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Autore: Miss__Snape_03    24/11/2017    2 recensioni
In un afoso pomeriggio di fine Luglio Hermione Granger, nonchè la strega più brillante della su età viene rapita dai Mangiamorre
per avere informazioni su Harry Potter...
nelle oscure celle di Villa Malfoy viene sorvegliata da colui dal quale non si sarebbe mai aspettata nulla, Severus Piton. Ma il professore combatte dall parte sbagliata...o forse no?
Riuscira la piccola So/Tutto/Io a trovare uno spiraglio di luce in mezzo atutto quel buio della realtà che la circonda...e forse anche un po' nell'animo martoriato di quell' uomo dal mantello nero?
Amore,Suspence e tanto altro vi spettano in questa fan fiction che farà sciogliere anche il cuore più ghiacciato...
Genere: Fantasy, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aberforth Silente, Bellatrix Lestrange, Harry Potter, Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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1. Help

 

1 agosto

Casa di Severus Piton, Spinner’s End

 

Quella sera il pozionista decise di coricarsi presto per una buona volta.

Nelle ultime settimane non aveva quasi toccato né cibo né letto, tra pozioni fumanti, libri troppo interessanti per interromperne la lettura, incubi del passato, i gufi di Silente, i sensi di colpa, le inquiete riunioni con i Mangiamorte spaventati dal loro Signore, sempre più irascibile e violento, e il Marchio che non lo lasciava vivere in pace.

Era decisamente esausto.

Si scrutò nell’unico specchio della casa.

La sua pelle pallida era ancor più grigiastra nella penombra, mentre due scure occhiaie violacee testimoniavano a gran voce la sua mancanza di riposo. I capelli scuri e lisci gli pendevano dai lati del viso stanco e scavato.

Emise uno sbuffo simile ad un sospiro.

Non era certo tempo di curarsi dei dettagli estetici, ma dannazione, aveva proprio una brutta cera. Si tagliò i capelli troppo lunghi con un colpo di bacchetta, si fece una doccia rapida e si mise la camicia da notte.

Chiuse gli occhi e solo in quel momento si rilassò, appoggiò la bacchetta sul comodino e si lasciò andare tra le coperte che sapevano di menta.

Vagò incerto nel dormiveglia per un bel po’, ma ogni volta che stava per addormentarsi si svegliava di colpo con il viso arrossato, il sudore freddo che gli si impregnava nelle ossa e il battito del cuore accelerato. Odiava l’insonnia, soprattutto quando aveva davvero bisogno di dormire.

 

Una luce impietosa lo abbagliò attraverso le palpebre. Imprecò e si rigirò nel letto.

Era già mattina. Aprì gli occhi a fatica, seccato, ma invece di vedere il sole mattutino si ritrovò ancora nell’oscurità. Che stava succedendo?

Si mise a sedere e per poco non svenne.

Una lontra argentea era planata sulle sue ginocchia. Un Patronus. Ma di chi…?

La voce dell’animale lo interruppe: “Salvami, portami via...!”. Piton rimase come pietrificato. Era la voce inconfondibile della Granger. Ma quella ragazzina che gli chiedeva aiuto? A quell’ora? A lui?! No, impossibile, era sicuramente uno scherzo idiota! Quella saputella Grifondoro si stava prendendo gioco di lui… O forse no? Ma perché doveva sempre essere preso di mira da tutti? Non potevano solo lasciarlo in pace?....Pace… Piton rise al solo pensiero della parola. Come poteva lui parlare di pace? Era un concetto a lui troppo distante, una parola troppo ardita da pronunciare… No, per l’arcigno Severus Piton era riservato solo dolore, solo solitudine… Si passò una mano tra i capelli che gli ricadevano disordinatamente sul viso e sentì gli occhi inumidirsi. “Sicuramente per la stanchezza...”, si disse.

Quella vita lo stava sfinendo e l’unico motivo di salvezza era scomparso anch’esso.

