Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Prince Lev Swann    28/11/2017    0 recensioni
“Succo d’arancia, Swan?”
Killian posa un vassoio di brioches sulla scrivania, prima di sedersi sul letto; fisso per qualche secondo l’arancione intenso del succo nel bicchiere al di sopra di esso, perplessa. Fu una delle prime cose che mi chiese, il succo d’arancia.
“Emma...”
Da parte mia, nessuna reazione. Ho bisogno di qualche altro secondo.
“Tesoro, mi dici che c’è che non va?”
Sollevo lo sguardo, ricambiando quello dei suoi intensi occhi azzurri. Sembra davvero preoccupato; fa quell’espressione quando pensa che gli stia nascondendo qualcosa che mi preoccupa. Sotto la più superificiale agitazione ne traspare quel po’ di rancore che riserva ai miei ostinati tentativi, mai svaniti del tutto, di non lasciare che mi scopra completamente, di impedire a chiunque, lui compreso, di toccarmi nell’animo. Lo so, è fastidioso, ma sono sempre stata così. E sebbene Uncino sia l’unico in grado di oltrepassare le mie barriere, non mi nasconde più quell’aria di delusione, quasi di disappunto, nel constatare che ogni tanto mi riparo ancora dietro a quei muri. Ma ha ragione, e non se lo merita.
Stringo il pugno e faccio un sospiro. Basta muri.
“Sono incinta.”
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La Terra Senza Colore, molti anni fa

Victor Frankenstein si portò il calice alla bocca e chiuse gli occhi. Mandò giù il vino, poi appaggiò il bicchiere sul tavolo. Il suo piede destro scivolò in avanti e Victor si aggrappò al tavolo per non cadere per terra. Batté le palpebre e scosse la testa, mentre immagini confuse prendevano forma davanti a lui.
Si girò di scatto e con il dorso della mano urtò il bicchiere e lo fece cadere sul pavimento. Il fragore raggiunse le sue orecchie attutito.
Victor si appoggiò allo schienale della poltrona, poi al mobile e finalmente raggiunse la cucina. Afferrò la bottiglia di vino e se la portò alla bocca.
Mi manca il MacCutcheon, pensò.
Victor barcollò nella sala accanto e si appoggiò al corrimano. Scese le scale ed entrò nel laboratorio. Strizzò gli occhi e distinse la sagoma del tavolo in mezzo alla stanza, poi spostò lo sguardo verso il mobile sulla destra.
Spinse il coperchio in avanti e una folata gelida lo investì.
Victor osservò il viso pallido di suo fratello Gerhardt, non invecchiato di un giorno da quando lo aveva ibernato più di dieci anni prima, molto prima del Sortilegio Oscuro.
Victor allungò una mano verso la guancia di Gerhardt, sfiorò il corpo congelato del fratello e ritrasse immediatamente la mano. Richiuse il coperchio e si girò lentamente. Fece un passo e cadde in avanti, ma afferrò il tavolo da lavoro in tempo per evitare la caduta.
Raggiunse la parete dall'altra parte della stanza e si fermò di fronte alla libreria. Le sue dita tremolanti strinsero una foto incorniciata.
Victor osservò il volto della donna nella foto, le sue labbra pallide corrucciate in un sorriso, i suoi occhi sollevati al cielo e il viso spensierato contornato dai lunghi capelli ondulati.
Victor piegò le gambe e si inginocchiò a terra. Si mise a sedere e appoggiò la schiena alla libreria, senza distogliere lo sguardo dalla foto.
“Chi sono quelle persone?” aveva domandato una voce lontana molti anni prima.
“Sono persone meno fortunate di noi, angelo mio.” aveva risposto la donna della foto accarezzandogli la testa. Il piccolo Victor osservava gli uomini sdraiati per terra e vestiti di stracci, poi spostava lo sguardo sulla madre, e ancora sugli uomini per terra.
“E perché siamo qui?”
