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Autore: DameVonRosen    24/11/2017    2 recensioni
Un Sandor Clegane crudele e spietato, ma anche incoerente, sofferente e combattuto, che mai vorrebbe fare i conti col proprio passato e con le proprie paure, ma che col tempo si renderà conto dell'inevitabilità di questo scontro.
Storia ambientata nel contesto di GOT, con personaggi nuovi e completamente scollegati rispetto ai libri o alla serie TV; solo alcuni sono stati estrapolati, cercando di farlo nel modo più fedele possibile, mantenendo inalterato il loro Background, la loro storia e il loro carattere.
Amo le storie in stile SanSan, ma in giro ce ne sono davvero molte e il rischio di ripetere quanto già prodotto da altri, o anche scadere nel banale e nel "già letto" era alto. Ho quindi optato per qualcosa di differente :) adoro il personaggio del Mastino, adoro quella sua profonda complessità che ogni tanto emerge.
Non temete se all'inizio il nostro amato Sandrone è apparentemente posto in secondo piano rispetto alla storia, non sarà sempre così ;)
Attenzione: possibile (probabile) linguaggio volgare, scene violente o contenuti forti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Bronn, Nuovo personaggio, Sandor Clegane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
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Da questo momento lo stile narrativo sarà differente, come avrete modo di vedere; l'ho fatto per poter mettere maggiormente a fuoco le emozioni e le sensazioni dei due protagonisti. Buona lettura :)

 

 

NYMERIA
 

Mi sveglio lentamente, vedo la luce che filtra dalle tende. Sono nella mia stanza.

Ho mal di testa, mi sembra di aver ricevuto una martellata; forse è davvero così. Il tempo di aprire gli occhi e realizzo: non dovrei essere qui, perché sono qui?

Bronn, Bronn è morto. È morto per me, è stato ucciso da Qoren e io ora sono in camera mia. Dove è Bronn? Dove l’hanno portato, e chi ha portato me qui? Cosa sta succedendo?
Non ho la forza di piangere, è come se avessi finito tutte le lacrime, come se mi fossi prosciugata la notte scorsa. Mi sento vuota, mancante. Una parte di me non c’è più: insieme a lui sono un po’ morta anche io. È morta la parte di me che brama la libertà, che ha fame di sapere, di imparare e viaggiare. Sento che non c’è più e che non tornerà mai e la tristezza mi assale. Mi faccio forza e cerco di sollevarmi dal letto, mettendomi seduta e guardandomi attorno.
E proprio accanto al letto vedo un pezzo di tessuto scarabocchiato, lo prendo in mano.

 
 
Vi ho portato via dopo che siete svenuta e vi ho portata nella vostra stanza. Nessuno fortunatamente vi ha vista, nessuno sa del vostro piano, escluso il ragazzo. Bronn è stato portato via, entro sera sarà cremato.
Sandor Clegane

 
Fatico a realizzare tutto quello che è accaduto, nemmeno riesco a pensare a cosa accadrà nel futuro più prossimo. Sento disordine, ansia, paura, solitudine. Mi rendo conto che sono ancora vestita come la scorsa notte, ricordo bene tutto il piano: sento ancora il profumo della libertà, l’odore delle scuderie, la voglia e l’eccitazione. Le sento però come cose terminate, che non si ripeteranno. Non credo di potermene davvero andare ora, non con Bronn qui: è vero, gli ho promesso che me ne sarei andata in ogni caso, ma ho paura, non sono pronta, non più credo.
L’unica persona che può dare una risposta ai miei dubbi è l’unica ad essersene andata. Decido comunque che voglio vederlo, un’ultima volta; non credo di aver ancora realizzato la realtà. Non mi prendo neanche la briga di cambiarmi d’abito e scendo.

Bronn è in una stanza, vicino al laboratorio del maestro. È solo, abbandonato, svestito e coperto con solo una veste malconcia. Mi fa schifo vederlo in quel modo così poco dignitoso: meriterebbe un’armatura e una corona di fiori, invece è trattato come un qualsiasi uomo di corte. Mi avvicino e lo guardo, una morsa allo stomaco mi prende: è molto pallido, rilassato, spento. Le lacrime mi rigano il viso senza che io me ne accorga, ma non mi importa, siamo soli in questo momento.

<< Non credo di farcela, Bronn. Non credo di farcela da sola. >> gli sussurro e sento che lui, in un modo o nell’altro, riesce a sentirmi, così continuo a parlare.

<< Non sono abbastanza forte, non senza di te… >>

<< Sei forte se hai le palle di esserlo. >> sussulto impaurita, non avevo sentito nessuno arrivare.
Eppure, con il suo fisico imponente e i quasi due metri di altezza, Sandor Clegane, se voleva, sapeva diventare invisibile. Lo guardo e sento delle emozioni contrastanti: da un lato sono felice che sia lì, che mi abbia nuovamente salvato e che in un modo o nell’altro mi sia vicino, dall’altro mi sento in colpa. Non dovrei provare sollievo, che rispetto ho per Bronn? Non posso permettermi di mancargli di rispetto, non dopo quello che ha fatto, mi sento in colpa.

