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Autore: Old Fashioned    24/11/2017    15 recensioni
Siamo nel 1230. Un gruppo di pellegrini tedeschi che sta attraversando la Palestina si imbatte in una santa reliquia e decide di portarla in patria. A scortare il prezioso carico ci sono anche due cavalieri dell'Ordine Teutonico, che si troveranno, una volta raggiunto il paese d'origine dei pellegrini, a fronteggiare le incursioni di una misteriosa belva assetata di sangue e nello stesso tempo i sospetti di un inquisitore alla ricerca di vittime.
Seconda classificata al contest indetto da E.Comper sul sito, ‘Cronache di Cacciatori’.
Genere: Azione, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9

Era l'alba quando Hermann condusse il cavallo fuori dalle scuderie di Marienbrunnen. Dietro di lui, sbadigliando, Konrad faceva lo stesso con il corsiero berbero.
Non siete obbligato a seguirmi,” gli disse il cavaliere, “ormai conosco la strada.”
Per tutta risposta, il ragazzo sistemò il sottopancia del suo purosangue e si assicurò che fosse ben stretto. Hermann stava per dire qualcosa quando sulla porta del dormitorio comparve fratello Hildebrand.
Sei già in partenza, figliolo?” gli chiese quest'ultimo.
Sono due giorni che manco, non posso più aspettare.” Strinse i denti. “È ora di rimandare quel mostro nell'inferno dal quale è uscito.”
Sì, è l'unica cosa da fare.”
Hermann, che stava assicurando alla sella l'involto con la spada, abbassò le mani e si voltò verso di lui. Con voce dura disse: “Così tutti capiranno che fratello Adalrich è innocente. Spero solo di arrivare in tempo.”
Fratello Hildebrand si avvicinò e gli batté una mano sulla spalla. “Se è un uomo di polso, il feudatario impedirà qualsiasi cosa fino al mio arrivo.”
Il guaio è che non so quanto lo sia. Quel prete, con rispetto parlando, vuole un'esecuzione, e Adalrich è la vittima ideale, visto l'aspetto che ha.”
L'altro annuì grave. “Io non posso più cavalcare a lungo, quindi devo muovermi con un carro, ma tu va avanti e impedisci a chiunque di toccare il nostro confratello. Con le armi se è necessario.”
Con le armi?” ripeté il più giovane stupefatto.
È il compito a cui siamo chiamati: impedire con le armi l'opera del Demonio. Ora va, e sia Dio la tua guida.”
Hermann si limitò ad annuire, quindi montò in sella.
Allo stesso tempo, anche Konrad salì a cavallo, poi con decisione disse: “Andiamo, cavaliere.” Spronò l'animale, e pur con ampi gesti di saluto ai frati riuniti nel cortile, si diresse deciso verso il portone.
L'altro lo seguì.
Per un po' cavalcarono in silenzio, poi il ragazzo disse: “Vedrete, mio padre non permetterà a nessuno di toccare fratello Adalrich.”
Voglia il Cielo che sia così,” rispose Hermann.
Di nuovo calò il silenzio.
Incrociarono un gruppo di viandanti, che alla vista del manto bianco dell'Ordine si segnarono rispettosamente. Hermann rispose nello stesso modo, pensando frattanto a quanti segni della croce si sarebbero fatti quegli stessi uomini al passaggio di padre Gerold.
La voce di Konrad lo distrasse dalle sue meditazioni: “Vi ho portato nel posto giusto, vero, cavaliere?” Aveva l'aria fiera come se la decisione di accompagnarlo a Marienbrunnen fosse stata sua.
L'altro comunque annuì. “Sì, è stato Dio a porre sul mio cammino fratello Hildebrand.”
Mi sembra una brava persona,” osservò il ragazzo.
Se c'è qualcuno in grado di aiutare Adalrich, è lui.”

