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Autore: Koori_chan    25/11/2017    6 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Ventiquattresimo~









L’aria era densa all’interno della palude, spessa e pesante come una coperta bagnata. Affaticava i polmoni, annebbiava la vista, rallentava i movimenti.
Persino la scialuppa sembrava risentire dell’umidità, avanzando a fatica nel silenzio aiutata dai remi.
Cristal se ne stava seduta senza parlare, lo sguardo puntato all’acqua torbida e melmosa sotto di loro. La luce si era fatta rada, sostituita da una penombra soffocante, da un fogliame fitto che come tende copriva la vista del cielo.
Forse era già notte, forse era l’imbrunire, non avrebbe saputo dirlo con certezza.
Le lacrime si erano esaurite in fretta, ma il dolore non aveva fatto altro che crescere in lei, aumentare di volume fino a spingere contro le pareti della sua anima.
Jack era morto, la Perla affondata e lei, ancora una volta, non aveva potuto fare nulla per invertire la rotta del destino.
Da quando avevano lasciato la battaglia nessuno aveva osato proferire parola, ed era stata Elizabeth, quando la vegetazione aveva incominciato ad accoglierli, a rompere il silenzio.
- Dove stiamo andando? – aveva domandato con un filo di voce.
Era stato Gibbs a risponderle, l’unico a sapere verso quale attracco stessero remando.
- Da Tia Dalma. Forse può aiutarci. – aveva mormorato.
Al suono di quel nome Cristal si era abbandonata ad una risata terrificante, gutturale ed estranea alla sua anima, una risata talmente crudele da aver spaventato gli altri.
Tia Dalma.
Alla fine era destino che si recasse da lei, dopotutto.
Ma a che pro? Hector era morto, Jack era morto, James non era nemmeno più un ricordo felice ormai, e tutto quello che aveva erano solo rimpianti e fallimenti accumulati con infallibile dedizione.
Sarebbe servito a qualcosa scoprire l’identità del Faucon du Nord?
Poi però ripensava alle parole ansiose di Bleizenn, a Harvey fermo sotto la pioggia di Brest, alle Lettere di Marca di Elizabeth, e lo spettro di una guerra alla pirateria le riportava un minimo di buon senso nel cuore. Quella faccenda non riguardava più soltanto lei.
A mano a mano che la barcaccia procedeva apparivano volti nell’oscurità, illuminati da moccoli di candela offerti come in omaggio al grande pirata caduto, quasi avessero saputo il motivo della loro presenza in quel luogo.
La processione li condusse fino a una palafitta e fu così che Cristal la incontrò, in piedi sulla porta con il viso mulatto teso in una smorfia indecifrabile, gli occhi scuri sbarrati e spaventosi e le mani livide attorno alla balaustra di legno marcio.
- E quindi tornate a me, sconfitti. – fu il suo benvenuto in un accento strano, che sapeva di alghe e di risacca.
- Vedo un volto di meno e due di più. Venite, sedetevi, perché sento che il vostro cuore è affranto e il vostro corpo necessita cure. –
Elizabeth le rivolse un lungo sguardo silenzioso, poi scivolò all’interno della catapecchia assieme agli altri.
Cristal rimase in fondo alla fila, il capo chino mentre muoveva il primo passo. Ma la strada le era sbarrata dalla figura snella e tuttavia imponente di Tia Dalma. Era come se la sua anima occupasse tutto lo spazio dell’ingresso con una certa prepotenza. La fissava dritta negli occhi, come se si fosse aspettata qualcosa da lei.
La ragazza esalò un sospiro stanco, memore delle parole di Bleizenn.
- Vi porto i saluti della sacerdotessa di Ahès. – incominciò, ma la strega della palude la interruppe bruscamente con un tono a metà fra il compassionevole e il diffidente.
- So chi sei e con che quesiti giungi, Figlia della Tempesta. Conosco lo spessore del tuo sangue. – sentenziò.
- Ma prima di affrontare questo discorso hai bisogno di sederti e lasciare che ciò che ti tormenta si sedimenti almeno per un po’. – aggiunse, portandole una mano sulla schiena e sospingendola verso l’interno.
Cristal sobbalzò. Per un assurdo e rapidissimo istante aveva avuto come la sensazione che dalle dita della donna profonde e crudeli radici si fossero ancorate al suo cuore. Quando tuttavia, pallida e spaventata, incontrò il suo sguardo, non vi era alcuna traccia di cattiveria. Solo tristezza, solo stanchezza.
Dal di dentro la dimora di Tia Dalma era ancora più bizzarra che dall’esterno. Un caos di ciarpame di ogni sorta era appoggiato su tavoli, scaffali e persino per terra, bottiglie e gabbie pendevano dalle travi del soffitto e moccoli di candela dai lumini guizzanti erano un po’ dappertutto. Vi era una ripida scala di legno dai gradini stretti che conduceva a un soppalco, e Gibbs ne lasciò l’ultimo per cedere il posto a Cristal.
- Vieni, siediti qua… - le sussurrò, gli occhi asciutti e l’anima spezzata. Non rimase con lei: non appena si fu seduta girò sui tacchi e raggiunse la porta, dando le spalle agli altri.
Definire “silenzio” quella statica attesa di qualcosa di ignoto sarebbe stato errato, perché una miriade di suoni diversi animavano la loro sconsolatezza. C’era il flebile sciabordio dell’acqua ai piedi della palafitta, il continuo tirare su col naso di Ragetti, il dondolio delle bottiglie appese e il coltello che Will continuava a lanciare contro il tavolo, senza preoccuparsi che Tia Dalma potesse risentirsene.
E poi c’erano i loro pensieri, rumorosi e scomodi e invadenti che si spintonavano l’uno con l’altro senza lasciare spazio all’intimità, pensieri chiassosi e inopportuni come Jack.
