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Autore: madychan    24/06/2009    8 recensioni
Matt, un normalissimo giornalista. E Mello, un comunissimo studente universitario. E poi, le persone che li circondano, primi tra tutti i loro impegni sentimentali, per uno più fisso (Mello), per l'altro meno (Matt). Ma, quando le strade di Matt e Mello s'incrociano e i due decidono di mettersi insieme, i loro "vecchi impegni" non la prenderanno molto bene...
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito, Matt, Mello, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Missione LxL : distruzione della coppia MxM


Salve a tutti! Questa è la primissima fanfiction che pubblico... Vi prego soltanto di essere clementi, perchè è nata in un momento di sfaso e non so che ne verrà fuori! Detto questo, vi invito a leggere e a commentare! XXX by madychan

Disclaimer: i personaggi di questa fanfiction sono di proprietà di Tsugumi Obha e Takeshi Obata, che hanno creato quel manga fantastico che è Death Note. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.



Capitolo primo: MELLO



È la città di notte, quella che adoro più di tutte.
Le luci in particolare, che illuminano la nera oscurità, rendendo l’atmosfera delle strade misteriosa e, a mio parere, invitante.
Ovviamente, i lati che preferisco della notte rispetto al giorno sono tanti. La tranquillità è la prima, però, specie quando, dopo la mia estenuante giornata tipo da giornalista, mi ritrovo a gustarmi una buona serata di film o videogiochi a casa, comodamente stravaccato sul mio divano, la testa su un bracciolo e i piedi su quello opposto, circondato dal disordine del mio caotico bilocale in un anonimo condominio di un comunissimo quartiere della grande Tokyo.
Non amo vivere nel mondo notturno; ma non disdegno conoscere gente, magari abbastanza invitante per quanto riguarda l’aspetto fisico. E il posto migliore in cui fare questo tipo di conoscenze è, senza dubbio, una discoteca.
Sono appunto qui, che ammiro le luci psichedeliche che fanno luce nel locale, abbagliato da quella luminosità a intermittenza che non vedo ormai da tanto tempo, dato che per parecchio sono stato impegnato con il lavoro, e la sera spesso mi sono addormentato sul divano, completamente stravolto.
Ma questa sera ho trovato la voglia di uscire, tratta fuori da chissà quale recondito angolo del mio corpo; perciò, mi sono deciso ad andare in qualche locale giusto per bermi qualcosa e, se fortuna vuole, incontrare qualcuno che mi faccia divertire un po’.
Il rumore della musica assordante si sente anche da fuori, ma entro comunque, ormai abituato, dato che sono stato fuori per qualche minuto per assuefarmi un attimo al suono. Il locale, come vedevo da fuori, è a stento illuminato in luoghi che non sono i cubi o i pali; proprio sopra uno di essi vedo una bassa e provocante ragazza bionda, vestita con dei pantaloni neri e una canotta, altrettanto nera – entrambi i capi sembrano di pelle. È poco munita di seno, ma ha un sex appeal e un magnetismo che sfocia quasi nella libidine – particolarmente evidente nei suoi occhi marroni. Davvero pazzesco.
Mi imbambolo per un po’  a guardarla, catturato da quegli occhi, fermo poco lontano dalla soglia. I suoi occhi sono tremendamente accattivanti. I suoi movimenti sono fluidi e provocanti. I suoi capelli biondi – che non possono essere altro che tinti – scendono sulle sue spalle. Le sue gambe e le sue mani si avvinghiano abilmente intorno al palo, per poi lasciarsi andare in un morbido movimento, una mano e una gamba ancora ad affidarsi al palo, mentre l’altro braccio e l’altra gamba si lasciano andare giù.
Nonostante intorno a lei si sia creata una piccola folla, quella mossa, chissà perché, fa finire i suoi occhi incatenati ai miei, per un lunghissimo e interminabile attimo.
Mi metto a osservarla, esaminando ogni punto di quelle iridi che, lo so, sebbene così lontano da lì mi hanno visto. Il mio sguardo scorre sul suo viso, vedendo che le sopracciglia sono leggermente inarcate, e che il suo volto è e permeato da una sottile espressione sorpresa, messa in risalto, dalla bocca lievemente aperta.
Quella stessa bocca che, qualche attimo dopo, si increspa in un sorriso sarcastico e provocante, mentre le iridi tornano maliziose e saccenti, e la padrona di tutto quello torna su a danzare, come se fosse tutt’uno con il palo.
Rimango per un breve istante a fissarla, stupito; poi, mi dirigo verso uno dei divanetti, sistemandomi gli occhiali sul naso. Mi stravacco, metto le braccia sullo schienale e reclino la testa all’indietro, allargando leggermente le gambe, rilassandomi, mentre il rumore della musica, strano a dirsi ma vero, mi accompagna in quel relax.
Diamine, se volevo riposare potevo starmene a casa…
Ma questo, in linea di massima, è un buon posto per rimorchiare e sfogarsi come si deve. I miei capelli rossi e i miei occhi dorati attirano ancora le ragazze, anche se nessuna, per il momento, sembra volersi avvicinare. Ma non è che m’interessi molto, dopotutto; una serata in discoteca senza una ragazza si può fare, basta che non diventi un vizio. Cazzo, dopotutto ho solo ventidue anni, avrò un po’ di diritto di divertirmi, no?
Sento qualcosa sfiorare con leggerezza il mio bacino, mentre qualcos’altro mi stringe lievemente i fianchi. Una mano delicata mi sfila gli occhiali dal viso, per poi salire verso i miei capelli, e scendere lentamente verso il collo, il petto… l’addome…
Apro gli occhi, scuotendomi da quella trance e rendendomi conto di quella situazione.