Quei due smeraldi.

Si lasciò avvolgere da tali pensieri spingendo via un “Patetico” che gli si insinuava nella mente.

Ma nonostante tutto, la morbida coperta calda, il soffice materasso sotto la schiena e le gocce della Pozione Soporifera che si era lasciato scivolare in gola poche ore prima, il sonno prendeva le distanze, invece di avvicinarsi. Dopotutto, tutti si allontanavano da lui.

Abbandonò i pensieri inutili e si sbarazzò delle coperte, ignorando le proteste delle gambe nude, che rabbrividirono, scioccate dall’improvviso gelo, e rimase seduto sul bordo del suo letto, solo, al buio, con i capelli scompigliati in faccia.

Un calore improvviso seguito da un bruciore insopportabile al braccio sinistro li mise a zittire bruscamente e gli strappò una smorfia di dolore. Era il Marchio Nero. Bruciava ed era scuro e vivo come mai, mentre il serpente si contorceva quasi oscenamente come un dannato tra le fiamme.

Granger. Aveva cercato la persona sbagliata al momento sbagliato.

Ma ormai era troppo tardi. Niente da fare. Non poteva aiutarla nemmeno se voleva.

Il Signore Oscuro esigeva la sua presenza.

 

VILLA MALFOY

 

Hermione si era svegliata. Ma non voleva, non poteva aprire gli occhi. Era totalmente inerme.

Sentì solo gelo attorno a sé. Era distesa su un pavimento liscio, duro e freddo. Sopra di lei aleggiava un’aria inquieta e fredda. Poi c’era la luce che arrivava a stento alla sua retina, debole ma fredda. Riusciva a udire delle voci discontinue e concitate, voci non sconosciute ma neanche familiari. Oltretutto i suoi sensi erano come impediti da qualcosa che la limitava, qualcosa che le faceva percepire il mondo esterno come attraverso una vetrata.

E poi improvvisamente quella barriera si ruppe, e tutti i suoni e le sensazioni la inondarono con violenza, come se il mal di testa non bastasse.

Provò a muovere cautamente un dito. Sì, l’incantesimo si era dissolto.

Aprì lentamente un occhio per poi richiuderlo subito, abbagliata da quell’improvviso chiarore.

Si girò su un fianco, ignorando le fitte alla schiena rigida e indolenzita.

-Ah, ma guarda un po’, la nostra bellezza si è risvegliata…- commentò ironicamente una voce femminile, simile a un ringhio di un felino irritato.

Hermione si costrinse ad aprire gli occhi, per poi pentirsene subito. Non poteva avere uno risveglio peggiore.

La faccia di una Mangiamorte drammaticamente nota per gli orrori commessi era a pochi centimetri dalla punta del suo naso insanguinato.

Bellatrix Lestrange.

Una donna che faceva venire i brividi veri. I grandi occhi scuri scintillavano sinistramente, con uno sguardo terrificante, una smorfia di soddisfazione mista a disgusto le faceva arricciare le labbra piene, screpolate per il freddo, mentre i lunghi ricci immobili sfioravano i suoi, di capelli. Inoltre aveva una vista spettacolare sul seno candido che la scollatura evidentemente aveva deciso di abbandonare, cosa del quale un uomo di sicuro si sarebbe esaltato, ma lei tratteneva a stenti i conati di vomito per l’odore che emanava quella donna… Un odore gelido e crudo, pungente.

-Allora,- le alitò in volto, abbassando la voce in un bisbiglio carico di pericolo. -vogliamo cominciare, mia piccola Sanguemarcio?-

 

L’ombra si Materializzò a pochi passi dal cancello, seguita da altri pop che vennero deliberatamente ignorati.

Raggiunse il cancello dalle alte sbarre metalliche e bussò. Il rumore di passi affrettati, lo scorrere del chiavistello e un viso femminile di incredibile pallore comparve, scrutando attentamente il viso del visitatore.