“Per aiutarli.” aveva risposto Caroline Frankenstein stringendogli la mano. Il loro servitore si era fatto avanti e aveva teso loro una vassoio. Lo aveva appoggiato sul muretto e aveva sollevato il coperchio. I quattro senza tetto si erano lanciati sul pollo; strappavano i pezzi di carte e si spintonavano tra loro.
Sulla carrozza Victor aveva domandato alla madre:
“Perché quelle persone avevano tutti qui puntini rossi sul viso?”
“Il demonio.” aveva risposto il loro servitore.
Caroline Frankenstein lo aveva fulminato con lo sguardo, poi aveva sorriso al giovane Victor.
“È solo febbre, angelo mio.”
“No, è il demonio che si manifesta sui loro volti.” aveva ribattuto il servitore.
“Adesso basta, James. Non ti permetto di parlare di queste sciocchezze a mio figlio.”
Due mesi dopo il piccolo Victor aveva notato che sul volto di sua madre stavano comparendo dei puntini rossi. Caroline trascorreva le sue giornate a letto, e suo padre proibiva a lui e a Gerhardt di entrare nella sua stanza. Neanche Alphonse Frankenstein faceva visita a Caroline. Una mattina Victor era tornato a casa da scuola in anticipo ed era sgattaiolato nella stanza della madre.
“Vai via, piccolo angelo.” gli aveva detto lei tra un colpo di tosse e l'altro. “Io starò bene. Ho solo bisogno di altro riposo.”
Il giorno dopo Victor aveva tentato nuovamente di entrare nella camera della madre, ma la porta era chiusa a chiave. Victor e Gerhardt chiedevano a loro padre di andare a parlare con Caroline, ma il padre non glielo permetteva.
E a nessuno dei due fu mai più concesso di sentire nuovamente la sua voce. Nei mesi successivi l'intera città aveva parlato della maledizione del demonio, quel sortilegio per cui sui volti di tante persone erano comparsi i puntini rossi che portavano alla morte. Negli anni successivi Victor aveva raccolto nel suo diario i ritagli di giornale che parlavano della malattia e annotato le sue considerazioni personali, e al primo diario ne era seguito un altro, e poi un altro ancora. Aveva incontrato altri uomini malati, aveva esaminato i corpi dei defunti, e aveva elaborato un siero che era in grado di indebolire la malattia e di ritardare la morte, seppure senza sconfiggerla del tutto. Il padre aveva tentato numerose volte di farlo desistere dai suoi esperimenti, ma Victor Frankenstein non li aveva mai abbandonati. Avrebbe sempre dedicato la sua vita ai propri studi. Nessun bambino avrebbe mai più perso la propria madre. La morte non avrebbe più portato sofferenza.
Victor tirò su col naso e con il dorso della mano si asciugò gli occhi.
E invece non aveva ottenuto nulla. I suoi esperimenti non erano riusciti a vincere la morte, e la scienza aveva dovuto fermarsi laddove anche la magia non poteva arrivare. Il confine tra quel mondo e l'aldilà era impenetrabile, e una volta morti non vi era modo di tornare indietro.
A cosa era servito, dunque? Ormai aveva perso tutto. Suo padre, suo fratello, e alla fine persino il suo assistente. Aveva fallito. Era una delusione per suo padre, era una delusione per suo fratello ed era una delusione per sua madre.
Forse se fosse riuscito a tornare a Storybrooke avrebbe potuto ricominciare, dare il via ad una nuova vita. Ma non c'era modo di tornare nella Terra Senza Magia. Ci aveva provato, ma evidentemente poteva riuscirci solo lanciando un altro Sortilegio Oscuro. E come avrebbe potuto usare il cuore della persona che amava di più, se tutti quelli che amava erano morti?
Forse l'unico vero modo per ricongiungersi con i suoi cari era intraprendere la stessa via che avevano percorso coloro che aveva perduto. Doveva rassegnarsi a morire, e così un giorno avrebbe potuto riabbracciare sua madre, e lei lo avrebbe chiamato ancora una volta il suo piccolo angelo.

