  di campagna, che anche il fornaio o il macellaio avessero diritto a pregare nei primi posti dato che il Creatore era presente ovunque ma la disposizione dei fedeli non era facilmente controllabile.
Marie era seduta accanto a conti de Jarjayes e aveva alle spalle Marcel, Pauline e il nipotino. André , che ormai iniziava a sentirsi invincibile avendo imparato a camminare e a correre, non stava quieto. Voleva toccare le pietre a terra per cercare le formiche e prontamente la mamma glielo impediva. Voleva saltellare e il padre gli sibilava di placarsi. Ciondolava in maniera insistente contro le sue gambe, fino a che non fu sollevato e incastrato sulla panca. Muoveva i suoi scarpini di cuoio , spiegazzò il completino blu scuro da domenica, spinse avanti il labbro superiore in una smorfia imbronciata.  Allora strofinò lamentoso il faccino contro il petto della mamma.
 
-          Tesoro – lo riprese lei – stai buono! Non vedi com’è brava madamigella Oscar?

-          Esatto – aggiunse il padre – lei è più piccola e ha già smesso di fare i capricci.
 
André , seccato e incuriosito , vide Judith che si voltò un attimo verso di lui sorridendo dolcemente. Scorse il cappellino di Oscar , che lasciava scappare i riccioli biondi,  e delle piccole braccia che si muovevano pacate e rassicurate.
Quando venne il momento del battesimo e i conti si alzarono, sollevò il mento spostandosi a destra e sinistra. Marcel lo prese in braccio per mostrargli la cerimonia.
Il piccolo non poteva coglierne il significato né la formula della liturgia ma sembrò quasi impressionarsi nel momento in cui padre Jaremy scoprì la testolina candida bagnandola con l’acqua.
Sotto il crocifisso che raffigurava un Cristo eretto, di antichità rigida ma luminescente, il catino di ottone non osò ingoiare la bimba.
Marie , emozionata, vide Judith vicina a François che reggeva solidamente la figlia. A lui era spettato sorreggerla in quell’istante di benedizione pura.
Esaminando il viso di Oscar , che pigolava pieno di gocce trasparenti , si sentì fiero, preoccupato e triste: quel rito era scivolato sopra una piccola mente che non avrebbe serbato il ricordo del primo ingresso in una comunità. Al livello inconscio sarebbe perdurato l’attaccamento materno e il…padre?
Odorò la neonata vicinissima e lontana: lui era un oggetto esterno, completamento esterno che doveva per forza essere mutuato dalla moglie. Le diede la piccina in braccio e , con gesto insperabilmente delicato,  posò la mano sulla sua schiena. Non era certo la prima volta che il cuore gli rinfacciava la natura della sua mancanza genitale. Aveva avuto cinque bambine ma sta volta la coscienza si era  mostrata terribilmente più chiara. Esisteva un’invidia impotente, senza cattiveria…l’invidia di conoscere quei limiti insanabili. Era più alto di Judith , possedeva una muscolatura più forte , diversa ma non avrebbe mai potuto ottenere il prodigio di un utero che nutriva un feto. La compagna devolveva il cibo in modo naturale e lui lo poteva cercare fuori ; i segni del proprio sangue che scorreva in Oscar bisognava estrapolarli in un processo assai più difficoltoso: la piccola doveva introiettarlo profondamente facendolo uscire dalla categoria degli enti superficiali.
La contessa , nel frattempo, indugiava sul consorte intuendo fumosamente cosa potesse impensierirlo e chiedendosi se si sarebbe confessato faccia a faccia  perché quella tristezza strana  era stata sottile , rapida ma sfolgorante quanto un fulmine nel cielo scuro. Com’era possibile che la ragionevolezza potesse andare di pari passo con provvedimenti integerrimi e pesanti?
Queste domande continuarono a barbugliare ,simili a fogliame scomposto dal vento, fino a che la cerimonia non terminò.
Le voci di Grégoire, Bénédicte che parlavano coi Rochebrune , unite all’aria effervescente del sole invernale,  contribuirono a sotterrare ogni elucubrazione.
Una volta sul sagrato , Marie raggiunse,  ilare ,  la sua famiglia  prendendosi in braccio il nipotino :
 
-          Sei proprio un birbante! – lo rimbrottò – volevi fare il diavoletto, eh?!

