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Autore: shatiaslove    02/12/2017    1 recensioni
Eppure eccomi qui, ad ascoltare una canzone triste, riconducendola a lui, e piangendomi addosso perché non sono più tra le sue braccia, perché non sono riuscito a dargli ciò di cui aveva più bisogno, non sono riuscito ad essere abbastanza, anche se ho sempre lottato, anche se sono sempre stato bravo. Bravo in tutto, sì, ma non nell’amore.
Genere: Generale, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nothing like us

 
 
 
Tristezza (tri·stéz·za).
Sostantivo femminile.
Stato di depressione riconducibile a un particolare dolore o a una diffusa e cupa malinconia.
 
Osservo lo schermo del mio computer portatile a lungo, leggendo e rileggendo la definizione che Google mi porta sotto il termine “tristezza”, e mi rendo conto che sì, sono triste, anche se vorrei dire che non è così, anche se vorrei scacciare via questo dolore, prendere il mio cuore tra le mani e lanciarlo via dalla finestra, sperando di dimenticare le sue mani leggiadre su di me, le sue labbra morbide su di me, i suoi occhi seducenti su di me.
Digrigno i denti, arrabbiato con me stesso perché sto ancora pensando a lui. Scuoto la testa, mandandolo via – come se fosse così semplice –, chiudo lo schermo del mio computer portatile con un tonfo e poi prendo il mio cellulare tra le mani, certo che l’unica cosa che sia seriamente in grado di calmarmi sia la musica. Come al solito, è il mio rifugio. Come al solito, è la mia casa.
C’è solo un problema: appena inserisco in riproduzione casuale la mia playlist preferita, parte Nothing Like Us di Justin Bieber. E c’è anche un altro problema: non riesco ad andare avanti, perché la canzone mi tiene incollato ad ascoltarla, mi risucchia nella sua melodia, mi costringe a ritrovarmi nelle sue parole.
 
I wish that I could give you what you deserve.
 
Sospiro, esasperato e disperato. Esasperato perché devo smetterla di ricondurre ogni singola cosa a lui; disperato perché devo smetterla di piangermi addosso per lui.
Eppure eccomi qui, ad ascoltare una canzone triste, riconducendola a lui, e piangendomi addosso, perché non sono più tra le sue braccia, perché non sono riuscito a dargli ciò di cui aveva più bisogno, non sono riuscito ad essere abbastanza, anche se ho sempre lottato, anche se sono sempre stato bravo. Bravo in tutto, sì, ma non nell’amore.
 
‘Cause nothing can ever, ever replace you
Nothing can make me feel like you do.
 
Avete presente quando avete voglia di dare una testata contro il muro? Ecco, io, in questo momento. Ho voglia di dare una testata così forte al muro della mia stanza tanto da rovinare la pittura col mio sangue e dimenticare di esistere, anche per un solo istante, anche per sempre.
Alzo gli occhi al cielo, ridendo di me stesso e della patetica situazione in cui mi trovo.
Però è vero, che niente e nessuno sarà mai in grado di prendere il suo posto. Niente e nessuno avrà mai il viso angelico come il suo. Niente e nessuno avrà mai quegli occhi a mandorla delicati, capaci di entrarti nel cuore e fissarsi nella tua anima, capaci di leggerti dentro e di spaventarti a causa della loro profondità, che non ti mostrano realmente, e che ti rimarranno estranei ugualmente, a prescindere da quanto a lungo li osserverai. Sono occhi che riescono a vederti, che riescono a leggerti, ma che non riesci a capire. Impenetrabili ed imperscrutabili. Niente e nessuno avrà mai le linee perfette del suo naso, dei suoi zigomi, l’arco morbido delle sue sopracciglia. Niente e nessuno avrà mai le sue labbra rosee, carnose al punto giusto, capaci di fare cose, accompagnate dalla lingua umida, difficili da spiegare a parole. Niente e nessuno avrà mai il suo corpo longilineo, esile, facile da abbracciare, fianchi facili da stringere, gambe facili con cui intrecciarsi, incavo del collo perfetto per il mio capo, mani delicate tra i miei capelli, sul mio viso, ovunque a vagare per il mio corpo allenato.
Kim Taehyung è un dono della natura, è un esemplare unico nel suo genere, è un angelo del paradiso. Non è rimpiazzabile. Il suo sorriso dolce, le sue carezze amorevoli, le sue parole soffici all’orecchio, non sono rimpiazzabili.
Il cuore che mi ha rubato non può essere ricostruito da nessun altro. È l’unico che ne ha il completo accesso.
Ecco, sì, sono patetico.
 
Tell me was it worth it? 
We were so perfect.
 