 



 
SANDOR
 

<< ‘Beh? Avete intenzione di stare qui ancora per molto? Non lo riporterete in vita continuando a piangere. >>
La vedo mentre mi guarda con astio e rabbia: evidentemente le da fastidio il modo in cui le sbatto in faccia la realtà. Tipico delle principessine di corte.

<< Potreste avere un minimo di rispetto? Sono in lutto, sto piangendo un amico che è morto, vorrei che capiste la situazione. >> il suo sguardo trasmette ira, ma le parole sono gentili; le hanno insegnato bene a nascondere i suoi sentimenti, ma non così bene. La guardo con un sorriso di commiserazione.

<< Rispetto per chi esattamente? Per quel cadavere che avete di fronte o per voi? In ogni caso non siete voi che mi pagate, quindi non vi devo niente. >> mi fa ridere il modo in cui si sia presa a cuore la morte del suo mercenario, il modo in cui non abbia le palle di rialzarsi e smettere di piangere.

Ora vedo uno sguardo anche troppo familiare, non perché me lo abbia rivolto spesso, ma perché lo vedo da tutta una vita: è quel misto di paura, tristezza, amarezza e schifo che la gente prova verso di me, quando scoprono che io a differenza loro guardo in faccia la realtà, che non mi nascondo dietro a speranze e illusioni. Ma poi lo sguardo di lei muta, diventa seria e fiera, solleva il viso e mi guarda dritto negli occhi: solo i Sette sanno quanto odi questo suo modo di fare.

<< Perché siete qui? >>

Non so risponderle, ovviamente. Mi innervosiscono queste sue domande schiette, dritte al punto. Il fatto è che non riesco a prevedere il suo comportamento: a volte si atteggia come una qualsiasi lady incosciente e stupida, altre volte è spaventosamente sincera e autentica.

<< Non vi devo spiegazioni. >> al che mi guarda con un altro di quegli sguardi che mi fa imbestialire: quel mezzo sorrisetto che si riserva a una persona che si è appena messa palesemente in ridicolo. Mi fa incazzare, soprattutto perché non ribatte.

<< Pensavo che foste una con le palle, una capace di ragionare con la propria testa, ma mi sbagliavo, è ovvio. Guardatevi quanto fate pena: è bastato che il vostro vecchio spasimante tirasse le cuoia per farvi cagare sotto.
La verità è che da sola non siete in grado di fare un cazzo. >>

Nyneria è voltata di schiena, ma appena termino di parlare si gira di scatto, furibonda, prendendo un attizzatoio di ferro e alzandolo per colpirmi. È veloce, ma io lo sono di più e la blocco con una mano sola; ci prova a liberarsi ma io stringo più forte l’arnese. Si sta ferendo le mani lottando con tutta la forza che ha, vedo il sangue che scorre dalle dita e dai suoi palmi, ma non mi fermo. Mi sorprende il fatto che non pianga o non si lamenti minimamente, ma a un certo punto si avvicina: mi arriva all’altezza del petto da quanto è piccina, ma inspiegabilmente mi sento a disagio, di nuovo ho i suoi cazzo di occhi viola addosso.

<< Non insultate Bronn, non osate farlo! Non lo conoscevate minimamente e non sapete quello che ha fatto per me. Andatevene via e lasciatemi sola. >> la calma con cui pronuncia quelle parole è intensa e decido di mollare la presa, allontanandomi. Me ne vado fuori, ancora nervoso, avviandomi verso l’armeria.
Non passa neanche mezz’ora ed eccola davanti agli occhi; vede che sono lì ma non mi degna di uno sguardo, è visibilmente arrabbiata, ma forse c’è anche dell’altro. Mi sfila davanti e passa oltre, entrando nell’armeria. Cosa cazzo ci fa qui? Il nervoso non fa altro che aumentare, sono inqueto, odio non sapere le cose quando mi interessano.

Esce poco dopo, sulla schiena indossa una faretra e tra le mani regge una grossa cintura con delle fondine, insieme a due pugnali e a un arco. Punta dritta verso le scuderie. Capisco che lo sta per fare, sono sorpreso e inspiegabilmente resto incazzato: sento che mi da fastidio il modo in cui ora mi ignora, sapendo benissimo che se ne sta per andare per sempre.

<< Attenzione! Un incendio! Presto venite! Fate evacuare! >> delle urla in lontananza mi distolgono dai miei pensieri; vedo che anche Nymeria si è voltata di scatto, per poi andarsene comunque verso il suo cavallo.

<< Che cazzo succede! >> borbotto mentre corro seguendo le urla delle persone, finché non intravedo il fumo. Il palazzo non sta bruciando, ma solo alcune zone al piano terra; mi avvicino sempre di più e vedo meglio: quello che sta bruciando è il laboratorio del maestro dei Dayne, insieme alle sue stanze attorno.

Le stanze del laboratorio.

L’ex mercenario.