Data la rapida andatura che avevano mantenuto, arrivarono a Dürnau verso metà pomeriggio. Probabilmente gli abitanti del paese li avevano visti arrivare da lontano, e combattuti tra l'obbligo di porgere omaggio al figlio del feudatario e il terrore che ormai instillava in tutti la croce nera in campo bianco, avevano preferito non farsi trovare in giro.
Il due percorsero strade deserte e arrivarono al sagrato. Lì fratello Hermann si fermò e smontò da cavallo, poi disse: “Aspettatemi qui, devo controllare una cosa.”
Che cosa?”
Avete presente San Tommaso? Ecco, io sono come lui.”
Entrò in chiesa. Si sarebbe aspettato di trovare padre Caspar, ma non incontrò nemmeno lui, segno evidente che neanche il religioso voleva rischiare di finire tra l'incudine del collega di Fulda e il martello del barone von Obenstein.
Percorse la navata e raggiunse la cappella in cui era stato collocato il reliquiario del cosiddetto Sant'Atanasio. Corrusca di gemme, la cassa riluceva illuminata da due candele. Sul coperchio mirabilmente sbalzato erano raffigurate scene della vita del santo, incluso il momento in cui il suo corpo incorrotto era stato miracolosamente ritrovato dal giovane Konrad von Obenstein.
Inspirò profondamente come per calmarsi. Fece girare lo sguardo tutt'intorno, ma a parte lui, la chiesa era completamente vuota.
Si avvicinò alla cassa, quindi vi fece scorrere sopra le dita. Sapeva che non era stata chiusa in modo definitivo, perché nelle intenzioni del barone il corpo avrebbe dovuto essere trasferito in una teca più bella.
Insinuò le dita sotto il bordo del coperchio e fece forza, sollevandolo quel tanto da poter guardare dentro: i suoi occhi incontrarono solo la seta bianca del rivestimento.
Richiuse la cassa, fece per andarsene, poi tornò indietro e rimase a guardare la teca ingioiellata per qualche istante. Si morse il labbro inferiore.
Di nuovo si chinò, ma questa volta non si accontentò di una fessura: spostò il coperchio da una parte. Il sontuoso contenitore era desolatamente vuoto. Sul fondo erano rimasti solo il pendente di cristallo di rocca, la catenella e la croce.
Il cavaliere osservò il cartiglio: la scritta era ormai sbiadita, ma avvicinandola alla candela si riusciva a leggere chiaramente Athanatos. Immortale.
Chissà, forse per l'entusiasmo di aver trovato una santa reliquia, dopo che era uscito il nome di Athanasios nessuno aveva più ricontrollato il cartiglio.
Uscì pensieroso dalla chiesa.
Fuori c'era ancora Konrad, che nel frattempo era smontato di sella e stava tenendo i due animali per le redini. Al suo apparire esclamò: “Che faccia scura! Cos'è successo?”
Hermann lo fissò con durezza. In fin dei conti, era stato proprio il capriccio di quell'azzimato giovane bellimbusto a scatenare tutto il pandemonio. “Andate dentro,” gli suggerì, “e se avete forza sufficiente, sollevate il coperchio del reliquiario. Potreste avere una sorpresa.” Riprese le redini del suo cavallo e si preparò a montare in sella.
Che intendete dire?” chiese l'altro.
Andate e guardate voi stesso.” Spronò il destriero e si allontanò al trotto per il paese deserto.
Raggiunse il castello, entrò nel cortile e per prima cosa staccò dalla sella l'involto che vi aveva assicurato, poi andò alla ricerca del barone von Obenstein.
Il nobile lo ricevette subito nella sala delle udienze. “Adalrich?” fu la prima parola che Hermann pronunciò, ancora prima dei saluti.
Ho dovuto combattere.”
Il giovane deglutì. “Che intendete dire?”
Padre Gerold voleva cominciare con gli interrogatori, sperando di ottenere una confessione completa, potete immaginare con che metodi, prima dell'arrivo del fratello cavaliere da Marienbrunnen, in modo da rendergli impossibile un'eventuale difesa.”
L'altro emise un sospiro. “Lui sta bene?” chiese poi.
Non gli è stato fatto del male.”
Dio sia ringraziato,” mormorò il cavaliere. “Posso vederlo?”
L'altro tentennò per qualche istante, poi gli rispose: “Sì, venite con me. Vi accompagnerò personalmente.”

