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Autore: FrancescaPotter    24/11/2017    2 recensioni
Long sugli ipotetici figli delle coppie principali di Shadowhunters (Clace, Jemma e Sizzy), ambientata circa vent'anni dopo gli avvenimenti di TDA e TWP. TWP non è ancora uscito al momento della pubblicazione, e nemmeno l'ultimo libro di TDA; questa storia contiene spoiler da tutti i libri della Clare fino a Lord of Shadows, Cronache dell'Accademia comprese.
Dal quarto capitolo:
"Will abbassò il braccio e distolse lo sguardo, ma lei gli prese delicatamente il polso. «Lo sai che puoi parlarmi di qualsiasi cosa, vero?» gli chiese, morsicandosi inconsapevolmente il labbro inferiore. Era una cosa che faceva spesso e che faceva uscire Will di testa. «So che è George il tuo parabatai» continuò abbassando la voce, nonostante non ce ne fosse bisogno perché George era concentrato sul suo cibo e Cath stava leggendo qualcosa sul cellulare. «Ma puoi sempre contare su di me. Mi puoi dire tutto. Lo sai, vero?»
Will sospirò. «Lo so, posso dirti tutto».
Tranne che sono innamorato di te."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Emma Carstairs, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Julian Blackthorn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sedici
 
Dopo aver fatto colazione con George e Cath, Rose tornò nella propria camera. Si guardò intorno, come a volersi assicurare che tutto fosse al proprio posto: il suo letto, la sua lampada a forma di luna, il suo amato computer sulla scrivania e… Rose si bloccò. Di fianco al computer c’era una piccola busta verde con scritto Per Rose nella calligrafia di Will.
Si era completamente dimenticata della lettera che Will le aveva lasciato assieme alla tavola periodica come regalo di compleanno. La prese con mani tremanti e la lesse trattenendo il fiato.
Non si accorse di essersi messa a piangere fino a quando non si toccò la guancia con la mano e la trovò bagnata di lacrime.
Lo avrebbe ucciso, William Herondale.
Andò a farsi una lunga doccia per sciacquare via tutti i pensieri che la tormentavano; tornò nella sua camera e si infilò un paio di jeans, afferrando poi una canottiera che le aveva regalato sua sorella per il compleanno. Aveva un unicorno arcobaleno stampato sul davanti e George non aveva ancora smesso di prenderla in giro, nonostante fossero passati ormai due anni e lei in realtà la adorasse. Stava per indossarla, quando la porta si spalancò alle sue spalle. Rose si voltò e trovò Will sulla soglia. I suoi capelli erano tutti schiacciati da un lato come se si fosse appena alzato dal letto.
«Rose, per l’Angelo! George mi ha detto che…» Will spostò lo sguardo dal suo viso alla maglietta che stava stringendo tra le mani e chiuse gli occhi. «Oddio, scusa!» Si voltò e cercò di uscire dalla porta, ma questa si era richiusa alle sue spalle e lui ci andò a sbattere contro. «Ahia» borbottò, portandosi una mano sul viso.
Rose si mise la canottiera e scoppiò a ridere. «Si può sapere che stai facendo?»
Will tornò a fronteggiarla, continuando però a tenere gli occhi serrati. «Non ho bussato e tu ti stavi cambiando».
«Certo, come se non mi avessi mai visto in costume».
Will aprì un occhio per assicurarsi che si fosse rivestita; solo quando ebbe appurato che non era più in biancheria intima, si decise ad aprirli entrambi.
Le sorrise, quel sorriso che Rose odiava e amava allo stesso tempo perché era in grado di farle dimenticare ogni cosa, anche che era arrabbiata con lui.
«Sono così contento che tu stia bene». Will cercò di avvicinarsi ma lei afferrò un cuscino e glielo lanciò in faccia.
«No» disse. «Non fare un altro passo, William–posso fare quello che voglio perché tanto Rose è cotta di me–Herondale. No».
Will la guardò come se fosse impazzita. «Che stai dicendo?»
Rose era così arrabbiata che gli lanciò un altro cuscino. Will si abbassò e poi ghignò nella sua direzione. «Lo sai che non mi fai niente con i cuscini, vero?»
Rose alzò un sopracciglio e prese in mano il libro di fisica quantistica che aveva lasciato ai piedi del letto. «Magari posso provare con questo, che te ne pare? È abbastanza pesante secondo te?» sibilò, per poi alzare la voce. «Perché se vuoi posso usare quello di programmazione!»
