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Autore: usotsuki_pierrot    03/12/2017    0 recensioni
«Non stiamo giocando, Deidara. Fossi in te non sottovaluterei tanto il Kazekage».
«Mh!». Deidara sollevò il mento, chiudendo gli occhi cristallini. «Fidati di me, Yami. Ho un'arma segreta».
La marionettista lo guardò mantenendo una certa serietà; dopodiché si lasciò andare ad un altro sospiro, affondando nuovamente parte del viso nel colletto della divisa.
I tre giunsero finalmente all'interno del Villaggio, e Yami poté sentire l'atmosfera nota di Suna investirla con forza, insieme alla miriade di emozioni contrastanti che quel luogo evocava dentro di lei.
Deidara non perse tempo e richiamò un volatile di argilla; balzò sul suo dorso, e si voltò verso la compagna.
«Andiamo», disse semplicemente. L'azzurrina annuì e saltò sulla scultura vivente, dietro al biondo.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akasuna no Sasori, Altri, Deidara, Sabaku no Gaara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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- Questa storia fa parte della serie 'Sabaku no Yami'
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Link alla fic precedente: We can't be together, after all.
Link alla serie: Sabaku no Yami.

Link alla fic citata nella frase in blu: That starry night we spent together.


«È il momento».
Il sole era ormai tramontato, lasciando il posto alla sera; si respirava aria di tensione, un'atmosfera che sembrava preannunciare l'inizio della fine. Come se perfino il cielo avesse previsto la battaglia imminente. Un ghigno divertito era comparso da interi minuti sul volto di Deidara, segnale evidente di quanto fosse emozionato all'idea di scontrarsi con il Jinchuuriki.