Quando si affacciò sulle prigioni, Hermann come sempre pensò che il candore del suo confratello rendeva ancora più cupa la penombra che lo circondava.
Egli era dritto in piedi nell'unico quadrato di luce che si disegnava sul pavimento, e teneva lo sguardo rivolto alla piccola finestra da cui essa penetrava come un rapace in cattività.
Adalrich!” lo chiamò.
Il cavaliere si volse rapido nella sua direzione. “Hermann!” Sul suo volto altrimenti severo comparve un accenno di sorriso.
Adalrich, come stai?”
Bene, non preoccuparti.”
L'altro lo raggiunse, pose la mano libera sulle sbarre e gli mostrò l'involto con il saif. “Guarda qui.”
Che cos'è?”
È una spada che può ferire quel mostro.” Fece sporgere l’impugnatura dell’arma dalla custodia di cuoio.
Davvero? Dove l'hai trovata?” Posò la propria mano accanto a quella del confratello.
Ora non ho tempo di raccontartelo, devo agire prima che faccia buio.”
L'altro lo fissò con apprensione. “Perché? Cosa vuoi fare?”
Vado a cercare quella bestia, la ammazzo e la porto qui, così la smetteranno di accusarti.”
Prima che il prigioniero potesse ribattere, si fece udire la voce di padre Gerold: “Bene, bene. Cosa c'è qui, strumenti del Demonio?”
Hermann si voltò verso di lui e lo squadrò come se avesse voluto incenerirlo. “Avete sentito benissimo,” ringhiò, “è un'arma che può colpire il mostro.”
Davvero? E chi ve l'ha data? Qualche stregone? Magari in questi due giorni vi siete recato da un servitore del Maligno per farvela forgiare?”
Me l'ha data un fratello cavaliere.”
Ah, uno della vostra risma, dunque.”
Hermann fece un passo verso di lui, cosa che provocò un suo brusco arretramento. “State attento,” lo ammonì in un ringhio, “non tirate troppo la corda.”
L'altro si rivoltò come una serpe: “No, state attento voi a non tirarla troppo. Io rappresento sua eccellenza reverendissima il vescovo di Fulda e voi, in quanto cavaliere crociato, mi dovete assoluta obbedienza. Ora, io vi chiedo, anzi vi ordino di darmi subito l'involto che avete in mano, affinché io possa mostrarne il contenuto a una commissione di sacerdoti esperti nelle opere del Demonio, che decideranno poi cosa farne.”
Hermann strinse la presa sulla spada. Lo fissò dritto negli occhi, e a voce alta proferì: “No.”
L'altro gli restituì uno sguardo di fuoco. “Osate disobbedirmi?”
Venite a prenderla,” lo provocò il primo con glaciale calma. “Provateci voi, o mandatemi contro tutta la risma di tirapiedi che vi siete portato dietro da Fulda, e vedremo se ci riuscirete.”
Il prete strinse i pugni adirato. “Cavaliere, voglio essere magnanimo: terrò conto del vostro stato di grande agitazione. Datemi quell'oggetto e dimentichiamo la faccenda.”
Ve l'ho detto: venite a prenderlo. E non sono agitato, voi non mi avete mai visto così distante dall'agitazione.” Si voltò verso Adalrich e gli disse: “Porterò qui il mostro, non preoccuparti.”
Hermann...” tentò l'altro, ma il confratello stava già correndo fuori.

Una volta fuori dalle prigioni, Hermann si imbatté nel barone. “Ci sono delle rovine qui in giro?” gli chiese senza preamboli.
L'altro sollevò perplesso le sopracciglia. “Delle rovine?”
Non ho tempo per spiegarvi, tra un paio d'ore sarà buio e il mostro uscirà per andare a caccia. So che si nasconde negli edifici diroccati e devo riuscire a stanarlo prima del tramonto.”
Volete cercare il mostro da solo?
Prima del tramonto,” precisò il cavaliere.
Aspettate,” disse l'altro, “faccio radunare i cacciatori, i soldati...”
No,” lo interruppe con foga Hermann, “vi prego: non c'è tempo. Io ho un'arma in grado di colpirlo, e devo usarla prima che sia troppo tardi.”
L'altro lo fissò serio, infine gli disse: “A nord, a circa una lega da qui, c'è una chiesa diroccata. La riconoscerete subito, perché si trova su un'altura priva di vegetazione. Nessuno ci va mai, perché la gente del luogo dice che la cripta è abitata da streghe e diavoli.”
La strada, per favore.”
Oltre il torrione nord c'è un sentiero. Ma vi prego, datemi almeno il tempo di chiamare mastro Wernhart.”
Ditegli di raggiungermi là.”
Hermann corse in cortile, montò in sella. Mentre spronava il cavallo, liberò la spada saracena dalla custodia di cuoio, che poi lasciò cadere per terra.
Spinse il destriero al galoppo. C'era ancora luce, ma le ombre si stavano allungando sui campi. Già gli animali cominciavano a tornare ai ricoveri notturni.
Poco dopo apparve in lontananza la chiesa. Era un rudere scuro, diroccato, dall'aria sinistra. Le finestre aperte sul vuoto gli evocarono occhi grifagni che lo scrutavano con malevolenza. Sebbene la zona fosse ricca di vegetazione, intorno a quel che rimaneva dell'edificio non si spingeva neppure il verde dell'erba.
Il cavaliere mise il destriero al passo e si avvicinò lentamente. Si chiese cos'avrebbe provato Adalrich di fronte a quelle rovine, perché lui stesso, che di certo non aveva la sua sensibilità, aveva l'impressione che un artiglio di ghiaccio gli stesse stringendo il petto. Inspirò profondamente a occhi socchiusi, combattendo il sempre più forte impulso di girare il destriero e fuggire al galoppo.
Mormorò una preghiera a fior di labbra e avanzò fino alla base della piccola altura. Lì smontò da cavallo, pose le redini sul collo dell'animale e sfoderò il saif. Lo mosse appena nell'aria, cercando di renderselo familiare, e dovette reprimere un gemito nel momento in cui un gesto diverso dal solito richiamò il dolore del morso che aveva ricevuto al braccio.
O forse era quel luogo che faceva tornare il dolore inflittogli dalla creatura?
Non perse tempo a speculare sulla questione, anche perché la luce stava rapidamente calando ed era necessario agire prima possibile.