Sbatté il libro sul comodino con un po’ troppa ferocia e chiuse gli occhi per calmarsi. Quando li riaprì si trovò Will davanti, a soli pochi centimetri da lei. Sobbalzò e fece un passo indietro, trovandosi con le spalle contro al muro.
«Mi spieghi cosa ti ho fatto?» le chiese piano Will. I suoi occhi verdi erano più scuri del solito, le pupille dilatate, se per la confusione o per altro Rose non lo sapeva. Sentiva il suo respiro sulla pelle e avrebbe desiderato così tanto riuscire a spingerlo via e essere arrabbiata con lui, ma non ci riusciva. Bastava che lui la guardasse in quel modo per farla sciogliere come neve al sole.
Deglutì e cercò di mantenere un tono di voce fermo, nonostante sentisse gli occhi bruciare per la frustrazione. «Non mi hai detto che sei innamorato di me». Se solo lo avesse fatto, le avrebbe risparmiato un sacco di sofferenza e paranoie.
Will deglutì. «Sono innamorato di te».
«Non vale dirlo adesso».
Will si mise a ridere e Rose non riuscì a fare a meno di sorridergli a sua volta.
«Se dobbiamo essere sinceri, neanche tu mi hai detto che sei innamorata di me».
Rose sentì di nuovo la collera montare dentro di sé. Cosa si era aspettato? Che dopo che lui aveva baciato quella fata proprio davanti al suo naso lei gli avrebbe confessato il suo amore?
Lo guardò seria, cercando di non far trasparire alcuna emozione. «E chi ha detto che sono innamorata di te?»
Will sbiancò, poi arrossì violentemente. Fece due passi indietro per allontanarsi da lei e si passò una mano tra i capelli. «Mi dispiace» disse. «Io credevo che…»
Rose scoppiò a ridere, piegandosi sulle ginocchia. «Dovresti vedere la tua faccia».
Will capì subito che si trattava di uno scherzo e tirò un sospiro di sollievo. «Dio, Rose».
«Te lo sei meritato!» esclamò lei. Gli si avvicinò e gli diede una piccola spinta. «Me lo ricordo quando due anni fa hai baciato quella fata nel locale a Beverly Hills, proprio quando credevo che provassi qualcosa per me. Ma forse ai tempi non provavi niente…»
«No» la interruppe Will. «No no no». Si passò una mano sul viso come se fosse stanco. «Lascia che ti spieghi. Non so cosa sia successo quella notte, so solo che è passata una ragazza con dei bicchieri pieni di un liquido dorato e io, credendo si trattasse di un normalissimo drink mondano, l’ho bevuto. Improvvisamente ogni ragazza nel locale aveva il tuo viso e la cosa non mi sembrava strana. Quando quella fata mi si è avvicinata credevo fosse te. È stato solo quando ti ho vista, quando ho visto la vera te, che l’incantesimo si è spezzato: mi sono reso conto che non era normale che ci fosse più di una Rose e che ero stato vittima di uno scherzo di cattivo gusto».
«Oh». Rose lo fissò con la bocca spalancata, incapace di aggiungere altro. Per anni aveva creduto che Will non la amasse, che quella sera avesse giocato con i suoi sentimenti, e ora scopriva che si era trattato di… un grosso malinteso? Lo avrebbe insultato, se solo non fosse stata così sotto shock. Si prese qualche minuto per metabolizzare la notizia, e quando lo ebbe fatto raddrizzò la schiena. Decise che era furiosa. «Perché non me lo hai detto subito?» chiese. «O anche dopo? Perché cavolo non me lo hai detto e basta?»
«Perché poi tu sei venuta da me con un sorriso e mi hai detto che avrei dovuto chiederle il numero» spiegò Will con una punta di disperazione nella voce. «E da quel momento mi sono convinto che non mi avresti mai visto come più di un amico. Ma più passava il tempo e più mi rendevo conto che mi sono convinto di questo perché volevo convincermi di questo. Era sicuramente più facile che confessarti i miei sentimenti, rischiando di rovinare tutto».
Rose alzò un sopracciglio. «Perché invece così le cose erano fantastiche!»
