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Autore: Old Fashioned    01/12/2017    22 recensioni
Siamo nel 1230. Un gruppo di pellegrini tedeschi che sta attraversando la Palestina si imbatte in una santa reliquia e decide di portarla in patria. A scortare il prezioso carico ci sono anche due cavalieri dell'Ordine Teutonico, che si troveranno, una volta raggiunto il paese d'origine dei pellegrini, a fronteggiare le incursioni di una misteriosa belva assetata di sangue e nello stesso tempo i sospetti di un inquisitore alla ricerca di vittime.
Seconda classificata al contest indetto da E.Comper sul sito, ‘Cronache di Cacciatori’.
Genere: Azione, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adalrich 11 Bene, gente, come vedete siamo giunti all’epilogo della vicenda. È stato molto bello portare avanti quest’avventura medievale con voi, sono stato molto felice di costruire una vicenda e dei personaggi e presentarveli. Ringrazio tutti coloro che sono passati di qui, e con la loro presenza hanno fatto sì che la storia prendesse vita.
In particolare, ringrazio sentitamente per avermi lasciato il loro parere LyaStark, morgengabe, Saelde_und_Ehre, fiore di girasole, Crilu_98, Iossy90, miciaSissi, innominetuo, Syila e GothicGaia, che si sta facendo tutta la maratona dei capitoli^^
Grazie davvero, è stato bellissimo condividere quest’avventura con voi!

Devo peraltro rivolgere un ringraziamento particolare all'ottima, bravissima e coltissima Saelde_und_Ehre, che con la sua costante supervisione ha fatto sì che il mo medioevo germanico fosse storicamente attendibile.






Epilogo

Fratello Adalrich aprì lentamente gli occhi. Da qualche parte, lontano, qualcuno stava cantando:

Da pacem Domine, in diebus nostris…

Cercò di mettere a fuoco quello che lo circondava: si trovava su un letto, in una stanza con il soffitto sostenuto da travi. C’era una candela, che proiettava intorno una debole luce ambrata.

...Quia non est alius qui pugnet pro nobis…

Rievocò la lotta contro la creatura, la ferita, la sensazione di cadere in un baratro buio e la strenua lotta contro la voluttà di abbandonarsi all’oblio. Gli ultimi ricordi che aveva erano quelli di Hermann chino su di lui, con il viso rigato di lacrime. Fece un tentativo di muoversi, ma il suo corpo gli rimandò un’immediata fitta di dolore. Emise un sospiro di frustrazione, riabbassò le palpebre e per un po’ si concentrò sul canto che percepiva fioco.

...Nisi tu Deus noster.
Fiat pax in virtute tua: et abundantia in turribus tuis.

Fu il rumore di un oggetto che cadeva ad attirare nuovamente la sua attenzione. Girò lo sguardo in quella direzione e si accorse che accanto al letto c’era Hermann addormentato su una sedia. Aveva le mani in grembo, nella posizione di chi sta reggendo qualcosa, ma ovviamente in mano non aveva più nulla.
Sul volto gli si compose un pallido sorriso. Chissà da quanto tempo era lì, e chissà quanto doveva essere stanco, se nemmeno il rumore l’aveva svegliato.
Provò a chiamarlo, ma l’unico suono che gli uscì dalla gola fu un rauco mormorio.
Strinse i denti, e concentrò tutta la propria volontà nel far uscire un braccio dalle coperte. Lo spinse piano verso il confratello, al quale riuscì a sfiorare una mano.
A quel pur lievissimo tocco, Hermann saltò su come qualcuno l’avesse punto. “Adalrich!” esclamò preoccupato.
Si sporse verso di lui e l’altro vide la sua espressione trasfigurare nel momento in cui si rendeva conto che aveva gli occhi aperti.
Adalrich!” ripeté. Sul volto gli passarono tutte le possibili sfumature di confusione, sollievo e gioia. “Adalrich, ti sei svegliato, finalmente.” Gli prese la mano e la strinse delicatamente fra le sue. “Ho temuto di perderti,” mormorò poi sedendosi accanto a lui sul letto.
Hermann...”
Dio, ti ringrazio,” disse semplicemente l’altro, quindi staccò una mano dalla sua e gliela passò adagio fra i capelli. Si chinò a baciarlo sulla fronte. “Ti ringrazio,” ripeté.
Adalrich socchiuse gli occhi.
Ancora chino su di lui, Hermann chiese: “Hai sete, vero?” Poi, senza aspettare risposta: “Sì che hai sete. Ora ci penso io.” Andò a prendere un bicchiere, quindi gli passò una mano dietro la nuca, gli sollevò delicatamente la testa e gli appoggiò il recipiente alle labbra.
Ho avuto paura di perderti,” ripeté mentre lo aiutava a bere.
Adalrich avrebbe forse dovuto rispondere che erano cavalieri, che i loro sentimenti non contavano, che la loro esistenza doveva essere votata a Dio e a nient’altro, ma l’unica cosa che riuscì a mormorare fu: “Anch’io.”
Quando si fu dissetato, Hermann lo fece riadagiare delicatamente sul cuscino. Nella luce dorata della candela i suoi occhi azzurri, lucidi di pianto trattenuto, erano trasparenti come acquemarine. Di nuovo gli accarezzò i capelli, facendosi scivolare tra le dita le ciocche candide. Continuava a guardarlo, come se non riuscisse a convincersi che si era davvero ripreso.
Sto bene,” si sentì in dovere di assicurargli Adalrich.
Sì, sia ringraziato Dio. Stai bene.” La mano che gli stava passando tra i capelli scese ad accarezzargli la guancia, poi Hermann si piegò di nuovo su di lui e in un gesto fugace, appena accennato, gli sfiorò le labbra con le proprie.

