Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Azaliv87    06/12/2017    4 recensioni
E se Jon avesse la possibilità di riportare in vita una persona importante? E scoprisse di non essere ciò che era? E se anche Dany avesse questa possibilità? Questa è la domanda che mi sono posta, e da quest'idea mi è venuta in mente la storia che vi narrerò. Parto a raccontare le vicende dalla fine della sesta serie televisiva, grosso modo, quindi (avviso chi non ha visto questa stagione) potete trovare degli spoiler. Per il resto è tutta una mia invenzione. Dopo essermi immersa nel mondo di Martin ed essermi affezionata ai suoi personaggi con Tales of Wolf and Dragon, ho deciso di cimentarmi in questo What if e vedere fino a che punto può spingersi la mia fantasia.
Per chi avesse già letto l'altra mia ff, ritroverà conseguenze, personaggi e riferimenti alla prima storia.
Buona lettura e non vi preoccupate se ogni tanto rallento la pubblicazione, non sono mai bloccata, ma ho periodi in cui devo riordinare le idee e correggere ciò che ho già scritto prima di aggiornare!!
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era bastata una singola gentilezza a far sì che Jon si fidasse di loro, e questo faceva gelare il sangue nelle vene di Lyanna. Fu quel tormento che provava che la costrinse ad andarsene da lì, da quella sala semivuota eppure già impregnata di aria viziata. Il consiglio si era riunito per conoscere la situazione stazionaria di tutto il nord. I due gruppi erano tornati, est e ovest erano stati approvvigionati e il Re del Nord era stato informato delle richieste dei singoli lord, o chi per loro ne faceva le vedi. Si domandò se la situazione a oriente fosse uguale come a occidente. Lyanna rammentava ancora come a Piazza di Torrhen i Tallart erano completamente stati schiacciati dai pressanti Lannister, ma sicuramente se la vivevano meglio dei Glover che erano stati costretti a cedere le redini della gestione del loro seggio a Ser Dayne e alle Serpi delle Sabbie. Quelle però erano informazioni che Lyanna non aveva provveduto a fornirgli, non di fronte a tutti, forse in privato. Ma dentro di sé sapeva che non poteva, non poteva rivelargli niente di tutto quello perché sarebbe trapelato anche ciò che era realmente accaduto a Deepwood Motte. Se la verità fosse giunta alle orecchie di suo figlio, ora si sarebbero trovati in una situazione alquanto disdicevole. Jon avrebbe sicuramente richiesto una vendetta per l’affronto subito, e si sarebbe magari anche macchiato le mani di sangue, per commettere la sentenza personalmente. Questo avrebbe innescato una serie infinita di rivolte da parte dei singoli alleati, trovandosi in breve a fronteggiare l’esercito dei draghi e quello degli estranei proprio come le aveva ricordato il principe Viserys. Sarebbero tornati al punto di partenza, tutto per un suo errore, e questo non poteva permetterlo.
Mentre camminava spedita verso il castello si ripromise di mantenere il segreto, esattamente come aveva ordinato alle sue compagne di viaggio. Loro credevano ancora che fosse stato Stella Nera, non tutte però… Brienne aveva scoperto la verità incontrandola quel giorno, fortemente turbata, di ritorno dalle stanze del principe. In un momento di debolezza le aveva rivelato ciò che aveva appena appreso, convinta di aspirare alla propria vendetta, ma la donna le aveva suggerito di restare in silenzio, per evitare la guerra coi draghi.
-Mia signora che vi prende? – Lady Brienne l’aveva incrociata tra due corridoi.
-Niente Brienne – aveva provato a chiudere il discorso in quel modo, ma la donna guerriera ormai aveva imparato a conoscerla
-Siete sconvolta, Lady Stark, è evidente. – l’aveva stretta sulle spalle e costretta a fissarla in volto. Lyanna aveva cercato di liberarsi da quella stretta, ma Brienne era troppo forte. Alla fine ci aveva rinunciato e aveva osservato i suoi occhi azzurri, limpidi come l’acqua. Non riuscì a contenere la rabbia.
-E’ stato lui. – aveva sussurrato con convinzione e disprezzo – è stato il principe ad avvelenarmi. –
Brienne la osservò allibita.
-Dite sul serio? – con aria corrucciata cercò di mettere assieme i pezzi – come fate ad esserne così sicura? –
-Me lo ha appena svelato. – ammise lei stizzita e astiosa – e mi ha rivelato di aver anche ottenuto ciò che voleva da me… i suoi maledetti diritti… quei diritti che tanto fagocitava al banchetto… - lacrime di rabbia si fusero alle sue parole. La donna lasciò le sue braccia, quasi col rimorso di poterle far del male. Osservò il corpo di lei tenendo la bocca leggermente aperta.
-Mia signora… - sospirò rammaricata – che gli dei mi condannino… avevo il compito di proteggervi… - deglutì un po’ di saliva – sono venuta meno ai… -
-Non ti devi rincrescere per me, Brienne. Ciò che è accaduto, è solo la conseguenza delle mie azioni sconsiderate, ma non posso permettergli di passarla liscia: ora voglio la mia vendetta. – nei suoi occhi grigi il ghiaccio prese il sopravvento.
-Lady Stark, comprendo appieno ciò che voi dite, ma se oseremo fare uno sgarbo al principe, di conseguenza sua sorella dovrà prendere le sue difese e questo metterebbe a rischio la nostra alleanza con loro. – cercò di farla ragionare.
-Non mi interessa! – sbottò inasprita – non posso dargliela vinta…. – si disperò. Io sono sempre appartenuta solo ad un uomo…
-Se Jon lo scoprisse gli taglierebbe la testa all’istante. – ammise la donna guerriera – forse è meglio se operiamo di nascosto, senza coinvolgerlo. Sarà meglio che attendiamo che la sorte ci dia una mano… forse con l’aiuto di lady Arya… -
-No, Brienne! – rispose secca Lyanna – non permetterò che mia nipote si macchi ancora le mani per difendere il mio onore imbrattato. Troppe persone sono morte a causa mia, Ned ha rischiato e dato la sua vita per proteggere mio figlio. Io ho promesso di fare lo stesso per rendergli onore. Non sopporto l’idea che mia nipote debba compiere ancora degli omicidi. Lei non è più una ragazza senza volto, lei è Arya Stark di Grande Inverno. E io non l’autorizzerò a condannare un uomo nelle nostre terre. –
-Ora mi è chiaro del perché vi eravate proposta voi a Stella Nera al posto delle vostre nipoti. – considerò la donna guerriera – ero convinta aveste un piano, invece voi stavate solo proteggendo le figlie di vostro fratello. –
-Provavo a proteggerle… - precisò lei – io sono il sacrificio minore in tutta questa storia. – Brienne però la guardò severa.