Will abbassò il capo e si guardò i piedi. Rose sentì un po’ della rabbia che provava scemare: si rese conto che non era arrabbiata con lui, era arrabbiata con il mondo in generale e con se stessa, perché aveva preferito rinunciare a Will piuttosto che dirgli ciò che provava.
«Quindi…» si schiarì la voce, arrossendo leggermente. Non sapeva come chiederglielo, ma doveva sapere. «Mi amavi anche allora?»
Will alzò lo sguardo su di lei. Il suo viso era aperto, limpido, come se non stesse nascondendo più niente e le stesse mostrando ogni cosa. «Certo» disse. «Sempre. Ti ho sempre amata e ti amerò per sempre. So che non credi in queste cose e che probabilmente pensi che l’amore sia solo un insieme di reazioni chimiche e che ci sia un modello matematico per descriverlo, ma io sono convinto che...»
«No, non c’è e odio che non ci sia» lo interruppe Rose a bassa voce. «Non c’è nessun modello mate…»
«Rosie». Will sorrise e le prese il viso tra le mani. «Lasciami finire».
Scusa, pensò Rose, maledicendosi. Stai zitta.
Era consapevole di essere un disastro e di riuscire sempre a rovinare tutto, ma Will non sembrò darci troppa importanza e continuò, ormai incapace di fermarsi. «Sono convinto che le nostre anime siano cresciute amandosi e per amarsi. Sin da quando eravamo bambini ci siamo modellati l’uno sull’altra, accettando ogni parte di entrambi, anche quelle che gli altri non accettano, che nemmeno noi stessi accettiamo. Come potremmo non amarci? Stare insieme per noi è naturale come il sole che sorge ogni mattina. E io amo tutto di te, Rose. Amo quando mi parli di informatica o di fisica nonostante io non capisca una singola parola; amo quando ti alzi alla mattina alle sei per andare a correre, amo la tua determinazione e costanza. Amo quando ti intrecci i capelli perché c’è qualcosa che ti preoccupa, o quando ti mordi il labbro perché sei nervosa. Amo le tue cicatrici, che tu cerchi sempre di coprire, e il fatto che non ti asciughi mai i capelli perché credi che sia estate ovunque. Non piangi mai, ma lo fai sempre per i film mondani che guardi con tuo padre e amo che tu abbia una mente tanto logica che però è anche capace di farsi toccare dall’arte e dall’amore. E amo che tu voglia salire così tanto sulla ruota panoramica a Santa Monica nonostante tu soffra di vertigini: ti prometto che ci saliremo assieme prima o poi». Will prese un respiro profondo come se stesse riuscendo a respirare per la prima volta dopo anni. «Ti amo davvero tanto, Rose».
Rose sentiva qualcosa premerle contro al petto, e realizzò che si trattava del suo cuore. Se avesse potuto, se lo sarebbe strappato e lo avrebbe donato a Will, perché era suo, era sempre stato suo, e Rose sapeva che non avrebbe mai potuto amare nessun altro in quel modo.
Appoggiò le mani sopra a quelle di Will e se le tolse dal viso, intrecciando le dita a quelle di lui.
Come rispondi a qualcosa del genere?
«Non sono arrabbiata con te» si ritrovò a dire con voce sottile. «Ti amo troppo per essere arrabbiata con te. Mi fai sentire così amata, come se non ci fosse niente di strano in me, e ti giuro che è la sensazione migliore del mondo».
«Ma non c’è niente di strano in te».
Rose lo prese per la maglietta e lo attirò a sé, premendo il proprio corpo contro il suo. Will le passò le mani tra i capelli e sospirò sulle sue labbra. Rose poteva sentire i suoi pensieri, e questi corrispondevano ai propri: finalmente. Finalmente posso baciarti, posso toccarti, finalmente sei mio e io sono tua. Finalmente.
Si baciarono come se non stessero aspettando altro da tutta la vita, la bocca aperta, le mani che esploravano il corpo dell’altro. Will la prese per la vita e la strinse a sé mentre Rose si alzava sulla punta dei piedi e gli allacciava le braccia attorno al collo.
Will rise leggermente sulla sua bocca, facendole il solletico e facendola ridere a sua volta.
«Non ci credo che sta succedendo veramente» disse, dandole un bacio a stampo, senza lasciarla però andare. «Ho paura che domani mi sveglierò per rendermi conto che si è trattato di un sogno».