 

* * *

“Dottor Frankenstein, un uomo vuole parlare con voi.”
“Mandalo via, Boris.” Victor premette il bisturi sul cadavere davanti a sé e tracciò una linea orizzontale dalla quale scaturì un rivolo di sangue. “Ho molte cose da fare in questo momento.”
“Perdonate l'insistenza, dottor Frankenstein.” affermò una voce profonda alle spalle di Boris. “Ma sono convinto che potremmo avvalerci l'uno dell'altro e aiutarci reciprocamente.”
Victor premette la mano guantata sull'incisione, poi inserì l'indice nel taglio.
“Non credo che possiate fare nulla per me.”
Il suo ospite abbozzò l'angolo della bocca in un sorriso malizioso prima di rispondere.
“So che da molti mesi siete alla ricerca di un modo per raggiungere un luogo remoto, un reame impossibile da raggiungere.”
Victor si paralizzò e fissò lo squarcio che aveva aperto. Alzò gli occhi dal cadavere e si girò verso l'uomo.
“Boris, lasciaci soli per favore.”
Il servitore obbedì.
“Io conosco quel modo.” disse lo sconosciuto.
“Ho già tentato con i fagioli magici.” Victor fece una smorfia. “Mi dispiace deludervi, ma non mi porteranno dove voglio andare.”
“Ho di meglio.”
“Vale a dire?”
L'uomo fece un passo in avanti e abbassò lo sguardo sul cadavere sul tavolo, alzò le sopracciglia e guardò Victor negli occhi.
“Io so molte cose su di voi e i vostri studi, dottor Frankenstein. So bene che cosa fate nel vostro laboratorio. Ho seguito le vostre imprese sui giornali.”
“C'è poco di cui parlare, temo.” Victor si tolse i guanti di lattice e li gettò sul tavolo. “I miei esperimenti non hanno mai portato a molto.”
“So che cercate di impedire che la gente muoia, e che negli anni siete diventato un vero e proprio tanatologo.”
Victor aprì il rubinetto del lavandino e si sciacquò le mani.
“Se conoscete qualcuno malato di scarlattina, vi informo subito che nel migliore dei casi potrò solo ritardare la morte di alcune settimane.” Victor chiuse il rubinetto. “E non posso resuscitare i morti, se è questo che volete chiedermi.”
“Non ce ne sarà bisogno, dottore.” L'uomo estrasse un fazzoletto dalla tasca dello smoking e si soffiò il naso. “Nel nostro caso i defunti sono già risorti.”
Victor accigliò le sopracciglia. “Di cosa state parlando?”
“Si tratta dei miei nipoti, dottor Frankenstein. Abitano a villa Clayton, nella campagna fuori da Isham, insieme alla loro governante, la signorina Grose. Vi confesso che non ho mai amato i bambini, e se potessi non mi preoccuperei minimamente della loro salute. Tuttavia, i loro genitori hanno lasciato scritto sul proprio testamento che potrò godere della mia fetta di eredità solo se mi assicurerò che i due mocciosi proseguano la loro educazione e siano seguiti da qualcuno fino a che non avranno raggiunto la maggiore età.
“Prima che assumessi la signorina Grose erano la signorina Julia Jessel e il signor Peter Quint ad occuparsi di villa Clayton, ma i due sciagurati sono venuti a mancare alcuni mesi fa in circostanze misteriose. Meglio così, ho pensato inizialmente. Non ho mai avuto molta simpatia nei loro riguardi.
“Ma a seguito del loro decesso i miei nipoti hanno iniziato ad agire in modo bizzarro. Miles, che fino ad allora era sempre stato uno studente modello, ha abbandonato qualsiasi forma di disciplina e si è fatto espellere dal collegio dove lo avevano iscritto i suoi genitori, mentre Flora organizza continuamente delle burle per farsi beffe della sua governante. Inoltre entrambi i ragazzini si sono fatti misteriosamente taciturni, e si rifiutano di parlare con me, con la governante o con chiunque altro, e conversano esclusivamente fra di loro.”
“Perdonatemi se vi interrompo” fece Victor mentre riponeva il bisturi nella cassetta degli attrezzi. “Ma questo cosa ha a che vedere con me? Sono uno scienziato, non una bambinaia.”
“Il fatto è, dottor Frankenstein.” L'uomo fece una smorfia con la bocca. “Che la loro governante ha sorpreso più volte i miei nipoti che parlavano da soli. Non voglio dire fra di loro, intendo dire che non parlavano con nessuno. Credetemi, il mio primo pensiero la signorina Grose me ne ha informato è stato di licenziarla su due piedi, se non fosse che al mio arrivo a villa Clayton ho sorpreso io stesso la giovane Flora seduta vicino allo stagno intenta a conversare tra sé e sé, come se un essere invisibile potesse ascoltare ciò che diceva, e come se potesse persino risponderle. E sapete cosa ha esclamato Flora prima di alzarsi in piedi e accorgersi che io ero lì? Ha detto ‘Arrivederci Peter’. Capite?”
Victor aprì la bocca come per rispondere, poi corrugò la fronte. “A dire il vero non...”
“Peter come Peter Quint, uno dei precedenti servitori della casa. E quella stessa sera il giovane Miles stava conversando da solo, anch'egli con un essere invisibile. E indovinate con quale nome si è rivolto a quell'essere. Jane. Come Jane Jessel, la precedente governante che aveva esercitato il proprio incarico nello stesso periodo in cui lo aveva fatto Peter Quint.”
“Non crederete che...” Victor soffocò una risata.
“È proprio quello che penso, dottor Frankenstein.” rispose lo sconosciuto serio in volto. “I miei nipoti sono in contatto con gli spettri di Peter Quint e Jane Jessel.”
“Come è possibile? Vi rendete conto dell'assurdità di ciò che state dicendo?”
“Me ne rendo conto eccome, dottore, ed è per questo che mi rivolgo ad un luminare della scienza come voi. Voglio che vi rechiate a villa Clayton e risolviate questo mistero, e soprattutto che liberiate la villa di mio fratello dalle presenze indesiderate che lo infestano.”
Victor rise di nuovo e non disse nulla.
“Provvederò io alle spese del vostro viaggio fino alla villa, e là sarete libero di consumare tutti gli alimenti e le bevande come più vi aggrada. Se riuscirete a far tornare i miei nipoti quelli di un tempo, vi assicurerò il vostro viaggio verso un altro reame. Non sentitevi in dovere di rispondermi subito, prendetevi il vostro tempo per rifletterci. Quando avrete preso la vostra decisione potrete farmi visita al mio studio. Si trova in fondo ad Abraham Road, al numero 85.”
“Chi dovrò cercare, nel caso decidessi di accettare la vostra proposta?”
“Chiedete di Renfield. William Renfield.”

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Prince Lev Swann