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Autore: eli_s    29/11/2017    4 recensioni
Cosa succede quando un amore sopravvive silenzioso nel tempo? Possono vent'anni dividere per sempre due persone?
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alaric Saltzman, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nadia Petrova | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sei la mia città

 

 

“Ti ricordi che nebbia

Ci ha seppelliti una settimana

Ricordi che abbiamo sbagliato strada

E risalendo la valle

Abbiamo scoperto che il cielo era sgombro”

 

-Secondo te queste le vanno bene?-

 

Damon fissa enigmatico un paio di ciabatte buffe col pelo e la faccia di un orso in rilievo, vuole comprare qualcosa a sua figlia si è convinto che le sue ciabatte classiche con la parte posteriore aperta non siano stabili per farla camminare con le stampelle e vuole prenderle un paio chiuse che la rendano sicura.

 

Attira lo sguardo di Elena, intenta invece ad acquistare alcuni prodotti per la casa che ha finito. Sono nel reparto casa del centro commerciale, lei sorride divertita.

 

-Beh se avesse 5 anni sicuramente….ma forse…-

 

Si allunga davanti a lui per afferrarne un paio chiuse color cremisi dal taglio che ricorda un paio di mocassini ed un fiocchetto panna a rifinirle, con la suola in gomma anziché di stoffa.

 

-Queste che hanno anche la gomma sotto le apprezzerà sicuramente-

 

Lui si rigira tra le mani quelle con la faccia con gli orsi pelosi e poi porta lo sguardo azzurro sulla donna.

 

-Mm...forse-

 

Le posa e mette nel cestino che tiene Elena quelle da lei scelte. Proseguono il giro dirigendosi alle casse.

 

-Allora...sai che mi ha chiamato Enzo?-

-Davvero?-

-Sì...insomma lui e Bonnie vogliono sposarsi il prima possibile-

-Sì vogliono fare tutto per San Valentino...che romantici-

 

C’è una nota stonata nella voce di Elena che non sfugge a Damon appena dietro di lei ora che si apprestano a mettersi in fila alla cassa automatica.

 

-Esatto e siccome la famiglia di lui praticamente non c’è più-

-Sì poverino...me lo ha detto Bonnie-

-Mi ha chiesto se posso fargli da testimone...sai insieme ad un suo caro amico che verrà giù da Londra-

 

Bonnie ed Enzo sono tornati a Londra, dovranno decidere dove vivere, molto probabilmente in Inghilterra visto che lavorano entrambi là, ma ci sono buone speranze che restino in America. Il loro matrimonio sarà celebrato il 14 febbraio lì a New York dove c’è tutta la famiglia di lei. Verranno giù solo alcuni amici stretti di lui.

 

-E’ una cosa bellissima-

 

Elena reclina il volto all’indietro per trovare gli occhi imbarazzati di Damon; arriva il loro turno e cominciano a passare i prodotti sulla cassa mentre lei imbusta.

 

-Sì mi ha molto sorpreso-

-Ci credo-

-Sai...ci siamo trovati-

-Lo avevamo notato-

 

Lui insiste per pagare ed una volta fatto escono dal centro commerciale per dirigersi all’auto di lui.

 

-E’ un bel tipo-

-Avete molto in comune...la stessa faccia a schiaffi sicuramente-

-Ehi!-

 

Salgono in auto ed Elena ride mentre apre lo sportello.

 

-Guarda che era un complimento-

-Da quale punto di vista scusa?-

 

Mette in moto e si volta verso di lei incerto sul da farsi.

 

-Ti scoccia se mi fermo un attimo da Dean&DeLuca, prendo qualcosa per cena per me e Nadia-

-Cosa? Cibo pronto…??? Come ti salta in mente!-

-Ma hai presente quanto costa quell’alimentari?? Non sono schifezze-

-Certo, ma mi pare follia che tu voglia far mangiare così tua figlia-

-Non ho sempre voglia di cucinare!!!!-

 

Elena rotea gli occhi mentre lui si avvia verso Madison Avenue.