«Sta succedendo invece». Rose gli poggiò le mani sul petto e lo allontanò leggermente, facendolo camminare all’indietro fino a quando le sue ginocchia si scontrarono con il bordo del letto. Lo fece sedere e gli si sedette sopra a sua volta.
«Rose» iniziò Will, ma lei lo bloccò con un bacio. Gli prese il viso tra le mani e tracciò il contorno delle sue labbra con la lingua. Will gemette e le posò le mani alla base della schiena, sotto alla maglietta.
«Toglila» sussurrò Rose, spostando le labbra sul suo collo e baciandolo lì, alla base della mandibola dove si sente il battito del cuore e dove aveva sempre desiderato baciarlo.
Will sospirò, ma le sue mani non si mossero. Allora Rose lo spinse all’indietro, facendolo sdraiare sulle coperte mentre si sfilava la canottiera e la gettava per terra. Will la guardò dal basso verso l’alto come se non l’avesse mai vista in vita sua e Rose si chinò su di lui, uccidendo sul nascere quello che stava per dirle con un bacio.
Sentì Will spostare le mani sui suoi fianchi, poi sulla schiena, su fino all’allacciatura del reggiseno, e Rose non poteva credere che il suo Will la stesse davvero toccando in quel modo.
Pensò a Logan per un attimo, a come si era sentita quando lui l’aveva toccata come Will la stava toccando in quel momento, e si rese conto che non riusciva neppure a mettere a confronto le due situazioni: perché se con Logan si era sentita come se lui la stesse soffocando, con Will si sentiva come se potesse respirare attraverso di lui, come se lui le stesse dando nuovamente vita.
«Ti amo, William» gli disse di getto, toccandogli il viso con la mano. «Ti amo così…»
Qualcuno bussò alla porta. Will si immobilizzò e trattenne il fiato.
«Rose, sbrigati» disse suo padre. Rose sentì la maniglia della porta iniziare ad abbassarsi. «Siamo tutti in biblioteca».
«Non entrare!» Si rese conto di aver urlato e si morsicò il labbro. «Per favore, non entrare».
Suo padre aveva quasi aperto la porta ma si bloccò. «Perché?»
«Perché Wi…» Rose stava per intimargli di andarsene perché c’era lì Will con lei, ma questo le mise una mano sulla bocca per fermarla, implorandola con gli occhi di non dire niente. A Rose non importava che suo padre sapesse che Will era lì, semplicemente non voleva che la vedesse completamente sopra di lui senza la maglietta.
Rose lo guardò male e Will le tolse titubante la mano dalla bocca.
«Perché mi sto vestendo» si inventò allora, solo per amore di Will.
«Ti ho vista nascere» commentò Julian piatto. Dopo un lungo momento di silenzio imbarazzante, lui sospirò. «C’è lì Will, vero?»
Will scosse freneticamente il capo.
«N-no?» disse Rose, consapevole che non era suonata per nulla convincente e che suo padre non se la sarebbe mai bevuta.
Will si coprì il visto con le mani, ponderando probabilmente l’idea di ammazzarsi.
Che tragico, pensò Rose.
«Ci vediamo in biblioteca» disse Julian. Poi si mise a chiamare Emma mentre si allontanava, la sua voce che diventava sempre più distante.
«Si può sapere che problemi hai?» chiese Rose a Will. Era ancora sopra di lui, il viso così vicino al suo che poteva contare le sue lentiggini.
«Mi uccide» sussurrò lui. «Mi uccide».
Rose gli baciò l’angolo della bocca e poi il naso. «Mio padre è…»
«… buono come il pane» concluse Will. «Me lo hai già detto, ma io non ci credo».
La fece spostare di lato e si alzò dal letto.
«Cosa fai?»
«Dobbiamo andare» disse Will. «In biblioteca, ricordi?»
«Vuoi andare in biblioteca?»
«Non voglio andare in biblioteca» rispose Will. «Ma hai sentito tuo padre: dobbiamo andare in biblioteca. Ci aspettano. Tu vai per prima e io vi raggiungo dopo qualche minuto. Per non dare nell’occhio».
«William» disse Rose, mettendosi a sedere dritta sul letto. «Stai scherzando? Non vuoi che i nostri genitori sappiano che siamo innamorati?»
«Lo sanno» disse lui, inginocchiandosi davanti a lei e prendendo le mani tra le sue. «Fidati, lo sanno. Non voglio dar loro motivi per prenderci in giro».