§

Che posto è questo?” chiese Adalrich guardandosi intorno. Non riconosceva nulla di ciò che lo circondava.
Seduto accanto a lui, Hermann gli spiegò: “Siamo nel convento di Marienbrunnen. Dopo quello che è successo, fratello Hildebrand ha insistito per farti portare qui, diceva che c’è un monaco particolarmente esperto nel curare le ferite.”
Chi è fratello Hildebrand?”
Sono io, giovanotto,” disse una voce profonda, “e da come ti sei ripreso, direi che la mia fiducia nelle capacità di fratello Walther è stata ben riposta.”
L’anziano cavaliere entrò nella camera. Squadrò Adalrich con occhio attento, poi chiese: “Ebbene, come ti senti ora?”
Molto meglio, grazie.”
L’altro prese una sedia e si accomodò accanto al letto, quindi gli chiese: “Vuoi sapere cos’è successo in questi giorni, ragazzo?”
Hermann sorrise fra sé e sé alla perplessità del rigido Adalrich nel venire apostrofato in quel modo. Per l’imponente fratello Hildebrand l’etichetta era un concetto piuttosto relativo. Dopo i primi formalismi, tutti i cavalieri che avevano meno di trent’anni, a prescindere da rango o titolo, diventavano ‘giovanotto’ o ‘ragazzo’. ‘Ragazzo mio’, se proprio gli risultavano simpatici.
Adalrich, che era nel convento già da qualche giorno, pur essendo rimasto sempre incosciente era già considerato ‘ragazzo’.
Vi sarei molto obbligato,” rispose il ferito, che invece aveva impiegato mesi per smettere di rivolgersi a Hermann con il voi.
Beh, ragazzo mio, pare che qualcuno, nella diocesi di Fulda, abbia fatto il passo più lungo della gamba. E soprattutto nella direzione sbagliata.”
Che intendete dire?”
Un certo padre Gerold ha dimostrato un notevole entusiasmo e una singolare mancanza di scrupoli nel portare avanti la sua santa missione. Chi di dovere ha ritenuto che tanto zelo meritasse obiettivi più elevati di un umile servo di Cristo dai colori un po’ inconsueti, e l’ha inviato a catechizzare i pagani in Prussia.” Fece una pausa, poi con fare modesto soggiunse: “Dati i trascorsi, qualcuno ha pensato di preparare un’adeguata accoglienza per il buon padre, e ha scritto un paio di lettere a qualche membro dell’Ordine, raccontando quello che è successo a Dürnau.” Ghignò soddisfatto, quindi concluse: “Penso proprio che lassù gli daranno un caloroso benvenuto.”
Adalrich rimase in silenzio per un po’, quindi chiese: “La bestia è davvero morta?”
Nemmeno un ghul sopravvive decapitato.”
Un… che cosa?”
Ghul. Jinn malvagio, se preferisci.”
È quello che chiamavamo cane infernale?”
Fratello Hildebrand assentì, soddisfatto come il precettore che sente l’allievo ripetere una poesia senza errori. “Proprio così. Il ghul può trasformarsi in una iena, che è una specie di cane, ma più grosso.”
Ho capito.”