Mi trovo davanti, comodamente seduta sulle mie gambe, la ragazza bionda del palo.
Manco a farlo apposta, guardo verso il mio bacino, intercettando, ovviamente per la posizione equivoca in cui era seduta – e di cui non sembrava vergognarsi più di tanto – il suo. Perché sento qualcosa di strano lì dove…?
Alzo gli occhi, esterrefatto.
Quello schianto è…
…un ragazzo?!
Lui avvicina il suo volto al mio, con una strana espressione contemplativa e, al contempo, lasciva, negli occhi.
« Allora sei sveglio… » commenta. « Sai che sei molto meglio, senza occhiali? »
Lo guardo per qualche secondo: in effetti, ha un corpo maschile, per quanto androgino. È magro, basso, ha dei lineamenti, facciali e non, molto fini, e ha i capelli biondi che gli arrivano fino alle spalle. Ma la sua voce e la presenza al suo cavallo mi danno la conferma che quello che ho davanti non è per niente una ragazza.
« Potresti toglierti? » domando, quasi seccato.
Il biondo sorride, malizioso, per poi alzarsi – stranamente senza fare storie. Strano, avrei giurato che uno con quella faccia si sarebbe quantomeno lamentato, essendo gay – sicuramente – ed essendo – teoricamente – appena stato respinto. Ma lui non sembra del mio stesso avviso.
« Un eterosessuale? » domanda. « Mi dispiace. »
Non è dispiaciuto. Per niente. La frase che aveva detto l’aveva detta con sarcasmo e con una punta di perversione.
« Le mie tendenze non ti devono interessare. » replico, scocciato.
Lui inarca per un attimo il sopracciglio, per poi voltarsi e lasciarsi andare seduto sul divano, accanto a me, appoggiandosi allo schienale e incrociando le braccia. Lo guardo accavallare le gambe con fare sensuale, tentatore, quasi femminile.
« Chi sei? » domando, vedendo che lui non parla, anzi, che si è rilassato, reclinando la testa all’indietro come io ho fatto prima. Al sentire la mia domanda, però, alza immediatamente il volto e apre gli occhi, puntandomi contro il dito.
« Che razza di gentiluomo sei?! Nessuno ti ha detto che ci si deve presentare, prima di chiedere il nome a qualcuno che non conosci?! » esclama, esterrefatto.
Lo guardo, un po’ stranito da quel comportamento. « Nessuno ha detto che sono un gentiluomo. » replico, ironico.
Lui sbuffa, ritrae il dito e mi guarda, seccato. « Immagino che tu non hai molto successo con le donne. »
« Immagino che tu non abbia… » sottolineo.
Ops. La solita deformazione professionale.
« Che cazzo stai dicendo?! » esclama lui, furioso oserei dire.
« Nulla. Deformazione professionale. » dico. Poi, però, noto che il suo sguardo furibondo per essere stato preso in giro ora esige delle spiegazioni. Perciò gliele do. « Nella frase che hai detto ci va il congiuntivo con la sua probabilità, e non l’indicativo che ci hai messo tu, perché è il modo della certezza. »
« No! » ribatte lui, seccato. « Tu non hai successo con le donne! È assolutamente certo, se parli in questo modo per rimorchiare! Che cazzo sei, un verginello di merda che viene in discoteca per la prima volta?! »
« No… E poi non parlo così per rimorchiare… »
« Ah… Quindi mi stai dicendo che non ti interesso e che non mi vuoi rimorchiare? »
Lo guardo, senza capire più niente di quella situazione assurda. « Non ho mai detto di volerti rimorchiare. E poi, te l’ho detto, è solo una deformazione professionale. Mi è venuto spontaneo correggerti, è una cosa che nemmeno penso più, ormai. »
« Che rompicazzo. » commenta lui. « Comunque, mister gentiluomo, il mio nome è Mello, visto che prima me l’hai chiesto. Ma per te sono semplicemente Mihael. »
« Mihael? E perché non Mello? » domando, curioso.
« Perché Mello è per gli amici, e tu non sei mio amico. » replica lui, con un ghigno. « Hai intenzione di presentarti? »
« Mail Jeevas. » dico, un po’ seccato.
« Mail? » chiede, guardandomi. « Non mi piace. Ti facevo più con un nome diverso… tipo Matt. »
« E invece mi chiamo Mail. » rispondo. « E sarei contento se anche tu mi chiam… Che stai facendo?! »
Mello si mette di nuovo a cavalcioni su di me, in un modo identico a quello in cui era quando me lo sono trovato davanti. Nelle sue iridi, sarcasmo, ironia, malizia e libidine. Mi prende delicatamente il volto con le mani.
« Tu non sei etero. » dice. « Un etero normale se ne sarebbe andato appena mi sono seduto di fianco a te e sono stato zitto. »
Quella frase non può fare a meno di farmi arrossire un po’, ma sostengo il suo sguardo, deciso e fermo.
« Nessuno ha detto che sono etero. » dico, sarcastico. « E nessuno ha detto che non lo sono. »
« Mmmmh… » Mello avvicina il suo volto al mio. « Questo “nessuno” parla un po’ troppo per i miei gusti… Matt. »
Sento il suo respiro sulla mia bocca, mescolato al mio. Il suo petto aderisce sensualmente al mio.