La padrona di casa sparì per qualche minuto e ritornò con un vassoio carico di boccali.
- E’ contro il freddo. E il dolore… - spiegò nel porgerne uno ad Elizabeth.
Cristal rifiutò, consapevole che se avesse ingerito qualsiasi cosa in quel momento l’avrebbe vomitata immediatamente.
La donna scivolò oltre e si accucciò accanto a Will.
- E’ un peccato. – disse.
- Lo so che pensavi che con la Perla potevi catturare il Diavolo e liberare l’anima del padre tuo. –
Will non fu colpito da quella dimostrazione di compassione.
Continuò a lanciare il suo coltello, nervoso e quasi arrabbiato.
- Non importa, ormai. La Perla è morta e con lei il suo capitano. – sentenziò.
- Sì. – gli fece eco Gibbs, ancora sulla porta.
- E già il mondo sembra aver perso un po’ della sua luce. Ci ha imbrogliati tutti, fino all’ultimo, ma alla fine ha avuto il sopravvento la sua vena di onestà. – considerò, levando in alto il boccale in un brindisi al compagno di tante avventure.
- Non ci sarà un altro Capitan Jack! – mugolò Ragetti unendosi al brindisi.
- Era un pirata gentiluomo, questo era! – gli diede man forte Pintel, nelle stesse miserabili condizioni.
- Era un brav’uomo. – fu il contributo di Elizabeth, che alzò il boccale frettolosamente, gli occhi puntati altrove.
- Era… -
Cristal non proseguì.
Cosa avrebbe potuto dire? Cosa era stato Jack Sparrow, per lei? Un collega, un amico, un fratello. Era stato qualcuno a cui avrebbe volentieri tirato il collo, eppure era anche un uomo per cui si sarebbe messa in gioco, sempre. Era stato il suo idolo d’infanzia, inconsapevole compagno di mille e mille giochi, idea e ideale; era stato il suo maestro e molto di più.
Jack era stato il suo inizio, il suo riscatto, la sua scommessa e la sua liberazione, quel Luglio lontano nel caldo sole di Port Royal.
E adesso era un corpo morto, muto.
Un ricordo, nulla di più.
Non concluse, dopotutto non aveva nemmeno di che brindare.
Poi, come un’eco lontana, la voce di Will spezzò il silenzio.
- Se qualcosa si potesse fare, pur di riaverlo… -
La Figlia della Tempesta alzò lo sguardo giusto in tempo ver vedere Tia Dalma sgusciare veloce verso di lui.
- Tu la faresti? – domandò, quasi accusatoria. Poi si voltò verso Elizabeth, sulle labbra un sorriso simile a un ghigno.
- E tu? Che faresti? Che sarebbe disposto a fare ognuno di voi? – continuò a inquisire, a voce più alta.
- Fareste vela ai confini del mondo e ben oltre, pur di riavere il brillante Jack e la sua preziosa Perla? –
Seguì un silenzio denso di domande, ma Gibbs fu più svelto di tutti, quasi non avesse aspettato altro che quell’interrogativo.
- Sì. – replicò senza paura, lo sguardo fermo e il tono deciso.
Fu un coro di “” ad unirsi al suo, e quando il penetrante sguardo della strega si fu posato su di lei, duro e tuttavia impaziente, Cristal non poté fare a meno di sorridere, lo stesso sorriso agrodolce che dedicava ai ricordi di casa.
- Ovviamente. –
E fu in quel momento che ebbe la sensazione che non solo Tia Dalma li avesse aspettati, ma che sapesse da tempo che quel giorno sarebbe arrivato, che proprio loro sarebbero giunti a lei in quel modo, con quelle necessità.
Vide il suo ghigno aprirsi, attraversato da un brivido di euforia e sentì il cuore fermarsi, consapevole che c’era qualcosa che sfuggiva alla sua comprensione.
- D’accordo… - concesse loro la donna, soddisfatta.
- Ma se dovrete sfidare le infestate e arcane coste dei confini della Terra… Allora vi occorrerà un capitano, uno che conosca quelle acque! – e a quella dichiarazione si voltò di scatto verso Cristal.
Quella inarcò le sopracciglia e strabuzzò gli occhi, spiazzata.
- Io?! – ma la sua flebile domanda venne coperta da un suono diverso, pesante e ritmato, un suono di passi.
Qualcuno stava scendendo le scale.
Cristal si voltò; la scala e ciò che vi era appeso le impediva la visuale, così si alzò in piedi e indietreggiò di un passo, sul chi va là.
Ma qualsiasi cosa avesse in progetto di fare al misterioso individuo svanì completamente dalla sua coscienza, sostituita da un nulla completo dalle forme di un lungo fischio silenzioso.
I passi si erano arrestati.
- Orsù, ditemi! Che ne è stato della mia nave? –
Il cappello ben calato in testa, la scimmia sulla spalla e una mela verde e lucida fra le mani, di fronte a lei c’era Hector Barbossa.
L’uomo si lasciò andare ad una risata sgraziata e sinceramente divertita di fronte a tutte quelle espressioni sbigottite, e non si era ancora spenta che i presenti già avevano iniziato a parlare e imprecare e sbottare tutti insieme, portando nella piccola catapecchia un trambusto incredibile.
C’era chi si era avvicinato, chi aveva fatto un passo indietro, chi gesticolava e chi incredulo sbatteva ripetutamente le palpebre e annusava il contenuto del proprio boccale.
Cristal Cooper invece era ancora lì, ai piedi della scala con la bocca spalancata e le orecchie che fischiavano sempre più forte. Le ci vollero gli occhi blu del pirata fissi nei suoi affinché serrasse le labbra e gli aprisse giacca e camicia con un gesto violento e inaspettato.