-          Lui diventa nervoso quando si avvicina l’ora di pranzo – rise il padre – si trasformerà in lupo da grande!

-          André è un bellissimo bambino.
 
Judith si era avvicinata con Oscar, destando costernazione in Marcel e Pauline che fecero un inchino rispettoso. Bénédicte scosse il capo in segno di diniego per quell’atteggiamento espansivo appropriato più per una donzelletta campagnola che per un’aristocratica .
 
-          Inaccettabile!  – sussurrò al marito – ti pare perdere tempo a  salutare quegli artigiani di villaggio? Lei avanza così ,  senza porsi scrupoli! Spetta loro salutarla con le dovute e adeguate deferenze!

-          Cara – ribatté l’uomo – sarebbe sconveniente se si stesse relazionando con dei bruti , ma la signora Marie è una governante brava e diligente. Ha commesso qualche svogliatezza, a tuo parere? Non mi pare.

-          Ha eseguito i propri compiti come si conviene alle più efficienti delle governanti.

-          Esatto. Quindi , visto che hai senno e senso del giudizio, concordi sul fatto che i membri della sua famiglia sembrano persone squisite e a modo. Poi  il loro bambino è vivace e spigliato!

-          Certo, certo…- pronunciò roca e altezzosa la domina – ma nostra nipote è un vero splendore ed possiede il sangue di famiglie illustri. Quel bambino può essere grazioso quanto vuoi ma percorrerà sentieri di sassi e terra battuta.

-          Ciò non vuol dire che l’intelligenza e il carattere gli mancheranno.

-          Grégoire…sei incorreggibilmente prodigo . Il tuo  ascendente si è fatto davvero sentire sulle nostre figlie.

-          Non potevo lasciarti  sola a reggere la fatica del timone di casa.
 
Col suo piglio ironico e pacifico , che si rifletteva nella figura morbida, l’uomo mise a tacere la regale sposa dai capelli biondissimi come duri gioielli.
Judith , incurante del cipiglio materno , continuava a discorrere:
 
-          In questi giorni farò portare a Marie una copertina per il piccolo.  Vi ringrazio per quello che avete realizzato per noi . Il vostro lenzuolo ,  Pauline , è meraviglioso.

-          Sono io a dovervi ringraziare , Madame . Voi e vostro marito siete stati generosi. La bambina è una piccola regina.
 
Blaise , che in quel momento si era affiancato a François , gli chiese piano :
 
-          Sono i parenti della signora Marie, giusto ?

-          Sì. I Grandier, persone oneste – l’uomo cercava di tenere un atteggiamento patrizio ma si notava l’ ammirazione che veniva a galla –ricordi la scrivania che ho nel mio studio? Quel mobile  molto antico che si era davvero rovinato? L’ha restaurato da cima a fondo il signor Marcel mentre la moglie ha donato delle belle lenzuola ricamate a Judith .

-          Ho presente, certo! non mi avevi anche raccontato che Judith gli ha aiutati col cuore in mano.
 
Il generale assentì gravemente :
 
-          Vedi – ammise sottovoce – anche per loro non è stato facile concepire subito un figlio.

-          Capisco – intuì delicato l’amico per non rigirare il coltello in un’antica piaga – però adesso il Cielo ci sorride…e ora tutti saremo alle prese con dei bei pupi.
 
François reagì con un sorriso per esorcizzare quella sotterranea stizza che masticava per i Grandier.
Il Signore aveva concesso un maschietto fulgido a quei villici che non dovevano preoccuparsi di stirpi e pesi regali mentre a lui, discendente di una schiatta che esisteva fin dai capetingi,  era toccata l’ennesima  femmina! Proprio vero che gli ultimi erano i primi!  
Dovette però accantonare quel risentimento poiché la sua parte cristiana ( non proprio totale come in padre Jeremy) esisteva e gli gettava secchiate d’acqua fredda nella mente.
Raggiunse la moglie e la governante nella maniera più garbata possibile, da autentico gentiluomo che però non rinuncia al radicato guizzo militaresco.
 
