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Autore: EvelynJaneWolfman    26/11/2017    2 recensioni
In un classico liceo americano non possono mancare gli atleti, le cheerleader, gli strambi, i nerd e gli invisibili. Ed è esattamente ciò che Sophie è; un misto tra una nerd ed una persona invisibile. Innamorata cotta di Kevin, giocatore della squadra di football del liceo, la giovane ragazza sa che può solo ammirarlo da lontano. Eppure, quando tra loro sembra inizi ad esserci intesa, lui la tradisce nel più subdolo e doloroso dei modi: rivelando a tutti il suo segreto e facendola deridere.
Perché Sophie non è solo Sophie, ma Sophie Beatrice McIntosh, principessa di un piccolo ma fiorente principato europeo. Ovviamente, con il suo stile poco trendy e gli enormi occhiali, chi la crederebbe una reale? Nemmeno il cane di sua zia Irma.
Delusa e ferita, la giovane torna al proprio paese e dopo cinque anni, rinata dentro e fuori, rifarà i conti con Kevin. Questa volta nelle vesti di... Sua guardia del corpo!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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5 anni prima...

La campanella, come ogni sviscerante mattina, suonò procurandole un lungo brivido freddo che le percorse la schiena fino ad arrivare alle gambe, che tremarono. Sophie alzò lo sguardo e lo posò sull'enorme edificio in mattoni che era il suo liceo, un luogo orribile e tetro che la spaventava più degli inviti a danzare del baronetto Von Claus, un ragazzo borioso e pieno di sé con gravi - molesti - problemi gastrici. Da quando si era trasferita in America ogni mattina viveva un incubo ad occhi aperti, eppure era stata proprio lei a pretendere di frequentare l'ultimo anno di liceo lì ed i suoi genitori, seppur contrari, alla fine avevano ceduto. Quel paese per lei era sempre stato un sogno, ma non aveva mai lasciato il suo piccolo paesino e non le era mai stato permesso intrattenere rapporti con persone che non provenissero dal suo stesso rango sociale; questo era ciò che sua madre le aveva ripetuto, sin dalla nascita, in continuazione. Quest'impedimento però non le aveva impedito di studiare culture diverse ed innamorarsi di paesi e persone che non aveva mai visto, e quella piccola vittoria ai suoi genitori per lei era stata una svolta nella sua vita. Era stanca di sottostare a delle regole irragionevoli e del tutto prive di senso, almeno per una volta voleva vivere nel modo in cui aveva sempre sognato di fare e ci era riuscita.

Ma la realtà si era scontrata contro il suo viso con la stessa intensità di un palo preso a duecento chilometri orari. Il primo giorno in quel liceo, che a lei era sembrato stupendo, si era rivelato un vero incubo ed i giorni seguenti anche peggio. Finalmente mancavano solo due settimane alla fine di quell'incubo, una volta diplomata sarebbe tornata a casa ed avrebbe studiato economia e scienze politiche, proprio come volevano i suoi genitori, questo era stato il patto per permetterle di studiare in America. Aveva patteggiato per vivere mesi d'inferno e se ne pentiva, odiava l'economia ed ancor di più le scienze politiche ma quando una persona è disposta a tutto pur di veder realizzato il proprio sogno non bada a risvolti negativi né ci pensa. Se avesse potuto tornare indietro non avrebbe commesso quell'errore... o forse sì? Perché, nonostante le prese in giro nei corridoi o nei bagni, una cosa positiva lei l'aveva trovata ed era l'unica consolazione che le dava la forza di alzarsi ed andare a scuola: Kevin.