-Voi siete forse la persona che re Jon ritiene più importante in questo momento. Non dovete pensare mai di essere irrilevante, perché non è questo ciò che lui pensa. Verrebbe a riprendervi innalzando i vessilli del nord, se dovesse essere necessario. –
-Già una volta sono stati innalzati i vessilli per venirmi a riprendere. Gli uomini che più amavo sono scesi in guerra e hanno solo trovato la morte invece! Questa volta non deve accadere. – serrò i pugni mentre l’ultima lacrima le scivolava lungo una guancia, strinse la donna sulle spalle – Brienne, promettimi che non lo dirai mai a Jon. Né di Stella Nera, né tanto meno del principe Viserys. Promettimelo! –
Controvoglia la donna guerriera emise un sospiro e si inginocchiò ai suoi piedi, portandosi una mano sul petto.
-Ve lo prometto mia signora, sul mio onore – affermò orgogliosa – resterà il nostro segreto. –
Ed era con quel sentimento struggente e inquieto che aveva promesso a se stessa di non permettere mai più a quel bugiardo e falso di un principe di prendere ancora in giro un membro della sua famiglia. Te la farò pagare cara, drago! Per ciò che mi hai fatto e per quello che stai facendo a mio figlio. È una promessa!
 
Le mani le tramavano dal nervoso. Cercava di riparare al danno appena fatto, ma sembrava come se le dita non rispondessero ai suoi comandi. Si era lanciata sul letto della sua nuova stanza e aveva sfogato tutte le sue frustrazioni, i risentimenti e le angosce che l’avevano colta impreparata. Aveva strappato le lenzuola azzurre che Sansa gli aveva fatto portare e squarciato le candide federe dei cuscini in un impeto di rabbia. Mille piume ora volteggiavano nell’aria umida di quella stanza come  grossi fiocchi di neve degli inverni più freddi e paradossalmente poetici e romantici.
Si era dannata per aver permesso al suo cuore di rammentare ancora come si torna a battere per davvero... Era ancora una ragazzina… una ragazzina immatura e ingenua. Lui non era l’uomo che pensava. Era un’infame e un codardo. Non lo biasimava però, come poteva? Aveva lo stesso sangue di Rhaegar e quindi, come lui, poteva essere soggetto a sbalzi d’umore o a commettere azioni sconsiderate. Lei però aveva sperato che avendo vissuto molti anni lontano dall’influenza di quel folle, fosse stato in qualche modo preservato… che tutto quel tempo fuori dell’influsso del re, lo avesse reso più umano… ma si sbagliava. Era forse addirittura più pericoloso di Aerys II Targaryen, poiché il suo modo di fare ingannava la gente e la illudeva a fidarsi, prima di colpire a tradimento.
Sì, era proprio così che si sentiva. Tradita. Ed era assolutamente assurdo, visto che era stata lei quella che aveva tradito… Già, lo aveva tradito. Baciando un uomo che non era quello che avrebbe voluto. Appoggiando le labbra per l’ennesima volta alla ricerca di qualcosa che le mancava. Si dannava per essere così debole, lei che debole non era mai stata. Rhaegar le aveva sempre promesso fedeltà e amore eterno. Aveva mantenuto quella promessa dal giorno che si erano sposati e avevano cominciato la loro vita assieme, ma sapeva che nel suo cuore le era stato sempre leale.
Lei invece aveva infranto quel giuramento. Lacrime di rammarico e di sdegno cercarono inutilmente di lavare via l’amara delusione che provava.
Nella mente ancora quelle parole si ripetevano all’infinito. Quanti segreti dobbiamo mantenere per proteggere le persone che amiamo? Si odiò per aver costretto Ned a mentire a sua moglie, anche se dentro di lei covava molto risentimento per la donna che aveva osato trattare suo figlio come un appestato, privandolo dell’affetto e della compassione di una madre caritatevole. Costringendolo a vivere lontano dai suoi figli e sotto il suo costante sguardo di disprezzo. Se fossi stata presente in quel periodo, le avrei stretto il collo tra le mani e costretta ad inginocchiarsi… Si osservò i palmi come se quell’atto lo avesse davvero compiuto. Le tremavano le estremità e sentiva il gelo sulle falangi, un freddo che nessuno avrebbe più potuto scaldare… Si lasciò cadere ancora tra le lenzuola strappate, facendo svolazzare altre piume nella stanza.
Al suo ritorno dalla missione aveva trovato i suoi precedenti alloggi, riceduti alla loro vera padrona, Arya Stark. Sansa aveva così provveduto agli inservienti di ricollocare i suoi averi in un altro angolo del castello. Lyanna aveva scelto i vecchi alloggi che erano appartenuti a sua madre. Erano collocati alla fine di una lunga galleria sempre sullo stesso piano dove si trovavano anche le stanze delle altre lady di casa Stark. Solo che quelli erano stati costruiti in una torretta circolare che si affacciava sulle serre dove venivano coltivate le rose dell’inverno. Alcune ramificazioni tra le più resistenti si arrampicavano fino al suo terrazzo, irrorando di profumo con le loro inflorescenze tutto l’ambiente interno con la loro dolce fragranza. Quel giorno però Lyanna non aveva minimamente prestato attenzione ai nuovi boccioli nati sul balcone e non aveva nemmeno raccolto i petali vellutati delle sue splendide rose come era solita fare. Li spargeva sulle lenzuola, sulla specchiera accanto ai pettini che poi venivano usati da Elanon per spazzolare i suoi lunghi capelli, oppure ordinava alle serve di prepararle un bagno con essi.