§

Konrad entrò al galoppo nel cortile, e la prima cosa che vide fu la custodia di cuoio abbandonata in un angolo. Si guardò intorno alla ricerca di fratello Hermann, ma sia lui che il suo cavallo erano scomparsi. Smontò dal corsiero, affidò le redini a un mozzo di stalla e si lanciò su per le scale chiamando a gran voce suo padre.
Fu il barone a raggiungerlo. “Konrad! È successo qualcosa?” gli chiese preoccupato.
Dov’è il cavaliere, padre?” chiese il ragazzo per tutta risposta.
È andato alle rovine. Cosa sta succedendo?”
Perché alle rovine?”
Ha detto che il mostro si nasconde là, e che deve raggiungerlo prima che faccia buio. Ma in nome di Dio, mi vuoi dire cosa succede?”
La teca è vuota, padre! Non c’è niente dentro.”
L’altro lo fissò stupefatto. “Il santo?”
Non c’è mai stato nessun santo. Era quello il mostro, capite? È tutta colpa mia!”
Abbandonò il genitore, corse alle prigioni. Quando fu dinnanzi alla porta si fermò e si costrinse a calmarsi. Tirò il catenaccio lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, quindi schiuse appena l’anta e sgusciò dentro in punta di piedi, poi andò a staccare dal gancio cui era appeso l’anello con le chiavi. Una volta che lo ebbe nascosto tra le pieghe dell’abito, raggiunse la cella in cui era rinchiuso fratello Adalrich.
Il cavaliere era inginocchiato accanto al pagliericcio e aveva le mani giunte. Il volto aveva un’espressione tesa e concentrata. Dava l’idea di essere convinto che la salvezza del mondo dipendesse dall’intensità delle sue preghiere.
Konrad si avvicinò piano e per un po’ rimase semplicemente a guardarlo. Se non fosse stato per il fatto che ogni tanto il crociato sbatteva le palpebre, si sarebbe detto un’immobile statua di marmo. Non si vedeva nemmeno il respiro, sotto l’ampio mantello.
Cavaliere,” lo chiamò sottovoce.
Fratello Adalrich, che sembrava totalmente concentrato in quello che stava facendo, si girò rapido e fissò lo sguardo nella sua direzione. “Siete Konrad?” sussurrò.
Il ragazzo si avvicinò. “Sì, sono io.
Che cosa volete?”
L’altro estrasse il mazzo di chiavi e cominciò a provarle una dopo l’altra sulla serratura. “State zitto e ascoltatemi,” diceva intanto, “dopo vi spiegherò tutto, ora non c’è tempo. Il vostro confratello è andato alle rovine per uccidere il mostro, ma si sta facendo buio, e temo che avrà bisogno di aiuto.”
Dove sono le rovine?”
A nord, a circa una lega da qui. Maledizione, questa chiave non si trova!”
Quanto tempo fa è partito fratello Hermann?”
Ormai sarà un’ora, dobbiamo sbrigarci.” Il mazzo gli scivolò dalle mani tremanti e cadde tintinnando sul pavimento. “Maledizione,” ringhiò fra i denti, poi cominciò a palpare il pavimento alla ricerca delle chiavi.
State tranquillo,” gli suggerì Adalrich, “respirate, non fatevi prendere dall’agitazione.”
È una parola. Io non sono un guerriero come voi.”
Continuò a muoversi sempre più frenetico. Gli sfuggì un singhiozzo.
Konrad,” lo richiamò allora il cavaliere.
È tutta colpa mia,” disse l’altro per tutta risposta.
Che cosa volete dire?”
Con voce rotta, il ragazzo rispose: “È colpa mia, sono stato io. Lo sapevo che non era un miracolo della Vergine, ma avete visto com’è mio padre: crede a tutto quello che gli dico. E allora, siccome volevo tornarmene qui, mi sono inventato la storia del santo.”
Il cavaliere cercò di mantenere un tono di voce neutro. “Konrad, per favore, ne parliamo dopo. Ora fatemi uscire, prima che arrivi qualcuno a impedirvelo.”
Sì, certo. Scusate. Non servo neppure a questo.” Ritrovò finalmente le chiavi, e tirando su col naso ricominciò a provarle una dopo l’altra nella serratura.
Alla fine si udì uno scatto, e la porta girò cigolando sui cardini.
Adalrich balzò fuori e con cautela stirò le membra irrigidite dalla cattività. “Mi servono un cavallo e una spada,” disse.
Aspettate, non volete il vostro usbergo?”
Non c’è tempo.”
Ma non potete andare così!”
Mi bastano la mia spada e il mio destriero.”

