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Autore: TheGhostOfYou0    24/11/2017    3 recensioni
[ModernAu]
Cersei Lannister è la donna più potente della città e ha tanto denaro quanti segreti. Suo fratello Jamie si sveglia ogni mattina più vuoto della precedente e dovrebbe essere ovunque tranne che lì, mentre Tyrion, che non ha altro posto dove andare, ha imparato come colmare quei cinquanta centimetri di normalità che gli mancano, eppure non riesce a sentirsi felice. Robb Stak ha dovuto imparare ad essere padre troppo presto, quando il suo è morto, e Jon s’è trovato improvvisamente orfano. Sansa è prigioniera dei suoi sorrisi tiepidi e della sua bellezza, sua sorella Arya a volte la odia. Margaery Tyrell, un po’ come Theon Greyjoy, vorrebbe disperatamente essere importante, mentre suo fratello Loras vorrebbe le bastasse esserlo per lui. Renly Baratheon si nasconde da una società che non lo accetta ed in questo ha qualcosa in comune con Brienne. E poi c’è Daenerys Targaryen, che è rimasta sola al mondo ed ha deciso di ricominciare in quella città sconosciuta dove è nata, dove tutti si conoscono tutti eppure nessuno sembra sapere nulla della sua famiglia
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brienne di Tarth, Daenerys Targaryen, Jaime Lannister, Jon Snow, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Na: questa storia nasce da un gioco, un generatore random di prompt e un'idea folle. 
E' un agglomerato di sfiga, complotti ed intrighi, nulla di troppo diverso da Got quindi, ma niente che possa eguagliarlo, solo un piccolo modo di assecondare la mia fantasia. Buona lettura



Catching the butterfly
 
 Capitolo primo 
Un passo
 
 