La delusione che provava in quel frangente era talmente forte che neppure la profumazione che tanto amava era riuscita a distrarla.
Si strinse le braccia al petto, mettendosi di lato. Percepì l’anello con il grosso rubino premerle contro la pelle e altre lacrime le corsero copiose sulle guance. I singhiozzi si susseguirono nell’amara constatazione che il suo corpo fosse stato toccato da un altro uomo… Non si era mai presa del tempo per pensarci e ora che aveva visto con quanta facilità Viserys aveva ottenuto anche la fiducia di suo figlio, quel pensiero aveva cominciato a tormentarla. I suoi seni, il suo ventre, le sue mani, la sua bocca… si era preso tutto senza permesso. Avrebbe voluto dilaniarsi la pelle, strappare ogni brandello di carne per levare via tutto ciò che non avrebbe dovuto appartenergli. Si sentì inerme, proprio come quando era stata vittima del veleno.
Non c’era più nessuno che la potesse salvare da quel buio anfratto dov’era precipitata. Era sola; sola con le sue angosce. Per un attimo pensò che Jon avesse fatto male a riportarla in vita, poi però un lume felice brillò nelle tenebre del suo animo. Sorrise tra i singhiozzi al pensiero di averlo potuto stringere tra le sue braccia, di averlo conosciuto e di averlo visto cresciuto, come un uomo, come un guerriero, come un re. Tuo padre sarebbe stato fiero di te… bambino mio.
-Non sei ancora stanca di piangere? – dalla porta la voce di un uomo la colse impreparata.
 
 
 
Appena Jon aveva provato ad avvicinarsi a Drogon, il drago gli aveva ruggito contro, ma Dany lo aveva tranquillizzato con una carezza sul muso. Viseryon e Rhaegal invece si erano dimostrati più mansueti, ma mentre il drago color crema rimaneva diffidente, quello sulle tonalità verdi e bronzo aveva accettato la sua presenza. Viserys era rimasto in disparte proprio per non confondere l’animale, ma continuava ad osservare la scena con interesse e curiosità.
-Come può essere? Questo è il drago di vostro fratello? – Jon osservava le tonalità bronzee delle sue squame brillare alla luce lieve del sole che faceva capolino tra le nuvole. Dany si voltò verso di lui sorridendo. Fingeva che tutto andasse bene, era chiaro. Sicuramente lo faceva perché lì con loro era presente anche suo fratello, che non smetteva un attimo di fissarli. Jon se n’era accorto. Aveva puntato lo sguardo su di lui dal primo momento, quando sua sorella gli si avvicinava restava in osservazione dei suoi atteggiamenti per qualche istante prima di posare nuovamente gli occhi su di lui. Non sembrava minimamente adirato, quando si avvicinava al drago verde, sembrava quasi più interessato al comportamento dell’animale in sua presenza, mostrando una vaga e insensata apprensione.
-Evidentemente Rheagal sente qualcosa che lo lega maggiormente a voi. – la regina guardò l’uomo mascherato con la schiena contro un albero. Gli fece appena un segno con la mano di avvicinarsi. Lui sciolse le braccia conserte e con passo elegante li raggiunse, senza mostrare alcuna esitazione a muoversi nella neve.
-Perché non provate ad accarezzarlo, vostra maestà? – lo incitò Viserys con garbo. Il ragazzo lo guardò con occhi spalancati e la bocca leggermente aperta.
-Ne siete sicuro… ? – chiese titubante. Nei suoi occhi grigio scuri si poteva intuire una certa perplessità. Lui lo osservò e sorrise sfidandolo.
-Avete forse paura? – lo canzonò, sapendo bene che avrebbe scatenato con quelle parole una qualche reazione orgogliosa.
-No! – rispose secco Jon, tornando a guardare la bestia di fronte a sé con aria torva e fiera. Non voleva darlo a vedere di fronte ai due Targaryen, ma in realtà era terrorizzato all’idea di avvicinare la mano a quei denti acuminati. Sapeva che gli avrebbero potuto staccare un braccio con un solo schiocco delle fauci, esattamente come gli aveva visto fare quella notte, quando avevano salvato sua madre nella foresta.
Rhaegal era imponente seppur fosse più piccolo di Drogon, anche se la regina diceva che avevano da poco raggiunto l’età adulta. Le sue squame erano di un verde smeraldo che risaltava tra il candore del suolo come la prima erba quando annuncia l’arrivo della primavera. Aveva delle sfumature bronzee sulle zampe e sul dorso che rilucevano maggiormente alla luce del sole. Le corna sulla testa e sulla spina dorsale sembravano oro scuro. Non mi farai del male… più che un ordine era un’opinione per convincere se stesso Porti un nome ispirato a quello dell’uomo che mi ha generato… vorrà pur dire qualcosa!
Non seppe perché eppure rammentò all’uovo che aveva in camera sua, e a come avrebbe fatto a farlo schiudere.
-Come siete riuscita a riportarli in vita? – domandò tentennando sul da farsi. Viserys lanciò uno sguardo d’intesa a sua sorella e lei cominciò a narrare.
-Quando tutto mi sembrava ormai perduto, sono entrata in una pira funeraria con le uova. – ammise la donna abbassando lo sguardo al ricordo, poi alzò fiera il capo e raccontò la scena – ho dato alle fiamme tutto ciò che possedevo in quel momento. Ho dato degna sepoltura al corpo dell’uomo che avevo sposato e il corpicino di mio figlio nato morto, esattamente come era rituale per i Targaryen, ma ho messo legata alla pira anche la maji, una strega che aveva causato loro la morte. Infine sono entrata io stessa tra le fiamme e mi sono accovacciata lì, pregando qualsiasi divinità potesse ascoltarmi di darmi indietro ciò che avevo perso, o di prendersi anche la mia vita. Non ho idea di quale dio mi abbia compresa e ascoltata, ma quando le ceneri hanno ricoperto tutto e le braci si sono spente, le uova si erano schiuse ed in cambio avevo ricevuto loro. – indicò i tre draghi. Jon attese qualche istante, capiva che quei ricordi le facevano ancora male.
-Mi dispiace per i dolori che avete passato. Comprendo cosa voglia dire rimanere soli e perdere tutto. – nei suoi occhi grigi, nubi scure passarono alle tristi memorie delle persone che aveva amato.
