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Autore: TheLoneDarkness    05/12/2017    1 recensioni
Il Sangue di Drago è ormai leggenda, Skyrim non è più quella di un tempo, l'orgoglio nord è sopito ormai, ma non distrutto. Saewen è una ragazza che vive a Solitude, sembrerebbe una comune ragazza, se non presentasse tratti tipici di Aldmeri e Nord. Sebbene la ragazza non sia una nord, trascorre molto tempo a immaginare le storie del passato, ascoltare leggende sul Sangue di Drago e a sembrare una nord. In un clima di tensione tra Impero e Thalmor, ribellioni e il ritorno di alcuni draghi, quale ruolo avrà questa fanciulla? E soprattutto, quale legame ha con Alduin e il Sangue di Drago?
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Si avvicinò di nuovo alla bandiera. Lei era nata trenta anni dopo gli eventi del sangue di drago e della guerra civile, dieci anni dopo la seconda guerra, perciò non aveva mai visto la Skyrim di un tempo, non conosceva le leggende e la cultura di quel paese, che gli Aldmeri avevano messo a tacere. Quello che conosceva, lo sapeva per aver ascoltato alcuni bardi nelle taverne, ma non era certo che quello che raccontavano fosse vero: ormai il sangue di drago era diventato una leggenda e le sue gesta erano state talmente cantate da essere in parte inventate.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alduin, Altri, Vilkas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Un favore per un favore-
 
 
 
 
NDA: Salve, scrivo soltanto due note:
1) Nel capitolo verranno esposti alcuni ingredienti per una pozione. Nel videogioco, questi ingredienti non saranno mai mescolati insieme per creare qualcosa, è una formula che ho inventato io sul momento per esigenze di trama. Ovviamente, se capiterà di creare una pozione in futuro, utilizzerò quelle del gioco coi relativi ingredienti.
2)Sempre riguardo agli ingreidenti, Saewen dice che la Belladonna mischiata con opportuni ingredienti perde le sue proprietà tossiche. Ovviamente è stata una mia invenzione. 




 
 