« Ti ho detto che mi chia… »
La mia protesta viene immediatamente stroncata dalle sue labbra, che veloci si posano sulle mie, iniziando praticamente dopo un nanosecondo a leccare e succhiare. Sapientemente e tremendamente, terribilmente sensuali. La sua lingua accarezza le mie labbra con tanta voglia che subito apro la bocca, per sentire la sua lingua iniziare un atto di vorace lotta contro la mia. Le sue mani scendono verso il mio addome, si introducono sotto la maglia a righe bianche e nere, accarezzandomi il petto con movimenti lenti e lascivi, circolari e rilassanti. Mi rendo conto di non poter fare lo stesso con Mello, perché il suo giubbottino a forma di canotta aderisce alla sua pelle come una seconda rivestitura.
Poi, una consapevolezza. Il nanetto mi vuole far fare la parte passiva.
Mi stacco improvvisamente dal bacio, con un suo mugugno di dissenso. Ma cambia subito espressione quando vede i miei occhi: la voglia di sesso che ho dentro e che sto liberando deve essere veramente evidente, per stupirlo.
« Spostati. » dico. Mello sembra non voler obbedire. Mette su il broncio – adorabile, lo ammetto – e incrocia le braccia, seccato.
Lo prendo su di peso e lo sposto sul divano, sbattendolo sdraiato; il suo sguardo si è fatto più serio e stupito, mentre mi alzo.
« Ehiehiehiehi!!! » esclama, alzandosi a sedere. « Dove credi di andare, tu?! »
Sorrido, sarcastico, soddisfatto della riuscita provocazione. Gli porgo una mano che lui guarda, per poi guardarmi negli occhi, perplesso da questo gesto.
 « Prendila. » dico. « Andiamo. Che hai, paura? »
Mello mi fissa, senza parole, inarcando sarcasticamente un sopracciglio.
« E dove andremmo, scusa? » domanda.
« A casa mia. »
Un’idea impulsiva, un’azione non premeditata. Non è da me, che di solito sono riflessivo e tranquillo. Ma, primo, questa idea mi balenava già da un po’ in testa; secondo, questo biondino casinista e volgare non mi dispiace, e questo non è da me: di solito preferisco le persone simili a me, o che non attirino troppo l’attenzione. Cosa che Mello sicuramente non è. Perciò voglio capire perché mi intriga così tanto pur essendo così fuori dai miei standard.
Mello si mette a ridere, divertito, abbandonando la testa all’indietro. Una risata che mi sembra stranamente cristallina, su un viso che, improvvisamente, sembra illuminarsi, incantandomi.
« A casa tua? » chiede, smettendo di ridere e guardandomi,  ma rimanendo comunque con un’espressione ironica e divertita stampata in faccia. « Non ti facevo così audace, a prima vista. »
Già. Nemmeno io.
« Vuoi venire o no? » insisto.
Lui inclina la testa di lato. « Quanto offri? »
Rimango per un attimo basito. « Come, scusa? »
« Quanto mi dai? Perché vuoi scopare, no? »
E lui perché sembra così intrigante anche quando parla così, dannazione?
« Sei stato tu il primo ad avvicinarti. » replico, sulla difensiva. Intrigato sì, ma fesso no. « Teoricamente saresti tu quello che per primo vuole scopare. Io non ho fatto nulla. »
« Pronto? Secondo te come mi guadagnerei da vivere, se non facessi io la prima mossa? » fa lui. « Oltretutto, non hai rifiutato nemmeno il bacio. E poi, perché saresti qua, se non per trovare qualcuno con cui scopare? »
« Va bene, va bene, ho capito! » ribatto, seccato. « Se vuoi soldi te li do, ok? Quanto vuoi, si può sapere? »
Mello si alza, mi sfiora il mento con un dito.
« Niente. Stavo scherzando. » dice, a pochi millimetri dal mio viso, la voce bassissima. Riesco a sentire il suo alito, il suo respiro caldo, quasi le sue labbra che sfiorano le mie.
« Vuoi venire, allora? » chiedo, in un sussurro.
« Come? Non ho sentito… » replica lui, rompendo quell’attimo di incanto. Si allontana da me, rimanendo più distante si qualche attimo fa, dalle mie labbra, ma non troppo. Lo fisso, seccato da quell’interruzione.
« Ti ho chiesto se vuoi venire! » esclamo, perdendo, per la prima volta in vita mia, le staffe.
Lui ride, divertito. Che cazzo hai da ridere?!
« Devi vederti! Hai la faccia tutta rossa! » esclama, puntandomi.
Adesso però mi stanno proprio girando le palle. Cazzo, è stato lui a provocarmi apposta, a interrompere quel quasi-bacio di poco fa di proposito (perché era lampante che l’avesse fatto di proposito), e ora se la rideva pure?!
Lo afferro per il polso e lo scaravento sul divano su cui eravamo seduti, con violenza. Mi metto sopra di lui come lui prima era sopra di me, e lo bacio di sorpresa, brusco, e quasi presuntuoso.
Sento i muscoli del suo polso irrigidirsi leggermente, prima di rilassarsi; ma lui ancora non accenna ad aprire le labbra. La mia lingua diventa più vogliosa e sensuale ogni secondo che passa, in una libidinosa attesa.
Mello mi afferra per la nuca con la mano libera, e mi attrae a sé; è forte, per essere così piccolino. Apre la bocca, facendomi sprofondare in un bacio che ha ben poco di non erotico; la sua lingua lotta con la mia, passionale, e i suoi denti mordicchiano e succhiano sensualmente le mie labbra, lievi ma vogliose. Sento la mia mano allentare la presa sul suo polso, mentre il mio corpo si rilassa, abbandonandosi a quel biondo che ho sotto di me.