Sulla pelle chiara dell’uomo, all’altezza del cuore, vi era una cicatrice biancastra, la prova del suo peccato.
Scioccata, fece un passo indietro e si portò entrambe le mani alla bocca.
- Tu sei morto… - mormorò.
Poi si voltò verso Tia Dalma, che la stava guardando con il suo ghigno trionfante.
- Lui è morto! Come è possibile? Lui era morto, io ero lì! Io l’ho… Io l’ho… - ma tacque, la sua bocca che si rifiutava di pronunciare quella parola.
Tia Dalma rise dolcemente.
- Il Mare ascolta sempre una preghiera sincera… - spiegò.
Come l’Oceano sa togliere, esso sa anche restituire.
Cristal andò istintivamente a guardare la sua collana e non notò l’occhiata di rimprovero che Barbossa aveva scoccato alla donna.
- Che piacere ritrovare tutti questi volti amici! – fece poi lui con macabra ironia: fra i presenti, una persona aveva cercato di ucciderlo e in due c’erano riuscite.
- Hec… - ma la ragazza non riuscì nemmeno a pronunciare il suo nome per intero: si portò repentinamente una mano alla bocca e l’altra ad artigliare la camicia e, senza attendere un secondo di più, si fiondò fuori dalla catapecchia, piegata in avanti sulla balaustra in preda ai conati.
- Cris! – Elizabeth le fu accanto in un attimo, preoccupata e spaventata da quella reazione, ma l’amica agitò una mano come a dirle di non crucciarsi e rimase qualche momento a occhi chiusi, cercando di processare il più velocemente possibile quello che era successo in quegli ultimi minuti.
Pallida come la morte, si passò una manica sulle labbra e tornò a rivolgere l’attenzione all’interno della casa di Tia Dalma, dove tutti la guardavano come se fosse ammattita di colpo.
- Scusatemi, è stato… - inspirò a fondo, in cerca di parole, ma non aveva nulla da dire.
Hector Barbossa era vivo. Parlava, respirava, rideva. Ed era davanti a lei.
Non capiva più niente.
Fu la legittima domanda di Ragetti a sbloccare quella situazione surreale e a interrompere a metà strada Will, che stava cercando di raggiungerla per assicurarsi che stesse bene davvero.
- Quindi ora Capitan Barbossa ci aiuterà a ritrovare Capitan Jack? –
- Ironico… - gli fece eco Pintel, la sua solita aria sfacciata nuovamente in volto.
Il redivivo roteò gli occhi e sbuffò.
- La Canzone è stata cantata. Una guerra si profila all’orizzonte. La Fratellanza va riunita a consiglio. – spiegò, teatrale e misterioso come sempre.
- La Fratellanza? – chiese Elizabeth, confusa.
- Andremo a Shipwreck Cove? – fece Cristal, spaesata quanto lei.
Tia Dalma si fece avanti nel suo incedere solenne e quasi regale.
- Non prima di aver trovato Jack Sparrow. Ma le rotte per lo Scrigno di Davy Jones sono impervie ed ingannevoli, ed è delle Carte Nautiche adeguate che necessitiamo. –
- Carte Nautiche che sono in possesso di Sao Feng di Singapore. Per il momento. – completò Barbossa con un’espressione eloquente.
- Quindi rotta su Singapore? – chiese conferma Will, decisamente meno spiazzato di Gibbs che aveva ancora la bocca spalancata e gli occhi strabuzzati.
Cristal rivolse lo sguardo a Barbossa, curiosa e al contempo inquieta. Quando l’uomo portò le iridi ad incontrare le sue voltò il capo di scatto, incapace di affrontare la paura.
Quante volte in quei mesi aveva sognato di ritrovare Barbossa?
Quante volte, nel sogno, gli correva incontro e lo abbracciava come avrebbe abbracciato un padre, stretto al cuore per non perderlo mai più?
Quante volte, a Tortuga, a Brest o in una branda in mezzo all’Atlantico si era svegliata con una voragine al posto dell’anima e le lacrime a rinfacciarle la realtà?
E adesso che la sua preghiera era stata ascoltata, che quel bizzarro legame che aveva scoperto di voler chiamare famiglia era stato strappato alle onde e a lei restituito, non riusciva a reagire, impietrita dalla paura di svegliarsi un’altra volta e scoprirsi nuda nella sua ingenuità, scoprirsi tradita dalla sua debolezza.
Con le pupille inchiodate al pavimento non si accorse del fremito di delusione che aveva attraversato il volto del pirata.
Quando Hector Barbossa rispose alla domanda di Will, decretando il primo obbiettivo della loro nuova avventura, quel sentimento era già svanito dalla sua voce.










 
Per Will, Elizabeth e Gibbs doveva essere stato strano abituarsi ad essere agli ordini di Barbossa, eppure la piccola goletta su cui erano riusciti a mettere le mani filava fendendo le onde nel migliore dei modi possibili. Il comando era preciso e organizzato e la ciurma, sebbene un poco intimorita, eseguiva di buon grado tutte le mansioni.
Nonostante il vago senso di soggezione si chiacchierava molto, si cantava spesso, e Cristal trovava sempre il tempo per raccontare qualcuna delle sue storie. Anche Tia Dalma le stava a sentire, incantata dalla sua capacità di inventare personaggi e ricamare dettagli, eppure la ragazza aveva sempre la sgradevole sensazione che la sacerdotessa la giudicasse, la tenesse d’occhio in cerca di una falla, di un errore. Anche se non ne aveva mai dato prova esplicita, sapeva di non piacerle.
In generale cercava di trascorrere la maggior parte del suo tempo con Elizabeth, perché l’amica era la sola che sapesse ciò che agitava il suo cuore e la sua compagnia la faceva sentire al sicuro, le faceva posticipare il momento in cui avrebbe dovuto affrontare se stessa.