 

-No, mi rifiuto! Piuttosto ti preparo io qualcosa...gira che andiamo da D’Agostino-

-Oh perché loro sono notoriamente economici-

-E’ un supermercato, hanno prezzi da supermercato!-

 

Si becchettano sul da farsi ed Elena è così presa ad esporre le ragioni di una sana e corretta alimentazione che nemmeno si accorge che lui ha già parcheggiato davanti al supermercato. Continuano il loro siparietto per tutto il tempo in cui lei si aggira tra le corsie e compra cose, fino al loro - di nuovo - ritorno in auto; e d’improvviso scende uno strano silenzio.

 

-Lo sai vero che adesso ti toccherà cucinare-

 

Lei socchiude gli occhi visibilmente imbarazzata.

 

-Lo so, te l’ho proposto io..-

-Mm e non devi andare a casa?-

 

La gela un istante, perché lui ha il cuore sufficientemente graffiato per subire un ennesimo colpo, non ha voglia di vederla aggirarsi per casa sua, sentirne il profumo, la presenza calda e accogliente per poi vederla ricordarsi che ha un marito e lasciarlo lì con la carne sanguinante.

 

Ed Elena sembra intuirlo quel disagio.

 

-Metterò su il pollo, il resto puoi gestirlo-

 

Lui si perde qualche istante nei suoi occhi troppo profondi e sa che quel calore sprigionatosi nell’aria non dipende dal condizionatore della sua BMW ibrida, ma dall’intensità del suo amore per lei e per quella tensione costante che li lega.

Sono solo le quattro del pomeriggio e Damon vorrebbe che quella giornata non finisse mai. Rompe il contatto visivo con Elena per mettere in moto.

 

“Eppure nemmeno lì sotto

Neppure lo schifo d'inverno

Nemmeno l'inferno

Vorrei starti lontano

Te lo dico più piano

Lo penso ogni volta che devo partire”

 

-Non voglio andare a casa ora-

 

Il tono di voce titubante gli arriva quasi impercettibile, rendendolo incapace di muovere la mano dalla chiave inserita nel quadro. Deglutisce e si volta in cerca di una risposta ad una domanda non ancora formulata; non può giocare così con lui.

 

 

****

 

 

Elena infila una mano infreddolita nel sacchetto di biscotti portole da Damon. Si rannicchia nel piumino antracite, facendo scorrere il velluto nero degli occhi sul giardinetto innevato davanti a loro.

 

Sono seduti sui sassi grossi della corte interna del vecchio palazzo dove abitava Elena, lo stesso dove il ciliegio che ci aveva fatto piantare - regalo di nozze di Damon - campeggia spoglio nella vegetazione imbiancata dalla neve. A quell’ora non si aggira nessuno per il palazzo, sono ancora tutti a lavoro o a scuola e lei ha chiesto ad Earl, il suo amico portiere, di poter sgattaiolare dentro, anche perché il cortile non è un punto di passaggio dall’ingresso, c’è un corridoio da percorrere dopo gli ascensori.

 

-Bel posto...caldo soprattutto-

-Sei tu che volevi un luogo tranquillo-

-No io ti ho chiesto dove volevi andare...tu hai proposto qui-

-D’accordo ma o andavamo dall’altra parte della città…-

-Lo so…-

 

Lo sa, come lo sa lei che non possono stare troppo in pubblico insieme. Già girare per supermercati, con tutte le mamme dei compagni di classe dei suoi figli pericolosamente in zona, non è stata una mossa saggia, figurarsi andare per caffetterie a parlare teneramente. Che poi di tenero tra loro c’è ben poco, se non una strana aria densa e carica di cose non dette a togliere ad entrambi quel fiato ora congelato dal freddo di gennaio.