In un attimo realizzo e istintivamente mi volto, come se sperassi di incrociare il suo sguardo. Ma lei è andata via, se ne è andata poco fa davanti ai miei occhi; è stata Nymeria a bruciare il corpo, per poi andarsene approfittando della confusione. 
Una mossa intelligente, convengo; mi ritrovo ad ammettere anche che è stata forte nel fare quello che ha fatto. Evidentemente ci teneva davvero a quell’ex mercenario, altrimenti non lo avrebbe certo bruciato di sua spontanea volontà, è stato un atto di grande rispetto e riverenza. Probabilmente non voleva che qualche estraneo lo cremasse e lo gettasse via come niente.

Come biasimarla.
 



 
NYMERIA
 

<< Forza Dathmed, ancora un altro po’. >> sento già dolore alle cosce e ai glutei, anche se è solo mezz’ora che galoppo: avrei dovuto esercitarmi di più. Non è stato difficile uscire dalle porte della città, eppure fino all’ultimo ho pensato di tornare indietro; le lacrime hanno smesso da poco di scorrere e gli occhi mi bruciano, anche a causa del forte vento afoso.

Sono stata forte, mi ripeto. Bronn avrebbe voluto questo, e anche io; credo sia stata la cosa più difficile che abbia mai fatto, vederlo bruciare davanti ai miei occhi, incendiarlo e poi andarmene. Ma lui non era più lì, se ne era andato ormai da un bel po’, Sandor aveva ragione. Ora sento che Bronn è dentro di me e ci resterà sempre, è come se vivesse in me; questo pensiero mi fa gonfiare il cuore nel petto e mi da la forza di continuare a cavalcare, la forza di andare avanti per la mia strada.

Tu sei con me.
 
 


 
SANDOR
 

<< Radunate tutti gli uomini che potete e cercatela in ogni angolo del palazzo! Se non la trovate uscite, perlustrate tutta la zona, deve essere da qualche parte! >> Lord Dayne non sta facendo altro che sbraitare ordini ai suoi soldati, tutti che corrono come se avessero un lupo alle calcagna. Poveri stronzi, se conosco appena la ragazza che stanno cercando, sarà già fin troppo lontana per loro. Improvvisamente sento qualcosa che attira la mia attenzione, mi volto verso il padre di Nymeria.

<< Chiunque riporterà qui mia figlia riceverà il suo peso in oro e lo nominerò cavaliere! Chiunque me la riporti sana e salva! >>

Vorrei tanto sputargli addosso a quella feccia di uomo: prima rovina l’avvenire alla figlia e poi pretende che lei voglia stare ancora qui. Vedo che in mano stringe un foglietto con una scritta femminile: probabilmente lei stessa gli ha scritto cosa ha fatto e perché, ma per l’ennesima volta Tailon Dayne non è capace di accettare la realtà. In un modo o nell’altro si somigliano tra loro, padre e figlia. Mi rendo conto però che la ricompensa che offre non è esattamente una cazzata, potrei smettere di lavorare per il resto dei miei giorni. Dopotutto, rispetto a queste checche di soldati, sono sicuramente l’unico che ha una speranza di riportarla indietro.
Uno strano senso di colpa si fa però strada dentro di me: è giusto quello che voglio fare? Riportarla nella sua prigione? Non dovrei neanche pensarci due volte, mi sento un’idiota.

<< ‘fanculo >> impreco a bassa voce, andando a passo svelto in direzione di Stranger.

Esco dal palazzo insieme a una manica di stronzi al servizio dei Dayne, fermandomi appena fuori e lasciandoli passare: odio avere gente tra i piedi mentre sono a cavallo. Rifletto su dove possa essere andata: Starfall è costruita vicino all’acqua, ma attorno c’è deserto e sterpaglia, nessun bosco dove andare a nascondersi. Devo quindi pensare piuttosto a dove possa essere diretta: a sud c’è il mare d’Estate, mentre a Est andrebbe verso Lancia del sole, capitale di Dorne. Oppure potrebbe andare a Nord, verso l’Altopiano, le Terre dei fiumi o mille altri cazzo di posti.

<< Cazzo. >> perché mi sono immischiato in questa storia? Perché?

I soldati sono andati tutti in direzione delle città limitrofe, ma è improbabile che lei segua quelle strade: l’ultima cosa che vorrebbe fare è essere riconosciuta.

<< Voi l’avete vista uscire... >> urlo alla guardia posta in cima alle mura.

<< ...da che parte è andata? >>

<< A nord, dritta verso nord. >>

<< Vaffanculo. >>

<< Come, prego? >> mi guarda con aria di sfida, ma io me ne sono già andato, spronando Stranger con forza.

<< Dannata ragazza rompicoglioni. Quando ti riporterò a casa pretenderò il mio peso in oro, non il tuo. >>




 
NOTE DELL'AUTRICE
Eccomi, con questo brevissimo capitolo di passaggio, vogliate perdonarmi. Il prossimo arriverà a breve :)
Come al solito siete in moltissimi a leggere questa storia e vorrei ringraziare ognuno/a di voi per questo. Mi piacerebbe ricevere più recensioni, più feedback su come eventualmente migliorare la stesura del racconto o ricevere qualche opinione in più, per cui sentitevi pure liberi di esprimervi :) alla prossima!
M
   
 
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