Per il resto cantava, cantava molto di più di quanto non avesse mai fatto, perché i silenzi le erano insopportabili e le parole non sembravano mai essere quelle giuste.
Barbossa, dal canto suo, non l’aveva più cercata da quando la sua reazione al suo ritorno era stata vomitare istintivamente. Sperava che non si fosse offeso, ma conoscendolo era poco probabile. In effetti la sua accoglienza non era proprio stata delle migliori…
Jack e Hector, il suo inizio e la sua fine.
Era incredibile come i destini di quei due uomini fossero così indissolubilmente intrecciati al suo: Jack, che aveva promesso di condurla a Shipwreck Cove, si era inabissato ed ecco che Hector riemergeva, pronto a mostrarle la via. Bisognava convenire che era stato molto da accettare per una giornata sola.
Quella sera, lungo le coste del Brasile, l’aria era calda e il lavoro quasi concluso e Cristal se ne stava a babordo, appoggiata alla murata a guardare i flutti infrangersi lungo la fiancata della nave.
Era quasi ora di ritirarsi sottocoperta per il turno di riposo, ma aveva finito le mansioni e sembrava che anche gli altri fossero a posto, così si era concessa qualche minuto di tranquillità sul ponte, l’aria che le scompigliava i capelli e le asciugava il sudore sulla fronte.
Stava cantando una vecchia canzone imparata alla bettola di Erwann, e per una volta la sua testa era libera dai pensieri e dalle preoccupazioni. C’era solo il vento, in quel momento. C’era solo il mare.
- Un peu d’eau et de sel juste pour me souvenir que derrière les nuages du ciel se cache ton sourire! 1– canticchiava piano, ma tacque quando qualcun altro intonò il ritornello assieme a lei.
- Juste un peu d’eau sur les lèvres, juste pour me souvenir de ce dernier baiser amer juste avant de t’enfuir.2 – la voce, intonata oltre ogni previsione, era quella di Barbossa.
La giovane trasalì nel trovarselo alle spalle, ma cercò di non darlo a vedere.
- Sai cantare? – chiese invece, sinceramente stupita da quella scoperta.
- Cioè, intendo dire… tu canti? – si corresse con scarso risultato.
L’uomo abbozzò un sorriso e la raggiunse alla murata.
- La cosa ti sorprende? – ma non sembrava offeso, forse solo un poco ferito nell’orgoglio a quella dimostrazione di scarsa fiducia nelle sue doti.
Cristal si strinse nelle spalle.
- Beh, abbastanza… Non ti facevo un tipo da canzoni…. – ammise. Nel tempo trascorso assieme in prigionia non ricordava di averlo mai sentito unirsi ai suoi canti.
Barbossa sospirò e si tolse il cappello, i gomiti poggiati sul legno umido.
- Cristal Cooper, sono tante le cose che ignori di me. – dichiarò con aria misteriosa.
- E dopotutto la Perla non era certo un luogo che facesse venire voglia di cantare… Eccetto a te, ovviamente! – e si lasciò andare ad una risata bassa e personale alla quale Cristal non partecipò se non con un debole sorriso.
Fu silenzio, Hector che si rigirava il cappello fra le mani e Cristal accanto a lui a respirare rumorosamente.
- Perché l’hai fatto? –
La domanda del capitano fu violenta e improvvisa come uno schiaffo.
- Cosa? – balbettò lei, fingendo di non aver capito, ma Barbossa non era mai stato amante della falsa ingenuità.
- A Isla de Muerta. Perché hai dovuto intrometterti? Quella era una faccenda che non ti riguardava. Era una cosa fra me e Jack, che avevi da guadagnarci? – si premurò di riformulare bruscamente il quesito di modo che non vi fosse più nulla da rettificare, ma la reazione della ragazza alla sua freddezza impostata lo spiazzò.
Le sue labbra sottili si tesero spontaneamente verso l’alto e alla luce delle lampade ebbe quasi l’impressione che fosse arrossita.
- La faccenda non mi riguarda… Non ci guadagno nulla… - lo scimmiottò, roteando gli occhi.
- Ti riesce proprio difficile pensare che magari l’ho fatto perché ti voglio bene? – si ritrovò a ribattere, molto più onesta e diretta e sincera di quanto non avesse mai voluto nemmeno osare.
Barbossa serrò la mascella e le rivolse uno sguardo tagliente.
- Non scherzare! La mia era una domanda seria. – sbottò, indispettito.
Ma anche gli occhi grigi della giovane si fecero duri.
- Anche la mia risposta lo era. –
Fu solo una frazione di secondo, ma Cristal avrebbe giurato che fosse stato lui ad arrossire, a quel punto.
Tornò a guardare le onde, il respiro rotto dal desiderio di fuggire sottocoperta e piangere al riparo degli sguardi di tutti, ma improvvisamente qualcosa le nascose in parte la visuale.
Hector le aveva piazzato il suo cappello sul capo ed era scoppiato a ridere, una risata profonda e sincera diversa da tutte le altre, una risata che scaldava il cuore ma che al contempo la metteva in imbarazzo. Stava ridendo di lei? Rideva per quello che gli aveva detto? O forse per come glielo aveva detto? Ringraziò la testa larga del cappello che le copriva gli occhi e impediva all’uomo di vedere la sua espressione completamente persa, salvo poi rendersi conto con uno strano brivido che probabilmente Hector l’aveva fatto apposta.
- Sei di certo il pirata più bizzarro e atipico che io abbia mai incontrato. Questa tua onestà è davvero qualcosa di difficile a cui abituarsi… - tacque alcuni istanti, poi parlò ancora.
