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Autore: Diana LaFenice    06/12/2017    0 recensioni
Io non ho mai visto il Sole di mezzanotte. Neanche l'ho mai provato sulla mia pelle. Dicono che una notte all'anno, sia possibile veder realizzato un desiderio. Ma soltanto una notte.
E a me servirebbe tanto un miracolo per domani. Se non consegno un racconto breve entro domani la prof di spagnolo mi uccide.
Forse la notte potrà aiutarmi, se esprimo il desiderio giusto.
Mi chiamo Sole. E una volta ero io il Sole di mezzanotte. E forse è il caso di tornare ad esserlo. Perché non ho più vissuto momenti così felici come allora.
Chissà se li potrò vivere di nuovo?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Il sole di mezzanotte.
Dicono che sia a quattordici anni che accadono le cose più straordinarie. Che a diciannove si trovi l'amore. E che le cose più belle accadano di notte. Ma io non posso né confermare né smentire visto che non sono mai uscita di notte da quando sono entrata nell'età della ragione. Né per una passeggiata né per un compleanno. Le persone dicono che sono strana. Non è vero. Sto cercando un miracolo. Un miracolo che a pochi mesi dalla fine della scuola mi permetta, se non altro, di essere rimandata. Le materie in cui difetti sono matematica e spagnolo. In realtà ci sarebbe anche educazione fisica ma mi basterà studiare un po' per la prossima verifica e sono a posto. Il miracolo che serve a me è un'idea. Qualunque cosa che mi permetta di non far incazzare un'altra volta la prof di spagnolo. Che è buona e comprensiva e tutto ma se non faccio i compiti un'altra volta mi ammazza.
Dicono che le idee migliori vengano di notte. Speriamo che sia vero. Perché camminare da sola per la città mi fa un po'paura. Anche perché è dalla quinta elementare che non lo faccio. E non sarei voluta arrivare a tanto per uno stupido tema creativo ma non c'è scelta. Vedete, io ho un dono: vedo i sogni altrui. C'è chi vede i fantasmi, chi legge la mano, chi parla coi gatti e poi ci sono io. Mi chiamo Sole. E una volta ero io il sole di mezzanotte.
Una volta mi divertivo moltissimo a giocare coi sogni che vedevo. Ma dovetti smettere quando i miei si accorsero che uscivo di casa di nascosto. Loro sono "normali". E non sapete che torture dovetti subire da parte dello psicologo e da parte dei miei. Mi trattavano con i guanti neanche fossi sull'orlo di una crisi di nervi. Poi smisero perché "persi" questo dono. In realtà non l'ho perso, mi sono sforzata di ignorarli con tutta me stessa nonostante i loro richiami. E non sapete quanto dolore e sofferenza mi sia costata. Perché io non ho mai più sognato. Dormo ma non mi ricordo i sogni. Perciò è come se non sognassi affatto. E ho continuato così finché non sono scomparsi tutti, uno dopo l'altro. Non so se sia peggio non sognare affatto o aver perso i propri sogni, perché con quelli se ne sono andati anche quelli che avevo per me stessa. Li ho cercati a lungo ma non li ho mai più trovati.
Ma più cammino più ho freddo, più non succede niente.
Improvvisamente vengo assalita da un piacevole tepore e i muri della strada si colorano di piante e alberi, prima come murales poi diventano tridimensionali e mi sembra di essere nella giungla.
Poi uno sciame di farfalle blu esce dalla vegetazione e mi volteggia attorno. E piante che non ho mai visto fioriscono tutto attorno a me.
Ecco, ci siamo. Penso, e prego che non svaniscano.
Sei calciatori mi accerchiano e mi dribblano. Poi se ne vanno.
E se alzo lo sguardo le stelle danzano nel cielo. E di lune ne vedo due.
Non mi ricordavo che funzionasse così.
Ho paura di prendermi una pallonata sul naso perché rieccoli che ritornano. Poi i calciatori lasciano il posto ai pirati che litigano per una mappa. «Ti dico che è a est. Dobbiamo andare ad est».