«I miei non ci prenderebbero in giro».
«Parlo di mio padre, infatti». Le diede un bacio sul dorso della mano e si alzò in piedi. «Adesso andiamo, forza. Non voglio che Julian ti venga a prendere per le orecchie e mi uccida».
 
---
 
Will si stava dirigendo con calma verso la biblioteca. Sentiva un piacevole ronzio nelle orecchie e una strana sensazione all’altezza dello stomaco. Era come se il mondo continuasse a girare attorno a lui senza che se ne rendesse conto; percepiva ogni rumore come distante, ovattato, e la sua testa era altrove.
Non era sicuro di essere nelle condizioni per affrontare i suoi genitori, che lo avrebbero guardato con malizia, Julian, che lo avrebbe trattato in modo gentile facendolo sentire a disagio perché Will sapeva che in realtà lo voleva uccidere, George e Cath, che erano due delle persone più ficcanaso che conosceva quando si trattava della sua vita sentimentale, e Rose stessa.
Okay, si disse. Okay, smetti di sorridere come un deficiente. Ci provò, cercando di rendere la sua espressione il più naturale possibile, ma fallì miseramente.
Non poteva farne a meno. Rose lo aveva baciato. Lui aveva baciato lei. Di nuovo.
Rose Eleanor Blackthorn era innamorata di lui.
Riprese a sorridere. 
Era stanco, si sentiva come se gli fosse passato addosso un carrarmato, le ossa doloranti e i muscoli intorpiditi. Ma non gli importava, perché le mani di Rose avevano sciolto quella stanchezza e le sue labbra gli avevano ridato energia.
Il suo sorriso si fece ancora più grande, il che era un problema dato che era arrivato davanti alla porta della biblioteca.
Entrò silenziosamente, cercando di non attirare l’attenzione.
Il suo sguardo trovò subito Rose, seduta su un tavolo di fianco a Cath e George che stavano esaminando una mappa. Portava ancora la canottiera con l’unicorno arcobaleno e si era raccolta i capelli in un morbido chignon sul capo, lasciando scoperto il collo. Quella canottiera era oggettivamente bruttissima, a meno che tu non avessi sette anni e una passione per il rosa e gli unicorni, ma a Rose sembrava piacere, forse perché le era stata regalata da sua sorella. Se doveva essere sincero, adesso anche Will la adorava. Era diventata la sua maglietta preferita. Certo, se Rose non se la teneva addosso era anche meglio.
Will arrossì e si andò a sedere di fianco a George.
Vide i suoi genitori in piedi di fronte a un alto scaffale, probabilmente alla ricerca di qualche libro per Magnus, e Holly seduta su un tappeto a leggere un libro.
«Guarda chi abbiamo qui» lo salutò George con un ghigno. «Allora? Rose non vuole dirci niente».
Rose alzò gli occhi al cielo. «Perché devi farti gli affari tuoi».
Will sentì il sorriso spuntargli di nuovo sulle labbra e il desiderio di avvicinarsi a Rose, di toccarle la mano, di sfiorarle la guancia, si fece quasi insopportabile.
Non ebbe bisogno di dire niente, perché come al solito sapeva che il suo viso parlava da sé.
Cath lo stava guardando con gli occhi lucidi e Will si ricordò quando l’aveva conosciuta e aveva sperato di innamorarsi di lei. L’aveva invitata al concerto dei Dark Paradise -una band sconosciuta che piaceva solo a George. Aveva un biglietto in più perché Rose stava male e non sarebbe potuta andare con loro. Aveva sperato di iniziare a provare qualcosa per lei, ma alla fine era stato George a innamorarsi di Cath, e Will aveva continuato ad amare Rose in silenzio, credendo che quello sarebbe stato il suo destino: amare Rose senza che lei lo sapesse.
Ma ora lo sapeva, lo sapeva e ricambiava i suoi sentimenti. Quella consapevolezza lo stava divorando dall’interno, tanto che mandò all’aria il proprio autocontrollo e fece per avvicinarsi a Rose e stamparle un bacio sulle labbra davanti a tutti.
Aveva già fatto un passo verso di lei quando Julian entrò nella biblioteca. Will finì quasi per terra.
«Abbiamo parlato con il Console Gladstones» disse.
George, Cath e Rose si misero a ridere, perché Will aveva emesso un verso strano e si era aggrappato al tavolo per non cadere davvero.