La mancanza d’aria si fa sentire improvvisamente; è come qualcosa che mi fa girare la testa, inibendomi i sensi. Non so se Mello se n’è accorto o ha bisogno di ossigeno come me, ma è lui il primo a rallentare, mollando la presa sulla mia testa e chiudendo la bocca, mentre il nostro bacio diventa semplicemente uno sfiorarsi di labbra, che a rilento si separano, in definitiva.
« È vicina casa tua? » domanda lui, ansante. Sento un qualcosa di leggermente duro al suo cavallo. Ma, dopotutto, non gli posso dare torto: è stato tremendamente eccitante. E poi, dovevo aspettarmelo: ha una faccia che lo fa sembrare la personificazione del desiderio sessuale.
« Non tanto. » replico, alzandomi e permettendogli di fare lo stesso. « Ma sono qua in moto. »
Mello sogghigna. « Comincio a rivalutarti. » commenta, restituendomi gli occhiali che mi ha fregato prima. « Dài, andiamo? »
Lo seguo mentre usciamo dal locale. Non posso fare a meno di notare i bracciali tintinnanti al suo polso, che prima non avevo notato, e che lo fanno sembrare ancora più femminile. A differenza invece della sua camminata, decisa e perfettamente maschile.
L’aria fredda della notte ci accoglie con una sferzata di vento. Osservo Mello, che ha la pelle d’oca e trema convulsamente, in preda, ovviamente, al gelo.
« Non hai niente per coprirti? Guarda che in moto fa ancora più freddo. » lo ammonisco.
Lui mi guarda, rabbioso. Ma che cazzo ho detto, ora?!
« Ho una giacca dentro. » risponde, battendo i denti. « Me l’ero dimenticata. Vado a prenderla. »
Sorrido mentre lui torna dentro. Allora non era incazzato. Stava solo cercando di non battere i denti in mia presenza.
Entro anche io, seguendo la sua inconfondibile chioma bionda. Lui ha già fatto, perché mi nota e viene verso di me, infilandosi un giubbotto di pelle nera. Mi precede di nuovo fuori, e io lo seguo, con un mezzo sospiro, chiedendomi perché quel ragazzo sia così incazzoso e perché, di tutta la gente che potevo incontrare stasera, ho dovuto incontrare proprio lui.
Lo vedo rabbrividire di nuovo, strofinarsi le braccia con forza, per trovare un po’ di calore. Sospiro, non potendone fare a meno. Mi avvicino a lui e lo stringo a me, abbracciandolo con una mano sulla spalla. Come risultato, ottengo che lui mi guarda, smarrito.
« Va meglio, così? » domando.
« Ma… che…? » replica lui, allibito, guardando il braccio, per poi tornare a guardare me. « Perché? »
« Stai morendo di freddo. Ora va meglio? »
« Io non sto morendo di freddo! »
Lo fisso per qualche attimo negli occhi. « Smettila di negare. Hai freddo. Ti ho solo chiesto se va meglio, non di ringraziarmi. » dico, intuendo subito la preoccupazione dettata dal suo orgoglio.
Lui mi guarda, a dir poco irritato. Sospiro di nuovo, non aspettandomi una risposta da lui. Lo spingo con me verso il posto dove ho parcheggiato la moto, pazientemente.
La mia moto è una delle poche cose di cui vado fiero e che tratto con tanta, tanta cura. È di color nero, come la notte, semplice ma allo stesso tempo molto potente; vanta una potenza che esplode nel giro di pochi attimi. La cosa che più adoro, oltre ai videogiochi, è andare in giro ad alta velocità sulla mia adorata moto.
Lascio andare Mello, che è rimasto a fissare il mio veicolo, imbambolato. Con un sorrisino orgoglioso, mi avvio a rovistare nella sella, sotto la quale sono conservati il mio casco e il giubbotto che indosso per non prendere freddo. Li tiro fuori, guardando  Mello, pensieroso, mentre lui continua a guardare la moto.
Sospiro. Spero di non prendermi un accidente.
Gli infilo il casco in testa e glielo allaccio, mentre lui mi rivolge uno sguardo sorpreso.
« Togliti il giubbotto. » dico.
« Eh?! » esclama lui, sconcertato. « Ma che stai facendo, si può sapere?! »
Lo guardo per qualche attimo, quasi senza sentirlo. Poi gli porgo il giubbotto, sospirando. Il suo giubbottino di pelle è troppo piccolo, di certo non mi va.
« Niente. Metti questo, altrimenti ti pigli qualcosa. » lo invito. Lui mi osserva, sbalordito.
« Che… Perché? »
« Perché sennò prendi freddo. »
« Guarda che anche te potresti prendere freddo! Non sei molto più coperto di me, Matt! »
Sbuffo. Per tre motivi.
« Uno: sono molto più coperto di te, perché, anche se non sembra, la mia maglia è calda. » replico. « Due: ti ho già detto che mi chiamo Mail, non Matt. Tre: se proprio vuoi chiamarmi con quel nomignolo, almeno pronuncialo giusto. »
Mello mi prende il giubbotto di mano e se lo infila, guardandomi snervato.
« Che rompicoglioni! » esclama, con fare saccente e seccato. « Io ti ho dato il soprannome, e io lo pronuncio come voglio! Capito, Matt? »
Assottiglio gli occhi, irritato. Dannazione, quella “a” di Matt è troppo aperta.
Però, alla fine della fiera, non mi dispiace.
« Per il casco e il giubbotto potresti anche ringraziarmi, invece di darmi del rompicoglioni. » lo provoco, sentendo l’impellente bisogno di rispondergli a tono. « Andiamo, ora? »
Lui annuisce, sprezzante. Si dirige verso la moto, ma gli passo davanti e salgo prima io. Lui sale dietro di me, mentre io accendo il motore, e lui aggrappa alle maniglie ai lati della sella.