 
Terminò di riordinare i libri solo una settimana dopo. Finalmente Saewen poteva ricevere un incarico degno di tal nome, o almeno credeva.
Si presentò davanti a Seorith con espressione soddisfatta e speranzosa.
“ Ho terminato il lavoro. Adesso voglio…”
“ Vorrei”, la interruppe il mago.
Vorrei un altro incarico, magari più decente”
“Oserei dire ‘dignitoso’ o ‘decoroso’ anziché ‘decente’ “, la corresse di nuovo Seorith.
Saewen si lasciò sfuggire un verso di stizza: da quando il mago aveva iniziato a correggere il suo linguaggio? Avrebbe voluto comunicargli che non era suo diritto farlo, ma tacque optando per la diplomazia.
“ Ad ogni modo”, continuò Seorith, “ Ti porgo l’erbario di cui ti avevo parlato giorni fa. Devi raccogliere le erbe scritte nelle pagine in cui ho inserito un segnalibro. Non è difficile”.
“E dove posso trovarle?”
“Nei dintorni della città, ma non allontanarti troppo. Le guardie ti troveranno, e pure io, credimi”.
Saewen prese l’erbario e uscì senza proferir parola.
Da un lato, era felice di poter trascorrere del tempo all’aria aperta, dall’altro era preoccupata dal fatto che la sua curiosità avrebbe potuto tradirla. Era sempre stata curiosa di vedere il mondo esterno, di esplorare approfonditamente i dintorni di Falkreath, ma se avesse trovato qualcosa di interessante sarebbe stata tentata di indagare. Conosceva i limiti entro i quali poteva stare: glieli aveva comunicati con dovizia di particolari Kiytald, ed era sicura che sarebbe stata in grado di riconoscerli.
“ Allora vediamo cosa abbiamo qui… Mora Tapinella. Che illustrazione dettagliata… è un fungo, si trova spesso sui tronchi di alberi caduti”.
Saewen si guardò intorno. C’erano alcuni abeti, ma non vedeva presenza di funghi sul loro fusto, anche perché erano alberi ancora integri. Così imboccò il sentiero che portava verso est, in cerca di qualcosa. Dopo pochi passi vide alla sua sinistra il tronco di un albero che era stato mozzato: forse era stato abbattuto. Ad ogni modo, Saewen intravide alcune macchioline bianche di considerevoli dimensioni e quando si avvicinò, notò che si trattava proprio di alcuni esemplari di “Mora Tapinella”.
Continuò a dritto, inerpicandosi su una piccola salita. Il prossimo ingrediente era un ramo di cardo, che cresceva nei pressi di stagni o selve. Con una buona dose di fortuna, lo avrebbe trovato.
E così fu. Lo vide vicino ad un abete. Prima di raccoglierlo, ne ammirò i fiori rosa scuro, quasi lilla. Di certo, a nessuno piacevano i fiori di cardo, eppure su di lei esercitavano un certo fascino, forse perché aveva sempre provato attrazione per le cose strane o per quelle che tutti disdegnavano o ignoravano.
Si destò dai suoi pensieri e raccolse l’erba, riponendola con cura in una borsetta che aveva trovato nella dimora di Seorith.
Ritornò sul sentiero e proseguì ancora verso est. Le sembrava di immergersi sempre più nella natura, nel folto della foresta che lei aveva sempre immaginato affascinante, buia e selvaggia. In realtà ad affiancare il sentiero c’erano solo abeti. Una volta terminata una breve salita, si trovò a un incrocio: sapeva di non poter proseguire oltre, ma si soffermò comunque ad osservare un piccolo carretto di legno abbandonato in mezzo al verde, un poco più in là. Si chiese perché un oggetto simile si trovasse lì: forse apparteneva ad un ignaro contadino che era stato attaccato da alcuni lestofanti, oppure da una creatura selvaggia. Magari, invece, il carretto era semplicemente rotto e il padrone lo aveva abbandonato in un punto in cui nessuno avrebbe potuto vederlo.
Saewen fece spallucce e svoltò in un sentiero che conduceva verso sud. Sapeva di poterlo imboccare, perché portava a un’antica costruzione di pietra, chiamata “Torre del picco ombroso”.
Percorse il sentiero in salita, non senza fatica. In particolare, trovò fastidioso il percorso spiraleggiante che conduceva alla costruzione, che si rivelò essere fatiscente e abbandonata.
Forse una volta quella torre era molto importante. Si ripromise di chiederlo a Kiytald: lui le avrebbe certamente risposto. Entrò comunque nella torre, piena di piante infestanti. Saewen evitò l’ortica e si immaginò come il capo delle guardie adibite alla torre, quando notò una farfalla dalle ali blu.
Seorith ha scritto una nota riguardante il fatto che gli serve anche una di queste magnifiche creature.
Afferrò al volo la farfalla, e con molta tristezza, la schiacciò tra le dita per donarle una morte istantanea e poco dolorosa. Ripose anch’essa nella borsetta e ritornò con un velo di tristezza al sentiero.
Doveva ritornare verso Falkreath ed esplorare l’altra uscita. Chissà se avrebbe trovato gli altri due ingredienti.
 