-Non dovete dispiacervi. Tutto ciò mi ha reso la donna che sono ora. La Khaleese dei Dothraki e la Regina di Meeren e dei Sette Regni. Non sarei mai diventata così forte, se non avessi vissuto le esperienze della mia vita! – concluse orgogliosa.
-Non capisco come possa una persona sopravvivere ad un rogo… il fuoco non è una cosa che si controlla… – la guardò meravigliato e incredulo.
-Il fuoco non può uccidere un vero drago, mi pare di avervene già parlato – rispose secca, come a non voler più tornare su quell’argomento. Si guardarono per qualche istante, poi la regina si spostò di qualche passo e posò lo sguardo su suo fratello. Viserys li stava osservando silenzioso. Jon abbassò il volto, la neve fu la prima cosa che i suoi occhi scorsero, poi nel suo campo visivo apparve la propria mano destra. La sollevò quasi senza rendersene conto e ne aprì il palmo. Rivide le cicatrici della vecchia bruciatura. Quando ho salvato il Lord Comandante Jeor Mormont da quel non-morto, il fuoco non ha avuto pietà con me… si sentiva enormemente scoraggiato Non sono uno di loro! Non faccio parte della loro famiglia… Non interamente, almeno…
Viserys gli afferrò la mano tra le sue e gliela chiuse. Jon lo osservò esitante, stupito da quel gesto. Sembrava come se avesse interpretato i suoi pensieri.
-A volte ciò che abbiamo di fronte, non sembra corrispondere alla verità… - gli enunciò con voce pacata e saggia – Inganni e misteri si celano ovunque; alcuni sono stati inseriti anche all’interno della vostra anima da persone che volevano proteggervi. Ma molte menzogne sorgono anche attorno a noi, e la causa sono le certezze che pensavamo un tempo affidabili. – gli mise una mano sulla spalla come ad incoraggiarlo – Sono del tutto leciti i vostri giovani pensieri… rivivono arcani misteri nel vostro sangue. Molti draghi hanno cercato risposte e sono morti per questo. Nulla è come sembra; ricordatevelo sempre, vostra maestà. – Viserys lo osservava intensamente e Jon solo in quel momento si rese conto che avevano la stessa altezza. Per un attimo i suoi occhi scorsero un bagliore nei fori della maschera, ma troppo fugace per riuscire a rendere evidente qualsiasi particolare. Rifletté sulle parole che gli aveva detto; non gli pareva avessero un senso chiaro ed esplicito, eppure in qualche modo quella calma e quella sicurezza con cui le aveva pronunciate, gli erano arrivate dentro.
-Non mi servono certezze per sapere che non sono un vero drago. – rispose abbassando le spalle. Viserys inspirò profondamente e gli tirò un pugno celere sul petto. Non era stato forte e non sembrava avere l’intenzione di volergli far del male, ma era stato talmente tanto imprevisto che lo aveva fatto sobbalzare. Jon alzò le braccia quasi in segno di difesa e per un attimo nella sua testa giunsero gli avvertimenti di sua madre. Temette il peggio, mentre i suoi occhi fissavano il suo avversario con sdegno per quell’atto tanto disonorevole, quanto sconsiderato. Dany era rimasta in disparte, quasi ignorandoli, concentrata ad accarezzare il muso di Drogon, ma a quel gesto aveva voltato il capo e sgranato gli occhi, che ora brillavano come due stelle del firmamento. Jon ebbe solo uno sguardo per lei, poi ripuntò la sua attenzione sul principe.
-Un tempo c’era un uomo che non mi permetteva di abbattermi o perdere le speranze. Mai. – Viserys parlò ora con voce dura e autorevole, ma persa nei suoi ricordi – quando l’ago della mia bilancia pendeva troppo da una parte, lui arrivava con la sua irruenza e mi rimetteva in sesto. Con un pugno… una parola… o un semplice sguardo. – gli voltò le spalle e stava quasi per andarsene, quando Jon lo trattenne con una domanda. Qualcosa gli diceva che non lo aveva colpito per attaccarlo.
-Che sorte ha avuto questa persona? – cercò di comprendere meglio quello che gli stava dicendo, massaggiandosi nervoso il petto dolente. La sua bocca aveva parlato ancora prima di ragionare.
-E’ morto. – rispose il principe atono. Anche se il suo tono di voce non era cambiato, Jon ebbe la sensazione che anche quella fosse una maschera. Il tremore quasi impercettibile delle spalle lo aveva messo in allarme, forse dietro al mistero del suo volto si celava un uomo con sentimenti e afflizioni.
-Durante il vostro esilio nelle terre oltre il Mare Stretto o nella Battaglia del Tridente? – Jon temeva che quella persona sconosciuta di cui Viserys gli stava accennando, fosse in realtà il legame di sangue che li univa, ed una bizzarra voglia di avere più informazioni gli nacque dentro, bramando l’idea che forse qualcuno all’infuori di sua madre potesse avere un parere più obbiettivo di quell’uomo.
-In nessuno dei luoghi che avete citato. – rispose fermo il principe, spostando solo lo sguardo verso il cielo. Anche Jon guardò in quella direzione perdendo quindi ogni più tenue speranza di conoscere un aneddoto in più. In un primo momento i suoi occhi non videro nulla, persi com’erano nell’incendio arancione e blu del tramonto. Si accorse di un’unica stella luminosa. La conosceva molto bene, e non dovette nemmeno impegnarsi nel riconoscerla in base alla sua collocazione. Cominciava a brillare diverse ore prima del tramonto e non smetteva nemmeno quando la luce dell’alba risvegliava gli uomini dai loro giacigli, ma quando il sole poi superava l’orizzonte lei spariva misteriosamente. Nelle terre del Popolo Libero la chiamavano Idhryl, era l’astro che usavano per orientarsi, nonché il nome di una guerriera leggendaria che viaggiò in compagnia di una pantera ombra e di un metalupo. Se ricordava bene le parole di Ygrette, nella storia appariva anche un drago di ghiaccio che la fiera donna del popolo libero avrebbe cavalcato in cerca del suo prezioso oggetto perduto. Un oggetto che si diceva essere stato forgiato nell’Era degli Eroi e poi perduto nei secoli. Ciò che era rimasta era solo la luce bianca dei suoi occhi che scrutavano ancora quelle terre, un bagliore visibile per centinaia di leghe.