- Guarda il cielo. – ordinò.
Cristal si voltò verso di lui, lo sguardo che implorava pietà, ma l’uomo rinnovò il comando e la ragazza si vide costretta ad obbedire.
Alzò la testa, il cappello che le sfiorava la schiena, e a quel punto capì.
Su di loro, quieta e benevola, risplendeva la luna piena.
Barbossa esibiva una smorfia soddisfatta e Cristal si rese conto che era la prima volta che poteva vedere la sua pelle sotto la luce bianca della luna, la prima volta che poteva vedere l’ombra annidarsi lungo le rughe del suo viso e i pallidi bagliori segnare il suo profilo e fargli luccicare gli occhi nel buio.
Non solo Hector era vivo, ma era libero, soprattutto.
- Avevo dimenticato quanto potesse essere bella. – commentò, ripensando forse a tutte le notti in cui l’aveva maledetta, solo nella sua cabina, in fuga da quei raggi dannati che gli ricordavano la sua condizione.
- Anche io. – confessò Cristal.
Il Capitano inarcò un sopracciglio, incuriosito, ma la ragazza non aggiunse altro, così fu lui a riprendere la conversazione, quasi si fosse trattato di un discorso che avevano già intrapreso e lasciato a metà.
- Eppure quello che non riesco a capire è come tu sia finita ai comandi di Jack. Che ci facevi a Isla de Muerta con lui? –
La figlia del fabbro inclinò appena la testa di lato, le piume del cappello a spostarsi con lei.
- Davvero non lo sapevi? Elizabeth e Will erano i miei migliori amici. Io ero di Port Royal, rapendo Liz hai praticamente mobilitato tre quarti della mia infanzia! Non potevo mancare! – ridacchiò, ripensando a quanto in effetti a causa di quella storia avesse finito per ritrovare persone che credeva non avrebbe visto mai più.
- Ero rimasta senza ciurma da qualche giorno e stavo cercando qualcuno che potesse portarmi a Shipwreck Cove per capire cosa si aspettano da me ora che sono Pirata Nobile, così quando ho saputo che Jack reclutava… - ma Barbossa la interruppe bruscamente.
- Pirata Nobile?! Vuoi dirmi che sei Capitano? –
Cristal si rese conto che non aveva mai avuto il tempo per aggiornarlo su ciò che le era successo dopo che aveva lasciato la Perla. In effetti Hector non sapeva nulla di lei in quegli ultimi anni, ignorava tutti i suoi progressi e le amicizie che aveva stretto, ciò che aveva scoperto e ciò che aveva perso.
- Ormai ho raccontato questa storia talmente tante volte che non mi sembra nemmeno più la mia… - esordì con un sospiro.
Ma in realtà non le dispiaceva: una piccola parte di sé adorava ricapitolare le sue avventure. In un certo senso parlarne ad alta voce le legittimava, le rendeva più reali.
Quando ebbe concluso di riassumere tutto il tempo passato lontana da lui e di riempire le lacune di ciò che gli aveva narrato all’epoca, Barbossa alzò entrambe le sopracciglia, sopraffatto da tutte quelle informazioni.
- Hai passato al giro di chiglia un negriero. – commentò.
- Già. –
- Ti ho insegnato proprio bene… - si lodò, beccandosi una spallata inaspettata dalla giovane e riuscendo finalmente a farla prorompere in una risata sincera.
Si godette quella risata in silenzio, perché era da quando si era risvegliato nella baracca di Tia Dalma che la desiderava, perché vederla così spaventata e ferita dalla sua presenza gli aveva fatto provare un dolore che aveva dimenticato di poter provare e perché Cristal Cooper, taciturna e a capo chino, semplicemente non era Cristal Cooper.
- Sono stati mesi molto intensi per te, questi ultimi. Quel Norrington si è davvero comportato da cane… - incominciò, ma Cristal si strinse nelle spalle.
Trasse un profondo sospiro e si sfregò le braccia per scacciare un freddo che solo lei sentiva.
- Credo di averlo amato davvero, molto tempo fa. Ma ormai non c’è più nulla dell’uomo che avrei sposato a Port Royal. Lui ha scelto la sua strada ed io la mia, non ho rimpianti. – sentenziò.
Guardò di nuovo la luna e non vide lo sguardo scettico di Hector, e in ogni caso erano altri i pensieri ad occupare la sua mente.
- Ad ogni modo non è James a preoccuparmi. Se la Fratellanza sarà chiamata a consiglio… credi che il Faucon si farà vivo? Bleizenn è sempre così criptica, non sono riuscita a cavare un ragno dal buco nella mia ultima visita a Brest! – borbottò, più rivolta a se stessa che a Hector.
Quello sogghignò, i gomiti ancora poggiati alla balaustra.
- Immagina la frustrazione quando ho attraversato l’Atlantico per chiederle come disfarmi della maledizione di Cortez e tutto quello che ho avuto in cambio sono state più domande che risposte! –
Cristal rise ancora una volta. Forse in un frangente diverso scoprire che quei due si conoscevano di persona l’avrebbe stupita, ma ormai aveva smesso di sorprendersi nello scoprire che la sacerdotessa di Ahès aveva avuto a che fare con chiunque fosse legato a lei.
Se persino sua madre, totalmente estranea alla promessa delle maree, era capitata presso il suo rifugio, che Barbossa avesse una frequentazione di lunga data con la vecchia era in effetti quasi normale.
- Eppure devo tutto a quella donna… - aggiunse, questa volta una carezza malinconica nella sua voce.
La ragazza lo osservò di sottecchi, incuriosita da quel modo di fare inedito. Vi era una dolcezza agrodolce nei suoi modi che non ricordava di aver mai conosciuto. Era evidente che si trattava di affetto, ma se fosse per Bleizenn o per qualcun altro non fu in grado di definirlo.
