Un mondo diverso
Lena ruotò nel letto, osservando la
schiena nuda della donna stesa accanto a lei. Allungò la mano, poi si fermò.
“Sei sveglia.” Affermò, piano. I
biondi capelli che cadevano sul cuscino erano una tentazione, così come la
morbida pelle esposta, ma Lena trattenne le sue dita e il desiderio di
toccarla.
La risposta arrivò sotto forma di un
movimento. La donna si tirò a sedere, continuando a non guardarla.
“Non succederà più.” Disse, con quel
tono duro e freddo che usava per dare ordini ai suoi soldati.
Lena, di nuovo, non disse nulla,
allora la donna si voltò a guardarla, per un attimo il suo viso si addolcì
nell’incrociare i suoi occhi, poi tornò a chiudersi.
“Questa era l’ultima volta.”
“L’ultima volta di cosa?” Sbottò
Lena, senza riuscire a trattenersi oltre.
“Lo sai.” Rispose lei. Alzandosi e
allontanandosi.
Lena sollevò il viso verso il
soffitto, con rabbia.
“Lena.” La voce della donna la
sorprese, era vicina, adesso.
Ruotò la testa e incontrò i suoi
occhi.
“Mi ha chiesto di sposarlo.” Le disse.
Per un lungo istante Lena rimase in
silenzio, il cuore che sprofondava in qualche oscura stanza della sua anima.
“Lo amo.” Aggiunse la donna, gli
occhi sempre fissi su di lei. “E lo sposerò, insieme siamo il perfetto esempio della…”
Lena non la ascoltava più, scivolò
fuori dalle lenzuola e si alzò davanti a lei, nuda. Il corpo ancora marchiato
dalla passione della notte precedente, quando la donna era arrivata da lei,
famelica e piena di bisogno.
Gli occhi della giovane scivolarono
sul suo viso, lungo il suo collo, sulle spalle, poi si interruppe, come se
improvvisamente fosse conscia della piega sbagliata che avevano preso i suoi
pensieri. La sua testa si raddrizzò, così come la sua schiena.
“Questo è immondo, sbagliato e
finisce adesso.”
“Questo è sbagliato?” Lena fece un
passo avanti, ma la donna fu più veloce, sottraendosi alle sue mani.
“Non lo fare.” La sua voce era bassa,
tesa.
“Non fare cosa?” Ora Lena era davvero
furiosa. “Quello che ho fatto ieri sera? Accoglierti tra le mie braccia?
Amarti?” La donna fece un passo indietro, il viso sempre più scuro, ma Lena era
stanca. “Sono anni che vieni da me, nel cuore della notte, e pretendi di
entrare nel mio letto!”
“Non ho mai preteso nulla! Avrei
potuto, ma non l’ho mai fatto.” Ora il tono della ragazza era alterato a sua
volta. Fece un passo verso di lei. “Tu mi volevi.” La afferrò stringendole il
collo tra le mani. Ma non vi era nulla di violento nel suo gesto, i suoi occhi
erano burrascosi e le sue labbra strette nel disappunto, ma le sue dita erano
una leggera carezza sulla sua pelle.
“Io ti voglio.” Mormorò Lena,
ammettendo la verità. L’aveva sempre voluta, l’aveva sempre amata.
“Anche io…” Ammise a sua volta, la
ragazza, stringendo le labbra all’ammissione che era sfuggita dalla sua bocca.
“Allora non sposarlo.” Lena bisbigliò
quelle tre parole incapace di dirle ad alta voce, il cuore che batteva veloce
nel suo petto. Sapeva che lei lo sentiva, sapeva che lo aveva sempre sentito.
La ragazza accarezzò il suo viso, con
deliberata delicatezza.
“Questo non è reale. Questo è solo un
sogno.” Le mormorò. Il suo tono era dolce, adesso. Con le dita accarezzò le sue
labbra, gli occhi che tradivano il desiderio di baciarle.
Lena si spinse avanti e, questa
volta, la donna non la respinse, lasciando che lei si appoggiasse alla sua
uniforme che ne accarezzasse il tessuto con i polpastrelli, disegnando su di
essa forme immaginarie, mentre si baciavano con una dolcezza libera dalla
brusca necessità della sera prima.