Will si raddrizzò e rivolse a Julian un cenno di saluto con la mano. «Ehi».
Julian inclinò il capo e alzò un sopracciglio nella sua direzione. «Ciao, William» disse. Poi continuò: «Abbiamo parlato con il Console Gladstones e vuole che andiamo a Idris per testimoniare davanti al Concilio».
Will annuì. Julian e Emma sarebbero dovuti andare per forza per raccontare quanto accaduto vent’anni addietro, quando Emma aveva ucciso Fal con Cortana, mentre lui, Rose, George e Cath avrebbero dovuto raccontare il resto.
«Partiamo per Idris domani mattina» disse Emma.
«Partite?» Holly aveva alzato gli occhi dal suo libro e li stava guardando dal basso verso l’alto.
«Dobbiamo andare a Idris a parlare con il Console» spiegò Emma. «Non ci vorranno più di un paio di giorni».
«Posso venire anche io?» chiese Holly con un filo di voce. Will sospettava che sapesse già la risposta.
Emma esitò un attimo, e fu Julian a parlare. «Non puoi, Holly. Mi dispiace. Passeremo tutto il tempo alla Guardia e nell’ufficio del Console, ti annoieresti. È meglio che tu stia qui».
Anche Will preferiva che Holly rimanesse a casa: avrebbero discusso dei Riders e ne sarebbe rimasta solo traumatizzata.
«Ma…» Il labbro di Holly aveva iniziato a tremare. «Anche Rose deve venire con voi?»
Holly alzò lo sguardo su sua sorella.
«Sì, Holly. Devo andare» disse lei. «Rimarranno zio Ty e zio Kit qui con te. Oppure puoi andare da zio Mark. Lo sai che hanno un nuovo cagnolino? Tra parentesi, non è giusto, ne voglio uno anche io».
Rose desiderava un cane da quando era una bambina. Church qualche volta andava a fare loro visita all’Istituto, ma quel gatto odiava Rose e Rose odiava lui.
«Non puoi andare» sussurrò Holly. Non stava piangendo, però delle lacrime avevano iniziato a bagnarle il viso. «Ti sei appena svegliata e devo farti vedere i disegni che ti ho fatto».
«Puoi farmeli vedere adesso» le disse Rose con un sorriso. «Sarò a casa prima che tu te ne renda conto».
Holly si alzò e andò via, camminando con la testa bassa e iniziando a piangere più forte. Rose incrociò lo sguardo di sua madre e poi corse dietro a sua sorella.
Julian osservò il punto in cui le sue figlie erano scomparse e sospirò.
«Magari Rose può stare davvero a casa» disse.
«Buona fortuna a convincerla» disse Jace. «Verrò anche io con voi. Devo aggiornare Samantha Gladstones sulla situazione a New York».
Will vide sua madre sospirare. Non le piaceva quando suo padre veniva trascinato a Idris senza di lei.
Decisero di trovarsi direttamente ad Alicante; avrebbero aperto un portale da Idris per i Blackthorn, mentre Will avrebbe potuto aprirne uno da New York per lui e suo padre. George e Cath li avrebbero raggiunti nel pomeriggio perché lei doveva tornare a casa a controllare che suo padre stesse bene, dato che non le rispondeva al cellulare da un paio di giorni.
Rose era ancora con Holly quando Will lasciò Los Angeles, quindi non riuscì a salutarla. Le inviò un messaggio per dirle che Sophia e Celine erano invitate a cena da loro e che si sarebbero visti l’indomani a Idris. Rose gli rispose dopo un paio di ore, dicendogli che Holly si era calmata e l’aveva tenuta impegnata tutto pomeriggio a giocare con lei.
Will era stato sul punto di chiederle se voleva che andasse da lei dopo cena, quando suo padre gli tese un agguato alle spalle.
«Scambi epistolari tra amanti?» gli chiese.
Will sobbalzò e per poco non gli cadde il telefono dalle mani. Erano in corridoio, a qualche metro di distanza dalla cucina. Will si era fermato lì per scrivere a Rose per evitare che sua sorella Celine facesse commenti sconvenienti, e ovviamente era arrivato suo padre a rimediare.
«No» rispose Will, cercando di non diventare rosso. «Fatti i fatti tuoi».
“Fatti i fatti tuoi” era la frase che usava di più con suo padre e sua sorella in quell’ultimo periodo.