- E quindi è stata lei a mandarti alla Baia dei Relitti! – cambiò discorso bruscamente, forse resosi conto di aver indugiato un po’ troppo su ricordi troppo intimi per essere condivisi così apertamente.
La Figlia della Tempesta annuì, le dita che salivano a giocherellare con la sua collana.
- Ho provato a chiedere informazioni a lei ma mi ha detto che solo là potranno dirmi tutto ciò che desidero sapere sul Faucon. E alla luce dei recenti avvenimenti credo che sia davvero giunto il momento che io sappia di chi sto portando il fardello. – concluse con una smorfia scocciata.
Proprio in quel momento la campana di fine turno risuonò fra il sartiame, richiamando la loro attenzione.
Hector scoprì i denti e portò una mano sulla schiena della giovane, sospingendola con grazia verso il boccaporto.
- Sicuramente Bleizenn ha ragione. Faremo rotta su Shipwreck Cove non appena avremo recuperato Jack. Ma ora va a riposare, ne hai bisogno. – le intimò con una fermezza che tuttavia sembrava intrisa di una certa impazienza.
Si fermò a pochi passi dal boccaporto, la figura alta e imponente a stagliarsi scura contro la luce flebile delle lampade. Osservò la ragazza per qualche istante, poi si incamminò verso il timone, dove lo attendeva la sua scimmia dispettosa.
Cristal rimase qualche secondo a guardarlo, poi imboccò le scale che conducevano al ponte inferiore.
Per un istante le era parso che quell’argomento lo avesse messo a disagio: non si era nemmeno ripreso il cappello…
Le settimane di navigazione erano filate veloci come l’acqua attorno ai fianchi della nave, e ogni giorno era stato benedetto da bel tempo e venti favorevoli.
I sonni di Cristal si erano fatti più quieti, e pian piano gli incubi che l’avevano tormentata ogni notte per mesi erano svaniti, dissolti, lasciando spazio a notti che erano in grado di farla riposare davvero.
Capitava che a volte qualche membro della ciurma manifestasse scetticismo nei confronti della missione, ma lei era sempre pronta a rassicurare tutti e a garantire che ce l’avrebbero fatta, che avrebbero riportato indietro Jack e non avrebbero dovuto preoccuparsi di nulla. Persino Will ed Elizabeth, ultimamente così tesi, sembravano beneficiare del ritrovato buonumore dell’amica.
Quello che non sapevano, o che forse avevano voluto ignorare di proposito, era che Cristal, disfattasi delle sue preoccupazioni, aveva di certo avuto più tempo per notare le loro.
Dopotutto erano cresciuti insieme, pensare che non si sarebbe accorta del gelo improvviso fra loro due era stato un comportamento da sciocchi.
Erano infine giunti a Singapore un tardo pomeriggio, la nave abbandonata per non dare nell’occhio e il gruppo diviso per svolgere al meglio i loro compiti. Al momento di decidere il piano di battaglia vi era stato un discreto vociare a bordo, perché nessuno sembrava trovarsi d’accordo con il ruolo assegnatogli.
Elizabeth sarebbe dovuta rimanere con Tia Dalma a coprire loro le spalle, Cristal sarebbe dovuta restare al fianco di Barbossa durante le trattative con Sao Feng e Will si sarebbe dovuto occupare del furto delle Carte Nautiche, ma quando entrambe le ragazze si erano lamentate del fatto che un compito così difficile e pericoloso fosse stato assegnato ad un uomo solo, Barbossa aveva avuto il suo bel daffare a mantenere calme le acque.
- Non esiste che Will vada da solo! Si farà beccare dopo cinque minuti! – era stata la ferma opposizione di Cristal, non particolarmente apprezzata dall’amico.
Alla fine si era giunti alla conclusione che Elizabeth sarebbe andata con Barbossa e Cristal con Will, e Tia Dalma se la sarebbe cavata da sola, forse l’unica a non aver espresso alcun genere di parere fin dall’inizio.
Era così che Will e Cristal si erano ritrovati appostati per due ore accanto al vecchio tempio del rione del mercato, in attesa che giungesse per loro il momento più propizio di entrare in azione.
- E comunque non mi farò beccare dopo cinque minuti… - borbottò il giovane Turner dopo qualche tempo trascorso in silenzio a studiare la strada.
La ragazza trattenne un risolino e gli assestò una leggera spallata.
- Tranquillo, dopotutto il ripresentarti sulla Perla portato in braccio da Liz e Jack era nei piani, no? – scherzò affettuosamente.
Ma si era accorta che al nominare Elizabeth il suo sguardo si era fatto più buio.
- Will… va tutto bene? – chiese, una nota più dolce nella voce ma gli occhi ancora puntati sulla scalinata che conduceva al tempio.
Le rispose un lungo silenzio spezzato dai respiri profondi di Will.
- Ti piace davvero questa vita? Non rimpiangi mai Port Royal, quando ci incontravamo alla mattina davanti alla bottega e duellare in cortile era solamente un gioco? –
Cristal tese le labbra, il cuore stretto da quei ricordi di un tempo che non le apparteneva più.
- La vita ci mette davanti a delle scelte, Will, e dobbiamo affrontarle a testa alta, qualunque sia l’esito. – spiegò.
- Avrei potuto lasciare mia madre a morire. Ma la mia sarebbe davvero stata una vita migliore, in tal caso? – aggiunse a voce più bassa.
Il ragazzo trasse un sospiro profondo e affaticato.
- E’ che avrei potuto essere sposato, a quest’ora. – confessò, sorprendentemente sincero.
L’amica sorrise appena, portandogli una mano sulla spalla.
- Anch’io. – e strinse appena la presa, cercando di non domandarsi se potesse essere stata una cosa saggia da dire o meno.