“Potremmo…” Pronunciando quel verbo
sentì il dito della giovane posarsi con più fermezza contro la sua bocca,
bloccando parole che non potevano essere dette e scuotendo la testa.
“No.” L’avvisò, seria.
Lena non disse più nulla, neppure
quando la donna, dopo un lungo momento, la lasciò andare, separando i loro
corpi e lasciando un vuoto tra di loro. Non disse nulla, mentre rifiutava alla
sua mente l’immagine di un futuro diverso, di un passato diverso.
La distanza tra di loro,
improvvisamente, fu incolmabile e Lena vide il viso della giovane cambiare,
diventare freddo, distaccato, indifferente.
Incarnava la perfezione, incarnava la
forza, l’intelligenza, la bellezza.
Eppure… eppure era molto di più di
quello. Tra le sue braccia aveva saputo essere molto di più. Le aveva mostrato
le sue debolezze, le aveva mostrato la sua dolcezza, le aveva mostrato la sua
passione. Tutto così distante dalla fredda e inflessibile donna che mostrava al
mondo.
La gelida e impassibile donna che il
Fuhrer vedeva, che conosceva, che… amava.
La donna si diresse alla finestra, il
mantello nero che ondeggiava sulle sue spalle, mostrando l’interno rosso.
“Ehi…” La richiamò lei, per
un’istante pensò che non si sarebbe voltata, ma lo fece e Lena poté specchiarsi
di nuovo nei suoi occhi. “Non esporti a quel trattamento.” Disse tutto d’un
fiato.
“Mi renderà più forte.”
“Non ne hai bisogno. Tu sei la
persona più forte che il mondo abbia mai visto.” Cercò di controllare il suo
tono, ma fu difficile. Era nuda, esposta al suo sguardo, non solo fisicamente,
ma anche emotivamente.
“Oliver ha bisogno che io lo sia di
più.” Un lampo passò nei suoi occhi, forse un barlume di dubbio, ma fu così
velocemente nascosto che Lena dubitò di averlo visto.
“Non…” Si strinse le braccia attorno
al corpo, come se improvvisamente avesse freddo, eppure la stanza era calda e
confortevole esattamente come l’istante precedente.
“Hai costruito tu quella macchina,
tuo è il piano. Sei la mente più brillante della Patria. Mi fido di te.”
Lena non rispose. La donna esitò
ancora un istante, come se volesse aggiungere qualcosa, ma non lo fece, invece,
ruotò su se stessa e volò via.
“Non lo fare…” Mormorò allora Lena. “Non
lo fare, Kara.”
Immobile aspettò che tornasse, che le
chiedesse spiegazioni per le sue parole, per il suo cuore che ora batteva
veloce. Ma Kara non tornò, non la stava ascoltando.
Lena raccolse gli abiti dimenticati
per terra la notte prima, quando Kara aveva spalancato la porta e l’aveva
afferrata sollevandola tra le braccia, le labbra già premute contro le sue, le
mani che rapide la liberavano dell’elegante uniforme, aprì l’acqua e si preparò
un bagno.
Un’ora dopo, severa nell’uniforme
nera e grigia, uscì dal suo appartamento, il cappotto appoggiato sulle spalle,
i guanti neri stretti in un pugno, il cappello calcato in testa a nascondere
l’alto chignon.
Entrò nell’auto e lasciò che il
conducente partisse. Dieci minuti e si ritrovò sotto il palazzo del ministero
della scienza. L’autista accostò la vettura e poi lanciò uno sguardo nello
specchietto retrovisore, incrociando i suoi occhi.
“Lo farai?” Le chiese la donna.
Lena esitò. Gli occhi della donna
erano vuoti, aveva perso tutto: la donna che amava e la sorella che aveva
sempre difeso e protetto. In un solo colpo Alex Danvers
si era vista portare via Sara e, a strapparla dalle sue braccia, era stata
Kara.
“Lena, lo farai?” Un solo istante di
più e la copertura offerta dall’aggiornamento dei sistemi ci spionaggio
programmata per quel giorno sarebbe finita, il soldato che stava scendendo la
scalinata avrebbe aperto la porta, togliendole la possibilità di rispondere. Un
solo istante d’esitazione e il piano che ormai preparavano da anni sarebbe
andato in fumo. Un istante e Kara sarebbe vissuta.