 
Non crede dimenticherà mai l’odore pungente che impregnava l’aria quella mattina, sapeva di bruciato,  di benzina e qualcos’altro che non riusciva a distinguere e faceva venire le lacrime agli occhi. Letteralmente.  Ricorda d’essersi coperta il naso con la sciarpa che indossava e che faceva talmente freddo che il suo corpo continuava ad essere scosso da tremori incontrollati ed i denti sbattevano l’uno contro l’altro.
 Lei, con il suo metro e novantuno di altezza, le spalle che sembravano ancora più larghe per via del giaccone imbottito ed i capelli corti spettinati, era scesa lentamente dalla sua macchina cercando di nascondere il timore crescente e l’ansia che la stava divorando.  
Una folata di vento gelido l’aveva colta alla sprovvista, congelando la sua espressione sofferente per qualche istante.  L’inverno stava arrivando, decisamente. 
Il primo giorno di lavoro era da sempre un tremendo incubo per Brienne Di Tarth, era inevitabile avere gli occhi puntati addosso, inevitabile essere al centro dell’attenzione più di quanto non lo fosse solitamente, inevitabile notare le espressioni divertite, imbarazzate o più semplicemente sorprese dei suoi colleghi.
C’era abituata, eppure faceva male ogni volta.  
“Signorina Di Tarth?” Aveva chiesto voce maschile alle sue spalle.
“Ai suoi ordini signore” Aveva risposto lei voltandosi e tendendogli la mano. L’uomo era istintivamente arretrato nel fronteggiarla, come si fosse trovato improvvisamente davanti una montagna insormontabile e la osservava dal basso con occhi stupiti e vagamente disgustati.
 Brienne si lasciò scappare un sorriso amaro.
Tipico.
“E’ un piacere averla con noi signorina” Aveva affermato l’uomo afferrando la mano ancora tesa verso il nulla. “Sono il capitano Baelish. Petyr Baelish” Si era presentato poi, sorridendole  falsamente come bastassero le sue labbra incurvate e cancellare lo schifo che aveva letto poco prima sul suo volto.
 Brienne però aveva tenuto i suoi pensieri per se, aveva ricambiato il sorriso e studiato l’uomo con la stessa attenzione che lui le aveva dedicato, mettendolo in soggezione.
“Di cosa si tratta?” Aveva domandato poi, spostando lo sguardo dall’uomo per indicare con il capo il dirupo in cui si stavano calando con cautela alcuni agenti della scientifica nelle loro tute assieme ad un fotografo forense.
“Solita vecchia storia. La macchina ha sbandato ed è precipitata, non sappiamo ancora a chi appartenga o chi fosse alla guida e neppure le cause o le dinamiche dell’incidente, sempre che sia stato tale” Le aveva spiegato Baelish, con gli occhi grigiastri puntati esattamente come Brienne sul punto in cui la transenna era stata sfondata dall’auto incorsa probabilmente a velocità folle.
“Mi dispiace accoglierla in questo modo. Le prometto che le mostrerò al più presto la sua scrivania e l’accompagnerò personalmente a fare un giro del commissariato. Le ribadisco quanto realmente abbiamo bisogno di nuovi agenti, Westeros non è una grande città, eppure c’è sempre qualcosa da fare per noi. Le assicuro non si annoierà affatto” Il capitano Baelish aveva interrotto l’imbarazzante silenzio che s’era venuto a creare tra loro improvvisamente, come se lo facesse sentire a disagio.
A lei, invece, non dispiaceva affatto, preferiva quello alle sua parole vuote.
“Possiamo andare anche noi?” Aveva chiesto Brienne, dirigendosi senza aspettare la risposta dell’uomo, verso il dirupo.
“Certamente” Aveva sussurrato lui, poco dietro di lei.
Aveva ignorato gli sguardi incuriositi dei colleghi ed era scesa senza alcuna difficoltà per la ripa scoscesa,  accompagnata dal capitano.