Dall’espressione di William si rese conto che c’erano ancora molte cose di lei che lui non sapeva. Forse era meglio così, forse era meglio che la sapesse simile a lui senza conoscere i dettagli.
Dopotutto era sempre stato così, fra di loro. Nonostante le differenze, nonostante le divergenze, riuscivano più o meno sempre a capirsi ed evitavano sempre scrupolosamente di chiedere. Testardi entrambi, ed entrambi forse troppo riservati per poter essere felici.
- Oh, Will! Il portale! – esclamò poi nel notare che il monaco di guardia all’ingresso del tempio aveva abbandonato la sua postazione.
Senza farselo ripetere due volte, il giovane la prese per mano e insieme salirono velocemente i gradini che li separavano dal portale, scivolando discreti all’interno del tempio.
Si trattava di un’unica grande sala con un colonnato che correva lungo le pareti. Fatta eccezione per la poca luce che proveniva da alcune lampade di carta colorata l’ambiente era immerso nella penombra, gli angoli bui come l’abisso e i passi che rimbombavano nel silenzio.
Cristal attese che la vista si fosse abituata all’oscurità prima di procedere; lasciò che il compagno la precedesse nell’esplorazione del tempio e alzò lo sguardo, incantata dai bagliori verdastri che sfuggivano alle decorazioni delle lampade. Le colonne in legno erano dipinte di nero, e facendo scorrere i polpastrelli lungo di esse si accorse che vi erano intagliate decine e decine di piccole scaglie, come a imitare la pelle di un rettile.
Erano serpenti, grossi e sinuosi serpenti neri dalle fauci spalancate che si avviluppavano alle colonne salendo verso il soffitto a spiovente.
Cristal ritrasse la mano, inquietata da quelle decorazioni.
Vi era un qualcosa di arcano e intimidatorio in loro, e per un angosciante istante ebbe la fredda e vivida sensazione che non avrebbe dovuto assolutamente trovarsi in quel luogo.
- Cristal! –
Il richiamo di Will la fece sobbalzare, ma lui parve non accorgersene.
- Il tempio è vuoto, sbrighiamoci a trovare le Carte! –
La ragazza annuì e lo seguì verso il ventre dell’edificio, fendendo il profumo dell’incenso la cui fonte era tuttavia impossibile da individuare.
Non dovettero cercare a lungo. Di fronte a loro, accanto ad un altare votivo carico di offerte, vi era un piedistallo con un grosso rotolo in mostra.
I due si scambiarono uno sguardo stupito.
- Sono loro? – fece Will in un soffio.
- Mi sembra troppo facile… - lo ammonì Cristal.
Ma l’amico aveva già estratto il suo coltello e aveva reciso il lungo laccio di cuoio che assicurava l’involto al piedistallo.
Per un lunghissimo secondo nel quale Will riuscì a srotolare la conquista per sincerarsi che fosse ciò che cercavano regnò il silenzio più assoluto, poi un gong assordante fece vibrare l’aria, più forte, spaventoso e inatteso di una cannonata.
- Will! – esclamò Cristal in un rimprovero esasperato.
Entrambi gettarono un’occhiata al laccio di cuoio che il giovane Turner aveva reciso: non c’era più, svanito in un buco nel piedistallo.
Era una trappola e loro ci erano cascati in pieno.
- Filiamo via! – fu la sola reazione della ragazza, che lo prese per mano e incominciò a correre nella direzione da cui erano venuti.
- Non di qua! Se lo aspetteranno! – esclamò Will, cercando di cambiare direzione.
Ma prima che potessero anche solo pensare a come uscirne, una serie di fiaccole si accese l’una dietro l’altra, illuminando il tempio a giorno e immobilizzandoli come se fossero stati intrappolati nel ghiaccio.
Attorno a loro almeno venti uomini puntavano in loro direzione pistole e lame affilate.
Erano circondati.
Uno degli uomini si fece avanti, puntando un coltellaccio alla gola di Will e chiedendo qualcosa in una lingua che non compresero.
- Chi vi manda? – domandò poi, in Inglese.
- Nessuno. – rispose Cristal, ma l’uomo parve non apprezzare la sua iniziativa.
- Nessuno ti ha interpellata, lurida…! – ma prima che lo sconosciuto fosse riuscito a colpirla con la sua mano aperta, la ragazza aveva bloccato il suo polso, gli aveva torto il braccio dietro la schiena con una velocità impressionante e si era impossessata del suo coltello, portandoglielo sotto il mento.
- Lascialo andare o gli taglio la gola! – un’altra voce si fece sentire e questa volta spettò a Will essere quello con un coltello piantato contro la pelle nuda.
- Cris… - esalò.
Quella chiuse gli occhi per un breve istante, poi fece come ordinato. Erano troppo in svantaggio, non sarebbero mai riusciti a uscirne vivi.
A meno che…
- Parlay. –
- Cosa?! – esclamarono tutti i presenti, compreso Will, che ancora stringeva saldamente le Carte Nautiche fra le mani.
Capitan Tempesta lasciò la presa sull’uomo, che si divincolò e si massaggiò il braccio. Era certa che se non si fossero trovati in un luogo sacro le avrebbe sputato in faccia.
- Invoco il diritto a parlamentare. Chi è il vostro capo? Conducetemi a lui così che io possa discutere con un mio pari. – sentenziò, a voce alta e mento all’insù.
Il capannello di uomini attorno a loro scoppiò a ridere.
- E tu, misero pirata d’acqua dolce, vuoi parlamentare con il grande Sao Feng? Sai con chi hai a che fare, ragazzina? – domandò sprezzante colui che aveva parlato per primo.
Will le rivolse un’occhiata silente, la stessa domanda a brillare nei suoi occhi castani.
