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Autore: Luxanne A Blackheart    23/11/2017    2 recensioni
"Noi due siamo uguali, anche se diversi, Zafiraa. Siamo uguali perché siamo stati rinnegati. Siamo diversi perché distruttivi in modo differente: tu come la neve, io come il fuoco."
Zafiraa ha diciotto anni e due problemi. È albina e una piratessa, una delle più temute ed odiate dei sette mari. Fattori questi che rendono il sopravvivere,  in una società fortemente maschilista e  superstiziosa, molto difficile.
Zafiraa ha un rivale che cerca di catturarla, direttamente imparentato con il sultano, che la vuole morta dopo il torto subito.
Ma non appena le loro spade affilate si incontreranno, capiranno di essere due animi affini i cui destini e passati sono fortemente collegati fra di loro.
Sono neve e fuoco.
Sono rinnegati dalla stessa terra.
Sono un uomo e una donna che non hanno un posto nel mondo e che cercheranno di crearselo. Insieme, separatamente, chi può dirlo?
L'importante è che due occhi verdi da cerbiatta e capelli rossi come il fuoco non muovano le carte in tavola, girandole a proprio favore. Perché il tempo passa per tutti, ma le abitudini restano.
Segreti mai rivelati, bugie, odi repressi e amori proibiti e immorali... siete pronti a rientrare a Palazzo Topkapi e vivere una nuova avventura?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rinascimento
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“Ogni giorno d'un passo scendiamo nell'Inferno,
senza orrore attraversando un puzzo di tenebra.”
  • Charles Baudelaire.






Otto anni più tardi...






Fu come vedere un fantasma per il Magnifico.
I suoi capelli bianchissimi, gli occhi chiari e l'aria viziosa poteva riconoscerli ovunque, perché lei, quella che aveva osato rimettere piede nel suo impero sapendo di poter venire uccisa, adesso aveva il coltello dalla parte del manico.
Una bella corona brillava sulla sua testa piccola, sulla quale erano ricomparsi i suoi folti capelli di quel colore particolare, malato, maledetto. Non indossava più abiti stracciati, luridi, puzzolenti, ma delle migliori fatture, preziosi, profumati; ne cambiava tre al giorno a seconda delle occasioni.
Erano passati otto anni, dal giorno in cui aveva ucciso suo figlio, rovinato la sua famiglia e la sua esistenza. Otto anni nei quali il fantasma di Mustafà, di Hurrem e Ibrahim non facevano altro che colpevolizzarlo per le sue mani sporche di sangue, traditrici.
E proprio quando aveva quasi dimenticato e la sua salute mentale si era risollevata dal baratro, lei ricompariva. Zafiraa, ora regina e consorte del re di Danimarca.
Aveva ventisei anni e anche per lei il tempo era passato, poiché le prime rughe cominciavano a farsi notare.
Il re danese, grande amico di Mustafà, gli aveva inviato una lettera nella quale chiedeva il permesso di venire a trovare la tomba del suo grande amico con la moglie e il figlio, dopo aver saputo della sua tragica morte.
Il sultano aveva accettato, non avendo nulla da obbiettare. Non aveva idea che Zafiraa gli si sarebbe palesata davanti agli occhi e soprattutto con un bambino di otto anni dai capelli scurissimi e ricci e gli occhi azzurri-verdi, che poteva essere la copia sputata di Mustafà. Aveva portato suo nipote, il suo primo nipote, quello che aveva rinnegato, sotto i suoi occhi malati e confusi. L'aveva chiamato Poul, un nome che non corrispondeva assolutamente con il sangue che gli scorreva nelle vene, sangue ottomano, fiero, dei più puri e valorosi.
Selim era seduto sul suo trono, quando erano entrati i tre. Prima il re danese, Jens Jonsen con la sua aria gentile, dagli occhi chiari e i capelli scurissimi; poi Zafiraa con il vestito verde ricamato con pietre preziose e una corona che brillava perfettamente sulla sua bella testolina e infine Poul, ancora impacciato, dagli occhi curiosi e stupiti da tanto lusso e sfarzo. Guardava il vecchio viso del sultano, i suoi occhi gentili, da dietro la gonna della madre, sembrava molto timido. Ma infondo, gli europei avevano un diverso modo di allevare i propri eredi.
I tre si erano inchinati davanti e Selim e lui aveva fatto lo stesso, baciando la mano bianchissima della regina, che non riusciva a nascondere il disgusto e la sfida nei suoi occhi chiari. Era lei a parlare per tutti, poiché era l'unica a conoscere la lingua. Jens si guardava intorno, così come il figlio.
-Vedo che abbiate portato mio nipote, vostra maestà. - Gli occhi del sultano scivolarono sul viso del bambino che si nascose dietro la madre. Zafiraa alzò un sopracciglio, guardandolo. -Non è mai stato vostro nipote. I suoi nonni sono in Danimarca, lì dov'è nato e cresciuto. Qui non avrebbe avuto nulla, se non vedere la morte del padre, ucciso dal suo stesso nonno. - C'era dolore nei suoi occhi, tanto dolore. Non sarebbe passato mai, lo sapeva Selim, si sarebbe solo affievolito, ma sarebbe sempre stato lì, a ricordargli che cosa aveva perduto.
-Ho notato che non ci avete messo molto a rimpiazzare mio figlio. -
-Avete perso anche il diritto di chiamarlo a quel modo. Voi non siete un padre, siete un mostro egocentrico. Non sarei mai tornata in questa terra maledetta se non fosse stato per Jens. Era molto legato a Mustafà e vorrebbe visitare la sua tomba. -
-Badate a come parlate, mia cara, non siete più in Europa, qui le donne non possono esprimere la loro opinione così facilmente. -
-Qui le donne trovano altri modi per esprimersi, sua magnificenza, come ad esempio stregare talmente tanto i mariti da renderli come giocattoli tra le loro mani. Vostra moglie è stata una bravissima giocattolaia, devo dire. -
-Hvad er der, min dronning? -
-Intet, vi diskuterer, min kærlighed. - Zafiraa sorrise al marito dolcemente. Amava Jens, ma non nel modo in cui amava Mustafà. Mai come lui, nessuno come lui. - Mio marito vuole sapere quando possiamo vedere la tomba. -
-Andate. Prima lasciate questo paese, meglio mi sentirò. -
-Il sentimento è ricambiato. Lad os gå. -
All'ordine della sovrana, figlio e marito si inchinarono e andarono avanti, seguendola. Sapeva la strada, era inutile sprecare il suo tempo e la sua compagnia con un figlicida.