Suo padre si mise una mano sul cuore. «Mai, William. Dovresti saperlo ormai».
«D’accordo, era Rose. E allora?»
Jace gli sorrise, rivolgendogli non il tipico ghigno di quando lo prendeva in giro, ma un sorriso sincero. «Era ora, non trovi?»
Will era sul punto di negare, di dirgli che si sbagliava, che non aveva capito. Il suo cervello era così abituato a nascondere quello che provava per Rose che partiva in automatico, non si rendeva ancora conto che poteva dirlo ad alta voce: io e Rose stiamo insieme e siamo innamorati.
«Sì». Will annuì. «Era decisamente l’ora».
 
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A cena, i genitori di Will aggiornarono Lizzie, Celine e Sophia su quanto accaduto nei giorni precedenti. Will rimase taciturno per evitare di dare a sua sorella maggiore altro materiale per prenderlo in giro e si limitò a raccontare di come gli fosse venuta in mente la nuova runa e di come avessero deciso di inseguire i Riders.
«Fatemi capire, questa runa permette alle nostre armi di ferire i Riders?» chiese Sophia. I suoi occhi azzurri luccicavano. «Non mi abituerò mai a questa vostra capacità, è straordinario».
«Lo so» disse Celine, passandole un braccio intorno alle spalle e dandole un bacio sulla guancia. «Siamo straordinari. Io di più però».
Sophia le sorrise. Will si era ritrovato più volte a pensare che con i suoi capelli scuri e carnagione chiara somigliasse a Biancaneve - Rose gli aveva mostrato un libro di fiabe illustrate quando erano piccoli e lui le ricordava tutte molto bene.
«Ohw» fece Lizzie portandosi una mano sul cuore. «Siete così carine».
Celine si allontanò da Sophia e si schiarì la voce. «Io non sono carina. Sophia è carina».
«Anche tu lo sei quando stai con Sophia» ribatté Lizzie. 
Loro padre si era preso la testa tra le mani e stava mormorando qualcosa tra sé e sé. 
«Jace, stai bene?» gli chiese Clary, posandogli una mano sulla spalla.
Jace alzò il viso e guardò Celine. «Non mi sono ancora capacitato del fatto che la mia bambina si sposi».
Scoppiarono tutti a ridere, tranne Celine che diventò della stessa tonalità dei propri capelli.
«Sei fortunata che Sophia è la ragazza più gentile che io conosca e non un ragazzaccio come quel John con cui ti sentivi a sedici anni» continuò Jace. «Altrimenti non so se sarebbe ancora qui».
«Papà» sbottò Celine alzando gli occhi al cielo. «Lo dici ogni volta che Sophia viene a cena».
«Vero» concordò lui. «Ma non la ringrazierò mai abbastanza per averti fatto mettere la testa a posto».
«Non è neppure stato così difficile» disse Sophia con un sorriso.
«E Rose come sta?» chiese Lizzie preoccupata. «Si è svegliata, vero?»
Will sentì tutto il sangue che aveva in corpo andare a confluire sulla sua faccia. Sapeva che era diventato rosso, lo sapeva e sperava che nessuno se ne accorgesse.
Respira, Will. Respira.
Jace e Clary si scambiarono un’occhiata piena di sott’intesi –che non passò inosservata a Celine- e rimasero in silenzio, aspettando che fosse Will a dire qualcosa.
Ma Will non aveva intenzione di parlare, nonostante tutti lo stessero fissando.
«Che c’è?» sbottò dopo qualche minuto. «Rose sta bene».
«O mio Dio» esclamò Celine posando la forchetta di fianco al piatto con calma. «Non dirmelo».
Will voleva morire.
«Oddio!» Lizzie, al suo fianco, si coprì la bocca con le mani e lo guardò con gli occhi spalancati.
Sophia sembrava confusa, mentre i loro genitori divertiti, troppo divertiti per i gusti di Will.
«Mi sa che mi sto perdendo qualcosa» disse Sophia.
«Non ti stai perdendo niente» borbottò Will.
«Will e Rose si sono messi insieme!» Celine batté le mani e guardò suo padre per conferma.
«Non guardare me» fece lui. «La faccia di William parla da sola».
E infatti la sua faccia parlava da sola. Lizzie lo abbracciò, sulla soglia delle lacrime.