Quando fu davanti alla caserma, notò Kiytald e non fece a meno di chiedergli quale fosse la storia della Torre del picco ombroso, ma scoprì che non aveva un grande passato: era già in rovina ai tempi del Sangue di Drago, e ormai si erano perse quasi tutte le informazioni che la riguardavano.
Proprio fuori dall’ingresso principale trovò facilmente l’”Amanita Muscaria”, un fungo comune da quelle parti di un colore simile al bronzo.
“Mi manca un solo ingrediente!”, pensò Saewen, eccitata all’idea di poter svolgere un incarico più divertente.
Aprì l’erbario alla pagina che raffigurava l’ultima erba da trovare.
“Mmh… belladonna…”
Saewen sapeva che quella pianta dai bei fiori rosa era utilizzata per creare veleni letali, ma aveva anche letto in qualche libro di Seorith che, se mescolata ad altre erbe, la belladonna poteva perdere le sue tossine e creare pozioni non tossiche.
“So dove trovarla!”
Saewen si diresse verso nord. Si ricordava che un giorno, dopo pranzo, era andata a perlustrare la zona antistante la città, sempre nei limiti consentiti, e poco prima della caverna degli spriggan aveva trovato un bivio verso est. Lo aveva percorso e aveva scoperto che conduceva ad un piccolo laghetto dalle acqua scure, vicino alla cui riva crescevano alcuni esemplari di Belladonna.
Così, Saewen corse alla volta del laghetto e trovò subito il fiore rosa. Lo recise con cura e attenzione e lo posò nella borsetta.
Si sedette un attimo in riva al laghetto, davvero minuscolo. Chiuse gli occhi mentre sentiva la brezza leggera accarezzarle i capelli. Per fortuna non c’era il clima freddo e impervio di Solitude, dove era praticamente impossibile sedersi sulla riva di un laghetto ad assaporare il piacere di un leggero venticello. Nella sua vecchia casa, tutto era innevato e ghiacciato, e spesso le tempeste di neve affliggevano la città e tutti dovevano chiudersi nelle proprie dimore.
È ora di partire.
Saewen si alzò e si avviò da Seorith.
Anche la gente di Falkreath era diversa: non c’erano persone ricche come a Solitude, e sembravano tutti un po’ più alla mano. D’altronde, era una città che assomigliava molto a un paese di provincia. Gli abitanti erano contadini, allevatori o fabbri, mentre a Solitude c’erano anche molti mercanti, soldati e diplomatici.
Saewen aveva imparato quali persone fossero meno diffidenti e quali più simpatiche. Il guardiano del cimitero, ad esempio, era diventato suo amico.
Salì le scale della torre e trovò Seorith ad attenderla in biblioteca.
“Ecco gli ingredienti che mi hai chiesto!”
Il mago prese le erbe e ancora una volta Saewen cercò di guardare oltre il cappuccio, ma l’incantesimo di oscuramento che Seorith aveva applicato al suo volto le impediva di capire cosa celasse.
Il mago si voltò e fece cenno a Saewen di seguirlo, cosa che fece molto volentieri.
Seorith posò gli ingredienti sul tavolo alchemico e si fece passare dalla ragazza un’ampolla, che posò sopra un fornellino, ben stretta da una morsa che la teneva a debita distanza dal fuoco. Seorith la riempì con un liquido trasparente che iniziò a bollire dopo pochissimi secondi.
“Schiaccia la mora tapinella”, le ordinò Seorith.
Saewen ubbidì subito e cercò di svolgere il lavoro nel minor tempo possibile e col maggior impegno. Passò la poltiglia appena creata al mago, che la versò nell’ampolla. Cadde nel liquido con uno strano rumore e Saewen si stupì nel vedere che il fungo si era quasi liquefatto in poco tempo.
Seorith estrasse l’ampolla e spense il fuoco. La posò da una parte, mentre si accingeva a trattare la belladonna con alcuni liquidi a Saewen sconosciuti, poi ordinò alla ragazza di versare nell’ampolla anche quella.
Applicò poi un taglio verticale ai due esemplari di Amanita Muscaria e posò nella fessura le ali di farfalla finemente sminuzzate, dopo averle ben saldate con un po’ di cera d’api strutta a bagnomaria.
“Adesso dobbiamo attendere un’ora, poi sminuzzeremo l’Amanita Muscaria e la uniremo al resto del composto, che dovrà essere scaldato ancora per un quarto d’ora”, spiegò Seorith.
“Cosa stiamo creando?”
“In realtà è un esperimento. Ho condotto alcuni studi sulle proprietà della Belladonna e le ali di farfalla. Sembra che opportunamente trattate, producano effetti interessanti, come il ripristino della magicka”.
Saewen si stupì che Seorith le avesse dato una valida spiegazione.
“Sarebbe una buona scoperta”
“La scoperta dell’anno, oserei dire. Finora sono state create ogni sorta di pozioni che aumentano la magicka, ma nessuna che possa ripristinarla totalmente. La scoperta mi darebbe un’ampia notorietà e molto, molto denaro. Potrei persino diventare l’Arcimago dell’Accademia, o…”
“Io ti ho aiutato in questo”, lo interruppe Saewen dalle sue fantasie, “Un favore per un favore. Quando avrai terminato l’intruglio, mi loderai davanti allo jarl”
Seorith sbuffò.
“D’accordo, ma solo se l’esperimento riuscirà”.
“Affare fatto”.
 