-Severus.- salutò freddamente. Lui annuì, abbassandosi il cappuccio.

-Entra.- aprì il cancello e gettò uno sguardo gelido agli altri uomini al suo seguito. -Entrate.-

Seguirono la padrona di casa oltre l’immenso giardino immerso nell’oscurità, fredda e ordinata.

L’edificio davanti a loro era imponente, scura ed austera, proprio come coloro che ci abitavano. Entrarono e si ritrovarono nel grande salone dal soffitto alto di Villa Malfoy.. Salirono le ampie scalinate illuminate da delle torce appese alle pareti, il rumore dei passi veniva attutito dal morbido tappeto verde scuro.

Entrarono in una stanza dalle tonalità smeraldo scuro misto al nero che conoscevano così bene. Al centro c’era, come al solito, il lungo tavolo delle riunioni. Alcuni Mangiamorte erano già arrivati, e si parlavano a bassa voce, gesticolando eccitati, e non si accorsero dell’arrivo degli altri. O almeno, non lo diedero a vedere. A capotavola, il Signore Oscuro non c’era.

Che fosse successo qualcosa?

-Severus.-

Si girò di scatto verso la fonte di quella voce inconfondibile. Il Signore Oscuro era appoggiato all’unica finestra di quella stanza, e ora gli puntava addosso quegli occhi dai bagliori rossastri, inquietanti, come piccoli rubini maledetti incastonati su quella maschera d’orrore, bianco come il latte inacidito. Sentì il proprio nome sibilato da quella voce stridula eppure debole che aveva fatto zittire tutti i presenti. Restava il dubbio se avessero smesso di muoversi e di parlare perché il loro Signore avesse parlato o perché avesse appena annunciato l’arrivo del suo fidato braccio destro chiamandolo per nome e con quel tono così… dolce che gli altri gli invidiava. Sinceramente, si disse, non sapeva proprio cosa ci fosse di appagante sentirsi chiamare da quel folle manipolatore.

Nascose velocemente tutti i pensieri ai suoi occhi inquisitori, si stampò un falso sorrisetto appena percettibile sulla faccia, fece un veloce cenno con la testa e mormorò un “Mio Signore”, quasi controvoglia. Era sempre l’unico che riusciva a cavarsela con quella leggera mancanza di rispetto senza subire punizioni. Dopotutto essere il suo servitore più prezioso aveva dei vantaggi, sorrise amaramente.

Abbandonati i suoi pensieri, seguì l’Oscuro Signore che prendeva posto, imitato da una massa nera, ognuno al proprio posto. Tutte le sedie si erano riempite, tranne una,  accanto a Narcissa Malfoy. Bellatrix, ecco chi mancava.

Sbirciò il viso del Signore Oscuro, aveva la solita espressione totalmente glaciale e piatta, con quell’odiosa aria di superiorità. Si chiese come facesse quell'immonda creatura a guardarsi allo specchio ogni giorno senza provare il minimo rimorso, era ufficiale, era un mostro, un orribile e raccapricciante mostro che andava fermato a ogni costo…

Ripensò allo scherzo che gli era stato fatto dalla Granger e dai suoi amichetti, possibile che neanche Potter, il Prescelto, avesse ritenuto questo uno scherzo troppo infantile? Eppure Silente riponeva così tanta fiducia in quel ragazzo. Sbuffò silenziosamente. Quel mago riponeva troppa fiducia in chiunque. Dovevano aspettarselo che prima o poi il suo lato “James Potter” sarebbe venuto fuori…

Piton si arrese a certi pensieri e sospirò interiormente rimanendo immobile nella sua solita posizione rigida, e si perse nel colore della carta da parati della stanza, di quel vecchio verde perlato, ostentando una nobiltà tipica dei Purosangue.