Yami avrebbe voluto ricordargli di fare attenzione, di non sottovalutare la forza di Gaara e di non credere di avere la vittoria in pugno ancor prima di iniziare. Ma sapeva che ogni tentativo sarebbe stato inutile, e che anzi qualsiasi avvertimento fosse uscito dalla sua bocca lo avrebbe solo incoraggiato.
«Riesci a raggiungere quel tetto?». Il biondo fece un cenno con il capo ad un edificio situato proprio sotto di loro; il volatile d'argilla aveva volutamente perso quota, l'azzurrina avrebbe dovuto saltare in fretta per evitare di farsi scoprire. Così fece, atterrando senza problemi e cominciando a correre silenziosamente sul tetto.
Poco tempo dopo, Deidara la imitò, finendo però faccia a faccia nientemeno che con il Kazekage; questi lo stava aspettando, a braccia conserte, con la fidata giara color sabbia sulla schiena e un'espressione decisa sul volto.
Yami riuscì senza alcun intralcio a raggiungere i tetti su cui gli shinobi di guardia erano appostati. Pur essendo in totale solo tre, sapeva di non poter permettersi di rendere le loro morti troppo spettacolari. Mantenere un profilo basso era in quel momento la priorità. Il piano architettato per non destare sospetti si rivelò funzionante per tutti e tre: atterrare con un balzo felino alle spalle dell'obiettivo a distanza di sicurezza, allungare i chiari fili di chakra che partivano dalle dita verso di lui, avvolgerli con precisione intorno al collo del malcapitato e strozzarlo all'istante senza dargli nemmeno il tempo di accorgersi della loro presenza. Dopodiché, l'azzurrina si avvicinava con passo furtivo al cadavere, osservava il suo volto contratto dal dolore e gli occhi colmi di terrore; un ghigno soddisfatto appariva sul suo viso, mentre ritirava i fili di chakra. Non raccolse nessuna delle loro teste. Non le riteneva meritevoli di far parte della collezione.
In seguito alla morte della terza vittima, Yami balzò sul tetto vicino, preparandosi a scendere in strada per continuare la sua opera; fu nel preciso istante in cui si abbassò per poter saltare giù, che venne bloccata da una voce a lei nota.
«Fermati!». La marionettista si rialzò, senza però voltarsi verso l'origine di quella esclamazione. Distese le braccia lungo i fianchi, rilassando i muscoli, e affondò come suo solito il viso nel collo della lunga veste. Sentì dei passi avvicinarsi, sempre di più. Erano leggeri, veloci.
«Potrei dirti la stessa cosa». Mantenne la calma. All'udire quell'ordine, la figura si fermò all'istante.
«Gli incontri imprevisti che faccio qui mi ricordano che non dovrei più tornare in questo Villaggio», disse senza ancora voltarsi. Nella sua mente erano vivi e forti i ricordi del bacio datole da Gaara qualche giorno prima. «Per fortuna, presto scomparirà in ogni caso».
«Non dire assurdità! Sono io, Hikari! Non ricordi più tua sorella?!». La ragazza si avvicinò ulteriormente, ignorando l'ordine impartitole poco prima. Quando la distanza tra di loro fu ridotta a qualche semplice passo, la blu continuò. «Cos'è questa storia che il Villaggio scomparirà? Il fatto che indossi la divisa di quell'organizzazione... cosa significa?!».
«Non ti devo nessuna spiegazione, Hikari», fu la risposta secca lanciata alla più piccola.
«Hai... Hai ucciso delle persone?».
In quel momento, il rumore dei potenti battiti d'ala della creatura d'argilla di Deidara segnò l'inizio del combattimento. La sabbia del Kage inseguiva il volatile con una rapidità impressionante, reagendo tempestivamente ai cambi di rotta decisi sul momento dal biondo. Le due si persero qualche istante ad osservare la battaglia che si era appena aperta; dalle strade di Suna cominciavano a levarsi le voci degli abitanti che con il naso all'insù assistevano allo scontro. Sui loro visi trionfava un'espressione di sgomento, di paura.
«Gaara..!», sussurrò la giovane, spaventata.
«Combattere contro di te sarebbe inutile», riprese a parlare la maggiore; le rivolse finalmente lo sguardo, carico di determinazione ma privo di altre emozioni umane. «Ti concederò di scegliere. Puoi arrenderti e lasciare che continui la mia missione, che è l'unico motivo per cui sono tornata in questo inferno, oppure...».
«Yami, questa non sei-».
«Oppure puoi continuare ad intrometterti. In quel caso-».