«Devi raccontarmi tutto!» gli ordinò. «Tutto! Ma vi siete baciati? Com’è successo?»
«Non ti dirò proprio niente» rispose Will, spostando poi lo sguardo su Celine. «Soprattutto con lei presente. Anzi, con lei e papà presenti».
«Ingiusto» commentò Celine. «Davvero ingiusto!»
«Dovresti parlarne con il tuo papà invece» disse Jace. «Posso solo darti buoni consigli. Vero, Clary?»
Will rabbrividì. Non ne avrebbe parlato con lui neppure se fosse stato disperato.
«Be’» iniziò sua madre. «Diciamo che avevi qualche asso nella manica».
Sia Will che le sue sorelle proruppero in versi disgustati pregandola di non andare oltre e di non elaborare.
«D’accordo, d’accordo». Clary ridacchiò. «Quindi è ufficiale?» chiese poi a Will.
«Sì». Will annuì, sentendosi un po’ in imbarazzo ma felice. «Però ora basta. Insomma, non ci stiamo mica sposando».
«Basta?» chiese Celine alzando le sopracciglia. «Sono anni che le muori dietro. Come minimo dobbiamo fare una festa».
«Stai scherzando» disse Will. «Stai scherzando, vero?»
Celine si mise a ridere e gli lanciò una pallina di mollica di pane. «Certo, scemo. Però devo parlare con Rose».
«Tu non parlerai proprio con nessuno».
«Oh, anche io devo parlare con lei» saltò su Lizzie. «Visto che tu non mi racconti niente».
Ci mancava solo che le sue sorelle si coalizzassero contro di lui. Solitamente erano lui e Lizzie contro Celine, o meglio, Celine contro lui e Lizzie, ma quella volta sua sorella minore aveva deciso di tradirlo.
«Ti prometto che ti racconterò tutto appena Celine se ne va» disse a Lizzie. «Non c’è bisogno che chiami Rose. Sarebbe… strano».
«Che cosa?» Celine lo guardò come se l’avesse appena pugnalata alle spalle. «Credevo di essere io la tua sorella preferita!»
«Che cos’è che ti ha dato questa impressione esattamente?» chiese Will con un ghigno.
Celine si finse estremamente offesa e distolse lo sguardo.
«Ragazzi, basta così» intervenne Clary per calmare le acque. «Lasciate in pace il povero Will. Solo una cosa, tesoro… quando ci viene a trovare Rose?»
Si misero tutti a ridere e Will questa volta si unì a loro, troppo contento per preoccuparsi di alcunché. Sua sorella e suo padre potevano prenderlo in giro quanto volevano, sapeva che erano felici per lui, che tutti lo erano.
«In ogni caso» riprese Celine. «Ho fissato la prova dell’abito da sposa per dopodomani, dato che sarete già a Idris».
Will si ricordò che Rose gli aveva chiesto se poteva andare con loro alla prova degli abiti, ma non lo aveva ancora detto a Celine per via di tutto quello che era successo.
«Rose mi ha chiesto se si può unire a noi» disse.
Forse però quello non era il momento più adatto per tirare fuori l’argomento, dato che sua sorella parve accendersi come una lampadina.
«Sì» gli rispose. «Certo che sì. Almeno potrò parlare con lei da donna a donna, se capisci cosa intendo».
Will non capiva e non voleva capire. «Mi accerterò che non rimanga da sola con te neppure per due secondi».
«Be’ posso tranquillamente parlarle di te anche se sei presente» gli rispose lei con un’alzata di spalle. «Mica mi faccio problemi».
Will bevve un sorso d’acqua, consapevole che prima o poi Celine avrebbe incontrato Rose e che lui se ne sarebbe dovuto fare una ragione. E onestamente? Non gli importava proprio per niente, ciò che gli importava era che lui e Rose stessero finalmente insieme. Quella era l’unica cosa che importava.

NOTE DELL'AUTRICE
Non so voi, ma io sento le campane che suonano! Finalmente i due polli ce l'hanno fatta! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io non ho molto altro da dire, se non che questa è la fine della seconda parte. Dal prossimo capitolo inizierà la terza e ultima parte che, purtroppo non è ancora conclusa perché purtroppo l'estate è finita e sono tornata all'università. Però cercherò di rimanere costante, ho ancora 3-4 capitoli pronti. 
Nulla, grazie mille se ci siete ancora. A presto!

Francesca 
  
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