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Autore: NicolaAlberti    26/11/2017    0 recensioni
Prima parte cap. 1-10 "PURGATORIO" - Seconda parte cap. 12 - 21 "INFERNO"
Una storia d’amore impossibile immersa in un’ambientazione surreale dai tratti cyberpunk e dai richiami danteschi. Una minaccia robotica che spinge il protagonista alla paranoia e alla fuga tra i meandri di una labirintica e utopica costruzione babelica che ha sostituito l’antica città di Parigi. La ricerca della verità tra le intricate illusioni di una nuova era tecnologica che ha stravolto il mondo, mentre qualcosa di oscuro e insondabile, un dubbio perenne nella mente del protagonista, continuerà a modificare la sua percezione del reale, costringendolo ad esplorare il dedalo della propria coscienza.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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«AMAL!».

La voce del giovane professore esplose dalla cattedra. La classe si ammutolì improvvisamente e la ragazza sollevò di scatto la testa. Qualcuno dal fondo della classe ridacchiò, ci fu uno scambio di battute e un brusio di sottofondo. Un pugno colpì improvviso il ripiano di formica che vibrò con uno schianto. Tutti sussultarono sui loro posti ripristinando il silenzio.

«AMAL! Sei praticamente di fronte a me e ti metti spudoratamente a dormire?! Sarà almeno la quinta volta che ti chiamo!».

«Scu-scusami... mi scusi», balbettò la ragazza ancora intorpidita dal sonno.

«Nooo, nooo, questa volta non te la cavi con le tue solite scuse! Intanto ti becchi una nota!!».

Il professore cominciò a digitare sulla tastiera col volto visibilmente alterato da una combinazione di rabbia contenuta e di sconfitta morale. Sospirò visibilmente mentre le sue labbra si muovevano in un sussurro silenzioso.

La ragazza, che sembrava gradualmente riprendersi dall'intontimento, appariva mortificata. Non si preoccupava mai della reazione degli altri professori, anzi, se ne fregava altamente e spesso rispondeva in maniera maleducata. Ma non con lui, con lui era diversa. Si metteva in primo banco apposta. Seguiva le sue lezioni sulla letteratura italiana e straniera, sulla grammatica, la filosofia e la storia antica, su Dante e su Borges, sforzandosi di essere interessata. Ci provava, sebbene fossero cose che in verità riteneva noiose e inutili. Ma lottando contro ogni sua molecola, che le diceva di alzarsi e andare a fumare una sigaretta in bagno, oppure di buttare giù la testa per farsi un sonnellino, cercava di assorbire ogni parola da quelle labbra, anche quelle inutili. Adorava il suono di quelle labbra che parlavano di cose assurde e inutili. Eppure questa volta aveva ceduto anche a quel dolce suono e, dopo un po', aveva incassato la testa sulle braccia conserte di fronte al banco ed era piombata in un sonno molto particolare... Aveva poi sentito sparire la melodia e questa era diventata uno scroscio di tuoni che l'avevano gradualmente riportata alla materia, privandola di quella complessa, triste, tragica ma amata realtà: il mondo che aveva generato nella sua psiche, tramite la straordinaria capacità che aveva fin da bambina di muoversi volitivamente e controllare i suoi sogni.

Improvvisamente sbiancò quando si rese conto di essere arrivata alla terza nota sul registro...  sapeva la regola: dopo tre note significava essere sospesi!

Cominciò a montare qualcosa dentro di lei, un turbamento represso e indicibile. Sentì uno strappo nel petto che le fece male al cuore. Non riuscì più a contenere in sé quel groviglio inestricabile di emozioni contrastanti, un nodo gordiano fatto di amore e di rabbia, un labirinto di tristezza, dolcezza, senso di colpa e sacrificio. In quel preciso istante esplose.

Si alzò di scatto sollevando le mani e facendo schiantare il banco a terra, si mise a urlare: «MA FAI QUEL CAZZO CHE VUOIII!!!».