«Yami!!».
«In quel caso sarò costretta ad ucciderti».
Hikari non riusciva a comprendere cosa passasse per la testa di colei che fino a prova contraria era ancora sua sorella maggiore.
«Pensi che ti possa lasciar andare così, dopo quello che hai detto? Io voglio solo capire, Yami!».
«Non mi lasci altra scelta, allora». L'azzurrina frugò nella borsa attaccata alla cintura, sotto la divisa dell'organizzazione; non ci volle molto affinché estrasse le pergamene con cui evocò Haru e Fuyu, le sue fidate marionette. Le bambole, dall'aspetto quasi innocuo di due bambini, alla luce della luna assumevano un tono quanto mai sinistro. I grandi occhi di cui erano stato forniti erano più neri della notte, privi di una qualsiasi forma di vita. Parevano non fissare altro che il loro bersaglio, intrappolandolo nel vuoto del loro sguardo irremovibile che rendeva l'avversario preda della sua angoscia.
Non era la prima volta che la blu entrava a stretto contatto con loro; di certo però non aveva mai dovuto affrontarle, e nonostante conoscesse il trucchetto non avrebbe potuto distogliere l'attenzione dalle due figure e rischiare di essere attaccata.
Fece qualche passo indietro, stringendo i pugni. Da quel punto poteva vedere chiaramente la battaglia che stava stravolgendo il cielo; la sabbia di Gaara inseguiva senza tregua la creatura alata del biondo, che nonostante la velocità si ritrovava subito accerchiato dalla moltitudine di granelli in movimento. Ma il braccio di Shukaku, intento a catturare nella sua presa il nemico, testimoniava la non poca difficoltà che il Kazekage stava affrontando in quell'animato scontro.
«Ascoltami!», esclamò, focalizzando l'attenzione sull'azzurrina immobile. «Non devi per forza continuare questa vita! Puoi tornare qui, al Villaggio, da me e da Gaara! Sarai al sicuro, non dovrai preoccuparti di nulla e-».
«Gaara ti ha detto che sono venuta qui l'altro giorno?». Hikari sapeva di dover dire la verità. Perciò annuì.
«Ti ha detto anche cos'ha fatto quella donna che ti ostini a considerare nostra madre?».
«Cosa... Che vuoi dire?». Yami si lasciò sfuggire una piccola risata carica di sconforto.
«Non voglio avere più nulla a che fare con questo posto maledetto. Né con quel mostro che ci ha cresciute».
«Nostro padre non avrebbe-».
«Ah!» Yami la interruppe con un ghigno. «Sono sorpresa che ti permetta di parlare di lui. Ti ha detto che non ha fatto nulla per evitare che morisse? Che è rimasta a guardare senza muovere un dito? Che è stata lei a cacciarmi?!».
D'un tratto, le voci degli abitanti si levarono in coro. La marionettista si voltò, e tutto ciò che vide fu la sabbia avvolta intorno a Deidara, ormai chiuso in una gabbia. Ma bastarono pochi istanti affinché il biondo si liberasse grazie a una delle sue potenti esplosioni, scatenando nuovamente la paura.
«Intendi forse...». Yami si voltò verso la sorella, che aveva ripreso a parlare.
«Intendi forse che io, Temari, Kankuro... che noi non contiamo nulla invece? Che Gaara non conta nulla?!».
«Non dire un'altra parola!!». L'azzurrina fece un rapido movimento con le braccia, utilizzando i fili di chakra per attaccare la giovane con le marionette; queste si scagliarono sulla blu, che riuscì ad evitarle con un salto dell'ultimo minuto. Non appena fu nuovamente a terra prese a correre verso la maggiore, estraendo da un taschino della giacca verde un kunai.
Yami ritirò con due dita Haru, il bambino-marionetta, con il quale attaccò la ragazzina alla gamba destra con uno shuriken ricoperto di acido. Un urlo da parte della blu, e l'arto colpito cedette; la kunoichi poggiò il ginocchio a terra piegando la gamba incolume, facendo attenzione a non entrare in contatto con la parte ferita.
L'azzurra tirò a sé le due marionette osservando la sorella dall'alto in basso. Intorno a loro, a terra, la folla acclamava Gaara, che era riuscito a rompere un braccio all'avversario avvolgendolo con la sabbia.
«Quell'idiota... L'avevo avvisato!», esclamò la marionettista tra sé e sé.
«Io... Io vorrei solo che tornassi da noi...». La voce di Hikari era molto più lieve in quel momento, era ancora in ginocchio e teneva lo sguardo fisso al tetto sotto i loro piedi. «Gaara non fa che raccontarmi di quando eravate piccoli... di quando giocavate insieme, e ridevate come facevano tutti gli altri bambini, e...».