§

Il sole stava ormai avviandosi a scomparire dietro l’orizzonte quando fratello Adalrich poté lanciarsi al galoppo lungo il sentiero che conduceva alle rovine. Strinse gli occhi: anche quella poca luce, dopo il buio delle segrete, era forte come il sole a mezzogiorno.
I raggi aranciati del tramonto tingevano i prati già umidi di rugiada, dando loro una sfumatura dorata; le poche nubi che solcavano il cielo scintillavano come illuminate da un fuoco interno. Non c’era un alito di vento e la natura immobile sembrava in attesa di quello che sarebbe accaduto.
Il cavaliere si rizzò sulle staffe per avere una visione più ampia, e oltre una macchia vide sorgere la nuda collina su cui si stagliava il rudere, ormai nero nel cielo che andava facendosi sempre più scuro.
Arrivò ai piedi dell’altura e scorse il cavallo di Hermann che stava pascolando. Fermò il proprio e smontò, ma nel momento in cui i suoi piedi toccarono terra, si sentì cogliere da una vertigine e dovette aggrapparsi alla criniera dell’animale. “Non adesso,” mormorò fra i denti, mentre la vista gli si annebbiava. “Non adesso, maledizione.”
Si voltò verso la collina, che però apparve al suo sguardo annebbiato solo come una confusa macchia nera.
Qualcosa di giallo cadde ai suoi piedi. Abbassò lo sguardo e la vista pian piano gli si schiarì, rivelando un mazzetto di fiori di iperico.
Figlio dell’inverno,” lo chiamò una voce femminile.
Il cavaliere si voltò in quella direzione e si trovò davanti la vecchia vestita di nero. Era una donna alta, solenne, dal volto scavato e ieratico. Adalrich pensò che gli ricordava una Norna. “Chi siete, signora?” mormorò.
Nella chiesa alberga il male antico,” gli disse la vecchia ignorando la sua domanda. “Non fidarti dei tuoi occhi, perché esso può prendere qualsiasi forma.”
Che cosa significa?”
Chiedi a chi ami se ricorda il passato.”
Adalrich avrebbe voluto chiederle ancora qualcosa, ma di nuovo ebbe l’impressione di sentirsi mancare, e quando si riebbe la misteriosa figura era scomparsa. Solo il mazzetto di iperico, ancora per terra ai suoi pedi, testimoniava che non si era trattato di un sogno.
Alzò lo sguardo verso il rudere e subito percepì un artiglio di ghiaccio che gli stringeva il petto. Era come se l’oppressione che da mesi gli toglieva tranquillità e riposo si fosse moltiplicata all’infinito, e si trovò a respirare lentamente per combattere la sensazione di disastro incombente che sembrava inchiodargli i piedi al suolo.
Non vincerai tu,” ringhiò fra i denti, quindi sfoderò la spada e prese a salire con risolutezza lungo il fianco della collinetta.