-Diede la sua vita alla Torre della Gioia… per proteggere voi. – spiegò infine il principe portando di nuovo la sua attenzione su di lui. Jon comprese allora che doveva trattarsi di uno dei tre cavalieri della Guardia Reale, morti per mano degli uomini del nord. Non fece in tempo di porgergli altre domande, che Viserys cambiò subito argomento.
-Sentite allora il richiamo di toccare Rhaegal? – gli chiese, indicandogli il drago verde a pochi metri da loro. Jon si sentì incredibilmente più forte, il sostegno che lui gli stava dando era maggiore di qualsiasi altro sentimento che provava in quel momento. Perfino dello sdegno per l’atto che quell’uomo aveva appena compiuto nei suoi confronti, perfino del timore che sentiva per quella bestia leggendaria. Era strano, eppure non ricordava mai di aver sperimentato nulla del genere, nemmeno quando Eddard Stark era lì, pronto a risollevarlo dopo una caduta, offrendogli una mano. Era addirittura maggiore della complicità che aveva con Robb, quando assieme si nascondevano a consumare il loro bottino, nascosti nel Parco degli Dei, dopo aver rubato un cesto di mele, lasciando che Theon Greyjoy si prendesse tutte le colpe. Ciò che il principe Targaryen gli stava infondendo andava oltre l’affetto di un fratello o di uno zio che si era finto suo padre per tutti quegli anni.
Prese coraggio e alzò un braccio continuando a scrutare in quegli occhi di bronzo liquido. Il drago rimase fermo in attesa di quel contatto. La mano di Jon tremava e dentro di sé, il ragazzo sentiva l’indecisione essersi di nuovo impadronita di lui. Jon hai combattuto mostri ben peggiori, ora hai paura di accarezzare un drago? Ma dentro di sé lo sconforto ebbe la meglio. Lui era un lupo del nord: era inutile mentire a se stesso.
-Non posso… - disse rinunciandoci – Non sono come voi. – abbassò il braccio. Non si sentiva all’altezza e decise di non prendersi ulteriormente in giro – il drago si è confuso quel giorno. – stava per voltarsi ed andarsene, ma Viserys non glielo permise. Lo tenne stretto per la spalla, impedendogli di girare completamente il busto e di tornare sui suoi passi.
-Siete voi quello confuso, mio re. Un drago non accetta di servire un uomo, se non lo ritiene opportuno. – disse severo senza davvero rivolgersi a lui. La sua maschera continuava a fissare l’enorme creatura verde – Avete nelle vostre vene l’antico sangue di Valyria, esattamente come ne siamo discenti io e mia sorella. Dovete solo permettere al drago che è in voi di risvegliarsi. – lo incoraggiò, stringendogli ancora di più la spalla.
Jon non seppe spiegarsi il motivo, ma sentì che il principe gli stava trasmettendo una sicurezza che non pensava di avere. Riposò lo sguardo sulla bestia di fronte a sé e decise di riprovarci.
Appena le punte delle sue dita sfiorarono le scaglie di Rhaegal, Jon percepì un calore infondersi in tutto il palmo della sua mano. Gli parve di avvertire il sangue nelle sue vene ribollire e ardere, e quella sensazione dapprima avviata solo sulle prime falangi, si profuse poi in tutto il suo corpo con una devastante potenza inaspettata. Jon avrebbe staccato quel contatto se il principe Viserys non avesse continuato a premere la sua mano con la propria per fargli aderire l’intero palmo sulla fronte del drago. Jon inevitabilmente guardò le loro mani unite sopra quelle scaglie verdi. La loro colorazione era leggermente diversa, eppure per una frazione di secondo Jon pensò che si assomigliavano tra loro in un modo stranamente inusuale. Quella stessa impressione non l’aveva mai avuta neppure con Robb.
Scosse il capo cercando di concentrarsi meglio sull’emozione che provava nel toccare un drago. Ispirò a pieni polmoni il suo fiato caldo, che l’animale gli sbuffava contro il volto, facendo muovere i suoi capelli a ritmo del suo lento respiro. Vide che quelli del principe accanto a lui facevano gli stessi movimenti e ancora si ritrovò a sorridere mentalmente al pensiero di non sentirsi più solo. Qualcosa nella vicinanza di quell’uomo continuava a dargli appagamento sensoriale e fiducia, riparo, protezione.
Il drago mosse appena il capo, piegandolo di lato, “come fanno i gatti quando vogliono le coccole…” pensò Jon. “E’ forse il suo modo per intendere che lo devo accarezzare ancora?” Spostò la sua attenzione su Viserys che si voltò proprio in quell’istante e gli sorrise cordiale, prima di fargli un cenno del capo, allontanando lentamente la mano dalla sua. Per una frazione di secondo Jon sentì la disperazione farsi viva nel suo cuore per quella mancanza, ma ricacciò in fretta quel senso di inquietudine, pensando che fosse piuttosto stupido. Non aveva senso turbarsi per un gesto da poco come quello e non aveva nemmeno senso preoccuparsi di restare solo col drago. Una strana convinzione lo aveva colto: se lo avesse voluto azzannare per davvero, lo avrebbe fatto in quella radura durante la battaglia con gli Estranei, invece era accaduto l’esatto contrario. In un momento di pericolo lui era giunto in suo soccorso volontariamente. Sentiva di dovergli la vita ed era strano il senso di rispetto che provava per quella creatura, perché maggiore era il tempo che trascorrevano assieme e maggiore era anche il pensiero di appartenenza che sentiva nascere in lui, ma era certo che fosse corrisposto anche dal drago stesso.
