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Autore: avalon9    23/11/2017    1 recensioni
Mi chiamo Michael Scofield. Ero un ingegnere civile. Sono stato un carcerato. Sono evaso da due penitenziari di massima sicurezza e ho coordinato l’evasione di mia moglie da un altro carcere. Sono stato un fuggitivo e un ricercato. Sono stato un manipolatore e un approfittatore.
Chi è Michael Scofield? In sei flussi di pensieri, sulla scia di cinque parole impresse su una lapide, l’immagine di un uomo che non si riesce ad etichettare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michael Scofield, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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# Amico 1

Papi è papi.

Cosa vuoi che ti dica di più? Per me, Michael resterà sempre il mio Papi. Il mio amico. Quello che si è fidato di me. Anche se non mi conosceva per niente.

Ma lui era fatto così. Lui non voleva vedere il brutto nelle persone; nemmeno se ce l’avevano stampato in faccia. Papi era così. Ci doveva credere e basta, nelle persone.

Me lo ricordo ancora. La prima volta che l’ho visto.

Credevo che non sarebbe durato due giorni, in prigione. Papi era magro; e quelli magri come lui, in prigione, o crepano o diventano la puttanella di qualcuno. E poi aveva studiato. Cioè. Non studiato come me, che ho piantato la scuola a quindici anni e me ne sono andato per strada. Lui aveva studiato davvero. Lui aveva una laurea appesa alla parete. E ce ne stanno, in prigione, di quelli che hanno quel pezzo di carta appeso alla parete. E per questo si credono fighi. Credono che tutto andrà come vogliono loro. Mi fanno incazzare, quelli lì. Ma di solito non ce li mettono, con gente come me. Con gente che ti sbudella per un’occhiata storta.

Papi invece era finito proprio fra quelli così. Fra quelli che non ci pensano due volti ad aprirti lo stomaco, se pensi che stai provando a fregarti. E lo ha chiesto anche, di finirci, in quel carnaio. Ma Papi era papi. E le scelte non le faceva mai a caso. Le faceva proprio perché voleva farle. Solo che tu non te ne accorgevi mai prima; solo alla fine. Papi era così.

Comunque. Papi era magro. E quelli magri e che hanno studiato, in prigione, sono i primi a crepare.

Credevo che lo avrei perso presto, il mio nuovo compagno di cella. Non era il primo che avevo avuto; e non sarebbe stato l’ultimo, mi ero detto. E allora non avevo avuto davvero intenzione di conoscerlo.

Ci avevo parlato così. Perché quando passi venti ore al giorno in un buco di sei metri per due alla fine ci parli, con quello che ha la branda sotto la tua. Anche solo per scambiare quattro chiacchiere o sentirti mandare ‘fanculo.

Ma Papi.

Papi era diverso. Papi non era spaventato. Cazzo. Papi era magro. L’ho già detto. E con la tuta addosso sembrava ancora più magro di quanto non fosse. Eppure. Cazzo. Sembrava non gli fregasse niente di nessuno e sapesse esattamente a cosa puntare. Io ci avevo messo due mesi ad abituarmi alla prigione, e ancora non mi andava giù l’idea di restarmene chiuso lì dentro. Avevo in testa solo di uscire; e di sposare Maricruz.

Ma lui. Papi. Papi era tranquillo. Ed era ingenuo.

Credeva di conoscere la prigione; credeva di sapere come fare ogni mossa in quella fottuta prigione. E sì, le sapeva fare. Sapeva cosa fare e quando farlo.

Ma. Ma era troppo ingenuo, il mio Papi.

Così ingenuo da fidarsi di me. Da fidarsi di uno che conosceva da cinque minuti. Perché, cazzo, non ci ha mai pensato che potessi spifferare tutto a Bellick. Ok. Bellick era uno stronzo bastado. Ma in prigione anche gli stronzi bastardi possono essere utili. E io. io potevo far saltare tutto. Ma no. Papi a questo non ci aveva pensato. O forse sì. Non lo so.

A volte era così ingenuo che avrei voluto ridere. Ridere forte. Se solo non avessi avuto la paura che me lo facessero crepare davanti. Perché mi ci sono affezionato, al mio Papi.

Ed è stato. È stato facile. Perché Papi. Perché Michael ha. Aveva quel modo di fare. Di farti sentire parte di un qualcosa. Di un qualcosa di importante. Non potevi proprio dirgli di no. Non ci riuscivi a dirgli di no. Anche quando sapevi che rischiava grosso e che quello che ti sventolava in faccia era la più assurda e rischiosa delle trovate.

E poi. Poi faceva sembrare facile anche una cosa impossibile. Faceva sembrare reale anche la libertà, mentre eravamo dietro le sbarre.

Mi ha salvato il culo, il mio Papi.

Me lo ha salvato tante volte. E non ha mai voluto che gli ricambiassi il favore. Non ha mai cercato di farmi sentire in debito. Era piuttosto disposto a cacciarmi a calci, se pensava che sarebbe stato meglio per me. E ci è anche riuscito, qualche volta.

Perché per stare vicino a Papi. Perché per stare con lui a volte ci vuole più fegato che coraggio. Ci vuole più stupidità che forza.

Ma era il mio Papi. E con lui avevo capito che avrei potuto fare di tutto. Per lui sono stato disposto a fare di tutto. E se ci fosse. Se fosse ancora vivo. Ecco. Se fosse ancora qui, sarebbe sempre lo stesso Papi. Lo stesso Michael. Lo stesso uomo.

E per quell’uomo sarei ancora disposto a tutto.

 

 

 

 

 


E siamo arrivati al giro di boa.

Dopo la famiglia, gli amici. Perché Michael ha anche amici. In certi momenti, ha solo amici. E Sucre è forse l’amico. Quello con la A maiuscola; quello che era il fattore incognito. Forse nemmeno calcolato. Perché se Sucre non ci fosse stato; se Sucre avesse parlato. Insomma: Sucre è sempre stato l’ago della bilancia, nel piano di Michael. E solo un ingenuo come Michael poteva ideare un piano del genere contando solo sull’appoggio di un compagno di cella che non aveva nemmeno mai visto.

E qui il waht if…? si potrebbe sprecare.

Comunque. Sucre non tradisce; anzi! E mi piace l’amicizia che c’è fra loro. Sucre è, di fatto, la sola altra figura maschile forte con cui Michael si relazioni, oltre a suo fratello. La sola cui permette di vederlo fragile e in difficoltà. Quello cui non nasconde di star male e che è disposto a cacciare a calci per non coinvolgere. Quindi sì: Sucre non poteva mancare. E in fondo mi dispiace che nell’ultima stagione sia stato un po’ sacrificato. Perché è stato magnifico vederli abbracciarsi mentre Michael è mezzo morto. Ed è appunto significati che Sucre sia l’altro con cui Michael scambia abbracci, appunto. Di quei sani abbracci maschili che sanno di testosterone e parole non dette. Perché sono uomini, loro. E parlare è così demodè.

Comunque. Ci siamo. Quasi. Ancora poco.

 

Alla prossima!

  
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