 

-Quindi se proprio dobbiamo morire .. meglio congelati-

-Confortante, davvero-

 

Damon le sorride, leggermente divertito da quella bizzarra situazione: due adulti che dividono biscotti, due tazze di caffè caldo e un sasso gelido come il marmo come sedia.

Lei tiene l’altra mano tra le cosce, avvolta nel guanto, le gambe allungate davanti e le iridi scure perse nel cielo macchiato di viola che si intravede dalla corte del palazzo. Sembra rilassata, quasi serena con le guance rosse e lo sguardo languido.

E lui non può che perdersi su di lei, Dio rimarrebbe a guardarla per tutta la vita.

 

Si volta finalmente, affogando nel mare d’inverno così limpido e lucente quel pomeriggio, come se il cielo vi si specchiasse esso stesso dentro, si domanda da cosa sia dovuto.

 

Di nuovo, ancora, quella corrente invisibile che conduce ogni fibra del suo essere a lui, gli occhi che scendono dai suoi alle sue labbra, il respiro che si addensa, il cuore che batte irregolare, lo stomaco che si chiude, il tempo che si ferma.

Distanze annullate, aria rarefatta a stringere i polmoni. Occhi troppo dentro all’altro, fino all’osso, a corrodere tutto.

E’ come ripercorrere ancora la strada di casa, fino a consumarsi le scarpe, la carne.

 

 

“È sempre bello tornare

Confuso, spaccato, fatto, sfatto

È bello percorrere i sensi vietati guidando veloce con gli occhi bendati

raggiungerti e dirti mi piaci

Cazzo se mi piaci”

 

 

Damon non resiste più e taglia gli spazi, divora centimetri, respiri, barriere e raggiunge lei, raggiunge la sua bocca affogandoci dentro con disperazione in cerca di una speranza inafferrabile, lei che continua a scivolargli via dalle mani, lei che è ancora una volta il suo tutto.

La sua casa, la sua città.

 

 

“Sei la mia città, fuori dal centro

Sei la mia città, è un complimento

Sei la mia città, ti sento dentro

E quando tornerò, qualcosa cambierà”

 

 

Lasciano che le loro lingue lottino con accanita foga, fino ad arrossarsi le labbra e consumarsi il fiato. Lascia che le scombini i capelli, che la stringa a se, che le tolga l’anima e il cuore.

Un bacio durato un minuto come una vita.

 

Le loro fronti si trovano in cerca di un appiglio dove riposarsi dopo la lotta appena condotta da cui nessuno è uscito vincitore né vinto. Permettono ai loro occhi di incontrarsi ancora complici, alle labbra di incresparsi - riflesso di quello strappo lì, alle fibre del cuore che si accavallano stringendo i petti - e la testa di Elena scivola silenziosa sulla spalla di Damon che l’avvolge con un braccio, tenendola a sé in attesa che il mondo fuori torni a disturbarli.

 

 

****

 

 

Dopo i mille saluti tra Nadia ed Alec, lui ed Elena si sono finalmente diretti verso casa non senza che lei prima preparasse del pollo al curry per Damon e la ragazzina. La spesa andava utilizzata.

Ci sono stati sguardi troppo intensi tra i due tanto che anche Alec stesso sembrava intontito e confuso dalla situazione fin quando poi non sono andati via.

E ora Elena, con quella sua faccia da adolescente innamorata, ingoia entusiasmo e farfalle mentre si appresta ad aprire la porta di casa, seguita da suo figlio maggiore che si precipita al piano di sopra per farsi la doccia.

 

James è in salotto che guarda la televisione e saluta la madre per tornare con lo sguardo al telefilm trasmesso da Disney Channel.

Si toglie il piumino, posa la borsa, svuota la busta con i prodotti acquistati e poi torna in corridoio direzionando lo sguardo verso James.

 

-Tuo padre dov’è?-

-Di sopra...stava cercando la scatola dei guanti da sci-

 

Elena cruccia la fronte perplessa, quella scatola è nell’armadio in lavanderia.