-          Judith, Marie  – chiamò – dobbiamo avviarci verso la nostra carrozza. Signori Grandier è stato un piacere incontrarvi. Congratulazioni per…il vostro magnifico André.
 
Asciutto, senza fronzoli, ma corretto. Sì…non aveva nulla di cui rimproverarsi.
I suoi occhi , tuttavia, si sciolsero dalla rigidezza per rimirare quella coppia: gli fecero tenerezza ma non sprezzante compassione. Marcel indossava una giacca molto sobria e dei pantaloni di seconda mano puliti e ordinati. Si era dovuto arrangiare con degli stivali da campagna lavati e messi a lucido mentre Pauline era coperta da un abito verdino , anch’esso non proprio nuovo, tenuto in perfetta compostezza ,  spazzolato e stirato per le feste . Entrambi avevano occhi intelligenti dalla fragilità sensibile di chi ha sofferto senza corrompersi di ulcere. Erano veramente belli per quel contrasto tra il capello scuro e ricciuto dello sposo  e quello ramato della sposa magra quanto Judith.
André , scapigliato e agreste, richiamava alla mente quei dipinti caravaggeschi di Giovanni Battista, nobile, indomito e sincero.
Quando li salutarono, François sentì la necessità di avere un dipinto della famiglia, un quadro vero senza idealizzazione. Perché non c’era bisogno di alcuna mistificazione per scorgere la grazia di quei genitori e di quel bimbo.
 
All’improvviso un rumorio crescente di zoccoli martellò nell’aria.
 
-          Blaise – fece Elenoire – quella carrozza che si sta dirigendo qui…lo stemma…non sono i Girodel?

-          Sì – avvalorò il marito aggrottando le sopracciglia – ma non credo che si fermeranno qui. Loro non appartengono a questa parrocchia.

-          Se non ricordo male hanno dei possedimenti qui vicino…

-          È un miracolo che il Generale Frédéric Claude non abbia avanzato pretese per questi terreni! Forse la mano di un angelo l’avrà fermato prima di dissanguare qualcuno.
 
  La carrozza calpestò il sentiero della chiesa.
In quei secondi di ansiogeno trotto, legati da una feroce empatia , Frédéric scostò la tendina del finestrino e François posò istintivamente lo sguardo nella sua direzione.
Tre proiettili invisibili di fastidio, disprezzo e gelo. Poi tutto tornò normale.
Mentre si allontanavano , Girodel adagiò, con maggiore morbidezza,  il dorso sullo schienale del sedile . Aveva l’alterigia felina del governatore di una provincia soggiogata.
 
-          Ma che piacevole sorpresa…- pronunciò con labbra incurvate all’ingiù - a quanto pare i de Jarjayes possono stringere tra le braccia il loro fanciullo. A proposito, Ivonne: si è saputo se è un rampollo o una contessa?
 
Ivonne, foderata da un pesante vestito verde scuro e da una mantella beige , stava aggiustando la cappa marrone al piccolo Victor.
 
-          Non so nulla – rispose asciutta e quasi distratta - Madame de Jarjayes si è ritirata da corte e non ha lasciato certo trapelare notizie private.
 
Il marito sorrise calando le palpebre compiaciuto di sarcasmo.
 
-          Per lo meno , da bravo cavaliere cristiano, il generale desidera evitare che un altro dei suoi angioletti finisca dimenticato nel Limbo, lontano dal Padre Eterno.

-          Frédéric! Tenete per voi i commenti da serpe.
 
Ivonne esternava  irritazione per non mostrare al suo bambino quella devastante sottomissione che la ottenebrava da tempo. Non sopportava sinceramente l’indole sprezzante di quell’uomo ma ne aveva fastidioso timore.  Quando lo vide per la prima volta in casa dei genitori era rimasta colpita dal suo aspetto principesco e dalla bellezza pietrosa e austera… ma qualcosa non l’aveva convinta : il verde acqua degli occhi non sfolgorava rasserenante ma acuminato simile ad un quarzo che si nutre solo di neve e gode della desolazione che gli sta al cospetto. Divenne presto odiosa la sua intelligenza che scaraventava sui gradini più bassi , il suo senso dell’osservazione che analizzava e demoliva, il suo riso ferocemente bianco e dritto.
I lunghi capelli neri  sembrava fossero più aguzzi irradiati dalla luminescenza invernale così come il viso che si riordinava in una tranquillità arrogante.
 