Mi chiedo come stia lui adesso, mi chiedo cosa provi lui adesso, mi chiedo se mi stia pensando, mi chiedo se la musica, la notte, le risate lo riportino a me. Mi chiedo se ascolti alcune canzoni e il suo stato, fisico e mentale, sia patetico tanto quanto il mio, anche se sono certo che persino in una situazione simile sarebbe in grado di tirare fuori il meglio di sé e della situazione stessa. Mi chiedo se al momento di andare a dormire, pensi allo spazio vuoto nel suo letto e rimpianga la mia assenza. Mi chiedo se guardi il buio della notte e pensi ai miei capelli scuri, ai miei occhi scuri o a tutte le notti in cui ci siamo amati, la sola luce della luna a farci compagnia. Mi chiedo se sorrida o rida con tutti i suoi amici, e ne ha tanti, credetemi, e ripensi a tutte le risate fatte sottovoce, per non svegliare gli altri, e ripensi a tutti i sorrisi segreti che ci siamo scambiati, sperando che nessuno ci notasse, volendo che qualcuno ci notasse.
Mi chiedo se per lui io ne sia valsa la pena.
Per me ne è valsa la pena.
Il mio primo amore.
Ne sarà sempre valsa la pena.
Sospiro, per l’ennesima volta, e nel momento esatto in cui la canzone sta per giungere al suo termine, riportandomi al silenzio della mia stanza, un leggero bussare alla porta mi fa sussultare.
Inclino la testa di lato, confuso. Siamo in piena notte, chi altro potrebbe essere sveglio ad un’ora simile? Chi altro potrebbe essere altrettanto messo male da non riuscire a chiudere occhio?
Sfilo via gli auricolari dalle orecchie, poggio il cellulare sul comodino accanto al letto e mi avvicino alla porta, trattenendo il respiro come se dall’altra parte potessi ritrovare un assassino pronto ad uccidermi. E per le lacrime che hanno rischiato di bagnare più volte il mio viso, forse me lo meriterei pure, di essere ucciso.
Stringo la maniglia fredda tra le dita, fremo e poi apro la porta. Rischio di svenire quando mi ritrovo di fronte Taehyung, in tutta la sua maestosa bellezza. Anche col viso stanco, anche col pigiama addosso, anche con i capelli arruffati. Anzi, così è persino più bello, perché è più intimo, perché è più mio.
Appena quest’ultimo pensiero mi sfiora la mente, sussulto e scuoto la testa. Non è più mio. Ha smesso di essere mio quando si è reso conto che non sono abbastanza, che non so amarlo come meriterebbe di essere amato.
Provo a parlare, ma mi interrompe all’istante.
«Jeongguk» dice. E rabbrividisco, dalla testa ai piedi, per tutta la colonna vertebrale. «Come stai?»
Solo Taehyung è capace di bussare alla porta di una persona nel bel mezzo della notte per chiederle come stia. Ma è proprio questo che mi ha legato a lui in un primo momento. Ed è proprio questo il motivo per cui non riesco a distaccarmi da lui, qualsiasi cosa faccia, qualsiasi cosa provi.
«Tu come stai?»
«Te l’ho chiesto prima io» mormora con la sua voce profonda, che arriva direttamente dal paradiso. Se no non si spiega. Non si spiega come faccia a farmi sentire così elettrizzato anche solo parlandomi.
«E proprio per questo risponderai prima tu» replico, trattenendo un sorriso di scherno.
«Sei abbastanza. Sei più di abbastanza» dice, prendendomi in contropiede. «Sono io che non sono in grado di reggere tutto ciò che sei» ammette.
Aggrotto la fronte, confuso più di prima. «In che senso?»
«Nel senso che tu sei troppo e quel troppo è difficile da reggere.»
«Ti sbagli» esclamo, ma sottovoce, per evitare di svegliare i nostri coinquilini. «Sei tu che sei troppo, sei tu che sei difficile da reggere.»
Gli occhi di Taehyung si sbarrano e mi fanno entrare dentro, per una volta, per la prima volta. Mi danno l’accesso ai segreti che hanno racchiuso con cura per tutto questo tempo, che hanno protetto nonostante tutto. E dentro vedo tanta debolezza, tanta paura, tanta disperazione. Le stesse esatte emozioni che noto ogni volta che mi guardo allo specchio.
E mi ricordo che Taehyung è umano, nonostante il suo aspetto sia così etereo da distrarmi, nonostante il suo carattere sia così perfettamente complicato da farmi girare la testa. Taehyung è umano, tanto quanto me.
«Jeongguk» ripete.
Tengo lo sguardo intrecciato al suo, mostrandogli ogni parte del mio essere. E mi sento messo a nudo, pur avendo i vestiti addosso. Mi sento scoperto e tremo dalla paura, ma va bene così. Per Taehyung, va bene così.
«Hyung» mormoro io, mentre mi sento sopraffatto da tutte le emozioni che mi scorrono nelle vene a velocità sovraumana, senza neanche lasciarmi il tempo di ragionare con lucidità e di rendermi conto della situazione in cui io e la persona che più ho amato, e amo, ci ritroviamo.
«Mi dispiace» dice, e non mi dà tempo di replicare, perché si appresta a riprendere la parola. «E ti amo.»
«Mi dispiace» ripeto. «E ti amo.»
Un bacio, due baci, tre baci. Nel buio della notte, ci amiamo.
 
There’s nothing like us
There’s nothing like you and me
Together.
 
Felicità (fe·li·ci·tà).
Sostantivo femminile.
La compiuta esperienza di ogni appagamento.
 



 
carrd
   
 
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