Mi scappa un leggero ghigno. Mi tolgo gli occhiali e mi metto la visiera legata al manubrio, e i guanti che ho tenuto in tasca.
Accelero di botto, partendo con una sgommata. Mello, preso sicuramente alla sprovvista, si avvinghia all’istante ai miei fianchi, stringendomi con forza. Sento il casco sbattere leggermente contro la mia schiena, ma non mi dà fastidio; giro a destra, entrando in una via larga e non trafficata. Non c’è praticamente nessuno, in strada.
Getto un’occhiata a Mello, che si stringe a me; ha un lieve rossore sulle guance, vedo alla luce di un palo, anche se lui tenat sicuramente di nasconderlo coprendomi la visuale con il casco. Mi volto, mettendomi a ridere. Non lo facevo per niente un tipo timido.
Il nostro viaggio prosegue in silenzio, con il solo rumore della moto a farci da sottofondo e il vento a trapassarci le orecchie. Sento l’aria sferzarmi il viso, e un leggero brivido percorrermi le mera da cima a fondo. Le mani di Mello, intanto, mi stringono la maglia, gelide. Guardo per un istante verso il basso; in effetti le sue mani sono scoperte, e sono strette spasmodicamente al mio addome, tremanti per il freddo autunnale.
Accelero, arrivando velocemente a casa. Parcheggio la moto nel cortile del condominio, per poi spegnerla. Sento Mello rabbrividire, contro la mia schiena. Mi stringe di più, le mani congelate.
« Mihael, tutto bene? » domando, preoccupandomi. « Siamo arrivati. »
Mello alza lo sguardo, dando un’occhiata intorno.
« Abiti qui? » chiede, a voce bassa.
« Beh, non in cortile. È un po’ scomodo, ti pare? »
Mi lancia un’occhiataccia. « Il tuo umorismo fa davvero cagare. »
« Il tuo invece è inconsapevole ma esilarante. » replico, sardonico. « Mi stai stritolando come una ragazzina terrorizzata. »
Mi guarda, notando le proprie braccia attorno al mio busto, e avvampa. Si scosta immediatamente da me, distogliendo lo sguardo. Mi permetto una risatina divertita ma silenziosa, mentre lui non mi guarda.
Mi alzo, mentre lui si sbilancia leggermente una volta che la moto non ha più il mio appoggio. Lo afferro per la vita, stringendolo a me.
« Forse è meglio se scendi. » dico, con un sorriso e un tono che, lo so, sono tremendamente sarcastici e, di conseguenza, irritanti.
E infatti, Mello mi guarda, per poi infuriarsi, scostarmi e alzarsi. Sorrido, e incateno la moto in modo che non la rubino. Dopodiché, mi volto verso di lui e lo precedo verso il condominio. Apro il portone e salgo le scale, sentendo le sue scarpe fare rumore, sui gradini dietro di me.
La mia casa è al secondo piano. Apro la porta, accendendo la luce e il riscaldamento.
C’è solo un’espressione precisa per descriverla, ed il primo a usarla, tra noi due appena arrivati,  è Mello.
« Che casino… »
Ci sono giornali e riviste dappertutto. Il pavimento è tappezzato di fogli, bozze accartocciate di alcuni miei articoli, penne, vestiti, e addirittura una coperta sfatta. L’altra coperta è sul divano, anch’essa messa del tutto in disordine. Di sicuro la mia casa necessita di un po’ d’ordine e di pulizie. Ma, tra una cosa e l’altra, non ho mai né la voglia né la forza di fare né una cosa né l’altra.
« Però è carina… La mia è fin troppo ordinata. » dice Mello, entrando e mettendosi a perlustrare il tutto. Lo seguo, a ruota, chiudendo la porta dietro di me.
« Il mio coinquilino è fin troppo meticoloso… È uno scassa coglioni peggio di te. » continua, proseguendo con il suo interessante – e infamante – monologo. « Da me non ci può essere una cosa fuori posto. Almeno qua è un po’ diverso. »
Mi avvicino alla zona che sta perlustrando, inseguendolo e togliendogli il casco. Mello mi guarda, intensamente.
« Non hai la faccia di uno che vuole farlo. » commenta, con un sorrisino ironico che gli increspa le labbra.
« In effetti sono un po’ stanco. » ammetto, mettendo il casco da parte, sul tavolo.
« Non sei abituato a fare le ore piccole, eh? » mi provoca lui, ghignando.
« Sei tu che mi hai scandalizzato! » protesto, puntandolo. « Nessuno ci aveva mai provato così spudoratamente con me! »
Mello ride. « Ah sì? » mi chiede, con un sorrisetto divertito. « Strano… »
Mi sento avvampare. Mello invece se la ghigna, divertito – oserei quasi dire esilarato – e si toglie il giubbotto che gli dato in prestito per non fargli prendere freddo sulla moto.
« A dirla tutta… » azzarda, avvicinandosi a me e mettendo il giubbotto sullo schienale di una sedia del tavolo del salotto. « …ho un po’ di sonno pure io. Non so se chiederti di stare qua o riaccompagnarmi a casa, però… »
Sorrido. Non me lo immaginavo uno che si faceva così tanti problemi.
« Stai qua. Per me non c’è problema. » dico, prendendo il pacchetto delle sigarette e estraendone una, per poi metterla in bocca e accenderla.
« Davvero? » chiede, guardandomi sorpreso.
Guardo l’orologio. Le tre di notte. Merda…
« Davvero. Anche perché io domani ho da lavorare e devo alzarmi un po’ presto. Non mi va di riaccompagnarti a casa, e poi rischieresti di prendere di nuovo freddo. »
« Che lavoro fai? » domanda lui, incuriosito all’improvviso.