-          Che bisogno c’è di indignarsi in questo modo? – scrollò fintamente benevolo -  È più che lecito proteggere lo spirito dei propri figli e ciò che stiamo facendo anche noi. Se continuerai ad ascoltarmi, Victor mio, sarai in grado di ottenere grandi cose e di non prestare attenzione a chi è destinato a restare indietro. Victor…Victor!
 
Il bimbo distolse il faccino dal finestrino che rilasciò l’alone bianco del suo respiro; gli piaceva tanto guardare le carrozze e i loro destrieri , giganteschi in confronto ai suoi giocattoli. Era una delle poche cose che gli dava un sogno raggiante perché si vedeva cavaliere molto più del padre. Lui restava però il sommo sacerdote a cui bisognava obbedire per cercare di ottenere un anelo di affetto che non si capiva se esistesse oppure no.
 
-          Scusate , padre. G- guardavo i cavalli.
 
Il bambino si era messo subito composto coi piedi che oscillavano imbarazzati per non riuscire a toccare terra. Cercò un segno di vaga transigenza davanti al padrone che aveva assunto un’espressione calma… Calma alla maniera di un paziente spillo che giace su un tavolo.
 
-          Sciocco – punse con precisa velenosità il despota -  Non riuscirai a correre su un cavallo se guardi sempre indietro.
 
 
 
 
***§***
 
 
 
 
 
Febbraio 1756
 
 
 
 
Stava rischiando parecchio ma lo stemma del leone pulsava pesantemente…
Stringeva l’impugnatura dei suoi principi ma Judith gli sfuggiva…
 
Judith…Judith lo sparava silenziosamente, affossata nella sua trincea di ferita dolcezza…
Ella si difendeva senza bisogno d’attaccare crudamente.
Guardava in faccia il nemico e non per distruggerlo…
Lo sferzava per intrappolarlo.
Prenderlo in giro.
 
Perché era stanca e non voleva soffrire il freddo.
 
François la osservava passeggiare, sotto la condensa dei raggi invernali, con Oscar tra le braccia…Erano un duetto di violini tristemente libero, privo d’uno spartito guida…
Lui si sentiva esule, piccolo, inadeguato.
In battaglia non esitava a gettarsi all’assalto ma  quegli istanti lo disperavano in un’inammissibile vergogna.    
 Uscire dal tracollo, ritrovare le miniere d’oro, dimenticare il risucchio dell'onta…I de’ Jarjayes non potevano e non dovevano annegare.
François le aveva assorbite fin troppo bene quelle norme.
Fissava l’emblema araldico di famiglia in un raccoglimento fiero eppure…infingardo…astioso…
Una strana sensazione di sconfitta lo pervadeva, una verità che tentava di sfrattare ma che mai sarebbe riuscito ad annullare.
 
La consapevolezza d’una prigionia senza uscita, che durava da tempo, da sempre.
 
Ascoltare ordini.
Ascoltare il terrore.
Ascoltare lo spettro d’un mondo che non aveva mai desiderato assimilare…
Suo padre, Jean Antoine , aveva trionfato.
Un teorema paradossale. Una condanna a morte che non sarebbe morta.
Se non avesse subito quelle strozzature al collo, non sarebbe stato l’uomo attuale. La sua impalcatura di sassi e argilla si reggeva  su pilastri di ferro rugginoso ma era la sua impalcatura…La sua totalità contraddittoria e smembrata.
Disgraziatamente lo sapeva ma aveva troppo timore a rivedere i calcoli errati…
 
Judith, tuttavia, continuava a minacciarlo…continuava a chiamarlo…
François non sarebbe riuscito a stracciare l’arazzo del Leone de’Jarjayes e neanche a sopportare da solo la sua mente perennemente gonfia.
 