«E io ti dico che è a Sud. Dobbiamo andare a Sud!» Li sorpasso e continuo per la mia strada. Accompagnata dal possente ruggito di un leone. E poi lo vedo, seduto sulla panchina sotto l'albero come se fosse lì da tanto. È un ragazzo. Avrà la mia età. Mi vede e mi saluta rilassato e mi fa cenno d'avvicinarmi. Gli occhi sorridenti come se stesse aspettando proprio me. E io lo esaudisco. «Ciao.» Lo saluto, intimidita.
«Ciao!» Esclama entusiasta. «Accomodati!» Fa subito dopo, eccitato. Oserei dire che non sta più nella pelle. Ancora una volta lo esaudisco.
«Allora, cosa ci fai qui a quest'ora? Problemi d'insonnia?» Mi chiede, interessato.
«Una specie».
«Hai paura?» Mi chiede a bruciapelo. Trasalisco.
«Si nota così tanto?»
«Sei tesa come una corda di violino».
«Bè, guardami, sono qui da sola, nel cuore della notte, a parlare con uno sconosciuto. In un mondo che una volta conoscevo come le mie tasche e ora ho paura che scompaia di nuovo e stavolta per sempre. Secondo te come mi dovrei sentire?» Lui mi fissa per un po'prima di scoppiare a ridere. «Sono così divertente?» «Un po'. Non c'è niente di cui aver paura. Io sono qui perché amo la notte. È il mio grembo materno, una parte di me.» Spiega lui con l'entusiasmo di un bambino a Natale. Mi domanda se anche per me sia così. Ma quando mi giro a guardare il paesaggio circostante, tutto è scomparso. Non c’è più nessuno, e io sono di nuovo da sola. Ma quando mi giro scopro che il ragazzo è ancora lì.
«Una volta l'amavo anch'io. Una volta non era così desolata per me. Sai, una volta io vedevo...Ah, niente; lascia perdere». «Vedevi cosa? Avanti dimmelo, che sono curioso».
L'ho notato. Arrossisco e vuoto il sacco: «I sogni. Ma ora non più.» Faccio imbronciandomi. E mi scopro a piangere. «Li ho cercati dappertutto, ma non li vedo più. Li ho scacciati ingiustamente e ora...» Scoppio a piangere apertamente. Il mio nuovo conoscente mi strofina le mani sulle spalle e cerca di mormorare rassicurazioni. Ma non l'ascolto. Ormai è troppo tardi. Poi lo sento dire, serio ma determinato: «Non è come pensi».
«Non è come penso?»
«No. Loro sono ancora lì. Aspettano solo che tu possa vederli di nuovo. Non sono mai andati via». E alle sue spalle la luce del lampione torna a illuminare, a poco a poco, ciò che il buio aveva cancellato. E riprendo a vedere le meraviglie del mondo dei sogni. E mi scopro di vederne anche molte di più di quando ero bambina. «Come?»
«Prova. Ricorda come facevi da bambina, Sole. Ecco, guarda.» E mi indica con un cenno del mento dietro le mie spalle. Ed ecco arrivare una locomotiva a vapore. Poi la scena cambia e di fronte a me c'è una bellissima prateria con gli indiani e i cow boy. Poi vedo accanto a me un leone e un drago si eleva in volo nel cielo. Poi ecco arrivare una nave solcare l’asfalto come fosse acqua e gli uomini chiamarmi a bordo. Non pensavo che nei miei sogni ci fosse così tanta avventura e tanti colori. E mentre questa e altre meraviglie di mostrano ai miei occhi, le lacrime scompaiono. «Questi sono i sogni che hai cercato tanto a lungo. Quelli che credevi di aver dimenticato. Tutto quello che vedi, io, ti stavamo aspettando da tempo. Non ti abbiamo mai lasciata sola. E non lo faremo mai.» Mi promette prendendomi le mani tra le sue. I suoi occhi nei miei. E già so di potermi fidare della sua promessa.
   
 
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