Dopo un’ora, Seorith tagliò finemente l’Amanita Muscaria e la inserì nell’ampolla, che si accinse a riscaldare. Saewen lo osservò guardare con febbrile trepidazione la pozione.
“Allora?”, domandò Saewen quando il mago estrasse l’ampolla e spense il fuoco.
“Allora adesso va testata. Ne basta poca”.
“Come facciamo?”
“Necessito di una cavia”
“Scordatelo. Io non berrò quella roba!”
Saewen lo guardò in cagnesco.
“Beh, allora addio lodi allo jarl”
La ragazza gli lanciò un’occhiata di fuoco.
“Non ci sono altri maghi?”
Seorith rimase in silenzio, in un atteggiamento di profonda riflessione.
“In effetti, le guardie qualche tempo fa, prima del tuo avvento, avevano arrestato un mago. Dovrebbe trovarsi ancora in prigione. Dovresti liberarlo e portarlo qua”
“Sei pazzo?”, esclamò Saewen, “Potrebbe essere pericoloso! E poi potrei essere vista!”
“Ecco perché agirai di notte, quando tutti sono a dormire. Io pagherò qualche guardia perché taccia, quando la magia non funziona, ecco che corre in aiuto il denaro. Tu devi solo stare attenta che il prigioniero arrivi qui e non si dia alla macchia”
“Puoi almeno descriverlo?”
“Alto, robusto, calvo, folta barba nera. Occhi neri e piccoli”
“Come agiremo perché la sua magicka diminuisca? E cosa accadrà se la pozione dovesse rivelarsi letale?”
“ Io e lui ci intratterremo in un duello magico. È un dilettante, vedrai che ci servirà poco tempo. Se, dopo la somministrazione della pozione, dovesse andare incontro alla morte, lo riporterai da dove è venuto, senza farti vedere, s’intende. Una volta in cella, le guardie scopriranno solo domani che è morto, e non credo che gli verranno fatti tanti esami. Nel caso, me ne occuperò personalmente. Al contrario, se la magicka funzionasse, lo riporteremo in cella, non dopo averlo sconfitto di nuovo”
“E tu pensi che lui sia disposto a tacere?”
“La parola di un reietto contro la mia”
 