Quella sera, dopo cena, raggiunse la stanza della moglie.
Si accostò dietro la porta ma non bussò garbatamente.
Entrò nella stanza con grezzo silenzio perché non poteva ammettere che il cuore era un muscolo che si agitava incontrollato…
La giovane si era assopita lasciando un lume acceso…
Affianco al suo letto, la culla della bimba…
 
Un aroma rosa, di pesche e fiori,   s’espandeva dai cotoni pesanti delle coperte e delle lenzuola…
 
L’uomo camminò lentamente…
Un lieve gemito scosse la calma. Un gemito che ne produsse altri…
Oscar iniziava a stropicciare le sue  coperte.
 Il padre si affacciò al lettino e lei s’interruppe.
I due si contemplarono sorpresi l’uno dall’altra…
L’orologio della stanza cadenzava le nove, in un chiacchiericcio granicolo di minuti, quieti, soleggiati…era sera fuori ma ogni ombra scivolava via in una cascata che sbiancava di meraviglia.  
François non capiva se detestasse o amasse follemente quella piccina…
Era calamitato dai suoi capelli rugiadosi, striati di riflessi ghiaccio…
Il visino rosseggiava lievemente sulle guance e a illuminarlo quegli occhi in cui si fondevano cielo e mare senza confini tra aria e onde, tra ossigeno e abisso…
Le ciglia lunghe erano insolitamente nere, ventagli di rondini leggere.
Le labbra minute s’inclinavano e si sollevavano in espressioni  smarrite di divertimento.
L’uomo allungò le braccia con  lentezza ieratica quasi stesse officiando un rituale latino…
Le mani lapidee afferrarono il  torace della bimba: le tiepide ondulazioni dei respiri accondiscesero la presa in uno sciabordio.
Una morbidezza devastante parve insinuarsi sotto la pelle …Nel sangue un richiamo soffuso, una forza tenue che congiunse due continenti: uno di giovinezza antica e scrostata, l’altro friabile e ornato di virgulti ancora chiusi.
L’odore del padre s’intersecò con quello della figlia: un amarognolo autunno di faggi e pini e un’aurea di rose  bagnate di latte.
Oscar si addossò maldestramente a François che restò impietrito e indeciso.
Lei gli strofinò il naso sulla spalla e gli spalmò la manina sul volto.
Lui sbuffò  cercando di distanziarsi da buffetti che diventavano più impudenti…
 
La bimba gli afferrava il mento, gli scuoteva le guance e cominciava a scombinargli i capelli
 
-          Insomma! – ringhiò piano lui – vuoi stare ferma?
 
Oscar fece un cinguettio di dispettoso affetto.
Il padre le mise una mano in testa costringendola a stare quieta sulla sua spalla.
 
-          Che diamine…
 
La figlia salivò sulla vestaglia da camera.
L’uomo  l’allontanò guardandola in cagnesco: lo fissava candidamente prendendo a giocherellare coi colletti smossi della pesante camicia.
François si lasciò trasognare…
Scostò piano la mano della neonata e , con una severa e imprevista premura, prese la copertina posata sul bordo della culla e gliel’avvolse attorno ….Lei emise versetti ancora scontornati ma con una gamma incredibile di colori vivaci…
Agitava le braccia per issare piloni di parole  che non poteva pronunciare. Balbettava giocosa, impaziente desiderando essere presa di nuovo in braccio per correre dentro quegli occhi.
 
-          Qual buon vento, François?
 
Judith , sveglia, aveva gli occhi aperti e il dorso posato sui cuscini…La sua espressione era inflessibile come quella d’una  sacerdotessa greca e beffeggiatrice come quella di una gitana.
Il marito , malgrado provasse irritazione, la trovò splendida con quell’aureola di boccoli che fumeggiava sulle spalle e la veste da notte che celava, simile ad un peplo d’acqua, le sue snellezze…
Se non fosse stato pressato dalla superbia, o dalla smania d’apparire superbo, si sarebbe precipitato ad abbracciarla.
 
-          Volevo vedere se tu e Oscar davate ancora segni di vita…- rispose lui con acida ironia- è da ieri sera che non vi vedo dal momento che ami dissolverti.

-          Non abitiamo dall’altra parte del mondo…se eri tanto preoccupato potevi benissimo raggiungerci.
 
