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Autore: Angel of Opera    24/11/2017    1 recensioni
2017. Philippe Bourbon è il fratello di fratello del più importante politico di Francia, destinato a diventare presidente. Philippe Chevalier, uno studente di fashion design che è riuscito a entrare nel circolo di Luis. Cosa succede quando due mondi pieni di sangue e segreti collidono?
Genere: Drammatico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Chevalier de Lorraine, Philippe d'Orléans, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Champagne, cocaine, gasoline



Un tiepido sole di fine maggio fece capolino in una villa appena fuori Parigi, la città delle luci. Questo potrebbe essere l’inizio di uno di quei romanzetti all’interno delle riviste per signore, in grado di trasportare casalinghe affaticate e stanche impiegate lontane dal loro mondo per un po’. Almeno fino alle prossime vacanze estive. E in effetti potrei davvero raccontare di qualche coppietta sdolcinata, se la figura che il raggio di sole aveva deciso di disturbare non fosse stato un ragazzo dai lunghi boccoli biondi, riverso in una posizione quasi innaturale in una vasca da bagno. Pian piano che la persiana si apriva, spinta da una dolce brezza, la luce illuminò tutto il suo corpo. Indossava solo un jockstrap leopardato e una una bralette di pizzo rosa tenue. Ai suoi piedi, un paio di scarpe a tacco alto.
Ma come ci era finito lì, con in mano una bottiglia di vodka costosa? Nemmeno lui lo sapeva. Si svegliò di colpo, sbattendo le palpebre, e cercò di mettersi a sedere, ma un capogiro lo costrinse a poggiare nuovamente il capo. Si passò quindi la mano sul viso, sbavando i rimasugli di rossetto color Hollywood che ancora gli rimanevano sulle labbra. Sperava che quel gesto lo avrebbe aiutato a ricordare, ma tutto quello che gli riaffiorò alla mente fu solo un insieme di flash confusi.
Pasticche arcobaleno.
Guanti di gomma.
Universitari ubriachi.
Luis con sua cugina Sophie e Athenais. No, forse non era Sophie, era sicuro che lei non fosse venuta a quella festa. Forse era Lav, diminutivo di Louise La Vallière, con cui si dicesse che avesse un rapporto di amicizia controverso.
In ogni caso, niente di utile.
Riprovò a sollevarsi, con calma questa volta. Combattendo contro il mal di testa da ebbrezza, riuscì a mettersi seduto. Una volta che la sua testa smise di girare in modo così incessante, si premurò di guardarsi intorno. Ai piedi della vasca da bagno, almeno mezza dozzina di persone giacevano dormienti sul pavimento. Chevalier contò quattro ragazze, metà delle quali senza almeno un indumento, e un ragazzo con completamente nudo. Dell’ultima persona, era quantomeno difficile indovinare il sesso.
Con uno sforzo sovraumano, Chevalier si alzò e si avviò barcollante fino alla porta. Era però il caso che si mettesse qualcosa addosso, dal momento che probabilmente non era il solo sveglio. Così, gettando un’altra rapida occhiata al bagno che stava per lasciarsi alle spalle, scorse una vestaglia di tulle e piume rosa pastello. Ci mise poco a decidere che faceva per lui: d’altronde, stava ancora indossando un paio di tacchi a spillo. Questa volta era veramente intenzionato a uscire dal bagno per raggiungere almeno la cucina. Conosceva bene quella casa, meno il suo padrone. Luis aveva frequentato la facoltà di scienze politiche e sembrava destinato a diventare il prossimo presidente francese. Almeno, questo era quello che aveva sentito in giro. Non che gli importasse molto. L’unico dato che poteva dare per certo era che le sue feste erano rinomate non solo alla Sorbona, dove tutta la famiglia dei Bourbon aveva compiuto i suoi studi, ma anche nelle varie accademie sparse per la città. Era qualcosa che si evinceva anche da chi, troppo ubriaco per tornare a casa, dormiva in giacigli di fortuna. Era impressionante quanti fossero, decine di menadi sfinite dopo un baccanale. In effetti, doveva sembrare proprio così la festa che si consumata la sera precedente. Litri di alcool, rispettabili figli di politici e avvocati mischiati a ragazzi che si erano guadagnati un nome da soli che si dedicavano ad attività ricreative spesso rese illegittime dalla morale o dalle leggi.
In qualche modo, però, Chevalier doveva smaltirne gli effetti. Arrivato miracolosamente in cucina, schiacciò la levetta del ghiaccio. Applicò due cubetti grossolani sulle tempie, con gli occhi chiusi, e si appoggiò con la schiena al piano di lavoro. Finalmente un po’ di pace. Almeno, fino a quando riaprì gli occhi.