Era una percezione incredibile e si ritrovò a sorridere suo malgrado per quello stato di pace e serenità che provava. Senza quasi rendersene conto, si ritrovò ad allentare la tensione dei suoi nervi e pian piano cominciò a sentirsi più rilassato, come se il drago avesse assorbito tutti i suoi timori. Rimase ad osservare la bestia per qualche istante, mentre quest’ultimo si lasciava coccolare, socchiudendo appena gli occhi per il piacere che gli provocava quel semplice gesto ed espirando aria calda dalle narici. Uno strano rumore gutturale, come quando i gatti facevano le fusa, proveniva dalla sua gola. Jon spostò infine lo sguardo verso Viserys. Il principe non si era allontanato di molto, quasi come se avesse percepito anche lui quello smarrimento provato pochi istanti prima. Jon ne fu felice e gli sorrise, quasi più appagato del fatto che lui fosse ancora lì al suo fianco, che di ciò che aveva avvertito fino a quel momento a contatto con la leggendaria creatura. Anche i tratti visibili del volto dell’uomo sembrarono più rilassati.
-Non dovete mai dimenticare chi siete. – gli disse calmo – Ricordate sempre l’importanza del vostro sangue e del fuoco che vi scorre dentro. –
Fuoco e Sangue fu la prima volta che Jon pensò che il motto dei Targaryen poteva finalmente trovare un senso meno tetro di quello che gli era sempre sembrato. E sorrise all’idea che pronunciarlo non gli dava quel senso di estraneità che aveva sempre temuto di provare.
 
 
 
-Benjen… - Lyanna si sollevò sulle braccia e lo guardò solo per un attimo, quasi a volersi accertare che non fosse una sua immaginazione, prima di distogliere lo sguardo per asciugarsi gli occhi. Lui nel frattempo era entrato nella stanza e aveva chiuso la porta alle sue spalle, guardandosi attorno. Dal modo in cui si muoveva titubante, Lyanna ebbe la vaga sensazione che quegli ambienti gli rammentassero un passato lontano.
-Lya, forse non è il momento adatto, ma sono stanco di vedere che ti chiudi in te stessa o che cerchi la solitudine. Tu non sei mai stata così… - cominciò con tono preoccupato – Capisco che ti senti in colpa per quanto è accaduto, capisco anche che sei preoccupata per Jon, ma devi mettere fine a questi patimenti e cominciare a pensare che hai una seconda opportunità per redimere ogni torto che credi di aver compiuto. – si soffermò un attimo per sfiorare le delicate stoffe azzurre che scendevano dal grande letto a baldacchino – so che ti mancano i nostri fratelli… nostro padre e nostra madre… mancano anche a me, ma devi provare a riversare quell’affetto interamente nei nostri nipoti e in tuo figlio. Cercando in loro quella briciola che ti ricorda i nostri cari che non sono più con noi. – attese del tempo prima di continuare. Lyanna nel frattempo accese una candela in più sul candelabro. L’imbrunire stava oscurando quella stanza e data la premura di suo fratello, quel dialogo sarebbe durato un bel po’.
-Sansa a volte richiama alla memoria molti atteggiamenti di nostra madre, o almeno è quello che Ned mi diceva sempre. Quando la vedo impartire gli ordini mi sembra di vedere proprio una lady adulta e orgogliosa… Catelyn non l’ho mai vista avere una simile determinazione, a dire il vero, forse non ci ho mai davvero fatto tanto caso… però è esattamente con quel comportamento fiero e maturo di Sansa che voglio immaginarmi nostra madre, quando parlava ai servi o agli alfieri. Ovviamente coi tuoi capelli e con i tuoi occhi. – le strizzò un occhiolino. Lyanna accennò ad un sorriso tirato.
-Arya invece è molto sprezzante e battagliera. Mi vieni in mente tu, quando eri ancora una spocchiosa bambinetta spettinata e impertinente, e mi minacciavi con quella spada improvvisata con un semplice bastone… - ghignò sorridendo.
-Bran… beh, lui vuole essere chiamato il Corvo a Tre Occhi. Non so quanto sia rimasto del bambino che era un tempo. Certo le esperienze che ha vissuto gli sono sicuramente servite per maturare e diventare l’uomo saggio che è ora… prima per quanto potesse valere, aveva la mia pessima abitudine di non rispettare mai le imposizioni dei suoi genitori, odiava lo studio proprio come il nostro fratello che portava il suo stesso nome, ma non sembrava portato né per il cavallo, né tanto meno per la spada… proprio come Ned da giovane, ecco perché ha cercato di temprarlo maggiormente, ma mai imponendogli le cose con severità. Se c’è una cosa che Ned ha imparato da nostro padre è che non si deve mai imporre ai figli le proprie volontà. Lui non lo ha mai fatto con nessuno di loro, nemmeno quando erano loro stessi a volere fervidamente una cosa… faceva in modo che ponderassero sulle loro decisioni, aiutandoli a ragionare, a capirne le conseguenze e a sostenerli. Sempre. –  la fissò negli occhi – ciò che a noi è sempre mancato alla fine. – Lyanna spostò lo sguardo rattristata.
-Deve essere stato proprio un gran padre allora. –
-Te lo devono dire loro, non io. – rispose Ben con distacco – Jon te lo direbbe anche ora che sa che gli aveva sempre mentito. Lui ha la sua stessa indole taciturna e riflessiva. Ma ha anche l’autorevolezza di nostro padre, addolcita dal buon carattere di Ned e dalla regalità di chi sappiamo… – lasciò andare il discorso senza premurarsi di aggiungere altro.
Lyanna si mise più comoda, facendo aderire le piante dei piedi al pavimento di pietra calcarea, restando in silenzio.
-E’ anche chiaro che tu non abbia molta voglia di entrare in un simile argomento, e ne comprendo il motivo, ma ciò che mi preoccupa non è poi tanto questo fatto… - si mostrò più tenace ora – ma che tu tenga ancora dei segreti che non mi stai enunciando. – disse prendendo una sedia per posizionarla di fronte a lei – sappiamo entrambi che tanto, prima o poi li vengo a scoprire, solo che questa volta non ho voglia di giocare al gatto col topo, né di arrampicarmi su alte querce sotto la pioggia battente… o cercare invano un anello che tu tenevi nell’unico luogo dove non potevo arrivare a toccare. Non voglio trovarmi costretto a cavarti ogni singola parola dalla bocca come feci quel giorno. – i suoi occhi mostrarono la fermezza di un uomo maturo – voglio che, per questa volta, tu sia sincera con me, Lya. –
Lyanna si alzò dal proprio giaciglio e cercò maldestramente di sistemare le coperte, come se quel gesto poteva in qualche modo riparare tutti i danni commessi. Nel cuore già si insidiava l’angoscia che lui avesse scoperto tutto.