« Giornalista. » replico io, indifferente.
Lui si mette a ridere. « Cazzo, allora è vero che il lavoro di giornalista non ha più l’importanza che aveva una volta! Se danno un posto persino a uno come te… »
Sorvolo su cosa vuole dire con quel “persino a uno come te”, ma gli getto comunque un’occhiataccia. « Mio padre era giornalista. » ribatto, tra il seccato e il fiero. « Ce l’ho nel sangue. »
« Ah sì? » fa lui. « Quindi, tipo, se mia sorella fosse un’attrice, dovrei farlo pure io solo perché è una cosa genetica? »
« Non sto dicendo questo. Sto dicendo che non sono un novellino perché, avendo il padre giornalista, so come ci si deve comportare e so il mestiere. » replico, annoiato. Intanto, osservo Mello che si siede sul divano, la gambe leggermente divaricate, la testa reclinata all’indietro, sullo schienale. Vado verso di lui, colto da un’improvvisa provocazione che Mello m’ispira di nuovo. Mi metto a cavalcioni su di lui, com’eravamo in quella discoteca, bloccandolo da entrambi i lati con le braccia puntellate sullo schienale – tenute lì anche per non cadergli rovinosamente sopra.
« Non ti ci vedrei male, come attore, però. » commento. « Che fai nella vita? »
Mi guadagno una sua occhiata sarcastica, e un sorriso altrettanto sornione.
« Studio all’università. » replica, strafottente.
Soffoco una risata. Poi era con me che il mondo cadeva in basso.
« Ma davvero? » domando. « Hai la faccia di uno che fa tutto tranne che studiare. Avrei detto che recitavi in dei film vietati ai minori… »
Mello non s’incazza minimamente per quell’osservazione. Anzi, se la ride beatamente.
« Non ho bisogno di recitare. » replica, tenendo il gioco. « O meglio, diciamo che la dose dal vivo mi è sufficiente. »
Non posso fare a meno di ridacchiare. Mi alzo, per poi prendere la sigaretta, trarla fuori dalla bocca e soffiare un po’ di fumo. Mello si stravacca ancora meglio sul divano, proprio come di solito faccio io.
« Non avrai intenzione di dormire lì, vero? » domando.
« Non mi vorrai far dormire sul pavimento? » chiede lui di rimando, con un tono preoccupato e uno sguardo allegro. Mi sta prendendo di nuovo per il culo, in sintesi.
Spengo la sigaretta nel posacenere sul tavolo. Poi, vado in mia e rovisto tra le mie cose, cercando qualcosa di simile a una tuta per lui. La trovo, anche abbastanza facilmente; perciò, prendo la mia, mi svesto e la indosso, per poi portare a Mello i vestiti che ho trovato per lui.
È sul divano, sdraiato, gli occhi già semichiusi per la stanchezza. Lo osservo per qualche istante, pensieroso: la sua bocca semiaperta è invitante, ma non mi sembra proprio il caso di darci dentro ora.
« Mihael… metti questi. » dico, scuotendolo lievemente. Lui apre di più gli occhi, incontrando la tuta con lo sguardo; la fissa, per qualche istante, per poi rivolgersi a me, e fissarmi; poi guarda ancora la tuta, e infine me.
Alla fine, si alza a sedere, allibito.
« Che cosa?! » esclama, fissandomi, allibito.
« Metti questi. » dico di nuovo, porgendogli i vestiti. « Magari non sono di tuo gusto e sono un po’ larghi, ma immagino sia meglio che dormire con dei vestiti di pelle. »
« Ma, Mail… »
Spalanco gli occhi, esterrefatto. Perché non mi piace, quando mi chiama con il mio vero nome? Eppure, mi sono lamentato tutta la sera, per quella storia.
« Non posso approfittare! È già tanto che mi ospiti! » esclama lui, curandosi di far trasparire non poco orgoglio nella voce.
Lo guardo male per quella tracotanza. « Beh… » dico, additando i suoi vestiti. « …sul letto non ci dormi, con quelli. »
E mi ottengo di nuovo una sua occhiata stupita. « Sul… sul letto? »
« Dove credevi che ti avrei fatto dormire, scusa? »
«Ma… neanche mi conosci! »
Sbuffo. Diamine, quanto sei complicato, Mello. « Mettiamola così. Non mi piace scopare sul divano, perciò se avessimo scopato, come avremmo dovuto fare in origine, tu avresti dormito sul letto. Quindi, non fare storie e mettiti questi, per favore. »
Mello guarda un po’ la tuta, perplesso. Poi la prende, leggermente rosso in viso per quella gentilezza.
« Grazie… Mail. »
Sbuffo. Non mi piace come pronuncia il mio nome.
« Se vuoi cambiarti, vai pure in bagno. » dico, additando la porta. « È di fianco alla mia camera. Fai pure con comodo. »
Lui si alza, ancora imbarazzato, e va in bagno, chiudendosi dentro. Io, invece, mi stravacco sul divano, e mi metto ad ammirare il casino che c’è in casa mia. Forse andrebbe un po’ messo a posto, ‘sto bilocale. Ma a Mello non dà fastidio, il disordine, e io ormai ci sono abituato. Diciamo che mi ci ritrovo pure bene. Perciò, perché farsi tanti problemi?
« Matt, è comodissima! »
Mi volto verso la voce entusiasta; Mello è appena uscito dal bagno, vestito con la mia tuta, un po’ troppo grande per lui, forse, dato che amo indossare vestiti comodi. Ma non è eccessivamente lunga. Gli sta bene, alla fine.