« E tu chi sei, faccia d’angelo? » domandò all’uomo che si stava preparando una spremuta d’arancia, incurante di tutto il caos intorno a sé. Non era l’unico dettagli che lo faceva sembrare totalmente fuori luogo: di certo, il suo abbigliamento era alquanto peculiare. Portava pantaloni di un completo blu scuro, una camicia bianca con un delicato motivo a origami e una cravatta carta da zucchero strettamente annodata. Le maniche arrotolate delineavano gli avambracci, squisitamente virili, mentre qualche ricciolo corvino scappava dalla riga di lato che teneva pettinati i capelli con fare professionale. Persino le mani erano curate, perfettamente levigate e dall’aspetto soffice, come avrebbe constatato più tardi.
« Philippe. » rispose, sollevando appena la testa per guardare il nuovo arrivato. Riabbassò poi gli occhi in fretta, concentrandosi sulla metà di arancia ancora da spolpare. Probabilmente, l’aver visto un uomo con addosso abiti così succinti l’aveva imbarazzato.
‘È arrossito’ notò Chevalier, sollevando un angolo delle labbra. Si spostò poi verso uno degli sgabelli, anche se per farlo dovette fare lo slalom tra un ragazzo dalla lunga barba e un liquido non indentificato. « E cosa ci fai qui, Philippe? » Oh, non avrebbe demorso. Era un bocconcino troppo buono per lasciarselo scappare. Probabilmente era il debole che aveva per gli uomini d’affari in completi eleganti, o per quei pantaloni tanto stretti da lasciare abbastanza spazio all’immaginazione.

Chevalier si morse un labbro, portandosi poi il ghiaccio alle labbra. Tirò fuori la lingua per inghiottirlo. Sorprendentemente, risultava sensuale anche con il trucco sbavato e i capelli scompigliati.
« Ci abito. Tu, piuttosto, cosa ci fai in casa mia? » La risposta di Philippe lo prese di sorpresa. Non conosceva bene Luis, al punto che a volte si domandava come aveva fatto a diventare un habitué nel circolo del rampollo Bourbon. Certo, il provenire da una famiglia che, onostante i secoli, aveva mantenuto un alone di nobiltà gli aveva aperto molte porte.
« Mon chèr, conosco Luis. A quanto pare però non abbastanza bene da dedurre che non fosse etero. »
Philippe alzò nuovamente lo sguardo, con un sopracciglio sollevato. « Lo è. »
A questo punto, entrambi avevano la stessa espressione confusa. Chevalier aveva immaginato che i due vivessero insieme perché in una relazione, anche se aperta e complicata. Alla fine, chi era lui per giudicare i sogni e le realtà lascive degli altri? Anche lui finiva sempre per concentrarsi sul proprio piacere, convinto che non ci fosse peccato nel proseguire solo quello scopo; anzi, forse era una delle poche virtù donate all’uomo. L’egoismo alla fine poteva considerarsi una virtù: è assodato che viva meglio quello a cui non importa di niente e di nessuno rispetto a quello che invece passa la sua vita a curarsi del prossimo.
« Pensavo che te lo… » Chevalier non ebbe il tempo di finire la frase che venne interrotto da una risata amara di Philippe. « Sono suo fratello. Non mi sorprende che tenga nascosta la mia esistenza.»
Qualcosa che prima era nei suoi occhi si spense. Probabilmente, non era un argomento del quale amava conversare. A difesa di Chevalier, c’era da dire che, salvo per qualche sporadico tratto, i due non si assomigliavano più di tanto. Il viso di Luis era più sfilato, le labbra più fini, gli occhi più piccoli, il sorriso più enigmatico. Forse gli occhi erano l’unica somiglianza in quei due visi. Eppure anche la sfumatura degli stessi era differente: il ghiaccio freddo di Luis ben s’intonava al suo carattere, calcolatore ogni oltre livello; mentre il color dell’acqua di montagna sembrava appartenere a un animo più cristallino. Di sicuro, aveva un buon gusto nel vestire, ma questo l’aveva già notato prima. E, a quanto sembrava, anche nel make up. Seppur impercettibile, un occhio allenato avrebbe potuto notare la sottile linea di matita sugli occhi, il mascara sulle ciglia e l’illuminante sugli zigomi, che evidenziavano la struttura ossea di Philippe. Se non altro, avevano qualcosa in comune.
« Anastasia Beverly Hills o Jeffrey Star? » Chevalier ammiccò, per richiamare la sua attenzione dopo che l’uomo aveva fatto per uscire dalla stanza. Philippe si arrestò. Evidentemente, non voleva che fosse nota la sua passione per cose che venivano esplicitamente targate come femminili. Lentamente, si voltò di nuovo verso al ragazzo appollaiato sullo sgabello della sua cucina.
