Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Crilu_98    28/11/2017    5 recensioni
Secondo capitolo de "The Walker Series" - non è necessario aver letto la prima storia.
Mark ed Elizabeth Walker sono fratelli ma non si vedono da dieci anni, da quando un terribile incidente ha cambiato per sempre le loro vite. Elizabeth è una ragazza insicura e tormentata dai sensi di colpa che all'improvviso è costretta a lasciare la cittadina di campagna dove ha sempre vissuto e a raggiungere San Francisco per salvare il fratello. Aiutata da uno scontroso gentiluomo dalle origini misteriose, da una risoluta ereditiera poco convenzionale e da un impacciato pescatore italiano, Elizabeth dovrà fronteggiare un intrigo molto più grande di lei. Un complotto che potrebbe diventare la miccia di un'incontrollabile rivolta operaia...
Genere: Azione, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'THE WALKER SERIES '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Rosenville, Wyoming, 1918
 
P.O.V. Elizabeth
 
Il cielo minaccia pioggia ed io sono di nuovo in cortile a spaccare la legna, mentre il vento fa turbinare le ciocche di capelli sfuggite alla mia crocchia.
Barbara si affaccia sul portico tenendo per mano la maggiore delle sue figlie, Roxanne:
-Rientra, Lizzie, o ti bagnerai!-
Io annuisco, raccolgo i ciocchi che ho già tagliato e li riporto in casa, mentre iniziano a cadere le prime gocce. In breve tempo si scatena un vero e proprio temporale e i miei tre nipoti si contendono la vista dalla finestra:
-Ragazzi, non aprite la finestra, mi raccomando!- esclama Barbara con preoccupazione, mentre mi aiuta ad apparecchiare la tavola.
-Lasciali stare, dai! La brulla campagna del Wyoming sferzata dal vento è un paesaggio totalmente diverso da San Francisco… E' normale che li affascini! Anche a me piaceva guardare fuori dalla finestra durante i temporali, da piccola!-
Mi fermo un istante: è un'esitazione quasi impercettibile, ma mia cognata la nota e mi guarda con affetto.
E io mi vergogno, tantissimo.
Perché ogni volta che guardo i miei nipoti, o il suo fisico leggermente appesantito dalle gravidanze, ogni volta che incontro un bambino o parlo della mia infanzia… Ecco, io mi chiedo perché proprio io non dovessi avere figli! E provo una delusione cocente ed un'invidia profonda per Barbara e Mark, sebbene adori Roxanne, Thomas e la piccola Sarah.
 
