Diluvi nascono come piante negli abissi
Rantoli disonesti quelli emessi
dal tuo cuore,
allotropo viscerale di stanco rammarico
perpetrato in pagine mattoni,
Seducente villano vile stupratore
della mente e della tua anatomia
Inerte,
storie che si tramandano come paglia accesa,
fiammiferi fucsia tremano
confini labili si sfaldano,
sfrondando cadaveri di giornate uggiose,
Scarabei di lapislazzulo mi custodiscono
in violenze tumorate dall’eternare di una colpa
bivi incrostati di buio e umori pastello
affastellandosi sopra le armi che costruiamo
nelle vite che non viviamo veramente
Ciechi in battiti di tuono, rompono
i timpani, scoppia
la giuntura che tiene in piedi i nostri scheletri morti,
epurare diecimila segnali al led,
frastagliare un segmento che ci separa
Troppo lontano l’amplesso,
disonesti e impavidi
i fili in plastica che ci legano, tagliamo le cuciture
rancide, invisibili sotto orchidee, cerulee pitture
macchie d’inchiostro sotto il petto,
che scarabocchi non sono,
Porcellane si spezzano, piccole ampolle
di nebbia densa, i nostri respiri purificati dal lamento
guasto in prospettiva,
pesa
in quell’aspettativa di un dimani impalpabilmente nostalgico grigio
Il cuore sfracellato
in una linea percossa.