Quel verde, colore dell’erba di notte, che narrava di una potenza nascosta nelle cose più oscure. E bastava illuminarlo di alcuni gradi per ottenere quel verde malefico che gli aveva sottratto il cuore. Lily. La sua Lily Evans.

Che non potè essere mai sua, per quel verde brillante e giallastro, infido lampo di di luce che gli aveva dilaniato l’anima in pezzettini, che non potranno mai essere ritrovati e ricomposti. Mai.

Odiava il fatto che Voldemort avesse anche solo un piccolo accenno di verde nei suoi occhi assassini, era un colore che ingannava la vista, era la visione contorta di un verde che pareva credersi superiore agli altri… Ma Piton sapeva bene, troppo bene, che al mondo esisteva un verde, un verde imparagonabile, indescrivibile, di una bellezza unica.

I suoi occhi. Gli-Occhi-Di-Lily.

Non era solo verde smeraldo, sembrava un colore ambizioso, come se volesse fagogitare in sé tutte le tonalità diverse presenti nella natura, come se la vita fosse troppo corta, e che si dovesse divorare il mondo intero nel breve tempo a disposizione.

Quel colore era il miscuglio più meraviglioso e imprevedibile che potesse esistere. Erano le gocce di rugiada, fresche e delicate, sui gigli all’alba, la punta delle piume più morbide dei più bei pavoni durante il corteggiamento, era quel verde che non si trovava se non nei fondali marini più nascosti, era quell’acqua pura e lieve che sfiorava la spiaggia con la schiuma, quando il mondo intero taceva ancora. Era quel verde selvatico della menta piperita e delle felci gigantesche che crescevano all’ombra di ancor più alti arbusti, era quel colore luminoso che attraversava i cieli del Nord nelle notti più oscure, era quel verde che aveva in sé un che di pericoloso, una sorta di monito per gli incauti. Avevano la stessa timidezza di una gemma nel vento primaverile che lasciava scivolare via il gelo dell’inverno, ma potevano diventare anche scuro come il muschio marino che ricopriva le rocce più segrete e profonde nel cuore di Poseidone. Ricordava due dischetti perfetti della giada più pura che probabilmente l’imperatrice della Cina portava alla vita solo nelle feste più importanti e sfarzose. Quel verde meraviglioso che sembrava rendere sciatto ogni altro colore, quel verde che riusciva a purificare anche il più nero degli sguardi, quel verde per il quale lui moriva a ogni sguardo anche fuggiasco… Sotto il sole le sue iridi mostravano delle piccole venature d’oro, piccoli arabeschi intriganti che li rendevano insostituibili. Quando prendeva una decisione importante, brillavano e ardevano come due fuocherelli verdi, irresistibilmente forti. Quando la si feriva, metteva terrore con il suo furore, nessuno poteva placare la sua ira, e in quei momenti mandava bagliori incandescenti, due pietre scure come il mare tempestoso che nuotavano nella lava, inarrestabili e impietosi. E Piton aveva sempre temuto quello sguardo omicida. E da quando la insultò davanti a tutti mentre lei fulminava Potter per proteggere lui, non ricevette altro che quelle occhiate infuocate, e a buon ragione.

Era stato l’errore più grande della sua vita, “se non si contava il fatto che l’hai uccisa diventando il servo fedele di un folle”, si sibilò contro.

Sanguemarcio. Sanguemarcio. Sanguemarcio.

Ma come gli era venuto in mente in quel momento di chiamarla così, quando si struggeva giorno e notte per avere un suo sorriso, uno sguardo, un contatto di qualsiasi tipo?

La risposta era che, dannazione, in quell’istante non stava neppure usando la testa. Essere ridicolizzato davanti ai compagni per l’ennesima volta, facendosi sottomettere dal suo nemico che stava usando il suo stesso incantesimo, appeso al vuoto con la testa in giù da quella banda di inutili vigliacchi boriosi lo aveva mandato fuori di testa. Così i suoi nervi avevano ceduto, la sua maschera impenetrabile gli era stata strappata via e quando la sua Lily era venuta a proteggerlo, il suo orgoglio non aveva retto, e le aveva urlato quella maledetta parola che solo i vermi che ora si sedevano accanto a lui usavano.