Kevin faceva parte della squadra di football ed all'inizio Sophie lo aveva guardato con disprezzo esattamente come guardava tutti i suoi compagni di squadra, un branco di rozzi energumeni privi di grazia o di qualsiasi forma di buona educazione. Nonostante fosse cresciuta tra damerini che si fingevano gentiluomini, Sophie sapeva che le persone - soprattutto i maschi - erano meno "cortesi" e non usavano sempre le buone maniere, ma quegli individui superavano ogni sua più cupa immaginazione, anche solo passare accanto ai loro spogliatoi aveva il potere di mandarti in tilt l'olfatto ed alcune cellule celebrali tanto era il tanfo. E per lei, che era seduta proprio accanto al loro capitano, la cosa era anche peggiore perché Connor Smith era uno dei colpevoli dell'incubo che da più di otto mesi viveva. In ogni secondo della giornata non faceva altro che punzecchiarla con parole cattive o lanciarle addosso pezzetti di carta intrisa di bava di australopiteco tutto muscoli e niente cervello, per poi riderne con i suoi compagni. Tranne Kevin, lui non aveva mai riso anzi, l'aveva anche difesa in molte occasioni riprendendo il proprio capitano - che stranamente sembrava aver timore di lui. Per lei era come una specie di Zorro, pronto a venire in suo aiuto appena ne aveva bisogno, ma a parte salvarla dalle grinfie di Connor, non avevano mai avuto una discussione anzi, non si erano nemmeno mai rivolti la parola. Lei si limitava ad ammirarlo e ringraziarlo da lontano, sapendo di non poter mai far altro sia perché era impossibile che uno come lui si interessasse a lei, sia perché aveva paura di attirare su di sé altre prese in giro se gente come Connor avessero scoperto la sua cotta segreta per Kevin.

Prendendo un lungo respiro, Sophie si fece coraggio ed entrò nell'edificio, era anche in ritardo di cinque minuti e di sicuro si sarebbe presa una bella strigliata dal professore, un ottimo inizio di giornata. Superò i corridoi della scuola a testa bassa, stringendo le spalline dello zaino tra i pugni per darsi forza ed entrò in classe a spasso spedito; marciando veloce verso il suo banco in prima fila.

«Sof! Cinque minuti di ritardo? Non è da te!» la voce di Jane, l'unica amica che aveva in quel posto, la fece sobbalzare e le ci volle qualche secondo per connettere. Era presa di mira così spesso, che non era riuscita nemmeno a riconoscere la voce della sua migliore amica a causa dell'ansia e della paura.

«S... sì, sono rimasta ferma fuori per decidere se entrare o scappare» le rispose, tentando di placare il battito furioso del suo cuore ed il respiro affannato.

Jane fece una risatina che di divertito aveva ben poco. «Io ti avrei consigliato di dartela a gambe e tornare a casa tua, lì hai di certo una vita migliore di quella che hai qui.»

Lei era l'unica che conosceva le sue vere origini, dove abitava prima di trasferirsi lì e cosa le aspettava dopo. Ed aveva ragione, tanto valeva ormai tornarsene a casa ma non poteva, non dopo aver patito così tanto! Mancava poco al diploma, doveva tener duro solo un altro po'...

«È occupato?» chiese una voce familiare accanto a lei, ma persa com'era nei suoi pensieri non vi dette troppo peso e fece un veloce gesto affermativo con la mano. Il ragazzo, perché la voce familiare era quella di un ragazzo, la ringraziò e prese posto alla sua sinistra.

«Ehi, Kevin!» urlò Connor dall'ultima fila. «Goditi il tuo posto in prima fila accanto a CesSophie!» Rise, venendo presto imitato da quasi tutta la classe.

Solo in quel momento Sophie collegò e si voltò verso il ragazzo che solo poco prima le aveva rivolto la parola e che lei aveva bellamente ignorato, scoprendo che si trattava proprio di Kevin!

Proprio il ragazzo per cui aveva una cotta, lo stesso con cui non aveva mai parlato; e proprio quando lui le rivolgeva la parola lei lo liquidava con un gesto veloce della mano, proprio come si scaccia una mosca!

Brava, Sophie, davvero molto brava...

Sentendosi fissare, Kevin si voltò verso di lei e fraintendendo il suo sguardo le disse; «Non pensare a quegli idioti, credono di essere fighi prendendo in giro gli altri.»

Abbozzò un timido sorriso, o almeno ci provò, ringraziandolo muta per il suo supporto. «Ci sono abituata» sussurò.

«Comunque grazie per avermi permesso di sedere accanto a te,» continuò lui. «Il mio posto è stato occupato da una piovra.» il ragazzo voltò lo sguardo verso uno dei banchi in ultima fila e Sophie fece lo stesso. Al posto in cui di solito sedeva Kevin, si trovava Lara, una ragazza dagli eccentrici capelli blu che le chiedeva appunti in ogni materia, che aveva unito il banco con quello del ragazzo accanto e si stavano scambiando la saliva come due animali in preda agli istinti sessuali.