Quando Mark e Connor uscirono di prigione la vita mi sembrava una favola in cui tutto si sarebbe risolto per il meglio: dopo tanti dolori ed affanni credevo che una buona stella avesse ripreso a splendere su di me.
Mark si stabilì a San Francisco e alla morte di Calloway, sopraggiunta qualche anno dopo il matrimonio, prese definitivamente il comando della fabbrica, facendola prosperare, tanto che adesso, in tempo di guerra, Barbara non deve neanche supervisionarne la produzione.
Io e Connor, invece, non avevamo le idee chiare sul nostro futuro: sapevamo solo che eravamo innamorati e che saremmo stati felici dovunque, insieme. Così, un po' perché i miei genitori erano anziani e un po' perché i modi spicci e diretti della gente di qui piacquero subito a mio marito, finimmo per installarci nella fattoria di famiglia.
Mio padre è morto più di dieci anni fa, stroncato da un infarto improvviso che ci lasciò tutti sconvolti: fu allora che iniziai a pensare sul serio a costruirmi una famiglia tutta mia, forse perché il vuoto lasciato da Russell Walker nel cuore di mia madre veniva in parte colmato da me che le stavo accanto.
Con Connor non ne avevo mai parlato, ma fu subito entusiasta dell'idea: dopotutto, i figli erano una conseguenza naturale del matrimonio, o almeno così pensavamo.
Per mesi aspettammo, facendo progetti e supposizioni con una speranza che lentamente, mentre i mesi diventavano anni, si trasformò in amarezza.
Abbiamo consultato diversi dottori ma nessuno è stato in grado di dirmi perché non riesco ad avere figli e quest'incertezza, il dubbio di non essere all'altezza, di avere qualcosa di sbagliato, è un tarlo che mi consuma: anche se Connor non ha mai fatto o detto nulla per farmi sentire in colpa, so che avrebbe voluto essere padre.
Ma ormai non ha senso pensare a queste cose, perché sia io che Connor siamo invecchiati parecchio in questi diciotto anni e come se non bastasse si doveva aggiungere anche la guerra!
Personalmente, non avevo mai riflettuto su un possibile intervento del nostro Paese negli scontri in Europa e per i primi anni il conflitto era rimasto relegato al giornale che Connor leggeva mentre beveva il caffè. Era qualcosa di lontano, quasi immaginario.
Poi Tony, con cui mi ero tenuta in contatto negli anni, mi scrisse che sarebbe partito come volontario: l'Italia era entrata in guerra e lui sentiva il dovere di aiutare quella che nonostante la distanza sentiva come la sua vera patria.
La notizia mi turbò, ma quasi subito la vita alla fattoria mi impose di tornare alle mie abitudini: badare all'orto, ai campi e al bestiame aiutata da Connor, accudire mia madre, che dopo la morte del marito deperiva a vista d'occhio, tenere in ordine la casa…
Sembra una beffa, se ci penso ora: fatta eccezione di mia madre, tutto il resto non ha più importanza. Mentre il mio amico andava in guerra, io pensavo ad una casa che ora è il regno del disordine, visto che Barbara, un po' per aiutarmi e un po' per avere accanto una presenza amica, si è trasferita qui con i bambini per un tempo indeterminato. Il suo denaro è fondamentale in questi tempi duri, perché senza l'aiuto degli uomini mandare avanti la fattoria è sempre più difficile.
Mark e Connor sono partiti un anno fa, sebbene io avessi egoisticamente sperato fino all'ultimo che non fossero chiamati alle armi: dopotutto si avvicinano ai cinquant'anni e nessuno dei due ha più il fisico di un tempo.
Da allora le notizie ci giungono in maniera frammentaria e distorta: a volte qualche conoscente di Rosenville scrive di aver visto o l'uno o l'altro in trincea, altre volte io e Barbara siamo così fortunate da ricevere le loro lettere, scritte con inchiostro sbiadito al lume di un mozzicone di candela.
Non oso immaginare l'inferno che stia attraversando mio marito in questo momento, lui che aveva giurato di non versare mai più una goccia di sangue… La sua ultima lettera risale a due settimane fa: scriveva di vivere in un incubo in cui gli uomini erano massacrati come bestie e tra le righe, soprattutto quelle in cui cercava di sembrare allegro e spavaldo come sempre, riuscivo ad intravedere orrori anche peggiori, di cui nessun giornale parlava.
"Prego che tu sia vivo!" pensai, come ogni sera, mentre aiutavo mia madre a sedersi a tavola "Prego che tu riesca a tornare da me!"
-Bambini, a tavola!- esclamo, cercando di non mostrare davanti a loro le lacrime che premono per uscire dai miei occhi. Roxanne e Thomas si affrettano a sedersi sulle loro sedie, mentre Sarah si volta verso di me e mi squadra con i grandi occhi blu che ha ereditato da mio fratello.
Mentre la primogenita ha lo sguardo scaltro e la corporatura snella dei Calloway, la più piccola è una vera Walker: è venuta al mondo senza piangere, scrutando tutti con le sue iridi limpide e curiose. E' tenace e tra i miei nipoti è quella che preferisco, tant'è che mi piace giocare con lei, nonostante il distacco che mi sono imposta nei confronti dei bambini.
-Zia Lizzie!- mi chiama, facendomi cenno di avvicinarmi con la manina.
-Zia Lizzie, vieni, guarda!-
Mi avvicino alla finestra, convinta che mi voglia mostrare le foglie che rotolano o qualche altra stranezza del paesaggio, ma quello che vedo mi ghiaccia il sangue nelle vene. Mi sento mancare, barcollo e mi porto una mano al petto, convinta di stare per soffocare.