Mite e algente, Judith si alzò lentamente dal giaciglio per prendere la figlia in braccio.
 
-          Non oserei mai, cara , invadere il tuo recinto di legno massiccio…Mi dispiacerebbe se ci restassi male.

-          Anche a me, caro, causerebbe dolore abbattere il tuo castello di pietra …è la tua  residenza estiva per restare al fresco?
 
François fece un ghigno d’abbattimento…Gli rodeva quella puntura ma stranamente non fu in grado d’alimentare la belligeranza…
La sposa cullava Oscar che tartagliava appagamento sotto la luce dorata del candelabro…
La calura della penombra , che modellava la camera in lamine nere e rilievi infiammati , trapassava la mente e il cuore…
 
-          Judith…- sospirò François – la villa mi appare, a volte, tanto immensa che ho paura di non trovare le stanze a cui tengo di più.
 
La donna lasciò ondeggiare dolcemente gli occhi cerulei…
Indugiò, in silenzio, sull’alta figura dello sposo, sfrangiabile simili a nubi temporalesche…
Lui si scostò i capelli castani dalla fronte che fin da adolescente faticava a pettinare…veniva a chiedere l’armistizio .
 
-          Hai ragione – ammise ella – gli spazi grandi sembrano sprecati se non sono colmati dal sole.
 
Guardò il lato vuoto del letto dove dormiva solitamente lo sposo e si rivide lei, ragazza fidanzata,  che non soffriva più la solitudine…Ricordava l’ardore con cui pensava a François, sognando di averlo affianco, sentire il peso del suo corpo che piegava il materasso e che poi le avvolgeva le membra…
 
-          Sai – continuò lei – è brutto non avere una muraglia contro cui urtare.
 
Lui sorrise imbronciato: dormire nel deserto poteva confortare visto che dimoravano silenzio e libertà…tuttavia…senz’acqua era impossibile sopravvivere.  
 
Judith si sedette sul letto iniziando ad allattare Oscar.
 
-          Su, vieni .
 
L’uomo, piamente rispettoso, si accomodò vicino senza osare invaderla.
Sarebbe tornato a dormire assieme a  lei sotto un’unica coltre di stoffa e caldo.
Quella notte avrebbero riposato su versanti opposti, privi di abbracci o carezze ardenti , ma almeno si trovavano a navigare sullo stesso veliero…
La maternità di vaniglia e pelle scaldata possedeva una magia così terrena e pura che lui, l’influsso maschile incurvabile, non raggiungeva…sarebbe stato destinato ad altro per la figlia…il legame col suo effluvio l’avrebbe conosciuto in seguito poiché la figura paterna ( lo sapeva benissimo) era una realtà spigolosa e particolare:  si trattava di una colonna che sorregge o fa dolere la schiena,  di cui ci si accorge della sua concretezza solo alcuni anni dopo aver abbandonato il grembo materno. Una concretezza che segnava in bene o in male una qualunque crescita.
Judith avrebbe, ugualmente, conservato l’aurea di una placenta  protettiva volta a fare sempre da rifugio e consiglio.
In quel momento occorreva schiarire, grazie alla delicatezza della sera,  il complesso gioco di onde cosmiche.
 
-          Judith…- mormorò greve il marito - mi sono comportato e mi comporterò magari in maniera esecrabile. Non intendo giustificarmi invano. Mio padre, mio nonno e i miei antenati si sono trasmessi il testimone degli obblighi verso la corona. È un antico giuramento che mai abbiamo infranto. Io appartengo a questa catena e…Oscar è la nostra unica erede.
 
La donna avvertì l’angoscioso e lieve peso della figlia connessa al suo petto e la manina raggomitolata sullo scollo della camicia. Non poteva comprendere nulla di quel linguaggio e non poteva stabilire consciamente i suoi abiti…Gli uccellini mutano il piumaggio tramite  la mano universale della natura mentre i piccoli umani cambiano le proprie penne per le norme genitoriali, che a loro volta affondano le radici nelle secolari tradizioni sociali integrate biologicamente  in ogni paesaggio terrestre.
 