SANGUEMARCIO! Un grido e tutta l’amicizia, tutti i sorrisi del passato, tutti i ricordi di quel parco, di tutta la loro infanzia, le domande, le risposte, i dubbi, le emozioni si frantumarono per sempre. In quel momento Severus si rese veramente conto che con quella parola aveva distrutto per sempre la sua eternità…

La porta si aprì con uno schianto, e una figura ammantata di nero apparve sulla soglia, un cespuglio di capelli neri che le incorniciava il viso grigio, su cui spiccavano due labbra scure.

Bellatrix.

Un tonfo sordo accompagnato da un silenzio catacombale. Bellatrix, a passi lunghi e silenziosi, si avvicinò sogghignando al Signore Oscuro, si prostrò fedelmente e umilmente ai suoi piedi, e quando si rialzò, vide con disgusto quell’amore perverso che sprizzava dai suoi occhi scuri, assieme a quell’aria di trionfo che conoscevano bene.

La sua meravigliosa voce stridula inondò la sala con un -Mio Signore!-, rimbombando nelle orecchie di tutti i presenti, due parole che mettevano in mostra l’affetto e il legame morboso che la legava al suo padrone.

-Vi ho portato una sorpresa!- disse sfoggiando un sorriso che lasciava in evidenza il suoi denti di un bianco accecante, innaturale. Negli anni passati nel covo dei Mangiamorte, Severus aveva imparato che un sorriso aperto di quella donna non prometteva mai nulla di buono… Nulla

Severus non ebbe neppure il tempo di indugiare su tali pensieri quando vide una figura scaraventata sul tavolo da un lieve cenno della bacchetta di Bellatrix.

 

Sul tavolo, distesa, sbattuta da uno Schiantesimo, si trovava una ragazza, i capelli una volta color dell’oro scurito che erano passati a un groviglio puzzolente di una tonalità marroncina a causa della sporcizia accumulata, l’esile corpo in una posizione scomposta era martoriato da segni di una maledizione proibita.

Piton non la riconobbe subito conciata com’era ma non appena capì l’identità della ragazza in fronte a lui ci volle molto del suo autocontrollo per evitare di rompere la sua maschera di indifferenza.

“Dannazione… era la Granger.”

 

Ambra, era quello il colore degli occhi che si persero in mille altri di quelli dei presenti, ma sembrava che nessun mangiamorte avesse pietà per quei due piccoli pozzi d’ oro fuso, quei germogli di gioventù che troppi orrori avevano veduto per la loro tenera età, quegli occhi che Piton aveva sempre visto vispi e allegri in quel momento erano velati, inespressivi, come se qualcosa li avesse spenti…. cercavano un appiglio, un’ ancora di salvezza ma trovavano solo altra disperazione…. poi però finalmente l’ambra si posò su di lui e quasi come avessero trovato il loro protettore si accesero di un bagliore di speranza prima che le forze li abbandonassero e che l’oblio scendesse su di loro.






Angolino delle autrici
Premessa: Questa storia è scritta da due autrici. Io la pubblicherò qui, mentre 03 Snamione03 la pubblicherà su wattpad, detto questo Buona Lettura! Heila! Salve bella gente che sta leggendo! Io sono Miss__Snape_03 e questa è la mia prima Long,wow che emozione!
Comunque io e la mia collega ci abbiamo messo davvero anima e corpo per scriverla, quindi spero vi piaccia. Diteci nei commenti se volete il continuo! Passo la parola alla mia collega...

Grazie gentile collega, allora ciao ragazzi! Io sono 03Snamione03. Spero abbiate apprezzato il primo capitolo,se vi è piaciuto fatecelo sapere! Un abbraccio! Commentate...

 

   
 
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