Si voltò verso la sua cotta segreta, scoprendolo a fissarla curiosa e ridacchiò per stemperare l'imbarazzo. «Tranquillo, qui non ci sono piovre, ma soltanto io. Certo non ho tentacoli e sicuramente non attenterò a nessuno dei tuoi arti, ma visto che tutti mi evitano come la peste probabilmente ho un enorme foruncolo che spaventa gli altri. O potrebbe essere solo la mia faccia.»

Aspetta... ho appena detto cosa?!

Appena ebbe collegato tutte le parole che erano uscite come un treno in corsa dalla sua bocca, Sophie trattenne l'impulso di correre fuori dall'aula e sbattere con la testa contro il primo muro disponibile. L'unica fortuna era che nessuno, a parte Kevin, aveva sentito il suo delirio. In quel preciso istante però, la risata divertita del ragazzo attirò l'attenzione di tutta la classe, che si zittì.

«Cosa c'è di così divertente da ridere in quel modo?» chiese Connor, procurandole un brivido freddo lungo la spina dorsale.

«Non sono affari tuoi, Smith» rispose Kevin. «Invece di immischiarti in cose altrui perché non continui a ripetere letteratura inglese? Non vorrai farti bocciare e perdere la tua borsa di studio, vero?» il sorrisino serafico che comparì sul volto del ragazzo lo consacrò come suo eroe personale e se avesse potuto lo avrebbe eletto eroe nazionale del suo paese.

Lui si voltò nuovamente verso di lei, ignorando lo sguardo carico d'odio che gli lanciò Connor. «Posso assicurarti che non hai nessun foruncolo in faccia. E, ripeto, non pensare a quello che dicono gli altri, sono solo un branco di cavernicoli senza cervello.»

«Grazie mille» gli sorrise grata.

La campanella che annunciava l'inizio della prima ora suonò e l'insegnante di aritmetica entrò in classe, zittendo tutti.

* * *

«Voglio scappare da questo posto, ora!» brontolò Jane, mentre lei e Sophie si dirigevano verso l'aula di chimica.

«Non fare la melodrammatica, chimica non è poi così male anzi, è una delle materie che preferisco» ed era così, lei adorava tutte le materie tranne matematica, in cui riusciva a stento ad avere la sufficienza. Anche se iniziava ad amare l'aritmetica, se ad ogni lezione avrebbe avuto Kevin accanto, com'era successo poco prima. Finalmente era riuscita a parlare con lui, anche se in realtà aveva delirato più che parlato ma era felice ugualmente! E come sempre l'aveva difesa, era proprio vero che i ragazzi d'oro esistevano ed era ancora più strano trovarne uno che fosse un giocatore di football.

«Tu non conti, visto che sei una secchiona!» esclamò l'amica, ricatturando la sua attenzione. Entrarono in classe e le due si separarono, Jane andò a sedersi accanto al compagno che l'insegnante aveva scelto per lei.

Odiava quella stupidaggine dei posti assegnati, per fortuna lei era capitata da sola visto che erano dispari in classe. Meglio sola che accanto ad uno come Connor...

Represse un brivido di disgusto e si accomodò sullo scomodo sgabello in plastica, aprendo il quaderno degli appunti.

«Di nuovo vicini, mi prenderai per uno stalker.»

Il suo cuore iniziò a battere furioso, aveva paura di voltarsi e scoprire che la voce sentita era una sua allucinazione acustica. Ma la sagoma che scorgeva accanto a lei era di sicuro vera. Si voltò lentamente e vide, con sua grande gioia, che si trattava proprio di Kevin. Di nuovo.

«Di nuovo piovre che ti rubano il posto?» gli chiese, reprimendo sul nascere un gridolino acuto e leggermente imbarazzante.

Lui rise, per la seconda volta in meno di due ore, e lei volò direttamente in paradiso. «No, nessuna piovra questa volta, ma la professoressa crede che io faccia copiare Steve quindi mi ha spostato accanto a qualcuno che non ha bisogno di copiare» il suo sguardo la sondò intensamente e a lungo, tanto da farla tossichiare nervosa e spostare lo sguardo sul quaderno degli appunti che aveva davanti. Nessuno l'aveva fissata mai così intensamente, di sicuro il suo viso era più rosso del composto chimico a base di ferro che la professoressa aveva lasciato su ogni banco per la lezione di quel giorno.

«Allora...» disse per allentare la tensione. «Se la professoressa teme che tu faccia copiare gli altri, significa che te la cavi in chimica?» chiese, ma conosceva già la risposta. Kevin era secondo solo a lei in quelle materie, tranne in matematica in cui era il migliore dell'intera classe.