-          François . Temo che le venga sottratta la normalità di una vita da fanciulla, la possibilità di formarsi , avere gioie,  una famiglia…

-          Non le sto negando il futuro ma dovrà imparare a costruirsi una strada, affrontando sacrifici.

-          Lo so…lo so…per questo è sbagliato viziare i figli. Rischiano di non apprezzare le cose e di mistificare la realtà . E’ giusto insegnarlo ma…riuscirà  mai a conseguire un’educazione da soldato?
 
Lo sguardo dell’uomo si aggrappò alle ante del mobile che sonnecchiava accanto al baldacchino. Il suo pensiero finì ingarbugliato nelle spirali vegetali di edera e fiori campestri che arricchivano fittamente il legno; miriadi di disegni barbiturici e ammonitori che stimolavano lo smarrimento e al contempo rapide soluzioni.

 
-          Ti chiedo di avere fiducia in me – implorò sicuro il conte contraendo la fronte e facendo addentrare di più l’oscurità -  Il latte che tu stai dando a Oscar è impareggiabile e insostituibile. Sono uomo…ma in quanto padre devo offrirle un altro nutrimento. Più duro sì, ma che la fortificherà più delle altre donne. Si muoverà libera. Avrà una grossa quanto mai grave autonomia di spazi e posizione. Ci saranno responsabilità che lei, imparando l’onore, la fatica e l’autorevolezza porrà dentro l’animo. Spero che così…guarderà l’essenza delle cose e non la superficie.

-          Lei conoscerà l’essenza del suo essere donna, François. Non puoi arrestare il ciclo della natura. Anche se la proteggeremo con vestiti maschili , arrivata ad una certa età, prenderà consapevolezza del proprio corpo.
 
Gli occhi azzurri di Judith pareva avessero ricevuto la colatura fiammeggiante delle candele . Vacillavano ma restavano lì senza l’intenzione di cadere.
Il generale posò i gomiti sulle ginocchia e intrecciò le dita delle mani. La moglie ne osservò impaziente il profilo divenuto immobile… metà inscurito dalla notte invernale , metà illuminato dalla luce calda: da grande Oscar avrebbe esibito un volto simile? Una parte che avrebbe luccicato sotto il sole e un’altra remota , relegata in ombre intangibili?
   
-          Hai ragione …- sollevò il viso François rischiarandolo quasi del tutto - però un’educazione di spada penetra lo stesso nella mente. Inizia da piccoli e non esce più.

-          Non vorrai che tua figlia resti sola, senza un marito e dei figli? – si inasprì la donna -  Non è una questione di norme civili o etichette ereditarie! È il cuore che potrebbe esigerlo…io e te non siamo fatti di sabbia prosciugata che cade senza emettere rumori. Abbiamo messo in gioco ogni nostra goccia di sangue in questo matrimonio. Io ho voluto te, tu hai voluto me sebbene siamo diversi e ci troviamo scaraventati su posizioni opposte. Oscar non potrà conoscere se stessa se non amerà!

-          Ci sarai sempre Judith…Oscar dovrà imparare a suonare il pianoforte, a prendere esempio dalla tua leggiadria, dalla tua costanza. Lei avrà acqua e fuoco camminando su questa terra. non temere. Affronteremo di volta di volta ogni sua perplessità e…ogni problema nonostante , probabilmente, si profili un’odissea.
 
Il conte si avvicinò un po’ di più , posando la propria mano su quella della moglie che sorreggeva la lattante.  
 
-          Almeno Oscar – propose lei un pò più distesa -  potrebbe essere affiancata da un aiutante…una guardia del corpo…

-          Ti riferisci ad un attendente?

-          Sì…una persona valente , onesta e più che affidabile…
 
Il consorte per un attimo tacque contemplando un disegno a carboncino e china appeso alla parete di fronte. Era la riproduzione di una pittura vascolare greca che rappresentava un giovane cavaliere coperto di clamide seguito a piedi da un soldato con lancia e scudo. 
 
-          Riflettevo anche io a riguardo…- rispose positivo - è una faccenda difficile ma non impossibile. Bisognerà valutare molto attentamente.