-Nascondi qualcosa a Jon, non è così? – la voce di Benjen fu come una lama in pieno petto. Alzò lo sguardo verso di lui, allarmata, ma tentò di nascondere ogni preoccupazione.
-Non so a cosa tu ti stia riferendo, Benjen. Ci sono cose che non posso dire a Jon solamente, perché non è ancora pronto per conoscerle. – tentò di avere una visione più precisa della sua accusa. C’erano molte questioni che lei ancora non aveva rivelato a nessuno, ma non sapeva a quale suo fratello si stesse riferendo, e sperava con tutta se stessa che non avesse scoperto nulla sulla sua recente missione.
-Lyanna ti conosco abbastanza, per sapere quando cerchi di coprire dei segreti. Lo hai fatto per anni con me, quando mi insegnavi ad usare la spada, contro le regole di nostro padre e i rimproveri della Vecchia Nan! – si sedette sopra quella sedia che aveva da poco posizionato, convinto che sua sorella non sarebbe fuggita via questa volta: tutto ciò che le era rimasto era qui a Grande Inverno. Lyanna preferì allontanarsi e osservare il castello illuminato dalla fioca luce del tramonto.
-Cosa vuoi sapere, quindi? – si arrese, tenne le mani basse e con le dita trovò l’anello di Rhaegar sperando che il rubino gli infondesse quel coraggio che aveva perso molto tempo fa.
-Non ho idea di cosa tu non gli abbia ancora svelato, ma ti prego, sii onesta almeno con me. Siamo rimasti solo noi a proteggerlo. Dobbiamo fidarci l’uno dell’altra. – cominciò sincero, ma nel suo tono c’era anche un frammento di durezza – Lyanna, quando hai chiesto a Ned di proteggerlo, non era solo perché temevi che Robert lo uccidesse, non è così? C’è qualcos’altro che non hai detto e che non vorresti rivelare neanche ora. Qualcosa che centra con l’avvento degli Estranei, magari? Ogni volta che sei nel consiglio e lo senti parlare di battaglia e di missioni oltre la Barriera, le tue spalle tremano e i tuoi occhi diventano lucidi. All’inizio pensavo fosse una cosa del tutto regolare: sei sua madre, ed è normale che ti preoccupi per tuo figlio, ma poi ho notato che sei diventata ancora più apprensiva, quando ha cominciato a prendere parte di quegli allenamenti coi draghi… sembra come se tu temi che lui possa scoprire un’altra verità in presenza dei due Targaryen. Dimmi se mi sbaglio? –
Lyanna trasse un profondo respiro, si strinse nelle spalle e cercò di rilassarsi.
-Proverò a spiegarti quello che so, ma… io non sono a conoscenza di tutto. Erano Rhaegar ed Arthur a sapere molte più cose, quindi non cercare da me i dettagli, perché non saprei darti null’altro che ipotesi. –
-Mi basta anche solo quello che sai. – le sorrise tristemente, capendo che per lei non doveva essere facile. Per tutto questo tempo si era tenuta dentro un segreto che l’aveva tormentata e preoccupata. Ora era giusto che lo condividesse con l’unico uomo che poteva darle una mano, l’unico fratello che le era rimasto.
-Tanto per cominciare il suo vero nome non è Jon… e soprattutto NON è uno Snow. – Ben aggrottò le sopracciglia scettico.
-Con questo mi stai forse dicendo che dovrebbe chiamarsi… Sand? Cambia ben poco, sorella, la minestra resta quella… -
-Non tollero che si dica una cosa del genere di mio figlio! – sbottò lei incredibilmente irritata.
-Lya, è cresciuto a Nord quindi resta uno Snow… - la fissò intensamente, poi sembrò pensarci su un attimo, mentre i loro occhi erano rimasti a scrutarsi per un lungo istante – mi stai forse dicendo che Rhaegar lo aveva legittimato prima di andare in guerra? –
-Non era necessario che lo legittimasse. Noi eravamo sposati e lui è suo figlio. – gli mostrò l’anello al dito – con questo mi fece la proposta di matrimonio, io l’accettai e vennero usate le nostre spille che vennero fuse per creare le fedi nuziali… non so che fine abbiano fatto. Ned certamente avrà pensato di farla sparire dal mio anulare per evitare che venissero fatte domande e salvare… le circostanze. –
Si trovò a domandarsi che sorte era toccata davvero a quei due anelli. Rhaegar lo aveva portato con sé, per cui ora era perso chissà dove al Guado dei Rubini, o il fiume lo aveva portato verso il mare… ma il suo, lo aveva al dito, quando era morta. Molto probabilmente si trovava ancora alla Torre della Gioia, oppure una delle donne che l’avevano aiutata nel parto glielo aveva fatto preso prima ancora prima che suo fratello le raggiungesse.
Aveva davvero pochi ricordi di quel momento… un uomo che urlava, le immagini che si susseguivano frettolosamente, forse qualcuno che le teneva la mano e piangeva, l’odore di rose… poi il dolore, la disperazione, lo scoraggiamento, la debolezza, il cozzare di spade, il tempo che passava anche se non era sufficiente… infine l’ultima speranza era giunta avvolta in una nuvola argento… Non aveva la minima idea di cosa stava davvero accadendo, una parte di lei lo sapeva, ma l’altra era troppo stanca per renderla cosciente della situazione… era inutile pensarci ancora, come era inutile scervellarsi per scoprire dov’era la sua fede. L’unica cosa che aveva trovato al dito al suo risveglio era quell’anello. Lo avrebbe conservato come la cosa più preziosa che aveva oltre a suo figlio… e a quei dolorosi ricordi felici.