§

Fratello Hermann e fratello Hildebrand stavano camminando fianco a fianco. “Come sta?” chiese il più anziano.
L’altro non poté fare a meno di atteggiare il volto a un lieve sorriso. “Si riprende a vista d’occhio. Ogni volta mi stupisco di quanto sia forte.”
In effetti è una specie di miracolo. Credevo proprio che quella ferita lo avrebbe ucciso.”
Hermann emise un sospiro. “Anch’io.” Si voltò in direzione nell’edificio in cui si trovava la camera di Adalrich. Rallentò il passo.
L’altro lo prese per una spalla. “Hai bisogno di riposare e di prendere un po’ d’aria. Lui è in buone mani.”
Lo so, fratello,” rispose Hermann ricominciando a camminare, “Sarà anzi in mani migliori delle mie, visto che frate Walther è esperto nella cura delle ferite, però...” Si interruppe, di nuovo si voltò verso l’edificio.
Fratello Hildebrand lo spinse in avanti. “Muoviti,” gli disse in tono bonario.
Camminarono per un po’ fianco a fianco, addentrandosi nel frutteto. Era pomeriggio inoltrato e il sole era ormai basso sull’orizzonte. Sull’erba si disegnavano ombre lunghe, spirava una lieve brezza.
Hermann abbassò lo sguardo e vide che per terra c’erano dei fiori gialli. Subito si guardò intorno, e al limitare del campo, confusa fra i tronchi, vide una snella figura vestita di nero. Diede un’occhiata a fratello Hildebrand, che stava continuando a camminare apparentemente ignaro, quindi si mosse verso la silenziosa presenza.
Chi siete, signora?” chiese quando si fu avvicinato.
Senza rispondere, la donna gli tese un mazzetto di fiori di iperico. “Portali a lui,” disse semplicemente.
Ditemi chi siete,” insisté Hermann, “voi gli avete salvato la vita.”
Ella scosse la testa. “Tu gliel’hai salvata. È rimasto per te.” Di nuovo gli porse i fiori.
Il giovane cavaliere si morse il labbro inferiore. “Io… stavo per ucciderlo, signora,” mormorò chinando la testa.
La donna gli accarezzò una guancia. Aveva dita ruvide e secche come legno antico. In tono grave gli disse: “È il sacrificio più grande, uccidere chi si ama per evitargli maggiore sofferenza.”
Hermann stava per rispondere, ma una voce alle sue spalle lo fece sussultare: “Ragazzo!”
Si girò: fratello Hildebrand lo stava fissando perplesso. “Che fai, parli agli alberi?” gli chiese.
Il giovane si voltò verso la donna, ma non c’era più nessuno. Abbassò gli occhi sulla propria mano, e si accorse che stringeva un mazzetto di fiori di iperico. “Signore Iddio,” mormorò stupefatto.
Il più anziano gli rivolse uno sguardo interrogativo. “Beh?”
Io… c’era una donna che mi stava parlando, e...” si interruppe: non c’era nessuno nel raggio di cento passi. Si voltò verso fratello Hildebrand con l’aria di chiedergli aiuto.
Forse è meglio che mi racconti tutto da principio, ragazzo mio,” gli consigliò il più anziano.

Alla fine del racconto, fratello Hildebrand non pareva né particolarmente stupito, né particolarmente spaventato. “Una strega,” disse.
Il più giovane fece tanto d’occhi. “Una strega?” ripeté.
In effetti sarebbe più corretto dire ‘una donna che pratica la magia’. Ce n’è ancora qualcuna.”
Ma...”
Fratello Hildebrand alzò le spalle, tranquillo come se stesse parlando del tempo. “Sì, so cosa stai pensando: le streghe sono malvagie. Ma così come ci sono uomini di chiesa che praticano il male, e tu ne hai conosciuto uno non più tardi di qualche giorno fa, ci sono anche streghe che praticano il bene. Anzi, per la verità sono la maggior parte.”
Hermann annuì. “Ha salvato la vita ad Adalrich,” disse dopo un po’, poi abbassò gli occhi sui fiori che aveva in mano e soggiunse: “Mi ha dato questi per lui.”
Io credo che l’abbia fatto per proteggerlo. Secondo la tradizione, l’iperico allontana il male.”
Il giovane ripensò a ciò che era successo nel sotterraneo della chiesa diroccata. Gli tornarono in mente le parole che la donna gli aveva detto: egli ha il nostro sangue.
Adalrich non sapeva chi fossero i suoi veri genitori, ed era stato abbandonato in fasce.
Ricordò una storia che aveva sentito quando era piccolo: la magia passava di madre in figlia, e i figli maschi delle streghe, se mai vedevano la luce, venivano generalmente uccisi appena nati. Forse la vera madre di Adalrich non se l’era sentita di ucciderlo, e l’aveva abbandonato dove sapeva che sarebbe stato cresciuto nel modo migliore. Forse le streghe riconoscevano in lui uno della loro razza, e lo aiutavano.
Si voltò verso fratello Hildebrand. Per un attimo lo sfiorò l’idea di metterlo a parte dei suoi dubbi, ma subito dopo rinunciò al proposito: di certe cose era meglio parlare il meno possibile. “Penso che andrò a portargli questi fiori prima che appassiscano,” disse semplicemente. Si inchinò appena. “Con licenza, fratello.”
L’altro sorrise bonario. “Va’ pure.” Riprese la sua passeggiata scuotendo affettuosamente la testa.