Era notte fonda, tutto Palazzo Topkapi dormiva e le guardie che sostavano davanti la porta del sultano si erano addormentate e facevano sogni tranquilli. Tutte le candele erano state spente e c'era un silenzio sovrumano. Gli ospiti se n'erano andati nel tardo pomeriggio e la loro nave oramai era salpata, diretta verso l'europa settentrionale. O almeno, è cio che tutti credevano.
Zafiraa non era salpata con loro; li avrebbe raggiunti più tardi poiché aveva delle questioni da sbrigare.
Camminava lentamente tra i passaggi segreti del castello, bui, pieni di ricordi, umidicci, ma che la facevano sentire giovane, stranamente. Aveva indossato dei vecchi vestiti di suo marito Jens; spesso glielo lasciava fare quando voleva andare a svagarsi al molo e voleva mimetizzarsi. Ormai tutti la conoscevano in Danimarca; aveva trovato un posto che l'amava per ciò che era e un marito che faceva lo stesso, che aveva accettato di crescere un figlio di un altro come suo.
Non produceva alcun tipo di rumore, era silenziosa, felina, letale.
Aveva deciso di abbandonare la sua vendetta otto anni prima, per Mustafà, solo per lui e Poul, il loro bellissimo e dolcissimo bambino. Ma adesso, dopo tutto quel dolore, dopo aver perso due fratelli e l'amore della sua vita, la sua vena di sangue doveva venire soddisfatta un'ultima volta e mettere fine alla vita del fautore di tutti i suoi dolori e sofferenze. Per colpa sua aveva dovuto crescere un figlio con un altro, che aveva amato con il tempo, questo è vero, ma non era comunque il padre naturale.
Si trovò in camera del maledetto ottomano. Lui era steso sull'enorme letto matrimoniale e stava russando leggermente. Avanzò, afferrando uno dei piccoli cuscini decorativi che aveva lanciato per terra e gli si avicinò. Salì sopra l'uomo lentamente e con un'unica mossa veloce e decisa, premette il cuscino sul viso del bastardo, facendo in modo che l'oggetto del crimine non coprisse la sua visuale. Lei doveva essere l'ultima cosa che avrebbe visto.
-La mia vendetta è finalmente arrivata. - Disse, mentre la sua vittima si contorceva animatamente, cercando di liberarsi di Zafiraa. La sua volontà non era quanto quella della sua assissina. -Per ogni vita che avete rubato, perirete oggi. Mi vendico di mio padre Ibrahim, di mio marito Mustafà e dei miei fratelli Mehmed e Alexandros e soprattutto dei miei genitori Fiammetta e Drake e per tutti quelli che sono morti sotto il vostro regime. Vi aguro di finire all'inferno e di ritrovarci lì, Selim Sultan. Vi auguro che tutti i vostri discendenti mandino alla rovina questo sproco impero. Io vi maledico da qui a l'eternità.-
Selim spalancò lo sguardò nell'udire quelle parole e nel vedere tutto l'odio negli occhi della ragazza. Smise di contorcersi all'improvviso e nel suo sguardo la vita lo abbandonò poco alla volta.
Zafiraa aveva avuto la sua vendetta; il Magnifico era morto, soffocato da lei. Aveva vendicato la sua famiglia e si era tolta un enorme peso dalle spalle e dal cuore, ma non tutto. Il dolore era ancora lì e lei aveva la vita di una nuova persona fra le mani. Aveva avuto la sua vendetta, ma perché non ne era soddisfatta?
L'aveva maledetto da qui per l'eternità e la sua maledizione, così come quella della strega, avrebbe fatto il suo esito, poiché da Selim, suo figlio, l'impero ottomano si sarebbe avviato verso la rovina, la decandenza, fino ad arrivare alla sua inesistenza.