-Ancora prima della sua nascita era stato stabilito che si sarebbe dovuto chiamare Aegon Targaryen, avrebbe regnato sul Trono di Spade come un re valoroso, buono e giusto. – iniziò lei puntando i suoi chiari occhi grigi distrattamente sul pavimento. Due sfere di acciaio azzurro assottigliate per cercare di carpire al meglio ogni sua parola. Decise di ignorare ogni affanno che si stava formando sulla sua fronte per proseguire – era scritto nelle stelle che sarebbe dovuto rinascere il principe che fu promesso dalla stirpe dei Draghi. Rhaegar per anni aveva pensato di essere lui l’eletto, ma poi qualcosa gli ha fatto cambiare idea. Una pergamena o qualcos’altro, non mi ha rivelato cosa fosse, ma sono certa che Arthur Dayne lo sapesse. La profezia diceva che avrebbe avuto un figlio che avrebbe contenuto sulle sue vene sia il Fuoco che il Ghiaccio. Io rappresentavo l’unica discendente in vita della nostra casata, forse la nostra famiglia aveva un antico legame coi figli della foresta, ecco perché nei nostri nipoti si sono risvegliati i poteri da metamorfi alla vicinanza dei metalupi, e questo magari spiega anche perché possa essere lo stemma degli Stark. – Ben osservò sua sorella con aria costernata.
-Aspetta un secondo… - aggrottò le sopracciglia – Vuoi dirmi che era solo per questa profezia che lui ti ha cercata? – i suoi primi timori erano per lei, non per suo nipote, né per il resto di cose che lei gli aveva appena detto. In parte gli fu grata che si impensierisse ancora così, non lo meritava certo, ma le faceva provare un tiepido sollievo.
-No. – sorrise triste – Siamo stati concretamente attratti l’uno dall’altra da sentimenti veri e sinceri, su questo non c’erano dubbi. Non posso sapere se eravamo spinti in realtà da qualcosa di già scritto. – abbassò lo sguardo sull’anello, ma non si perse d’animo – io però lo amavo, e lui amava me. E dal nostro amore è nato Aegon che fosse stato scritto o meno, che fosse nel nostro destino o che lo stessimo decidendo noi, non ha alcuna importanza. – Ben annuì, come se si fosse messo il cuore in pace. Lyanna allora proseguì.
-Ricordi la fiaba che la vecchia Nan ci raccontava sull’Ultimo Eroe? – gli chiese e lui fece cenno di sì col capo.
-Il guerriero che partì con sei compagni per affrontare il Re della Notte. – rispose lui – ho come la netta sensazione che ora tu mi dirai che non si tratta solo di una leggenda, vero!? – lei gli sorrise tetra - Jon… anzi sarebbe più giusto cominciare a chiamarlo col suo vero nome… - l’uomo stava per trarre un profondo respiro, ma la sorella lo fermò prima che continuasse.
-No, ti prego! Devi promettermi che non gli rivelerai mai qual è il suo vero nome. – Lyanna lo guardò sbarrando gli occhi terrorizzata.
-Perché non dovrebbe conoscerlo? – suo fratello non riusciva a comprendere.
-Non è tanto lui… preferisco che la regina Daenerys non lo venga a sapere. Non mi fido di lei, come non mi fido di suo fratello. – ammise scoraggiata.
-Capisco ciò che vuoi dire. – sembrò sostenere i suoi timori, poi però lo vide arricciare il naso – prima parlavi di quella leggenda… mi stavi forse dicendo che lui dovrebbe essere una sorta di reincarnazione di quell’eroe? –
-Aegon Targaryen, figlio di Rhaegar Targaryen… figlio del fuoco e del ghiaccio… era così che doveva chiamarsi colui che avrebbe affrontato le tenebre e impugnato la spada fiammeggiante. – specificò lei – tutto quello che so finisce qui. –
Ben si portò una mano sul mento pensieroso.
-La spada di Jon che io sappia non emette fiamme. – continuò a riflettere – era appartenuta alla famiglia Mormont. Doveva passare a Jorah, ma non la portò con sé quando scappò da Westeros, così Jeor continuò ad impugnarla quando entrò nei Guardiani della Notte. Poi la passò a Jon, ma non ho mai visto quella lama emettere un bagliore in tutti gli anni in cui ho servito presso i Guardiani della Notte. Se non era illuminata lei stessa da una torcia o da un raggio di sole o della luna… – Lyanna abbassò il capo combattuta.
-Questo non te lo so dire Ben. Non so se quella sia la spada giusta, non ho mai chiesto nulla a Rhaegar a riguardo. Avevamo un patto: saremmo vissuti senza che nostro figlio sapesse niente, lo avremmo cresciuto dandogli l’amore e l’affetto che ogni bambino doveva avere. Rhaegar non voleva che si sobbarcasse di doveri già dalla nascita, come era avvenuto a lui. Solo quando sarebbe arrivato il momento gli avrebbe spiegato tutto, Arthur sarebbe stato il suo maestro d’armi e avrebbe avuto tutto il nostro appoggio, per la missione a cui era destinato. – la tristezza era tornata a infestare i suoi occhi – ma non è andata così. Nulla ha seguito il corso degli eventi che avevamo pensato. Siamo stati degli sciocchi a credere che saremmo potuti mai vivere felici e senza pensieri. – si strinse nelle spalle sentendo il gelo avvolgerla. Mai in tutta la sua vita aveva patito il freddo come in quel periodo. Un ghiaccio però che non proveniva dall’ambiente esterno, ma direttamente dal suo cuore.
-Lyanna non sei sola. – Ben arrivò a stringerla tra le sue braccia da dietro – non più almeno. Ora ci sarò io con te, con lui e con i nostri nipoti. Rifletti, sei anche più fortunata di Ned; lui sì che è stato solo per quindici anni. Con una moglie petulante; cinque, anzi sei figli, col tuo, che strillavano e ne combinavano di tutti i colori, rendendo allegro questo castello, esattamente come facevamo noi un tempo, ricordi? – le sollevò il mento per guardarle il volto. Lei sorrise appena.
-Grazie Ben. – gli era grata davvero e si sentiva in colpa tremendamente. Il macigno che colmava il suo cuore si era lievemente alleggerito.
-Lo proteggeremo, dobbiamo solo continuare a fidarci l’uno dell’altra. Cosa diceva sempre nostro padre? “Il branco sopravvive…” - cominciò lui.
-“…ma il lupo solitario muore.” – terminò lei istintivamente.
   
 
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