Lena pensò alle spalle della ragazza che
si ammorbidivano sotto il suo tocco, ai suoi occhi farsi dolci e gentili, al
suo modo di baciarla, dopo che il bisogno era stato attenuato.
Per un attimo non vide gli occhi di
Alex nello specchietto, ma i suoi. Vuoti e freddi tanto quanto quelli della
giovane donna che stava guidando la sua auto.
“Sì.” Rispose soltanto.
La portiera fu aperta, il soldato
scattò sull’attenti e lei scese, elegante e severa come sempre, immagine di
forza e sicurezza. L’auto si allontanò, portando Alex chissà dove.
Non avevano voluto entrare in
contatto con la resistenza, quello che chiamavano generale era solo uno sciocco
e il loro miglior combattente era un pagliaccio con uno scudo, non avevano
bisogno di loro per quel piano. Alex aveva attaccato Kara mettendo in evidenza
una sua possibile debolezza e, come previsto, Oliver aveva chiesto a lei di
ideare un piano per renderla più forte. Anni di preparazione ed ora era giunto
il momento… e sarebbe stato così facile.
Lena entrò nell’imponente edificio
con il cuore calmo. Poco distante, Overgirl, stava
parlando con alcuni scienziati. Gli occhi di Lena non la cercarono, il suo
cuore non ebbe neppure un fremito.
Eppure sentì che la donna alzava lo
sguardo su di lei e seppe che era perplessa, perché, fin dal primo giorno in
cui l’aveva vista, il suo cuore non aveva potuto fare a meno di reagire alla
sua presenza.
Ma non più, perché oggi avrebbe
ucciso la donna che amava, perché, per quanto battesse regolare, il suo cuore
era morto quando lei aveva guardato i suoi occhi vuoti e aveva visto il
riflesso di una vita al servizio della Patria, al servizio di un regime che
trucidava coloro che erano diversi.
Lena era stata cieca fino a quando
non avevano preso Sara e, anche allora, aveva tentato di giustificare le scelte
fatte da colei che amava, ma quando aveva trovato Alex, distrutta, vuota, persa.
Quando la ragazza le aveva chiesto di aiutarla, perché la sorella la braccava
per consegnarla alle SS e ai campi di prigionia... non aveva più potuto
fingere.
Aveva tentato di non vedere più Kara,
ma era stato impossibile.
Come poteva essere l’amore così
crudele? Perché doveva amarla anche se ormai aveva capito che era un mostro?
Lena era morta ogni volta che non
aveva saputo impedirsi di stringerla tra le braccia e ogni volta che non era
riuscita a trattenerla dall’andare via.
Seduta alla sua scrivania osservò l’apparecchiatura
che lei aveva progettato e costruito, irradiare Kara con una dose di radiazioni
che l’avrebbe portata in pochi mesi alla morte. Osservò Oliver urlare ordini,
mentre Kara sveniva sul lettino ed estrasse dal cassetto una piccola scatola in
piombo. La aprì e ne osservò il contenuto per alcuni istanti.
Ora sarebbe morta per davvero.
Inviò un messaggio ad Alex, sicura
che lo avrebbero intercettato, ma anche sicura che non aveva più nessuna
importanza. Alex aveva una scatolina identica a quella e in quel momento la
stava aprendo.
Lena si rilassò sulla sedia, poi
ingoiò la piccola pillola di veleno.
Non provò dolore, un’ultima
concessione che si era fatta, chiuse le palpebre e un sorriso comparve sulle
sue labbra.
Due dolci occhi azzurri e un pensiero
fugace riempirono la sua mente: forse, in un mondo diverso, avrebbe potuto
guardarli e vedere in essi solo bellezza.
Note: Come tutte voi che siete arrivate qua, volevo Lena nel crossover e, visto che non c’era, l’ho aggiunta, colmando un po’ di punti lasciati nell’ombra. ;-)
La storia è cupa, lo so, ma mi sembrava il tono giusto per Terra-X.
Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate.
Per il momento non riesco a scrivervi storie più lunghe perché sono impegnata, ma spero di tornare presto con qualche long!
Ciao ciao