Un attendente sveglio e capace, sì. Oscar era pur sempre una fanciulla e comunque tanti comandanti avevano un altro soldato che li seguiva nel lavoro e negli oneri.
Doveva essere un uomo forte, privo di malsani desideri e abitudini…magari non eccessivamente bello. Meglio che la lealtà venga emanata da un viso grezzo piuttosto che da un Apollo scolpito da Fidia. Si potevano già annusare premonizioni complicate e scomodissime.
L’uomo preferì non pensare d’essere un pericoloso timoniere…preferì non pensare che Oscar sarebbe diventata la stella  di una nebulosa confusionale.
Adesso la piccola respirava il sonno dorato, con le ossa ancora morbide, il cuore più leggero di un lenzuolo : non distingueva ancora il ritmo del giorno e della notte, né le maree incostanti delle emozioni e delle domande infinite.
 
C’erano solo la pelle del respiro materno e lo sguardo del padre che sussurrava tra  un’ondata di schiuma salata e un graffio di vento.
 
 
 
 
 
 
                                                                             
***Fine Libro Primo***
 
§




 
 
 
 
 
 
 
 
Note Personali:
ciao a tutte/i, carissime/i!
Siamo giunte alla fine del Libro Primo!
Capisco di essere stata un po’ OOC , ma mi è sempre piaciuto indagare su dinamiche mai viste di personaggi “ secondari”.
Desideravo che Judith restasse dolce, calma e gentile ma che , al contempo manifestasse una combattività materna , una combattività delle sue posizioni  che uscisse da un ruolo marginale. Nella storia originale avrei desiderato comparisse di più perché Oscar deve pure avere una figura femminile di riferimento!
Per quanto riguarda François …eh!eh! che dire? È un po’ il mio figlioccio problematico! Ah!ah!ah! Da dopo la storia Nella mia penombra , ho voluto calarmi in quest’avventura e conoscerlo meglio, a trecento sessanta gradi …e  mi ci sono affezionata profondamente!
Spero che voi l’abbiate apprezzato in questa mia versione, un po’ diversa e che magari può spiazzare…perché è un personaggio problematico. Mi auguro di non aver creato un altro personaggio ma di aver aggiunto pennellate all’integerrimo generale…non solo generale, ma figlio, marito e padre.
Spero anche che abbiate gradito  tutti gli altri membri della famiglia de Jarjayes e della famiglia de la Seigne così come gli altri amici :  Blaise, il dottor Deronne, padre Jeremy,  i Grandier ;) e i Girodel ( so quanto possa essere delizioso Frédéric XD XD )  
Naturalmente è stato impegnativo ed estenuante tenere conto del periodo e dei personaggi storici per creare eventi il più completi possibile…
 
 
Ho deciso di mettere “storia completa” per alleggerire il carico di un’epopea  lunga ^^”
Ci tengo a precisare che I leoni della Corona NON è una SAGA, bensì un romanzo UNICO composto da 4 libri. Il primo ci ha mostrato il background dei de Jarjayes , il secondo parlerà dell'’infanzia di Oscar e André, il terzo dell’adolescenza e l’inizio dell' età adulta e il Quarto sarà l’ultima parte. Non modificherò gli eventi della trama originale ma intendo mostrare vicende quotidiane inedite e panoramiche storiche su cui evolveranno i personaggi^^
Prossimamente , quindi, creerò proprio la serie dei Leoni della Corona , così in futuro potrete leggere in modo compatto i macro capitoli di questa avventura che saga non è! Ho deciso di fare più libri fin dall’inizio e poi ho deciso di dividerli in modo da non risultare troppo pesante.
 
Vi ringrazio di cuore per essere arrivate/i fino qui tra guerre in Europa e in America, tra drammi e felicità quotidiane dei nostri eroi…
Oscar e André sono piccini ma avranno taaaaanto da raccontarci assieme a Victor e tutti gli altri.
La giostra delle battaglie della storia non si fermerà e le piccole realtà famigliari possiedono ancora grandi segreti da raccontare.
 
Un ringraziamento speciale a Lady Dreamer mia consulente speciale che mi segue in ogni universo narrativo!
 
Ci vedremo nel 2018 con il Libro Secondo!
Un abbraccio!!
 
   
 
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