§

Hermann si rammaricò di non essersi portato dietro una torcia. Era sceso nella cripta, e sebbene fuori ci si vedesse ancora, lì dentro la penombra era assai densa.
Peraltro, il sotterraneo era molto più ampio di quanto si sarebbe aspettato dalle dimensioni della chiesa, ed era ingombro di vecchie cose consumate dal tempo.
Fece qualche passo, udì qualcosa muoversi. Si guardò intorno e gli parve di vedere, nella luce che andava scemando, una figura in piedi, così immobile che si confondeva con le colonne della cripta.
Sfoderò la lama saracena, che sembrò emettere un lungo sospiro bramoso. Il filo arcuato catturò gli ultimi bagliori di luce mandando uno scintillio di metallo.
Fatti avanti,” disse Hermann.
Dal buio provenne un rumore raschiante, come di una lima che graffiasse un antico legno: il ghul stava ridendo.
Il cavaliere deglutì e si impose di non indietreggiare. Avanzò anzi, deciso a porre fine alla lotta finché riusciva a vedere qualcosa. Raggiunse quella che pensava essere la figura del mostro, ma si accorse che era solo un vecchio brandello di tenda che pendeva dal soffitto. Lo tagliò con un fendente ed esso si afflosciò al suolo in una nuvola di polvere.
Di nuovo udì il rumore raschiante, questa volta alle sue spalle.
Si girò di scatto, e la testa di una statuetta sacra rotolò ai suoi piedi. “Fatti avanti,” ripeté.
Qualcosa si mosse, delle assi caddero facendolo sussultare. Hermann si mosse in quella direzione, e si sentì proiettare in avanti da un colpo alla schiena che sembrava il calcio di un mulo. Crollò a terra con il respiro mozzo, rotolò sul dorso e pose la spada a difesa del collo giusto un attimo prima che la creatura gli piombasse addosso. Mentre si faceva indietro vide baluginare nel buio un’orrenda chiostra di denti, e colse il sinistro lucore di occhi senza pupille, lattiginosi ma accesi di un malvagio fuoco interno.
Si rialzò e tirò un tondo dritto, ma il movimento gli strappò un gemito di dolore. Il mostro ghignò, evidentemente consapevole della sua condizione. Si rintanò di nuovo nell’ombra, scomparendo dietro i mucchi di detriti.
Hermann arretrò verso la scala, sperando di attirare il mostro su un campo di scontro più favorevole, il ghul gli si avventò addosso e tentò di rovesciarlo al suolo, ma questa volta il cavaliere riuscì a puntellarsi con la schiena contro qualcosa e lo spinse via da sé. Sferrò un tondo rovescio che evidentemente colpì nel segno, perché l’essere emise un ululato di dolore, poi rimase a guatarlo ringhiante.
Il cavaliere non perse tempo: subito lo incalzò con un fendente dritto, e poi lo raddoppiò con un rovescio, causando ogni volta un arretramento della creatura. Tentò poi l’assalto finale, ma il ghul gli si aggrappò al braccio che reggeva l’arma e vi affondò i denti, strappando via la cotta di maglia come una vecchia stoffa. Piegò il collo da una parte torcendo il braccio di Hermann, che emise un gemito e lasciò andare la spada. Il mostro allora gli sferrò una zampata alla testa, facendolo crollare malamente al suolo.
Fece per chinarsi sul cavaliere privo di sensi, ma qualcosa gli fece alzare bruscamente la testa. Fiutò attento l’aria, quindi scomparve nel buio.
Hermann emise un gemito, e nonostante la testa gli girasse come impazzita, tentò di rialzarsi puntellandosi su un gomito.