RINGRAZIAMENTI.


Ed eccoci qui, al termine di quest'altra avventura. Con la morte di Selim, Ibrahim e Roxelana è come se avessimo chiuso un cerchio, per aprirne un altro.
Come ben sapete, la fine è ancora lunga!
Ringrazio i miei cari personaggi, inanzitutto, per avermi fatto compagnia in questi mesi e mi scuso per averli fatti soffrire più del dovuto, Zafiraa ti amo, lo sai. E soprattutto, lanciamo un #Ibrahimcimanchi perché la sua mancanza penso si sia sentita per tutto il libro, almeno a me è mancato. Quando c'era lui le cose erano più semplici! XD
Ringrazio voi, cari lettori, per aver sempre espresso la vostra opinione e mi scuso anche con voi, per avervi fatto sclerare e disperare più del dovuto. Mustafà vi manda i suoi saluti e vi dice che adesso è in un posto migliore!
Spero che questa storia vi abbia lasciato qualcosa o per lo meno sia stata di vostro gradimento! Fatemi sapere le vostre ultime impressioni finali, ci tengo veramente!
Se vorrete seguirmi, vi aspetto nel sequel 'La Contessa Di Sangue', Erzsébet saprà superare Roxelana e Zafiraa, potete starne certe!
Se vorrete immergervi in una nuova avventura e vorrete continuare a seguirmi, saprete dove trovarmi. Il prologo della storia lo troverete domani, ma da oggi potete aggiungere alla biblioteca il libro, che trovate nel mio profilo!
Per chi fosse interessato, riporto qui la trama:


Il tempo è il suo peggior nemico. Lo specchio davanti al quale passa la maggior parte del giorno, osa ricordarglielo ogni volta.
In un castello dalle vette che solleticano il cielo, tra sfarzo, potere, passioni estreme che ne denotano la follia, riti satanici e omicidi orribili,
Erzsébet Báthory, contessa sanguinaria, bella come il diavolo, rincorre il tempo, senza riuscire a raggiungerlo.
Boldizsàr è appena giunto in città; che cosa potrà mai avere questa figura oscura, schiva, solitaria con la bella e potente contessa? I loro destini sono incrociati, nel bene e nel male, ma le fiamme dell'inferno sembrano già aver arso la pelle e l'anima dell'uomo, accadrà lo stesso anche a
Erzsébet?


Lasciatemi un vostro parere. Grazie ancora per tutto il supporto e alla prossima!!
   
 
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