« Cazzo, grazie! » esclama, entusiasta. «Davvero posso dormire con questi? »
« Mi pare ovvio. ». Vado in bagno e prendo i suoi vestiti, portandoli poi in salotto, e appoggiandoli sul tavolo. « Perché, scusa, di solito come dormi? »
« Di fianco al mio ragazzo. Ti lascio immaginare dopo cosa e come. » dice lui, incurante, rimirandosi nello specchio sulla porta del bagno.
Io invece mi blocco, spaesato, e sempre spaesato mi volto verso di lui.
Ha il ragazzo?
Non è tanto il fatto che uno libertino, come mi è sembrato lui, abbia il ragazzo, a infastidirmi. Cioè, non è che mi infastidisce perché ha il ragazzo ed è libertino… Oh, insomma. Sono infastidito perché ha il ragazzo e basta.
« Ma cazzo, mica è premuroso come te! » esclama Mello, di nuovo, senza incrociare la mia espressione – davanti alla quale, ne sono certo, perderebbe tutto quell’entusiasmo. « A volte prendo pure freddo… Invece con questa di sicuro non ne prendo! »
« Hai il ragazzo, quindi? ». Non posso fare a meno di chiederglielo.
Mello si blocca e mi guarda, smarrito. Poi, arrossisce, imbarazzato.
« Beh… sì. »
« È il tuo coinquilino? »
« …Sì… »
Mi avvicino a lui. « Fammi capire. Hai il ragazzo e lo tradisci? »
Non mi è mai piaciuto che una persona sia legata ad un’altra e se ne sbatta, del legame che ha con lei. Non riesco a concepirlo.
« Beh… Non proprio. » replica lui. « Ma stasera abbiamo litigato, così me ne sono andato di casa, e per sfogarmi sono andato lì dove ci siamo visti. »
« Per cercare una scopata consolatoria? » domando, irritato.
Lui abbassa lo sguardo. « Più o meno era quello che cercavo, sì. »
« È per questo che mi sei saltato addosso? »
Mello mi getta un’occhiata sarcastica. « Credimi. Se avessi voluto saltarti veramente addosso, l’avrei fatto in tutt’altro modo. »
Non mi soffermo a pensare a quello che vuole dire, con quella frase. Mi sento improvvisamente raddolcito, nei suoi confronti. In fondo, se avessi avuto un ragazzo e avessi litigato con lui, forse mi sarei comportato allo stesso modo di Mello.
« Hai litigato col tuo ragazzo, quindi? » domando. « Ti va di dirmi come mai? »
Lui mi guarda, stupito, prima di abbassare lo sguardo.
« È geloso. »
« Beh, non posso dargli torto. »
Mi fulmina con lo sguardo. Mi giustifico con una mezza risata, dicendo che stavo scherzando, prima che lui prosegua.
« È geloso del mio migliore amico. » continua. « Che, poi, è anche il mio rivale. Crede che ci sia qualcosa… mentre è più che normale che ci comportiamo da amici. Ci conosciamo da quando eravamo alle medie… »
« È da molto che state insieme? »
« Poco dopo che abbiamo affittato lo stesso appartamento. » dice lui. « Quindi… quasi un anno. Circa più o meno. E ogni due per tre salta fuori questa storia del cazzo… Sinceramente, non ne posso più. Sto seriamente pensando di lasciarlo… »
Sospiro. « Beh, stanotte puoi dormire con me. Non c’è problema. » dico. « Vai pure sul letto, ti raggiungo tra un attimo. »
Annuisce, leggermente rosso in viso. Io mi dirigo verso il bagno, per prepararmi prima di andare a dormire.
Cazzo, ma perché sento questa cosa allo stomaco, quando penso che ha il ragazzo? Va bene che sono bisessuale, ma cazzo, Mello l’ho conosciuto solo stasera, porca miseria! E poi, non credo all’amore a prima vista. Per niente.
Però, devo ammettere che, per quanto con un carattere irascibile e discutibilmente libertino, almeno per i miei gusti, Mello alla fine non mi dispiace come persona, nel complesso.
Sento il suo telefonino suonare, nella stanza accanto. Mello risponde, svogliatamente, borbottando parole che non riesco a recepire. Per un po’ non sento altro che i suoi mugugni incomprensibili.
« Cazzo, Light, lasciami in pace, almeno per una volta! ». Salto, colto alla sprovvista, voltandomi verso il muro, come se potessi vedere al di là. « Non sono da lui, che immagino che sia impegnato a fare ben altro! Lasciami dormire, cazzo, che sono le tre del mattino! »
Esco dal bagno, stupito.  Probabilmente era il ragazzo di Mello. Che cosa si erano detti, esattamente?
« Ah… Scusa il casino, Matt… » dice lui, appena compaio sulla soglia della camera. Lo scruto per qualche attimo, prima di spegnere la luce del salotto e della camera, e andare verso il letto, per accendere la luce del comodino e sdraiarmi sotto le coperte, insieme a lui. Mi sdraio, condividendo con il biondino metà – e anche meno – del mio letto a una piazza e mezza.
« Non importa. » dico. « Era il tuo ragazzo che ti cercava, immagino. »
Mello annuisce. « Sì… Anche se più che altro credo che volesse sapere se ero dal mio amico… »
« Nh. » commento, laconico. « Beh… Forse ora è meglio se ti riposi un po’, Mihael. »
Mello annuisce, accoccolandosi meglio accanto a me. « Grazie di tutto… Mail. »
Spalanco gli occhi chiusi da un solo attimo, improvvisamente irritato. Scosto le coperte e mi piazzo cavalcioni sopra di lui, il mio viso a pochi centimetri dal suo. Mello mi fissa, sconvolto.