Il paesaggio di fronte a lei era composto di alberi più o meno sottili e rami e tronchi spezzati dall’impatto con la vettura di cui però non c’era traccia. Bisognava camminare qualche metro in più per trovarsela improvvisamente davanti e Brienne, una volta arrivata, aveva sentito la necessità di contemplare la scena da una certa distanza per un po’ prima di immergervisi. Ancora non immaginava, non poteva certo, che quel passo in più avrebbe segnato la sua vita, che quel caso sarebbe diventato per lei un’ossessione, una missione e forse qualcosa di più, quel drammatico e magico punto di svolta nella sua vita.
Sarebbe stato l’inizio di tutto.
Un passo, uno solo.
Ma Brienne aveva aspettato, inconsciamente, prima di compierlo e se avesse creduto nel destino avrebbe potuto pensare fosse una sorta di premonizione quella strana sensazione che le aveva catturato il petto, aumentando i battiti del suo cuore e stringendo lo stomaco in una morsa letale. L’unica cosa a cui aveva pensato Brienne era quell’odore penetrante che finalmente riusciva a definire: odore di morte e di paura.
Così famigliare, così diverso quella volta.  
La vettura era un minivan e dai pochi pezzi che s’erano salvati dalla furia delle fiamme era chiaramente di un verde acceso, un colore che nessun adulto avrebbe scelto per la sua auto ma che sarebbe potuto piacere sicuramente a dei bambini. Forse, aveva pensato la donna, quella era una navetta che portava a scuola dei bambini o forse semplicemente,  apparteneva a qualcuno che di bambini ne aveva molti. Il corpo era ancora all’interno dell’auto, il fotografo stava finendo gli ultimi scatti. Brienne aveva deglutito rumorosamente nel rendersi conto che era difficile distinguerne le fattezze essendo quasi totalmente carbonizzato e aveva sperato, dentro di se, pur non sapendo chi fosse, pur non conoscendone il nome o il sesso o se fosse d’indole buona o malvagia, che fosse morto sul colpo a causa dell’impatto.
“Dottor Varys, cosa può dirci?” Aveva chiesto Baelish al medico legale, avvicinandosi.
“Brutte notizie”
Era stato in quel momento che Brienne aveva mosso quel primo fatale passo, senza neppure accorgersene aveva seguito il suo superiore incuriosita.  
“Oh questa è Brienne Di Tarth, è nuova” L’aveva presentata Baelish. Lei aveva stretto rapidamente la mano dell’uomo e subito aveva domandato. “Cosa può dirci?”
“Dai primi esami ho da subito potuto affermare che la vittima è un uomo, un metro e ottanta circa, probabilmente mezza età. Per accertarne l’identità avreste dovuto aspettare normalmente,  ma durante i rilevamenti abbiamo trovato dei documenti rimasti più o meno incolumi e questa foto che lasciano ben pochi dubbi” Aveva risposto lui, mostrando l’immagine bruciacchiata ai due poliziotti.
 Lei l’aveva vista senza guardarla davvero. C’era una famiglia, erano in tanti e qualcuno probabilmente mancava perché la foto era bruciata, ma s’era resa conto esserci molto di più solo nel momento in cui s’era voltata verso il suo capo. Petyr aveva chiuso gli occhi e preso un sospiro profondo in un gesto a metà tra una recita ed un enfatizzato dolore.
 Solo molto tempo dopo avrebbe capito che quella non era altro che una delle tante facce del suo capo.
Brienne aveva allora nuovamente posato gli occhi azzurri sull’immagine e l’aveva osservata con attenzione.
C’era una donna al centro, teneva in braccio un bambino piccolo che stava giocando con i suoi lunghi capelli rossicci, davanti a lei un altro bambino su una sedia a rotelle,l’unico con un espressione seria. Accanto alla donna un bel giovane dai grandi occhi chiari abbracciava una ragazza di non riusciva a distinguere il volto per via della foto bruciata. Poi c’era un altro corpo, anche questo però non distinguibile. Dall’altro lato della donna un uomo sorridente e di bell’aspetto, suo marito probabilmente,  abbracciava una bambina che teneva la mano di qualcuno e poi un altro paio di piedi, troppo grandi per essere quelli di un bambino.
“Eddard Stark” Aveva esclamato Baelish ed improvvisamente un silenzio di tomba era calato attorno a loro.
 
