Loro non si cercavano ma si respiravano,
facevano respiri profondi,
nel tentativo di toccarsi l’anima a distanza
e di abbracciarsi in un pensiero.
Con l’anima spenta e in frantumi,
senza connessioni,
al di là dello spazio e del tempo,
fuori dalla dimensione reale,
sceglievano l’amore ma eludevano le circostanze.
Ciò che strugge congiunge
ma si lascia travolgere dalla nitida ambiguità dello spirito.
Si rimpinzavano di quell’amore infausto.
Tra le lettere al caffè,
le melodie depresse,
e le domeniche piovose,
la necessità dell’illusione li univa.
L’illusione era la speranza che alimentava
Quell’amore sciagurato eppure razionale,
Quell’amore che manca a se stesso,
sfrenato ma logico al punto da intuire un altro spirito.
Senza questa anomala idealizzazione dell’amore
non ci sarebbe stato l’impellente ma represso desiderio d’amarsi.
Si nutrivano di storie ed estratti di letteratura,
racconti di passioni eleganti;
li leggevano cercando di esorcizzare
il proprio slancio castrato.
Erano entrambi consapevoli
Che il destino non li avrebbe riconciliati una seconda volta
Ma avrebbe continuato a tessere i fili di una piaga dentro al petto.