« Smettila di chiamarmi Mail. » dico, anticipando la sua domanda. « Chiamami Matt. »
Mello mi guarda per un attimo, incredulo, a bocca aperta. Poi sorride.
« Ma tu guarda questo… Mi hai rotto le palle tutta la sera, perché volevi che ti chiamassi Mail! » esclama, portandomi le braccia ad avvolgermi il collo. « Comunque… va bene, Matt. »
Si avvicina lentamente a me, sfiorandomi con le labbra con le proprie. Però non si decide a baciarmi. Di sicuro ora ha degli scrupoli.
« Mihael… Posso…? » domando, incerto.
« Chiamami Mello. » mi interrompe lui, baciandomi subito dopo, delicatamente. Mi attira verso di sé con tanta forza che cado sopra di lui. Preso dalla voglia, e dal fatto, non poco eccitante, che Mello ha cominciato a leccarmi le labbra per far entrare la sua lingua nella mia bocca, lo attiro a me per la nuca e, contemporaneamente, apro leggermente le labbra, introducendo la mia lingua nel suo anfratto, facendolo sprofondare in un bacio piacevolmente lussurioso, di cui lui ricambia l’intensità. Alla fine, come prima, annego nella voglia carnale di quel bacio, soprattutto quando Mello struscia il proprio bacino contro il mio, facendomi sentire che è tremendamente eccitato. Lo sento gemere nel bacio, stringendo di più la presa sul mio collo. Mi stacco, lasciandogli prendere un po’ d’aria. Sotto di me, appena mi sono separato da lui, Mello ansima, accaldato nonostante il freddo della temperatura esterna, ed eccitato. Avvicino di nuovo il mio bacino, meno eccitato, al suo; lui geme di nuovo, gli occhi chiuse, le guance rosse.
« Così non puoi dormire… » commento. « Te le vai a cercare, eh? »
« Sta’ zitto, che sei eccitato pure te… » replica lui, ansimando.
Vorrei fare qualcosa di più, con lui, ma la consapevolezza che a casa ha qualcuno che lo aspetta mi blocca.
Però, alla fine, decido che non posso nemmeno lasciarlo così: non dormirebbe.
Faccio scendere la mano sinistra sul suo addome, alzando la maglia e accarezzandogli la pelle, lentamente; le mie dita scendono con calma quasi snervante, arrivando a toccare l’elastico dei pantaloni. Vanno poi ad accarezzare la sua erezione, attraverso la stoffa. Lo sento ansimare di piacere, la sua voce farsi roca.
« Matt… »
Entrambe le mie mani salgono fino a sfiorare l’elastico dei pantaloni di Mello, per poi abbassarglieli fino alle ginocchia. Senza aspettare, gli abbasso anche i boxer, ammirando la sua eccitazione nella sua interezza.
« Matt, che fai? » domanda lui, gli occhi liquidi.
Alzo la testa, distogliendo lo sguardo dalla mia contemplazione. È mezzo rincoglionito, dal sonno e dall’eccitazione.
« Rilassati. » replico, accarezzandolo dolcemente sulle gambe. Lo sento mormorare lievi suoni di consenso a come lo tocco. Le mie mani si spostano sempre di più verso l’interno coscia, salendo fino al suo bacino, fino ad accarezzare la sua erezione.
« Mmmmh… Matt… ». Geme, di piacere. Si contorce leggermente, spinge di più il suo bacino verso di me. « Più veloce… »
Obbedisco, sentendo Mello gemere più forte sin da subito, e miagolare il mio nome, in mezzo al piacere. Le mie mani sono sempre più veloci, finché non raggiungo il risultato di farlo gemere spasmodicamente, facendolo venire tra le mie mani.
« Matt… » sussurra, portando la punta del naso ad accarezzarmi lievemente il collo. Le sue mani si avvinghiano di più poco sotto la mia nuca, e lui mi avvicina a sé, per poi schioccarmi un bacio sulle labbra, in cui, anche se per poco, mi concedo di sprofondare. Quando sento che, però, la sua presa si fa più debole, mi stacco, facendogli riprendere fiato.
« Matt… dormiamo insieme, vero? » domanda, mezzo addormentato.
Gli sfioro il viso con le labbra. « Sì, Mello. Ora arrivo. Se vuoi nel frattempo puoi addormentarti. »
« Mh… Va bene… » mormora lui, lasciandomi andare.
Un attimo dopo è già nel mondo dei sogni.
Sorrido, rassegnato, e gli tiro su pantaloni e boxer. Ci conosciamo da neanche tre ore, eppure mi pare che ci comportiamo come se ci conoscessimo da una vita intera.
Mi alzo dal letto, muovendomi con una leggera difficoltà per via dell’eccitazione che ho in mezzo alle gambe. Quel biondino mi ha eccitato talmente tanto che, a momenti, venivo solo guardandolo mentre godeva. Mi sembrava la lussuria più pura del mondo, mentre lo toccavo.
Vado in bagno e, invidiando il ragazzo di Mello – di cui nemmeno ricordo il nome – mi sfogo da solo, pensando al biondino che c’è al di là del muro, e a quello che potrei fargli se non fosse impegnato. E la cosa mi fa provare un piacere indescrivibile, tanto è eccitante.
Ansimando ancora, mi lavo le mani e mi do una sciacquata al viso con dell’acqua fredda, giusto per sembrare un po’ meno eccitato e per placare i bollenti spiriti.
Uscito dal bagno, mi affaccio alla soglia della mia camera.
Mello ha preso completamente possesso del mio letto.
Entro, sospirando, e lo copro.
Mi tocca dormire sul divano.
  
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