«Be', non per vantarmi, ma posso definirmi il re del laboratorio» il ragazzo si spostò con fare femminile e vanitoso una ciocca di capelli immaginaria dalla spalla, facendole scappare una risatina troppo forte che li fece riprendere dell'insegnante. Per tutto il resto dell'ora restarono in silenzio, concentrati sull'esperimento chimico, scambiandosi la parola solo se necessario. I minuti volarono fin troppo veloci per Sophie, e quando la campanella annunciò la fine dell'ora, lei avrebbe tanto voluto possedere una macchina del tempo e ripetere i sessanta minuti daccapo. Ma da persona realistica qual era, prese le sue cose e salutò Kevin per raggiungere Jane che l'aspettava fuori dall'aula.

«Eccomi Jane, scusami se ti ho fatta aspettare» l'amica se ne stava appoggiata con la schiena ad uno degli armadietti blu dell'istituto e stava trafficando con il cellulare.

«Tranquilla, ho visto che eri piuttosto impegnata con Kevin e non ho voluto interrompervi» forse era solo sua impressione, ma le sembrò che la voce di Jane avesse un timbro strano che non aveva mai sentito prima. La ragazza rispose il cellulare in tasca e le sorrise dolcemente. Sì, si era sicuramente immaginata tutto, la lezione di chimica l'aveva davvero stesa.

«La prossima ora è quella di ginnastica, vero?» chiese, tremando già al solo pensiero. 
«Sì, quindi ti conviene posare quegli orribili libri di chimica, cambiarti e raggiungere la palestra. Io ti precedo, se per te va bene.» Sophie annuì e salutò l'amica. Si avvicinò al suo armadietto e lo aprì, per posarvi i libri; nello stesso istante un bigliettino azzurro cadde a terra e lei ripose in fretta e sgraziatamente i libri prima di raccoglierlo. Lo aprì alquanto intimorita, chi le aveva infilato quel biglietto nell'armadietto? Forse Connor o uno dei suoi amici? Ed in quel caso, cosa c'era scritto? Sicuramente nulla di carino.

Eppure, Connor non l'avrebbe presa in giro con un semplice biglietto, a lui piaceva umiliarla pubblicamente. Lo aprì e lesse lentamente;

Cara Sophie,

È scioccante pensare che ci siano persone come te in questa scuola, e che io non ti abbia mai notata. Le poche ore passate insieme mi hanno fatto capire che voglio conoscerti di più, se me lo permetterai. Se anche tu provi lo stesso, lasciami un biglietto nell'armadietto. Spero in una tua risposta (affermativa),

Kevin.

Oddio, era una candid camera? Perché se così fosse stato, non era per nulla divertente. Lesse il biglietto per altre due volte e si guardò in giro per vedere se qualcuno stesse spiando la sua reazione, ma i corridoi erano deserti e tutti gli alunni avevano già raggiunto le loro classi.

«Mio Dio, può davvero essere reale?» il cuore iniziò a battere così forte che temette potesse esplodere da un secondo all'altro. In fretta, prese il blocchetto degli appunti e scrisse la sua risposta a Kevin, confessandogli i suoi sentimenti ed il suo segreto. Errore che avrebbe pagato caro...

Una volta infilato il biglietto nell'armadietto del ragazzo, andò nello spogliatoio per cambiarsi prima di raggiungere la palestra. Pregava solo che l'insegnante non l'avrebbe ripresa per il suo ritardo, in quel caso avrebbe mentito dicendole che si era sentita poco bene.

Raggiunse la palestra e notò l'assenza dell'insegnante.

«Però, ce ne hai messo di tempo per raggiungerci» la rimproverò bonariamente Jane, avvicinandosi a lei.

«La signorina Spencer non è ancora arrivata?» le sembrava alquanto strano che la donna non fosse già lì per stenderli con i suoi essercizi al limite dell'impossibile.

«No, a quanto pare ha preso una storta alla caviglia cadendo dalle scale durante la seconda ora e si è fatta accompagnare all'ospedale. Ora stiamo aspettando che decidano a quale supplente affidarci» l'amica non sembrava per nulla preoccupata o dispiaciuta per l'insegnante mentre a lei dispiaceva che la donna si fosse ferita, per quanto insopportabile.

