Anime & Manga > Gatchaman
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Autore: Atlantislux    25/11/2017    2 recensioni
Le avevano insegnato solo a combattere. Ad essere una brava ragazza e ad ammazzare i nemici della Terra.
Per questo Jun il Cigno non aveva saputo che fare, quando era andata in pezzi.
~
Io ho deciso di credergli. Perché altrimenti vorrebbe dire che dovrei sparire da questo mondo, ma non voglio più. Non ora che ho una prospettiva futura che non consiste solo di infinite battaglie contro innumerevoli orde di Galactor.
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Riscritta, riveduta e aggiornata, ho cambiato pure il titolo. Ripubblico una delle mie prime fanfiction, che avevo dedicato all'anime Gatchaman.
L'amore per l'universo dei cinque eroi con le ali non è mai scemato, e ogni tanto si ravviva.
“Pianeta Terra chiama Squadra G...” 

Lux
 

P.S. Mentre l'ambientazione è quella dell'originale serie giapponese "Kagaku Ninjatai Gatchaman", le caratterizzazioni dei personaggi sono più aderenti al remake a fumetti uscito nel 2003 in US, dal titolo "La Battaglia dei Pianeti". Mi ha ispirata anche il crossover Battle of the Planets/Witchblade, da non perdere per i fan di Jun il Cigno.  

 

 

 

Ecate

 

Caro diario



Dal diario di Jun, primo gennaio


Sono passati due anni da quando fui catturata dai Galactor, al termine di una missione in cui nulla era andato come doveva.
Ricordo ancora il dolore. Non smise un secondo di tormentarmi. Dal momento in cui mi risvegliai, prigioniera, a quando mi salvarono i miei compagni Gatchaman. E poi, ancora, nella clinica-bunker della nostra base a Crescent Base, dove mi ricoverarono. Vi passai settimane, entrando ed uscendo da uno stato di letargia indotta dai farmaci che mi somministravano per controllare le mie condizioni... e la mia rabbia distruttiva. Non ero mai abbastanza lucida per capire cosa mi stesse succedendo. Però dovevo aver immaginato quello che i Galactor mi avevano inflitto... dicono che provai a suicidarmi, ma io non ne ho memoria.
La coscienza tornò poco alla volta e, con essa, il dolore e il furore svanirono.

Un giorno mi svegliai, mi guardai le braccia, e chiesi uno specchio. Me lo diedero senza fiatare, e davanti all’immagine di me –della nuova me- che vi vidi, piansi probabilmente tutte le lacrime che mi rimanevano. Non ne ho più versata una da allora.
Dopo qualche giorno trovai il coraggio di incontrare il resto dei Kagaku Ninjatai. Come dimenticare i loro sguardi? Il mio fratellastro Jinpei, sconvolto. Ryu, addolorato. Joe, furibondo. Ken… beh, Ken era l'Eroe. Sempre autorevolmente controllato. Normale per il ragazzo che era stato scelto per essere il Comandante dei Gatchaman, la temuta Aquila Bianca.
Strano, non ci avevo mai fatto caso fino a quel momento.
Non fino a quando quello sguardo di distaccata pietà non fu rivolto a me. Alla ragazza che era stata segretamente innamorata di lui per anni.
Fu allora che quella ragazza svanì completamente.
Aveva attraversato indenne un feroce allenamento durato anni, e la guerra senza quartiere contro un esercito di criminali. Combatteva tutta fiera per il bene del mondo, con la sua divisa rosa che incorporava una minigonna. E nella testa sognava un matrimonio da favola con Ken l’Aquila, quando la guerra sarebbe finita.

Quel giorno lo guardai negli occhi e quel sogno andò in frantumi. Non sarei mai stata sua, né probabilmente di nessun altro. Quello che i Galactor mi avevano fatto mi aveva resa ai suoi occhi un’altra vittima di quei bastardi. Non ero più una guerriera, ma una povera donna da compatire e difendere. L'incidente mi aveva resa anche diversa –e ancora non sapevo esattamente quanto-, in un modo che lui non avrebbe mai potuto accettare. Leggevo Ken come se fosse un libro aperto: Jun il Cigno era morta, nella sua mente scorreva il mio epitaffio.

Anche per smentirlo, una volta accertate le mie condizioni, e ristabilita completamente, chiesi di tornare in squadra. Se ci furono delle resistenze, a me non venne detto. Fui dichiarata abile all'azione.
Avrei voluto tornare sul campo con un'altra BirdSuit, più adatta a quella che sentivo come la nuova me, ma ricaccia in gola la richiesta. Avvertivo di essere cambiata ma, agli occhi del mondo e dei compagni, ritenni opportuno apparire come la Jun che avevano conosciuto da sempre.
Qualcosa dentro di me mi diceva di essere cauta, di non instillare negli altri inutili sospetti o paure. Non penso tuttavia di esserci riuscita. Jinpei, Ruy e Ken mi hanno accettata, ma lo sguardo circospetto di Joe, le rare volte che incrocia il mio, svela tutti i suoi dubbi. Non sa più cos'è tornato dalla prigionia tra i Galactor. E nemmeno io, del resto.

Quando vado in missione, sento cosa scatena il mio arrivo: un'onda di panico che posso quasi avvertire fisicamente. Per i nostri nemici non sono più Jun il Cigno. Mi hanno soprannominata Ecate, la dea greca signora degli spettri e dei demoni infernali.

La vecchia Jun, quando dormiva, sognava di amoreggiare con Ken l'Aquila su un prato fiorito, riscaldati dal sole di mezzogiorno. La nuova Ecate sogna di camminare sola in una città aliena, dove grattacieli a spirale alti come montagne si ergono sotto un cielo livido. E si risveglia sentendosi come strappata via da casa. 


P.S. Il dottor Nambu e i ragazzi non dovranno mai leggere questo diario...

       

 

  
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