Adalrich giunse alla sommità della collina quando ormai il cielo conservava solo una lieve linea aranciata all’orizzonte. Si guardò intorno, e nella luce incerta del crepuscolo percepì qualcosa di chiaro approssimarsi dall’interno della chiesa. Si voltò in quella direzione e gli mancò il respiro per l’orrore: era Hermann, che grondava sangue da una ferita alla testa e teneva il braccio destro penzoloni come se fosse rotto. Barcollava malamente e sembrava stremato.
Aiutami, Adalrich,” mormorò. Cercò di fare qualche passo in avanti, ma perse l’equilibrio e con un gemito appoggiò un ginocchio a terra. “Aiutami,” ripeté.
L’altro fece per lanciarsi in avanti, ma subito si fermò titubante, ripensando alle parole della vecchia.
Hermann alzò lo sguardo su di lui. “Per favore, sto perdendo molto sangue. Perché non mi aiuti?”
Adalrich aggrottò le sopracciglia. “Sei davvero tu, Hermann?”
E chi dovrei essere?”
Il mostro.”
Non essere ridicolo. Guardami: sono io, sono Hermann. Aiutami, per favore.”
L’altro strinse gli occhi. Era Hermann, ma al tempo stesso non lo era. Troppo sfrontato, troppo insistente nel chiedere aiuto. O faceva così solo perché stava soffrendo molto?
O era lui che si era lasciato influenzare eccessivamente dalle parole di una vecchia megera?
Però la sensazione opprimente era più forte che mai.
Adalrich...” lo richiamò alla realtà il confratello.
Hermann… dimmi che cosa ti ho detto quando ci siamo trovati io e te da soli in quel villaggio abbandonato, durante la missione per controllare il passo di Amka.”
Il cavaliere lo fissò con espressione stupita. “Ma ti sembra il momento?”
Dimmelo. Non puoi essertelo dimenticato.” Poi, dopo una pausa: “Ti ricordi? Eravamo solo tu ed io, la luna era alta, e c’era un gran silenzio.”
L’altro chinò la testa. “Ah, quello,” mormorò, poi rialzò su di lui occhi che anche in quella penombra sembravano brillare come zaffiri. “Hai detto che…” deglutì.
Che?...”
Che mi amavi.”
Adalrich, che stringeva ancora la spada in mano, rimase per qualche istante immobile. Fece un passo verso il compagno, che sorrise lieve e tese una mano verso di lui. Il primo si arrestò prima di venire toccato, poi caricò un fendente e glielo calò addosso con tutte le sue forze. Sotto quel colpo, Hermann trasfigurò, diventando una creatura magra e legnosa, con la pelle come cuoio conciato. Emise uno strido e scomparve nella cripta.
Quello l’ho solo pensato,” disse serio Adalrich.
Scese a sua volta nel sotterraneo. Nel buio vedeva un po’ meglio degli altri, e colse subito la sagoma della creatura che si chinava. La raggiunse e vide che Hermann – quello vero, stavolta – era a terra. Si sosteneva su un gomito e stava arretrando malamente, con l’altro braccio quasi inservibile e la parte destra del volto coperta di sangue. Accanto a lui c’era la spada che gli aveva mostrato quando era in cella.
Valutò velocemente la situazione: il mostro era tra lui e l’arma, ma doveva comunque fare un tentativo di prenderla, o non ci sarebbe stata alcuna speranza per Hermann.
Strinse la spada che aveva ancora in pugno e la piantò fino all’elsa nel corpo ossuto della bestia. Il colpo sarebbe stato letale per chiunque altro, ma essa emise un ululato e rapida come una serpe si torse nella sua direzione, spalancò le fauci e lo azzannò tra la spalla e il collo.
Il cavaliere emise un lamento e tentò di strapparsi di dosso il mostro, che però a ogni attimo rinsaldava la presa affondandogli maggiormente i canini nella carne, e muoveva la testa come per allagare sempre più lo squarcio che aveva prodotto.
Adalrich crollò a terra, e mentre con un braccio tentava di sciogliere la presa mortale della creatura, con l’altra mano palpava freneticamente il pavimento alla ricerca della spada.
Infine percepì l’impugnatura sotto le dita, la strinse e colpì la belva con la lama benedetta. Il mostro balzò via con un ululato, Adalrich si rialzò ansando e lo incalzò con un fendente, che di nuovo gli produsse un’ampia ferita. Il ghul si arrampicò soffiando come un gatto su una catasta di vecchi mobili, e da lì gli balzò addosso di nuovo. Rotolarono avvinghiati, il mostro dilaniava con artigli e denti, Adalrich colpiva con la spada, e ogni volta che la lama affondava nella carne della creatura, essa emetteva un ruggito di rabbia e dolore.
Alla fine il cavaliere riuscì a buttare il mostro lontano da sé, e nel momento in cui esso si muoveva per attaccarlo di nuovo, sferrò un fendente rovescio e lo decapitò di netto. La testa rotolò via con un rumore sordo mentre il corpo si afflosciava.
Poi il crociato lasciò cadere l’arma e crollò pesantemente al suolo, con la tunica zuppa del sangue che ancora gli sgorgava dallo squarcio che aveva nel collo.
Cercò di rialzarsi, ma le forze lo stavano abbandonando velocemente. Vide una figura chiara che si avvicinava e le labbra gli si stirarono in un lieve sorriso. “Hermann,” mormorò con voce appena udibile.
L’altro si chinò su di lui. Gli passò una mano dietro le spalle e lo strinse a sé. “Adalrich,” disse con voce tremante. “Adalrich, perché sei venuto qui?… Non dovevi… Non così...”
Hermann, sai… quello che devi… fare.”
Il confratello represse un singhiozzo. “Oh, no. Ti prego, non chiedermi questo.”
C’erano ancora così tante cose che doveva dirgli, e che dovevano fare insieme. C’era un mondo che sarebbe stato vuoto e buio senza di lui.
Ti prego… Non farmi morire così...”
Hermann lo adagiò sul pavimento, quindi estrasse il pugnale. Per quanto Adalrich fosse la persona che amava di più al mondo, razionalmente sapeva che se non l’avesse fatto, l’avrebbe condannato a riprendere vita come mostro assetato di sangue.
Le lacrime che gli scendevano copiose dagli occhi gli annebbiavano la vista, tuttavia puntò la lama contro il cuore del compagno, quindi pose le due mani sull’impugnatura e si preparò a fare forza con tutto il suo peso.