 

Dopo essersi tolta le scarpe afferra i prodotti da bagno da portare al piano superiore e si avvia per le scale con una strana tensione tanto che muove leggermente le spalle come a voler sciogliere i nervi accavallati tra le scapole. Ha bisogno di un bagno caldo per togliersi l’umido dalle ossa, e non soltanto quello.

Se non la smette la situazione con Damon degenererà ulteriormente e sarà un macello.

 

Quando arriva in camera apre la porta leggermente schiusa trovando sul marito seduto sul letto e non realizza subito l’accaduto tanto che le viene da salutarlo neutrale.

 

-Ehi hai trovato..-

 

Le parole le strozzano il respiro quando i suoi occhi registrano cosa stia tenendo in mano. Lui è impassibile con le mani poggiate sulle gambe che reggono una foto, lo sguardo perso sulla parete davanti al letto e tutto  - sparpagliato - il contenuto della sua scatola.

Quella scatola, la scatola di Damon. Di quella vita che nega di aver vissuto.

 

Le tremano le gambe e per poco non le scivola di mano la carta igienica che doveva mettere nel loro bagno da cui si accede solo dalla loro camera.

Sbatte le folte ciglia più volte sperando di inumidire le iridi fattesi secche, le labbra che tirano macchiate di un peccato ora visibile, carnale, un senso di nausea le afferra la bocca dello stomaco lì dove ancora si contorcono sentimenti contrastanti - paura, senso di colpa, afflizione, vergogna - che urgono di uscire, gridare, ferirla.

Ferire lui, l’uomo che non ha colpe, se non quella di aver amato una ragazzina che non aveva più il cuore nel petto.

 

Elena resta immobile deglutendo la vergogna, scorre veloce le foto sparse sul piumone, alcuni oggetti, la maglietta di Damon, audiocassette, il diario, il biglietto del concerto di Madonna.

E altre cose custodite gelosamente in un angolo cieco di quella casa che nulla diceva della sua vita passata, se non per quel cubo di cartone blu polveroso.

 

Si rende perfettamente conto che qualunque parola di scuse, di tentativo di spiegazioni, ora come ora sarebbe totalmente futile.

 

Elena non lo sa, non sa da quanto tempo sia lì a contemplare i pezzi della sua vita passata, non sa cosa senta dentro, cosa gli stia agitando il petto ed il cervello. Quanto si senta umiliato, sciocco, stupido, preso in giro, quanto sia avvilente realizzare che le persone più importanti nella tua vita - sua moglie, uno dei suoi migliori amici- gli abbiano nascosto una cosa tanto pesante.

Non perché uno debba conoscere tutti i vecchi amori adolescenziali, non ne hanno mai davvero parlato, non hai mai davvero scavato nei loro rispettivi passati. O meglio, lui ha parlato di se, ma ora che ci pensa non ha mai chiesto niente a lei.

 

Non sa Elena che sente di avere una percentuale di colpa, ma che il fatto che il fratello del suo migliore amico sia stato il grande amore di sua moglie -perché diciamocelo chi conserva con tanta cura una scatola piena di ricordi di un vecchio amore, dopo tanto tempo – gli ha spaccato in due il cuore.

Sono quei ricordi che si lasciano sepolti in soffitta o nell’armadio della propria vecchia camera, insieme ai libri di scuola, ai primi disegni fatti all’asilo conservati solo per volontà materna.

Non ci si portano nella casa coniugale dove ci si appresta a costruire una nuova famiglia con un altro uomo.

 

E d’improvviso, mentre stringeva quelle foto, tutto gli è sembrato avere senso.

Tutte le stranezze, gli atteggiamenti imbarazzati di tutti, le occhiate storte, il disagio, la sensazione di qualcosa che non tornasse, di un pezzo mancante a giustificare gli sguardi invadenti di Damon a sua moglie.

Si è domandato se lei lo abbia tradito, se sia successo qualcosa da quando è tornato, se sia mai davvero finita. Ma lui ignorava l’esistenza di Damon fino a pochi mesi fa, o meglio, lo sapeva, ma non lo aveva mai visto di persona solo dai racconti di Stefan.

