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Autore: Hollow_Eyes    04/12/2017    0 recensioni
Che cosa voleva fare?
 Ci pensai su un attimo mentre toglievo il panino dalla piastra e glielo porgevo, accuratamente avvolto in un fazzoletto. [...]
Sorrise. La scrittrice?

Sì.

Perché, lei sa scrivere?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che cosa voleva fare?
Ci pensai su un attimo mentre toglievo il panino dalla piastra e glielo porgevo, accuratamente avvolto in un fazzoletto. Il formaggio si era sciolto e aveva macchiato la piastra, ancora sfrigolava in bollicine biancastre. Briciole di vario colore piastrellavano il nero della superficie. Nel complesso era tutto piuttosto insignificante. La scrittrice.
Sorrise. La scrittrice?
Sì.
Perché, lei sa scrivere? Non nel senso le parole, nel senso… sarebbe capace di scrivere un libro?
Buffo, pensava. La gente pensa che si debba essere capaci di scrivere per fare lo scrittore. Alcuni addirittura pensano che si possa davvero diventare scrittori solo se si ha qualcosa da scrivere. Assurdo, dico io. Come si fa a pensare una cosa del genere?
E come ci è finita qui?
Contingenze.
Già. Immaginavo. Un sorso di bibita ghiacciata. Il pomo d’Adamo guizza su e giù.
Scrivo ancora, sa?
Davvero?
Sì, ogni tanto, soprattutto qui quando non ho nessuno al banco.
Non vedo carta.
Buffo, pensava. Come se servisse anche della carta per fare lo scrittore. Come se uno scrittore avesse bisogno anche di un calamaio e un costume da personaggio del seicento per essere un vero scrittore, oltre ovviamente ad avere qualcosa da scrivere e a saperlo scrivere come si deve. Baggianate, dico io. La gente dovrebbe smettere di guardare “Shakespeare in love” e prendere quel simpatico fanciullo come esempio di "vero scrittore". Non mi serve carta.
Usa un computer?
No.
E come scrive, scusi?
Nella mia testa.
E come farebbe?
Me lo ha insegnato un libro, moltissimo tempo fa.
Quanti anni aveva?
Diciotto.
Ora ne avrà al massimo una ventina!
Ne ho diciotto, per l’esattezza.
Mi prende in giro?
Buffo pensava. Come se il tempo dovesse davvero scorrere per passare, come se ci fosse un manuale che insegni alle lancette a scorrere in un determinato modo, insomma. Un po’ come lo scrittore. No aspetti, questa frase cosa c’entra?
Le ho chiesto se mi prende in giro.
Non mi permetterei mai.
Posso darle del tu?
Ci mancherebbe, ho appena diciott’anni.
E’ arrivato l’autobus. Piccolo fra l’altro, pensò. Speriamo di riuscire a prendere il posto a finestrino, non ho voglia di fare un viaggio come quello per Praga!
Sì ho visto. Che poi, pensavo, come dicevo, che sarebbe buffo se ci fosse un manuale che insegni alle lancette come girare. Un giorno un orologio si sveglia e si trova ad imparare come il tempo funziona e come deve passare, in avanti, sempre uguale. Una tale noia!, nessuno che abbia chiesto il suo parere. Ogni tanto si può permettere il lusso di riposare, certo, può scaricarsi la batteria, può vivere un paio di attimi di infelice libertà o addirittura infiniti insiemi da riempire con qualcosa che nella realtà degli altri non esiste, finché la batteria non viene sostituita o il tutto gettato. Un po’ come lo scrittore, un po’ come una storia. Dove vai?
Vado in Argentina.
Ottima scelta, c’è un tempo magnifico in questo periodo dell’anno.
Me lo hanno detto, già.
E ballano il tango. Se balla il tango mentre guarda il cielo mi hanno detto che rende tutto più speciale.
La osservò, mettendosi in spalla il borsone, accartocciando con l’altra mano a carta del panino appena finito. Tu sei pazza.
Ci può stare, non è decisamente fra le cose che mi sentirei di escludere.
Respiri troppa aria sporca.
Vero.
Perché non te ne vai di qui?
A quale scopo?
Non lo so, cercare dell’altro, vivere in modo diverso, seguire il tuo sogno magari. Cazzo, hai appena diciott’anni, non hai ancora combinato nulla e hai un’esistenza intera davanti, vivi! Non volevi fare la scrittrice?
Sì.
E cosa ti trattiene qui?
Contingenze. Buffo, pensava. Come se fosse così automatico seguire i propri sogni. Una bambina si alza al mattino e decide che vuole un unicorno alato per andare a scuola, poi si scontra con una realtà che non è la sua e vive il suo primo trauma che nemmeno la tange davvero e dal quale non si riavrà mai più, ed è giusto così. In fondo bisogna pur avere qualcosa da raccontare allo psicanalista una volta grandi, giusto? Lo diceva sempre mia zia, poi si metteva gli stivali e andava a lavorare in un posto che odiava con gente che odiava, in un ufficio stretto con un temperamatite a forma di elefante sulla scrivania. Glielo avevo regalato da bambina, quel giorno indossavo un vestitino giallo e le trecce. Odiavo portare le trecce. Seguire i propri sogni non è mai una passeggiata. A volte non sai nemmeno se ne hai, a volte ti scivolano via con una frase detta per sbaglio e pest’al diavolo se li recuperi.
Non capisco.
Nemmeno io.
Beh, io vado ora. Grazie per il panino.
Figurati. Buon viaggio.
Anche a te. Si accorse di aver detto una stronzata quando era già tardi, come succedeva sempre. Si allontanò con il borsone in spalla un po’ gobbo e un po’ sollevato, non lo vidi mai più.

  
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