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Autore: simocarre83    04/12/2017    1 recensioni
Questa raccolta di breve storielle è ambientata nei luoghi e con i personaggi dei racconti "Ricordi" pubblicati nella sezione Avventura. Sono però dei racconti a sé stanti, quindi potete leggerli come e quando volete. se poi vi incuriosiscono, sapete dove trovare gli altri. trattano di diversi argomenti, con diverse tipologie di racconto. Ed ecco perché li ho pubblicati in questa sezione. Buona lettura!
Genere: Comico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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QUANDO TUTTO È INCOMINCIATO
Il dopocena dei 14 anni di Simone era sempre lo stesso: dopo mangiato e dopo aver guardato un po’ la televisione (compreso l’immancabile telegiornale fortemente voluto dal nonno) si approcciava lentamente alla finestra della camera da letto, o a quella del bagno. E aspettava.
Non perché volesse spiare i suoi amici, avrebbe raccontato più tardi. Ma a quattordici anni la timidezza lo spingeva ancora a non avere neanche la faccia tosta di presentarsi qualche volta a casa loro per chiamarli.
E, come sempre, quando qualcuno (quasi sempre Giuseppe) usciva per andare (lui) a chiamare Francesco e Emanuele, allora “si sentiva autorizzato” a prendere anche lui la via per la strada dietro casa sua e incominciare la lunga serata. Serata che quasi sempre incominciava verso le 21 e finiva, immancabilmente, a mezzanotte, quando genitori e nonni, sbadigliando, si ritiravano, ciascuno a casa propria.
Era sempre stato così e, nella sua mente ancora troppo giovane e immatura, si era immaginato che sarebbe rimasto così fino alla sua morte (di vecchiaia).
Ad ogni modo stava bene in quella situazione, e seppur timido, era, sotto sotto anche abbastanza pigro per non cambiarla.
Quella sera, poi, come tutte le altre sere di quell’estate, non vedeva l’ora di rivedersi con i suoi amici e le sue amiche. Da un anno a quella parte avevano abbandonato i giochi, e preferivano passare la serata a chiacchierare, passeggiare per le vie vicine a casa e scherzare, divertirsi e passare quelle serate in compagnia.
Quella particolare sera, o quella particolare passeggiata, Giuseppe non c’era. Erano in cinque e stavano lentamente spostandosi verso i Giardini Murati, non ancora terminati e verdeggianti, ma già abbozzati e visitati da vari gruppetti di ragazzini.
Quella sera, Simone, Emanuele, Francesco, Francesca e Annalisa stavano ridendo e scherzando come tutte le altre sere. Solo decisero di cambiare strada e presero una traversa della principale.
E quello fu l’errore.
Erano nella stradina più stretta tra due file di case e casette a schiera, disposti tutti sulla stella linea, come bravi amici e compagni d’uscita. Pochi secondi dopo essere entrati in quella strada, accadde, però, qualcosa che Simone avrebbe dovuto riconoscere.
Videro, in fondo alla discesa che si presentava loro davanti, un gruppo di ragazzini. Nulla di nuovo, per Simone, come per gli altri, se non per un piccolo particolare.
Le due ragazzine, immediatamente si fermarono, rimanendo all’inizio della via.
I due fratelli, invece, rallentarono di qualche passo, posizionandosi ai lati di Simone, ma dietro di lui.
Simone, che lentamente e all’oscuro di tutto, stava scendendo nella strada, non ebbe neanche il tempo di accorgersi di quello che stava succedendo. Ci pensò solo dopo, a quel movimento strano dei due ragazzini, a quel dispiegamento “a V” così inspiegabile e quasi incomprensibile.
Intanto quel gruppo di ragazzini si faceva sempre più diretto verso di loro. Quando, più o meno a metà della via, i due gruppi si fermarono, uno dirimpetto all’altro. Simone, Emanuele e Francesco, come vi ho raccontato. Gli altri sei o sette in ordine sparso.
“Cosa ci fate qui?” fu l’inizio di quella conversazione che, sin dal principio, non stava piacendo per niente a Simone. Era il ragazzino più grande degli altri che gli stava facendo quella domanda, evidentemente rivolta proprio a lui.
Simone ebbe giusto il tempo di osservare l’altro per cercare, in quei pochi secondi, di carpire quante più informazioni era possibile da quella figura a lui sconosciuta.
Le caratteristiche fisiche, almeno altezza, peso, colore degli occhi e dei capelli, nonché carnagione e, ad un primo impreciso esame, anche massa muscolare, sembravano le stesse di Simone. Che istintivamente diede a quel ragazzino la sua stessa età. Questo, in parte, lo tranquillizzò. E gli permise di rispondere.