§

Vestito per la prima volta dopo giorni, Adalrich indugiava seduto sul letto. Aveva voglia di alzarsi, e per quanto detestasse il sole, gli mancavano l’aria e gli spazi aperti, ma si sentiva ancora terribilmente debole. Fratello Walther gli aveva spiegato, nel corso delle varie medicazioni, che aveva perso molto sangue, e già era un miracolo che fosse ancora vivo, tuttavia non riusciva a capacitarsi di come il suo corpo, una volta forte e scattante come quello di una belva, ora facesse fatica anche nelle minime cose.
Ti riprenderai,” gli disse Hermann, che come al solito aveva perfettamente indovinato quali fossero i suoi pensieri. “Hai solo bisogno di un altro po’ di riposo.”
Adalrich annuì e l’altro gli mise una mano sulla spalla. “Tornerai più forte di prima,” gli assicurò.
Lo spero.”
Certo che sarà così.” Poi, dopo una pausa: “C’è una persona che voglio presentarti.”
Adalrich lo fissò stupito. “Chi?”
Vedrai. Ora fa il bravo, appoggiati a me.”
Ma Hermann...”
Obbedisci.” Lo fece alzare e si passò il suo braccio intorno alle spalle. “Ce la fai così?”
Sì, non preoccuparti.”
Allora andiamo.”
Scesero nel chiostro. Lì, seduto su una panca, c’era il figlio del barone von Obenstein. Adalrich si voltò perplesso verso Hermann e gli chiese: “Dov’è la persona che mi devi presentare?”
Ce l’hai davanti.”
Ma è Konrad.”
L’altro scosse la testa. “No, è fratello Konrad. O perlomeno lo sarà quando avrà completato il noviziato.”
Stai scherzando?”
Mai stato così serio.” Poi, a voce più alta: “Fratello Konrad!”
Il ragazzo si alzò e li raggiunse. “Non sono ancora un fratello,” disse con un sorriso modesto, “ ma spero di diventarlo prima possibile.” Si volse verso Adalrich: “Salute a voi, fratello cavaliere.”
Voi nell’Ordine?” chiese l’altro per tutta risposta.
Il ragazzo emise un sospiro. “Sembra strano, vero? Eppure quello che è successo mi ha spinto a pensare, e ho capito delle cose.”
Adalrich lo fissò ancora diffidente. “Che cosa, ad esempio?”
Konrad chinò la testa. “Io credevo che ascoltare qualche lettura di retorica di giorno e far festa con gli amici di notte fosse tutto ciò che un uomo poteva chiedere dalla vita. Niente impegni, niente responsabilità. Solo divertimento.” Fece una pausa, deglutì imbarazzato. “E poi è successo quello che è successo, e sono morte molte persone a causa della mia ottusità.”
Adalrich continuava a fissarlo in silenzio.
E insomma, per farla breve, ho pensato che stare un po’ di tempo nell’Ordine non mi avrebbe fatto male, ecco tutto.” concluse alla fine il ragazzo.
L’altro era ancora muto.
Beh, che ne dite?” chiese Konrad dopo un po’. Dava l’idea di aspettarsi delle felicitazioni.
Lapidario, Adalrich rispose: “Penso che tornerò a sdraiarmi, è stata un’emozione troppo forte.”
Non siete contento?”
Ma certo che è contento,” intervenne Hermann prima che l’altro potesse replicare, “è solo troppo riservato per dimostrarlo.”
Konrad sorrise e disse: “Beh, avrà tempo di prendere confidenza con la cosa durante il viaggio di ritorno a Starkenberg.”
Adalrich lo fissò, questa volta francamente inorridito. “A Starkenberg?”
Ovviamente! Dove andrei senza i miei maestri?”
Chi sarebbero i vostri maestri?”
Ma voi e fratello Hermann, è chiaro. Ho già in mente un poema epico sulla vostra impresa, sapete? Come due cavalieri dell’Ordine Teutonico uccisero un terribile mostro del deserto. Volete sentire le prime strofe?”
Oh, no!”
Vi assicuro che sono bellissime. Prima di prendere i voti ho seguito le letture di poesia dei migliori maestri, sapete?”
Adalrich si svincolò dal sostegno del confratello, e nonostante la prostrazione fece per allontanarsi lungo il porticato, ma Konrad imperterrito gli tenne dietro.
Hermann rimase a fissarlo con un sorriso sulle labbra: Adalrich era cupo, scontroso, permaloso, di una franchezza imbarazzante, prendeva qualsiasi cosa sul serio, ringhiava peggio di un mastino da guerra, ma era anche la persona più coraggiosa, nobile e generosa che conoscesse, e qualcuno, chissà se era stato Dio o qualcun altro, gli aveva concesso di averlo accanto ancora per un po’.
Facci sentire un po’ di quella poesia, Konrad!” esclamò, già pregustando la reazione dell’amico.




   
 
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