Tutta la classe era rivolta verso di lei in un completo silenzio sbalordito. Il professore rimase a guardarla con un'espressione spaventata e sorpresa: non si sarebbe mai aspettato una reazione così forte. Generalmente era buono con Amal, anzi, era piuttosto comprensivo con tutti i suoi studenti, dai quali, per altro, non si distanziava poi così di molto per età e per i modi di fare al di fuori della scuola. Dava l'idea di un fratello maggiore. Certo in classe era diverso. Si sforzava sempre di insegnare trasmettendo passione e positività, cercava coinvolgimento, sebbene sapesse che, nella maggior parte dei casi, ciò che diceva veniva ascoltato solo sporadicamente. Ogni tanto si arrabbiava, ma il più delle volte era una posa. Aveva notato gli sforzi che faceva Amal nelle sue materie, lo apprezzava e spesso la premiava per questo. Quando oggi l'aveva vista piombare nel torpore di fronte a lui l'aveva richiamata prima con un mezzo sorriso tra l'ilarità generale. Poi nuovamente con voce un po' più forte, mentre tutta la classe attorno cominciava sbellicarsi e stava gradualmente uscendo dal controllo. Urlò una volta e non ottenne risposta, allora iniziò a preoccuparsi. Erano cominciati a volare stupidi commenti dalle spalle della ragazza e il professore si sentì preso in giro. Aveva urlato una seconda volta e questa volta con voce irata. L'aveva vista sussultare appena. Dentro di lui tirò un sospiro di sollievo, perché la sua risposta fisiologica indicava che non poteva essere nulla di grave, ma la cosa non fece che farlo infuriare ulteriormente. La classe aveva percepito che il professore si stava alterando e aveva cominciato a calmarsi, sebbene ci fosse ancora qualche coraggioso e azzardato commento che fu subito zittito dal suo sguardo. Ormai sapeva che una volta svegliata avrebbe dovuto punirla, gli dispiaceva, ma non aveva scelta. Sapeva che inevitabilmente questo suo atto avrebbe portato la ragazza alla sospensione, già la seconda dall'inizio dell'anno. Non avrebbe voluto essere lui la causa ultima e l'artefice di tale provvedimento, ma non poteva lasciar passare questa cosa... gli dispiaceva veramente.

Si aspettava una reazione della ragazza. Mentre scriveva la nota sul registro aveva sondato diverse possibilità, nessuna delle quali presentava una scena piacevole, ma questa reazione, così violenta e improvvisa usciva totalmente da ogni aspettativa. Sarebbe stato costretto a provvedere in maniera seria e condurre la ragazza direttamente dal preside...         

Ma Amal cominciò a piangere, non erano lacrime generate dalla punizione della sospensione e neanche per la sua rabbia improvvisa e incontrollata, che sapeva, avrebbe comportato conseguenze ancora peggiori. Era una tristezza disperata e tangibile. Visibile a chiunque tra i presenti.

«SEI MORTO!!! NON HAI CAPITO?? SEI MORTO!!», urlò Amal. Poi uscì dalla classe con falcate nervose, sbattendo rumorosamente la porta alle sue spalle. 

Il Professore rimase interdetto con gli occhi sbarrati, e tutta la classe assieme a lui. Nonostante il senso, quelle parole non suonavano assolutamente come una minaccia, c'era... dolore.  

Una mano si alzò timidamente. Era un'amica di Amal che cercava di dire qualcosa: «Prof. vuole che io...??».

Il Professore si portò una mano alla bocca, poi la tese in avanti e disse con calma simulata: «No... n-no tranquilla, vado io... voi vedete di stare calmi un attimo, per favore».

Quando il professore uscì dalla classe cercò di riassumere il suo solito atteggiamento tollerante e comprensivo. Era evidente che c'era stato qualcosa di grave, qualcosa che oltrepassava le semplici apparenze di una pura ribellione da parte di una studentessa.

Amal era rannicchiata su un angolo, con la schiena appoggiata sul muro esterno della classe. Singhiozzava e tirava su col naso.

La voce del professore si fece dolce e pacata rivolgendosi a quella che gli appariva una creaturina fragile e traumatizzata: «Amal... Io...  Cosa succede?».

Ci fu uno scatto inaspettato e Amal alzandosi si getto verso il professore abbracciandolo. Lui tenne le mani semi alzate in un atteggiamento difensivo, guardandosi intorno nel lungo corridoio. Alcuni alunni che stavano fuori dalle classi guardarono la scena parlottando tra loro coprendosi la bocca con la mano.

Il professore arrossì senza sapere come reagire e disse: «Amal... per favore, non puoi!!». Amal lo strinse ancora più forte, le lacrime e il trucco colato della ragazza gli bagnarono la camicia.

«è colpa mia!!! TI HO UCCISO... TI HO UCCISO MIGLIAIA DI VOLTE... ».

«... nei miei sogni...».

Il professore non seppe cosa rispondere, ma qualcosa dentro di lui si smosse.

Un'intuizione.

Emise un sospiro e la avvolse tra le braccia commosso.

 

 

   
 
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