§

Una lunga mano ossuta si posò sulle sue fermando il gesto che stava per compiere. “No,” disse una voce di donna dalle note basse e solenni.
Hermann sollevò lo sguardo e nel buio ormai completo colse solo l’ovale di un viso femminile.
No,” ripeté.
Il cavaliere non abbandonò la lama. “Signora, io devo,” le rispose.
Ella annuì, come per dire che capiva, e Hermann ebbe la sensazione che davvero sapesse tutto. Lesse su quel volto scavato una saggezza antichissima. D’istinto, le disse: “Aiutatelo, signora. Sento che voi lo potete.”
Di nuovo balenarono nel buio i fiori gialli dell’iperico, poi la donna posò una mano sulla fronte di Adalrich e pronunciò parole in una lingua che Hermann non conosceva. Il cavaliere pensò fugacemente che l’atto cui stava assistendo era ciò che comunemente veniva definito stregoneria, ma rimase immobile.
Infine l’anziana donna gli disse: “Il male antico non prevarrà sul figlio dell’inverno. Egli ha il nostro sangue.”
Prima che Hermann avesse il tempo di chiederle di che sangue stesse parlando, ella si coprì il volto con un lembo dell’abito nero, confondendosi con l’oscurità che la circondava.
Subito dopo, il cavaliere cominciò a sentire un vociare confuso che proveniva dall’esterno, associato a latrare di cani e nitrire di cavalli. Qualcuno arrivò con delle fiaccole alla sommità delle scale, proiettando nella cripta fasci di luce.
Sono qui!” Gridò Hermann. “Siamo qui!”
Si voltò in direzione della donna, ma non la vide più. “Signora?” mormorò, ma in qualche modo gli fu chiaro che ella se n’era andata.
Siamo qui!” ripeté. “Presto, fratello Adalrich è ferito!”
Sentì i passi di numerose persone, la luce si fece più intensa man mano che scendevano uomini dotati di torce e lanterne. Abbassò gli occhi sul suo confratello e il cuore minacciò di fermarglisi nel petto: egli giaceva immobile, il volto era di un pallore ancora più intenso del solito, gli occhi erano chiusi. Tra la spalla e il collo aveva un'orribile squarcio, dal quale il sangue era sgorgato copioso, inzuppandogli completamente l'abito.
Mentre in fondo alla cripta si levavano i clamori di coloro che stavano osservando le spoglie del ghul, una mano sulla spalla lo fece quasi sussultare. La voce di fratello Hildebrand chiese: “È vivo?”
Non lo so,” rispose angosciato Hermann.
Ora vediamo,” rispose l’altro, e si chinò su Adalrich. Prese la lanterna che aveva con sé e la tenne sospesa per illuminarlo. Con la mano libera gli prese il mento fra le dita e gli voltò delicatamente la testa. Osservò la ferita e aggrottò le sopracciglia.
Hermann, che stava seguendo ogni suo movimento, gli chiese: “È molto grave, fratello?”
Lo vedi da te che è grave. Ma per qualche motivo ha smesso di sanguinare.”
Ma lui è...”
È vivo, sì. Ha perso molto sangue, è ferito ovunque, ma per qualche ragione che mi sfugge è ancora vivo.”
Il giovane cavaliere emise un sospiro. “Dio, ti ringrazio,” mormorò.


   
 
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