La più grande fece un passo verso di lei, ma non riuscì a muovere un muscolo.
«... e di quanto lo facevi sentire bene... Sai, mi ha raccontato di quando facevi gli scherzi agli altri per farlo stare meglio, e di quanto gli facevi compagnia di notte...». Minuscole gocce bagnate cominciarono a cadere sul suolo proprio sotto la sua testa piegata in avanti, Yami capì subito che la sorella stava piangendo. Strinse i pugni; non poteva fare nulla.
«Sì... anche di quella volta a Konoha in cui ti sei addormentata vicino a lui sul tetto... prima degli esami da Chunin».
Hikari alzò lo sguardo. Aveva un'espressione corrucciata, gli occhi azzurri erano colmi di lacrime; per quanto ci provasse non riusciva a trattenere i singhiozzi che le scuotevano il corpo e non le permettevano di mantenere un tono di voce stabile.
«Non hai idea di quanto si sia scusato con me per quello che è successo a nostro padre. Di quanto abbia chiesto scusa a me e di quanto vorrebbe chiedere scusa anche a te! E lui non c'entra nulla!».
«Yami», una voce la chiamò alle sue spalle. L'interpellata si voltò, alzando gli occhi al cielo poco sopra di loro. Era Deidara, appena sceso di quota con il volatile bianco. «È ora, mh!».
L'azzurrina annuì, recuperando Haru e Fuyu e spiccando un balzo che le permise di salire sul dorso dell'animale.
«Lui tiene a te più di chiunque altro, ricordalo!!». Furono quelle le ultime parole che Yami sentì pronunciare dalla sorella, mentre riprendeva quota insieme al biondo.
Difficile mantenere il contegno di fronte allo sguardo sconvolto di Gaara, quando furono davanti a lui. Era lì, impotente, nella sua bolla di sabbia a cui mancava un pezzo frontale.
«Yami..!».
«Gaara», rispose lei con un tono il più freddo e distaccato possibile. Deidara ghignò, estraendo la creazione d'argilla che avrebbe fatto saltare in aria il Villaggio.
«Che lo spettacolo cominci...».
Accadde tutto nel giro di una manciata di minuti. Deidara fece cadere la bomba a forma di scultura sul Villaggio, e la luce intensa dell'esplosione si propagò nell'aria, rendendo poco chiaro cosa stesse succedendo. Non appena la bomba scoppiò e la suddetta luce si ridusse fino a scomparire, l'azzurrina aprì gli occhi. Non poté credere a quello che vide.
Un'apparente infinita distesa di sabbia, deformata dall'esplosione, aveva coperto Suna proteggendola. I tre poterono sentire ben presto le urla gioiose piene d'ammirazione per il Kazekage, segno che l'azione avventata di Gaara aveva avuto successo.
«Mh!», fece il biondo; non era ancora finita. «Che buon Kage... Proteggere il Villaggio fino a questo punto, ottimo lavoro, non c'è dire...».
Yami osservò il viso del rosso, la cui espressione solitamente calma era distorta dalla fatica di quel gesto.
«Così facendo però ti sei scavato la fossa da solo, mh!».
«Che diavolo ti sei inventato, Deidara?».
«Stai a vedere, Yami...».
Poco tempo dopo, una nuova esplosione scoppiò, quella volta all'interno della bolla di sabbia del Kage, dopo la classica formula di Deidara.
«Quando mi ha distrutto il braccio, la bocca sulla mia mano sinistra aveva ancora del residuo di argilla... Mischiandosi con la sabbia, ha generato quell'esplosione, mh».
Ormai era fatta. I fumi dello scoppio si diradarono, mostrando il corpo non più cosciente di Gaara; il Kazekage riuscì solo a ritirare la sabbia che altrimenti avrebbe ricoperto Suna, prima di cadere in un sonno profondo. Iniziò a precipitare nel vuoto, per poi essere prontamente afferrato e catturato nella grande coda dell'uccello di argilla, lo stesso su cui i due membri dell'Akatsuki stavano volando.

 

 

«Ce ne avete messo di tempo», sbottò Sasori non appena furono di ritorno.
«È stata più dura del previsto», sospirò il biondo iniziando a camminare.
Yami avrebbe voluto esclamare un "te l'avevo detto" che lo avrebbe sicuramente irritato; ma non aveva quasi la forza di tenere lo sguardo alzato.
Ogni qualvolta i suoi occhi si posavano sul viso addormentato di Gaara, nella sua mente iniziava a ripetersi come un disco rotto la voce di Hikari che in preda alle lacrime e ai singhiozzi urlava "lui tiene a te più di chiunque altro".

   
 
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