Ancora l’idea la disgustava. Liberare un prigioniero? Cosa sapevano su quel mago?
Finirà male, lo sento.
E ovviamente doveva essere lei a fare il lavoro sporco, così se fosse accaduto qualcosa, sarebbe finita lei nei guai.
“Ma devo sapere”, si lasciò sfuggire a voce alta mentre si vestiva.
Aprì un poco la porta, giusto quel poco per sbirciare l’esterno, e quando vide che il corridoio era vuoto uscì e scese silenziosamente le scale. Arrancò al buio verso una finestra laterale, la aprì e la scavalcò, atterrando in mezzo a un cespuglio. Attese qualche secondo, poi attraversò la strada in direzione della caserma. Due guardie sorvegliavano l’entrata principale, ma Seorith le aveva detto che sul lato sinistro dell’edificio c’era un’entrata secondaria poco sorvegliata.
Così sgattaiolò dove indicato e trovò una rampa di scale che conduceva in una sorta di seminterrato, al quale si accedeva tramite una semplice porta di legno. Per sue fortuna, era aperta e poté entrare senza problemi.
L’angusto corridoio era poco illuminato: le fiaccole erano state disposte una davanti a ciascuna cella, per cui era molto difficile riconoscere il prigioniero. Inoltre, doveva far attenzione alle guardie di ronda:  non avrebbe certo potuto difendersi di fronte allo jarl, e Seorith non la avrebbe di certo protetta. Così, approfittò della semioscurità per nascondersi ogniqualvolta udiva avvicinarsi il suono di passi.
Quello che preoccupava la ragazza non era tanto far fuggire il criminale, quanto il pensiero di cosa egli avrebbe fatto una volta uscito di cella, e come lei avesse potuto tenerlo sotto controllo. Poteva calmarlo con l’apposito incantesimo, costringendolo a seguirla, ma l’uomo sarebbe stato lento. D’altra parte, non le sovvenivano altri incantesimi atti a farsi seguire da un uomo.  Avrebbe provato a calmare l’uomo, era la scelta migliore. Nonché l’unica.
Così, dopo aver vagato per altri cinque minuti, trovò la cella che li interessava. Seduto appoggiato al muro, c’era un uomo dalla folta barba corvina. Saewen prese uno dei grimaldelli datele da Seorith e armeggiò con la serratura finché non riuscì ad aprirla.
“Ehi tu”, sussurrò, “Sono venuta a liberarti”.
Non appena l’uomo si alzò per fare qualcosa, Saewen formulò l’incantesimo, sperando funzionasse, e così fu. Mise da parte la soddisfazione per l’opera compiuta, e spiegò all’uomo cosa doveva fare.
Ritornarono indietro il più in fretta possibile, sperando che le guardie si accorgessero troppo tardi della mancanza di un prigioniero.
Una volta giunti fuori, nascosti dall’oscurità, si avviarono da Seorith.
 
“Ben fatto”, la lodò il mago, ”Non pensavo tu ne fossi capace”
“Io ho fatto la mia parte. Ora fa la tua”.
“Solo se l’esperimento funziona. Erano questi i patti”.
Saewen sciolse l’incantesimo.
L’uomo si guardò attorno, confuso, poi si lanciò contro Seorith, col chiaro intento di sconfiggerlo per poi uscire dalla nuova prigione.
Il mago incappucciato fece un veloce gesto con la mano e scaraventò via l’uomo, senza però ferirlo: era necessario che egli utilizzasse la magia. Non tardò a farlo: il calvo dalla strana folta barba lanciò alcune fiamme contro Seorith, poi delle scintille. Erano incantesimi basilari che conoscevano più o meno tutti. Non ebbero effetto contro Seorith, nemmeno la runa di fuoco che il calvo era riuscito a creare. Il duello fu estenuante, ma solo per il prigioniero, che si ritrovò presto senza magicka.
“Adesso passiamo alla seconda parte del piano”, disse Seorith, servendo all’uomo intontito la pozione.
Attesero qualche secondo, poi l’ex galeotto si alzò e ricominciò a combattere con rinnovata potenza.
“Magnifico!”, esultò Seorith quando riuscì a far terminare di nuovo la magicka dell’uomo.
Saewen avrebbe scommesso che gli occhi di Seorith stessero brillando.
“Un genio come me non può fallire. Questa scoperta cambierà la mia vita!”
“Ne sono felice”, rispose laconica Saewen, “Adesso…”
“Sì, sì. buone parole con lo jarl. Adesso riportalo indietro”.
   
 
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