E sì la rabbia è montata anche verso di lui, è stato trattato da fesso da tutti.

Ed il suo orgoglio di uomo è stato disintegrato dall’umiliazione subita.

 

Non ha avuto nemmeno la forza di reagire, aveva pensato di richiudere tutto e fingere, ma non ce l’ha fatta.

Non è da lui.

Come ha potuto non capire?
Non vedere?

 

-Aaron-

 

 

****

 

 

-E’ buonissimo-

 

Nadia inforca un altro po’ di pollo e di riso preparato da Elena, dopo i pasti dell’ospedale le uniche cose che deliziavano il suo stomaco erano i pranzi portati da zia Care. E aveva un sacco di voglia di pollo al curry.

Oggi è il primo giorno in cui ha convinto suo padre a farla mangiare a tavola con lui, seduta sulla sedia a rotelle con la gamba distesa. Lo vede contento e sa di per certo di poter attribuire il suo stato d’animo al pomeriggio con Elena.

Sospira provando a celare la sua preoccupazione per quella situazione, se riescono ad avere un pacifico rapporto da amici a lei non può che fare piacere, ma non è stupida, gli occhi di suo padre non brillano certo di amicizia.

Lui le sorride, alzandosi giusto per prendere altro pane quando suonano alla porta.

 

Si guardano enigmatici, sono le otto e mezzo chi potrà mai essere?

 

Damon posa il cestino del pane e si dirige alla porta. Hanno il palazzo con il portiere quindi chi li cerca arriva diretto all’appartamento.

 

-Chi è?-

 

Esordisce arrivando all’ingresso e una voce familiare raggiunge le sue orecchie, come una sorta di velata illusione.

Gira la maniglia, apre la porta e le iridi si allargano esterrefatte nel registrare l’intera figura che gli si palesa davanti.

 

-Finalmente, stavo congelando-

 

Damon rimane interdetto sul posto prima di scuotersi.

 

-Allora? Mi fai entrare?-

-Kathrine-




__________________________________

Salve eccomi di nuovo! Sono stata più agile eh!

 

Allora intanto fondamentale i miei sentiti ringraziamenti a tutte coloro che continuano nonostante tutto a leggermi e recensirmi, come farei senza di voi!!!!

 

Alcune note a margine:

Il capitolo prende il titolo dalla canzone - citata nella storia - di Cosmo “Sei la mia città” che spero conosciate, nel caso sentitevela perché merita.

Dean&DeLuca è un famosissimo alimentari/caffè decisamente caro, mentre D’Agostino è un supermercato nei pressi del West Village dove vive Elena.

L’albero di ciliegio citato così come il cortile fanno riferimento a quanto ho raccontato nel capitolo 5.

 

Venendo alla storia…. Abbiamo avuto il momento cuore commissioni delena (sì un po’ cioco93 l’ho fatto per te XD) e dopo abbiamo visto lei tornare a casa e trovare Aaron in mezzo a tutte le sue cose, in stato quasi catatonico.

Poveraccio, non lo ha trattato molto bene.

Di contro, come se a rompere il loro idillio non bastasse la bufera pronta a scatenarsi in casa Gilbert - Withmore, arriva a gran sorpresa Kathrine.

Non abbiamo visto il momento della telefonata ma è chiaro che Damon l’abbia poi avvertita (così ve l’avevo fatta dimenticare eh… per avere l’effetto - spero - sorpresa); e lei naturalmente, sbrigate alcune cose di lavoro, ha preso l’aereo per andare dalla figlia. E’ pur sempre sua madre e vive dall’altra parte del paese non poteva non arrivare.

E inoltre creare ancora più scompiglio.

 

Ne vedremo delle belle insomma!!

Attendo fiduciosa il vostro severo parere!

Vi abbraccio

Eli

 

   
 
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