-Elizabeth!- grida mia madre, allarmata -Cosa succede?-
Io non rispondo, sto già correndo verso la porta, la spalanco e mi getto fuori incurante del vento e della pioggia. Arranco alla cieca finché non mi sento afferrare da delle braccia che conosco bene e con un singhiozzo mi abbandono contro un torace solido e caldo.
-Oddio…- balbetto -Oddio, Connor, sei tornato…-
Mio marito mi scosta i capelli dagli occhi e mi bacia la punta del naso, poi le labbra e la fronte.
Lo osservo attentamente, facendo saettare lo sguardo da un dettaglio all'altro: ha i vestiti impolverati e fradici per il viaggio, i capelli e la barba sono lunghi e conto più ciocche grigie di quante ne ricordassi. Noto che si stringe un braccio al petto, ma non faccio in tempo a chiedere, perché Connor mi precede:
-Andiamo in casa!- mi dice gentilmente, poggiandomi una mano sulle spalle.
Solo quando siamo di nuovo all'asciutto mi rendo conto che nella giacca della sua uniforme è nascosto qualcosa: grande è la mia sorpresa quando, con estrema delicatezza, Connor tira fuori un neonato che viene svegliato dalla luce e dal rumore, mettendosi a piangere.
-Connor…- mormora Barbara confusa, mentre mia madre borbotta qualcosa in lingua Cheyenne. Una preghiera di ringraziamento, forse.
-Connor!- ripeto io, frastornata, mentre i bambini rimangono muti in un angolo della stanza -Chi è questo bambino?-
-Nostro figlio!- risponde lui con serietà, affidandolo a me. Sento che Barbara gli chiede notizie di Mark:
-Non siamo più nello stesso reparto, purtroppo. So che è stato ferito in un attacco con il gas e che l'hanno allontanato dalle trincee. Non so se sia un bene o un male: i gas che i tedeschi utilizzano sono micidiali! Ho visto soldati sopravvivere, ma in condizioni pietose…-
La sua voce sfuma, così come ogni altro rumore attorno a me. Ho occhi ed orecchie solo per il piccolo che stringo tra le braccia e che sembra essersi calmato. I suoi occhi hanno una forma vagamente allungata e sono verdi come le foglie bagnate dalla pioggia primaverile. Ha dei corti ricciolini rossi e un colorito sano, nonostante sia troppo magro per la sua altezza:
-Chi è, Connor? Dove l'hai trovato?-
-E' un orfano, Lizzie. Mentre esploravamo delle case che erano state fatte esplodere dalle bombe, abbiamo sentito il suo pianto e l'abbiamo tirato fuori dalle macerie, miracolosamente vivo. Ho pensato che fosse un segno e ho chiesto ai miei superiori di poterlo tenere con noi: hanno accettato, anche perché nessun orfanotrofio in Europa è sicuro, di questi tempi. Ho ottenuto una licenza speciale per portarlo a casa… Per portarlo da te!-
E' esitante, ora, ma non appena si avvicina vedo gli occhi del bambino illuminarsi e quando Connor gli stringe per gioco la manina lui sorride, rivelando due meravigliose fossette sulle guance.
Poi rivolge nuovamente la sua attenzione a me e agita le braccia, emettendo dei versi felici.
-Vedi, è un seduttore!- esclama mio marito.
-Allora è proprio tuo figlio!- scherza Barbara, anche se noto lo sforzo che sta facendo per non scoppiare a piangere davanti ai figli dopo le brutte notizie ricevute. Anche io sono preoccupata: per la sorte incerta di Mark, per la guerra, per le cose che Connor mi sta tacendo e che vedo riemergere come demoni oscuri nei suoi occhi… Ma ci sarà tempo per questo. Improvvisamente mi sembra che ci sia di nuovo tempo per tutto.
-Come si chiama?-
-Non lo so, tigre, te l'ho detto: l'abbiamo trovato in un cestino abbandonato in mezzo a delle case bombardate…-
-Sì, ma tu come lo chiami?-
Connor si grattò il mento:
-In questi giorni, mentre tornavo qui… Beh, io lo chiamavo Edward. Non lo so perché, non mi è mai piaciuto particolarmente il nome Edward, ma suonava bene!-
-Edward!- sussurrai, cullando il bambino. "Mio figlio!"
-Edward Price! Ti piace, tesoro?-
-Zia Lizzie!- strillò la voce acuta di Sarah -Posso vedere il mio cuginetto, zia Lizzie? Posso? Posso?-
Sorrisi e mi chinai affinché i tre ragazzini potessero conoscere il nuovo arrivato in famiglia.
-Benvenuto tra i Walker, Edward Price!- esclamò mia madre con dolcezza -Sei a casa adesso, piccolino. D'ora in poi lo sarai sempre.-
 
 
 Angolo Autrice:
Come ogni volta, scrivere le note in fondo all'ultimo capitolo di una storia per me ha un sapore dolceamaro: la soddisfazione di concludere un racconto e le idee per i prossimi non bastano a contrastare la nostalgia che avrò per questi personaggi :')
Conto di tornare a scrivere della famiglia Walker, perché le loro avventure non sono ancora finite, ma di sicuro non subito: ho altre storie che aspettano già da troppo tempo che io mi impegni a finirle xD quindi credo che prima terminerò di pubblicare Fidati di me e poi tornerò nelle atmosfere di Hereditas, che sono sempre state le mie preferite!
Ringrazio infinitamente Eilan21, ladyathena, OldKey, Old Fashioned, Alessia Krum ed Ele240785: non avete idea di quanto mi avete aiutato con le vostre recensioni!
E ovviamente sono felice anche per tutti quei lettori silenziosi che hanno apprezzato questa storia.
A presto
 
   Crilu 

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Crilu_98