Baelish aveva provato in ogni modo a far valere la sua autorità, voleva essere lui ad informare la famiglia Stark dell’accaduto.
 “Conosco Catelyn da sempre, vorrebbe saperlo da me” Aveva anche spiegato, cercando d’addolcirla,  ma Brienne era testarda, precisa nel suo lavoro e soprattutto incredibilmente ed inspiegabilmente attratta da quella famiglia. Continuava a vedere davanti ai suoi occhi il corpo carbonizzato di Eddard Stark e sentiva profondamente, come venisse da dentro, la necessità e anzi il dovere di essere lei a parlare con quella donna.
“Proprio per questo capo, lei la conosce molto bene, è legato alla famiglia. Non può essere lei a parlare con loro, è troppo coinvolto signore” Aveva replicato la donna. Baelish allora aveva ceduto, aveva scambiato un sguardo d’intesa con Stannis Baratheon, il procuratore distrettuale, senza che Brienne se ne accorgesse e con un gesto della mano le aveva permesso di andare.
Arrivata davanti alla villetta degli Stark era rimasta in macchina per qualche minuto in macchina, le mani ancora strette attorno al voltante, il motore acceso. Forse avrebbe dovuto lasciare fosse Baelish a parlargli, forse lei non ne aveva diritto.
Aveva osservato quella famiglia felice nei suoi ultimi istanti, glieli aveva rubati, catturandoli e nascondendoli da qualche parte nella sua memoria. Riconosceva i ragazzini della foto, il più piccolo, quello in braccio alla madre, sembrava cresciuto e stava ridendo come un pazzo mentre cercava di catturare qualcosa che Brienne non riusciva a distinguere da lontano, anche i fratelli più grandi sembravano divertirsi con lui. Erano tre ragazzi, uno con i capelli neri, l’altro con grandi occhi azzurri che aveva visto nella foto  e l’ultimo era alto e magro. Quello con i capelli neri ed il ragazzo degli occhi color cielo s’agitavano attorno al bambino come avessero la sua età, ogni tanto si rivolgevano al fratellino sulla sedia a rotelle che scuoteva il capo e continuava a osservarli. Quello alto sorrideva, leggermente in disparte rispetto ai due.
Una ragazza dai lunghi capelli rossi bisticciava con la sorellina e la piccola aveva in volto l’espressione divertita di chi è appena riuscita a portare a termine un grande scherzo.
Brienne aveva sospirato, aveva spento la macchina e s’era diretta verso di loro.
  I tre ragazzi avevano subito puntato gli occhi su di lei, probabilmente si stavano chiedendo cosa volesse quella sconosciuta da loro, scesa da una macchina della polizia in un sabato mattina come tanti.
Non avevano idea.
“Buongiorno” Aveva salutato lei, cercando di mantenere tono ed espressione neutri.
“Buongiorno” Aveva risposto prontamente il maggiore, quello con gli occhi azzurri. “Posso esserle utile in qualche modo agente?” 
“Vostra madre è in casa?”
Lui aveva annuito. “E’ successo qualcosa?”Aveva domandato.
Brienne s’era morsa il labbro inferiore e per un secondo, con gli sguardi di tutti quei ragazzini puntati addosso, aveva esitato quel poco che era bastato per far comprendere al ragazzo che si, era successo qualcosa che era bene i suoi fratelli non sapessero, non in quel momento per lo meno.
“Devo solo parlare con tua madre” Aveva replicato Brienne, sforzandosi di sorridere al più piccolo che l’aveva degnata di poca attenzione ed aveva ripreso a giocare, cercando di catturare quella che aveva riconosciuto essere una farfalla.
Brienne aveva bussato alla porta di casa Stark un paio di volte prima che un’indaffarata e scomposta Catelyn Stark le venisse ad aprire. Aveva  immediatamente  riconosciuto i capelli rossi ed i grandi occhi azzurri della donna ritratta nella foto  ed aveva desiderato scappare via, ma era lì, di fronte a lei, e si doveva fare coraggio.
“Salve signora, mi chiamo Brienne Di Tarth sono un agente di polizia, sono nuova in città”
“Buongiorno cara, posso esserle utile in qualche modo?” Aveva chiesto con gentilezza la Stark.
“Signora le dispiace farmi entrare? Dovrei parlarle”
“Oh no si figuri, se si tratta di qualcuno dei miei figli vede, sono giovani e sono bravi ragazzi, qualsiasi cosa abbiano combinato non l’hanno certamente fatto con cattiveria. Io e mio marito li abbiamo cresciuti insegnando loro il rispetto e la giustizia, sono valori in cui crediamo molto. Si sieda la prego.” Catelyn aveva indicato la poltroncina bianca a Brienne, poi s’era voltata per spegnere la televisione.
“Signora veramente…”
“Anche Arya, la mia figlia più piccola, lei può sembrare scontrosa, maleducata, irriverente alle volte ma è solo molto sveglia, forse troppo per la sua età. Qualsiasi cosa abbia fatto non è nulla di più di una scaramuccia da ragazzini e…”
“Signora” L’aveva interrotta Brienne bruscamente. “Non si tratta dei suoi figli”
Catelyn l’aveva osservata allora con il capo leggermente inclinato, confusa, incuriosita, probabilmente spaventata.
“Si tratta di suo marito, signora”
 
Brienne Di Tarth non crede dimenticherà mai l’odore pungente che impregnava l’aria quella mattina, sapeva di bruciato,  di benzina e qualcos’altro che non riusciva a distinguere e faceva venire le lacrime agli occhi. Letteralmente. Non crede dimenticherà mai il corpo carbonizzato di Eddard Stark, non crede dimenticherà mai quel primo passo, il confine del non ritorno o quella foto bruciata, quella famiglia felice che lo sarebbe stata per l’ultima volta.
Non crede dimenticherà mai un bambino che inseguiva una farfalla e quel sorriso sui volti dei suoi fratelli che sarebbe sbiadito di lì a poco. 


Na: 
Il cognome di Brienne è stato un difficile ostacolo, ma ho deciso di lasciare Di Tarh anche se avevo preso in considerazione l'opzione "De Tarth" o "Tarth". 
Alcuni tipi di farfalle, con una grande capacità d'adattamento, sopravvivono anche in inverno. Questo è il fulcro della storia. Come avrete capito il bambino che le insegue è Rickon, no lui non è il fulcro, ma l'immagine di un bambino penso sia quella più indelebile, più pura, più bella che ci sia. 


 
   
 
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