Sapeva con chi aveva a che fare?
L’unica cosa che Barbossa le aveva detto prima che le loro strade si dividessero era stata “non fidarti di Sao Feng, lui non è come me”. Affatto incoraggiante, ma forse aveva ancora una carta che poteva giocare per salvarsi la pelle.
- Sono il Capitano Cristal Cooper, Pirata Nobile del Mare del Nord, e rinnovo la mia richiesta di poter parlamentare con il Capitano Sao Feng in qualità di sua pari. Ora, pensate di poter onorare la richiesta, o vorrete forse che a Sao Feng venga ascritta un’onta nei confronti della Fratellanza? – domandò nuovamente, nella voce ferma la stessa improvvisata sfacciataggine di quando aveva proposto un ammutinamento agli uomini della Liberty Breeze.
Vide Will alzare un sopracciglio in un’espressione a metà fra lo stupito, l’ammirato e il terrorizzato.
L’uomo che teneva il giovane Turner in ostaggio lo lasciò andare e fece cenno a un altro di prendere il suo posto.
- Allora seguiteci, Capitano. – sibilò sprezzante, indicando agli altri di uscire dal tempio e riappropriandosi con un gesto secco delle Carte Nautiche.
- Sarà interessante quando dovrete spiegare a Sao Feng cosa intendevate fare con queste. – ghignò.
Tornati all’aria aperta, gli uomini del tempio li condussero attraverso il dedalo di strade del rione del mercato in una lunga fila indiana, e per un istante a Cristal tornarono in mente i Filippini nella notte in cui avevano rapito i suoi genitori.
La sensazione delle scaglie dei serpenti di legno contro i polpastrelli le riaffiorò allo spirito e se la scosse di dosso velocemente.
Non era a quello che doveva pensare, adesso.
Si fermarono davanti a un portale decorato in quello che doveva essere stato oro, prima di ricoprirsi di sudiciume, e dopo che l’uomo alla testa della piccola colonna ebbe pronunciato una parola d’ordine un passaggio nascosto nel portale si aprì per lasciarli entrare.
- Capitano Sao Feng, il Tempio del Serpente è stato profanato da questi due stranieri. La donna sostiene di essere il Pirata Nobile del Mare del Nord e ha invocato il diritto a parlamentare. – li annunciò dopo averli introdotti in un ampio salone umido e pieno di vapore.
Dall’altro lato rispetto all’ingresso vi era un uomo a torso nudo che dava loro la schiena.
La sua testa calva era ricoperta di sottili cicatrici e le sue unghie erano lunghe come artigli.
- Il Pirata Nobile del Mare del Nord, dici? – esordì, l’Inglese dal forte accento straniero scandito affinché gli intrusi lo capissero senza problemi.
Quando si voltò verso di loro, Cristal sentì i suoi occhi trafiggerla come lame.
- Parlate, Capitano, vi ascolto. –
La figlia del fabbro e il suo apprendista si scambiarono un’occhiata di puro terrore.
Si erano cacciati in un guaio terribile, e il danno era che, se non ne fossero usciti in fretta, vi avrebbero cacciato anche tutti gli altri.
E forse il mondo intero.















 
Note:

1 Un po' d'acqua e di sale giusto per ricordarmi che in cielo dietro le nuvole si nasconde il tuo sorriso
2 Solo un po' d'acqua sulle labbra, solo per ricordarmi di quel bacio amaro appena prima che tu fuggissi


Ed eccoci qui, tornati dopo millenni ad aggiornare le avventure di questo gruppo di disperati!
Se lo scorso capitolo è stato tosto da scrivere a livello dei contenuti, questo lo è stato a livello del tempo disponibile da dedicargli, dal momento che nel frattempo mi sono ritrovata un Erasmus per le mani e tutte le migliaia di scartoffie da compilare in allegato. Esperienza meravigliosa, ma darei volentieri fuoco a tutti quei fogli.
In questo capitolo abbiamo finalmente una scena che aspettavo da molto, ovvero la reunion fra Cris e Hector e... beh, non è andata esattamente nel modo idilliaco che Cris aveva tanto sognato. Decisamente vomitare alla vista del proprio mentore tornato dall'inferno non è il massimo, ma che ci volete fare, non siamo tutti perfetti.
Nonostante il dialogo fra i due sia stato un momento che ho amato particolarmente scrivere, vi è ancora moltissimo non detto fra Barbossa e Cristal, sia da parte della ragazza, che sotto sotto è ancora terrorizzata dai suoi sentimenti, sia da parte di quell'altro, che dovrebbe sputare una decina di rospi ma non si azzarda. Riprenderemo l'argomento, perchè ce n'è davvero necessità da entrambe le parti.
A proposito, la canzone che cantano è "Just pour me souvenir" della solita Nolwenn Leroy. ;)
E poi, beh, Sao Feng.
Cris e Will non avevano modo di parlare a tu per tu dei loro sentimenti più o meno da quando avevano quindici anni, e mi piace ogni tanto ricordarmi che questi due sono cresciuti come la più improbabile coppia di fratello e sorella che si possa immaginare.
(Comunque aveva ragione Cris, non sono durati nemmeno cinque minuti)
Adesso che si sono fatti cogliere con le mani nel sacco e che Cris si è giocata la sua unica carta (avrà fatto bene? O si sarà fregata con le sue stesse mani?) vedremo cosa Sao Feng di Singapore ha in serbo per loro...
Nel frattempo ci stiamo avvicinando a quello che è in assoluto il mio capitolo preferito dell'intera storia: siamo molto vicini alla resa dei conti... 

Un grazie immenso come al solito a tutti voi che leggete/recensite/ecc...

Kisses,
Koori-chan <3
  
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