« Cosa? Si nota? » Era terrorrizzato. Quegli occhi di fonte si velarono di lacrime, mentre le sue mani corsero agli occhi, cercando di nascondere le tracce di pigmento sul suo viso con le dita.
Chevalier fu mosso da un moto di compassione. Sapeva fin troppo bene cosa voleva dire non essere accettato, vivere con la paura che anche la più piccola azione potesse portare a qualcosa di più grande, che le sue fragili spalle non avrebbero retto e inevitabilmente gli sarebbe crollato addosso, trascinandolo in una voragine senza uscita. Ma tutto questo era finito nel momento esatto in cui aveva messo piede a Parigi. Molte delle sue ‘prime volte’ avevano avuto luogo nella città delle luci: il primo tatuaggio (una frase, presa da ‘The Rocky Horror Picture Show’), il primo piercing (al naso), il primo show di drag queen che aveva visto, il primo locale gay in cui era stato… Tutte cose che mai e poi mai avrebbe potuto fare in Lorena, sotto lo stretto controllo dei suoi genitori, sostenitori dei partiti di estrema destra convinti che la comunità LGBTQ+ fosse solo buona a traviare le menti di rispettabili ragazzi bianchi destinati a un futuro brillante all’insegna della cosidetta famiglia tradizionale. Non certo la vita che Chevalier era pronto a fare. Chissà, magari anche Philippe si trovava in una situazione simile. D’altronde, già essere l’ombra di tutta la sua famiglia non era facile, aggiungendo anche una possibile repressione, Chevalier poteva compatirlo benissimo. Così, scese dallo sgabello su cui era appollaiato e gli si avvicinò, incerto nell’incedere un po’ per i tacchi, un po’ per l’alcool non del tutto smaltito.
Delicatamente, gli spostò le dita dal viso. Era così bello… E, in più, era imparentato con il più grande futuro politico di Francia. Forse, avrebbe fatto bene a disporre di lui in qualche modo. Sarebbe stato un piccolo prezzo da pagare per diventare affermato e vestire le più celebri personalità del mondo. Ma anche solo avere a che fare con Léa Seydoux gli sarebbe bastato. E Philippe sembrava non mostrare nessuna resistenza al suo tocco. Già sentiva la magia crescere. Aveva iniziato, di tanto in tanto, a guardargli le labbra, così carnose. Non avrebbero certo sfigurato intorno a…
« Oops! I did it again, I played with heart… » Il telefono. Come al solito. ‘Perché la mia vita sembra una fanfiction scritta da qualche quindicenne?’ si ritrovò a pensare Chevalier, alzando gli occhi al cielo. Ovviamente, qualcuno ce l’aveva con lui. Non potè tuttavia trattenersi dal ridacchiare alla suoneria di Philippe. Se prima aveva potuto pensare che fosse etero, adesso ne rideva. Andiamo, nessuna persona eterosessuale avrebbe messo Britney Spears per avvisarlo di qualche notizia importante.
« Non lo so Bontemps, non sono il suo babysit- No, non chiamare ancora la pol- No, non ti licenzie- A casa, sono a casa. VI arrondisment. Sì. In cucina. Ha dato una festa. Di nuovo. Non lo so. Faccio un giro e ti richiamo, tu non fare niente adesso. No non- non lo deve sapere mio padre. Okay. A dopo. » Philippe sospirò, rimettendo il cellulare nella tasca dei pantaloni. « Dov’è mio fratello? Con chi era? Cos’ha preso? »
Il suo tono inquisitorio svegliava in lui certe parti che, quando si indossa un jockstrap, diventano molto più evidenti. Ci mise qualche istante a capire la domanda, tuttavia, una volta che capì la situazione si mise a ridere. Sembrava una presa in giro. « Tesoro, ero più fatto di lui. Non so nemmeno come ci sono rimasto solo con un jockstrap. Però mi piacerebbe saperlo. Magari ne è valsa la pena. » Gli si avvicinò, dandogli un buffetto sul naso alla fine della frase. « Se ti dico con chi era mi prometti che mi scriverai, se ti lascio il mio numero? » «Io non faccio giochetti del genere. E poi ho una fidanzata. »
Non fu certo quella frase a fermare Chevalier, che anzi chiese un pezzo di carta e una penna, con cui vergò il suo nome e il suo numero di telefono. Poi, per completare, baciò il post-it, così da lasciare l’impronta delle sue labbra sulla carta. « Prometti e ti dirò dov’è. Prendere o lasciare. » Con uno sbuffo, Philippe accettò. « Lav, Athenais de Montespan e, ora che ci penso bene, anche l’inglesina, quella che posa per l’accademia di Belle Arti e che ha un palo nel culo. Suppongo che siano in camera da letto. »
« Grazie, il tuo Uber sta arrivando. »

   
 
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