“Niente! Passavamo di qui!” fu l’ingenua sua risposta.
“Questa è la nostra strada!” fu la lapidaria frase dell’altro.
“Ma questa è una strada pubblica, e noi stavamo solo passando!” rispose Simone. Ingenuo, dite? Beh! Sì!
“Eh! E non dovete passarci più. Sennò vi gonfiamo di botte!” disse l’altro.
Questa frase suonò stranissima a Simone. Che, intanto, aveva, finalmente, incominciato a ragionare sulla situazione.
- E perché non ci ha picchiati subito? Forse c’è l’opportunità di andarcene senza grossi danni –
Gli volse le spalle e, rivolgendosi ai suoi due amici, esclamò, a voce alta ma calma: “Ok! Ragazzi andiamocene!”.
In quel momento si accorse che i due erano dietro di lui e non al suo fianco. E fu colto da un leggero brivido.
Anche perché, contemporaneamente, li vide sbiancare.
L’altro si avvicinò immediatamente alle spalle di Simone, gli mise la mano sinistra sulla spalla destra, cogliendolo di sorpresa e facendolo girare nuovamente verso di lui.
“Brutto frocio, come ti permetti di darmi le spalle?” furono le sue parole, che, però, immediatamente dopo si spensero.
Simone, sentendosi una mano sulla spalla, che cercava di girare, mentre assecondava quel movimento, ebbe solo un pensiero per la testa: - Ecco, adesso faccio a botte. Seriamente, per la prima volta. Colpire forte e bene, colpire forte e bene. Gli devo far passare la voglia di riprovarci, definitivamente -
Per questo motivo la sua espressione facciale cambiò immediatamente, assumendo, una delle prime volte nella sua vita, una parvenza violenta, rabbiosa, agitata, animalesca.
L’altro la prese piuttosto sul personale perché si bloccò abbassando la mano. Solo gli occhi, orgogliosi, si erano fermati ad osservarlo, non abbassandosi, neanche per un istante.
Questo a Simone fece paura. Ma vide aprirsi un altro spiraglio.
Senza voltarsi, continuando a guardarlo negli occhi, stringendo impercettibilmente i pugni e piegando leggermente le braccia, cercando di non aumentare la tensione, ma facendogli capire che non si sarebbe fermato in caso di attacco, Simone disse ai suoi amici la stessa e identica frase detta poco prima che le cose incominciassero a precipitare: “Ragazzi andiamocene!”
A quel punto, e solo allora, Simone gli volse nuovamente le spalle e, questa volta anticipato dai due, si diresse verso l’incrocio che stava a monte di quella strada.
Silenziosamente i tre raggiunsero le due ragazze nei più amichevoli lidi della strada dove abitavano e dove erano tenuti sotto stretto controllo dei genitori. Ragazze a cui si era aggiunto, appena arrivato, anche Giuseppe. Che, ovviamente, era stato aggiornato immediatamente sugli ultimi avvenimenti.
Giuseppe, molto preoccupato, corse a sentire dalla viva voce degli altri tre cosa era successo dopo.
Francesco era entusiasta del coraggio di Simone. Probabilmente non si rendeva conto del fatto che quest’ultimo, negli ultimi cinque minuti, aveva rischiato, più o meno, tre infarti.
Emanuele rimase silenzioso durante tutto il racconto di Francesco, mentre Giuseppe ascoltava quel racconto sempre più stupito e preoccupato per Simone.
“Beh! Non fare mai più così tanto il coraggioso! Non si scherza con quei ragazzini!” disse al termine del racconto di Francesco, direttamente indirizzato a Simone.
Che intanto aveva avuto modo di calmarsi un poco, e di ricominciare a respirare normalmente. Anche il cuore aveva smesso di correre all’impazzata.
“Sì beh! Adesso è tutto ok!” rispose quest’ultimo, cercando di nascondere i suoi veri sentimenti e tranquillizzare gli altri.
“Ok un bel niente!” fu la risposta di Emanuele. “Se tu sapessi solo la metà delle cose che so io su Cosimo, non avresti mai fatto tutto questo!” fu la sua risposta.
“Beh! Tutto è bene quello che finisce bene!” concluse Giuseppe, mettendolo a tacere.
Fu solo una domanda a martellare la testa di Simone per i successivi cinque minuti: - Cosa c’è di così brutto che sa Emanuele, da poter farmi cambiare così tanto atteggiamento? –
 
NdA: Questa è l’unica nota autobiografica di tutto. Io quel ragazzino non l’ho più visto, né ho più parlato di quanto accaduto con gli altri dopo quella sera. Però la mia mente (malata) ha continuando a lavorare fino a giungere a quel “Ricordi” che trovate nella sezione “Avventura” :) .
  
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