«Scusate, posso avere la vostra attenzione?» Carly, la ragazza di Connor e suo secondo incubo peggiore, era salita sui piccoli spalti che "abbellivano" la palestra. «Ho un importante cosa da dirvi, miei compagni ed amici.»

Tutti i suoi compagni di classe, compresa lei e Jane, si avvicinarono alla ragazza per ascoltare. Un sorrisino saputo comparì sul suo volto perfettamente truccato.

«Sapevate che c'è una persona di sangue reale qui tra noi?» un coro di risatine divertite si levò dai suoi compagni, convinti che Carly li stesse prendendo in giro.

Lei invece si congelò sul posto, le orecchie iniziarono a fischiare ed il cuore iniziò una maratona infinita.

«Proprio così» continuò la ragazza. «Ovviamente non sarei mai riuscita a saperlo nemmeno io, se non fosse stato per una persona. Il nostro meraviglioso Kevin.» Carly applaudì e tutti iniziarono a guardarsi intorno in cerca del ragazzo, ma di lui o dei suoi amici non c'era traccia.

No. Non è possibile, Kevin non poteva aver raccontato a Carly del suo segreto!, tentò di rassicurarsi. Ma il sorriso soddisfatto e cattivo sul viso della compagna le raccontava altro.

«Ora vi leggerò una lettera che una sua ammiratrice le ha scritto, dove confessa sia il suo amore che la sua reale discendenza» la ragazza estrasse dalla tasca dei pantaloncini sportivi un foglietto, un foglietto che lei riconobbe: era quello che aveva lasciato nell'armadietto di Kevin.

Oddio, non può star succedendo davvero...

Presa dall'ansia, la vista iniziò a sfocarsi e le gambe sembravano sul punto di cedere.

«Caro Kevin...» iniziò a leggere Carly, facendole salire la nausea. «Sono felice di sapere che entrambi proviamo le stesse cose. Anche per me le poche ore passate assieme sono state meravigliose, sei una delle poche persone con cui riesco a parlare. In questa scuola non mi sono fatta grandi amici, ma quei pochi mi bastano. Inoltre, c'è una cosa che nessuno sa ma vorrei confidare a te, pregando che tu non mi prenda per pazza. Come quasi tutti sanno, io non sono di queste parti ma fino a poco tempo fa la mia casa si trovava in Europa. In un piccolo principato, per essere precisi, ed io ne sono la futura erede al trono; Sophie Beatrice McIntosh. So che tutto questo può sembrare assurdo, ma se me ne darai l'opportunità ti dimostrerò che è la verità. Pregando che tu non fugga, Sophie» finito di leggere, ci fu un attimo di silenzio e nessuno aprì bocca, poi un coro di risate le ferì i timpani e tutti si voltarono verso di lei.

In quel momento avrebbe voluto scappare, ma il suo corpo era completamente incorato al suolo. Non riusciva a credere a ciò che stava succedendo, Kevin non poteva davvero averla data in pasto ai suoi compagni di classe.

«Come ben vedete, abbiamo una reale qui tra noi» continuò Carly, scatenando altre risate.

«Allora Sophie, dobbiamo inchinarci?» la prese in giro la voce di una ragazza che in quel momento non riuscì a distinguere.

Poi ci furono di nuovo risate. Risate. Risate ed ancora risate.

«Sophie, quegli abiti orrendi provengono da qualche principesca boutique del tuo paese?»

Si ripetevano, le risate. Risate. Crudeli risate.

Finalmente il suo corpo si riprese e, prima che gli altri potessero vederla piangere, fuggì via, lasciandosi dietro le risate dei compagni e la voce di Jane che la chiamava.

Come aveva potuto Kevin tradirla in quel modo? Perché l'aveva fatto? L'aveva sempre difesa ed era stato incredibilmente gentile con lei solo qualche ora prima. Evidentemente era stata tutta una messa in scena, organizzata con Connor e tutta la squadra di football solo per prendersi gioco di lei.

Era stata davvero stupida a cascarci, come aveva potuto credere che Kevin fosse diverso dai suoi amici? Era bastata qualche parolina carina per metterla nel sacco.
Con quale coraggio sarebbe andata a scuola il giorno dopo? Non poteva. Non poteva più guardare in faccia nessuno, soprattutto Kevin, non dopo quello che le aveva fatto.

Era giunto il momento di tornare a casa ed affrontare la realtà.

  
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