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Autore: voiceOFsoul    07/12/2017    1 recensioni
Ram aveva ormai raggiunto un equilibrio ma adesso si ritrova senza lavoro, convive con Diego in una situazione imbarazzante e non vede Alex e Vale da troppo tempo. Da qui deve ricominciare da capo. Il suo percorso la porterà a incrociare nuove vite, tra cui quella di Tommaso che ha appena imparato a sue spese che la perfezione a cui tanto Ram aspirava non esiste.
Si può essere felici anche se si è imperfetti?
[Seguito di "Volevo fossi tu" e "Ancora Tu", viene integrata e proseguita l'opera incompleta "Open your wings and fly"].
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Lo guardo negli occhi, sono sempre stata così catturata dal suo sorriso che non li ho mai osservati a fondo. Sono tristi e pieni di speranza allo stesso tempo, sono puri e adesso sono preoccupati per me. Questo ragazzo che è entrato nella mia vita per caso, che si trova nell’occhio di un ciclone che potrebbe ricominciare a spazzare via tutto in appena un battito di ciglia, che ha visto il suo mondo esplodere e ha voluto aprirmi una porta sul suo passato, adesso mi porge la mano per placare le mie ferite.
No. La prima immagine che si forma nella mia mente mente è un no scritto a caratteri cubitali con attorno dei led lampeggianti in pieno stile Las Vegas. Non ho voglia di raccontare le mie ferite, le ho già leccate abbastanza da sola e ha fatto sempre un male cane. Oggi le cicatrici si sono riaperte, i punti stanno cedendo e ho paura. Sì, Tommaso, ho paura che aprirle del tutto possa mandarmi in frantumi e non so se questa volta avrei la forza di rimettermi in piedi.
«Non devi sentirti in obbligo.» interrompe i miei pensieri. «Se non te la senti di raccontarmi la tua storia, posso capirti. In fondo, mi conosci appena.»
«Tom, non è quello che mi frena.» Inizio a graffiare la pelle delle dita, sento le unghie premere con sempre più forza. «Tu stai attraversando un periodo burrascoso, io sono uscita dall’uragano. O almeno pensavo di averlo fatto. Ho impiegato anni per ricominciare a vivere una vita normale.»
«Con la dottoressa De Simone?»
Inizialmente questa sua domanda mi spiazza, poi ricordo di avergli dato il biglietto da visita la sera che ci siamo conosciuti.
«Mi ha aiutato tanto, sì. Anzi, ne approfitto per chiederti scusa per quella sera. Non so cosa mi è preso, ma sentivo che stavi vivendo qualcosa di brutto ed era il mio modo per aiutare. Spero non ti sia offeso.»
«Non ti nascondo che di solito sui biglietti che ricevo da una ragazza appena conosciuta c’è il suo numero e non quello di una psicologa, perciò la cosa mi è sembrata un po’ strana. Ma non mi sono offeso, tranquilla. Qualche volta ho anche pensato di farla quella chiamata, ma sai come siamo noi uomini. Testardi come i muli. Scusa, non volevo interromperti.»
Si accorge che sto torturando le dita e ferma le mie mani stringendole in una delle sue. Passa l’altra tra i capelli, portando via la bandana da Axl Rose che ancora indossava. La arrotola distrattamente e la infila nella tasca della giacca lasciandola penzolante per più di metà. Guardo ancora una volta il suo sorriso che ha dentro la tenerezza di un bambino, soprattutto adesso che è perfettamente rasato.
«Ram, io so poco di te ma una cosa l’ho capita. Io sto passando un brutto periodo, è vero. Non mi aspettavo di essere mollato? Corretto. Non mi aspettavo di essere tradito? Più corretto. Non mi aspettavo di perdere il lavoro e dover crescere mia figlia senza una madre? Jackpot! Mi ha ferito? Sì. Mi ha ucciso? Solo per un po’, ma ho preso le mie ceneri e le sto usando per risorgere. Invece sento che per te è stato diverso, che c’è stato qualcosa di davvero orrendo, non solo inaspettato. Prima hai parlato di quel tizio come di un demone e non credo che fosse solo un ex geloso o uno squilibrato come quello del bar. Forse non vuoi parlarne perché credi che potresti ricadere nel baratro perciò non ti forzerò se non vorrai.»
«Sembra che tu mi abbia letto dentro.»
Sorride di nuovo «Ho una mini sfera di cristallo nascosta in tasca.»
Sorrido anch’io, più imbarazzata che divertita. Faccio scivolare le mani via dalle sue. Un lampo illumina lievemente il cielo, il tuono che lo segue rompe il silenzio. Senza pronunciare parola rientro in camera, Tom mi segue, lascia la porta aperta, si appoggia allo stipite. Io cammino per la piccola stanza, nervosa, come durante i pomeriggi passati al telefono con Alex.
«Non sarà una storia breve.»
«Non ho ancora chiamato il taxi. Ho tutto il tempo del mondo.»

Dal temporale che si è scatenato, non si direbbe che solo qualche ora fa eravamo seduti in giardino a guardare le stelle, ma il freddo che si è scatenato è nulla in confronto al gelo che c’è tra queste quattro mura. Seduto sul letto, la osservo camminare in silenzio per la stanza. Ogni più lieve rumore sembra riecheggiare all’infinito fino a farti impazzire, come in un racconto di Edgar Allan Poe. Il rumore dei tuoni attutito dai vetri spessi, il ticchettio delle sue ciabatte che ritmicamente incontrano il pavimento, le molle del materasso che scricchiolano lievemente ad ogni mio movimento, un colpo di tosse che proviene dal corridoio, il ‘tin’ dell’ascensore che avvisa dell'arrivo al piano. Ram si muove veloce, non riesce a tener ferme le mani. Il suo andamento è ciclico, ossessivo, è possibile prevedere ogni suo cambio di direzione. Arrivata accanto all’armadio compirà una mezza piroetta tornando indietro mentre preme le dita contro il collo, poi inizierà a pungersi le braccia svoltando lievemente verso il bagno, compirà un arco di circa 30° passando accanto al tavolo mentre riprende a torturarsi le dita per poi arrivare alla finestra lungo una traiettoria retta ma oscillando le spalle mentre si tocca la fronte e gratta l’attaccatura dei capelli, svolta ad angolo retto verso il comodino, curva a U per tornare sui suoi passi, unirà le mani come in preghiera e chiuderà gli occhi aggirando il letto per evitare di guardarmi diretta verso l’armadio. Lì il suo giro inizierà da capo come una giostra che non può deviare dal percorso prestabilito dal suo inventore.  Ogni tanto sembra guardarmi come se stesse per iniziare a parlare, ma l’illusione dura poco e lei ricomincia a fissare il pavimento durante il suo infinito percorso.
«Fermati.» Mi alzo di scatto, ma, nonostante la situazione creata mi abbia portato quasi a uscire di senno, riesco a mantenere un tono calmo per quanto deciso.
Ram si blocca, come se le fosse stata inaspettatamente tolta la corrente. Continua a fissare il pavimento. Mi avvicino a lei, le accarezzo le braccia, le sento tremare sotto la felpa di due taglie più grande. Faccio l’unica cosa sensata da fare. L’abbraccio. La stringo talmente forte che ho paura che si spezzi. La sento muoversi, ricambiare il mio abbraccio, portare le braccia a stringermi la vita, le sue dita sotto il mio giubbotto che premono contro la mia schiena. Il suo respiro si fa più frettoloso, lievi lamenti le sfuggono dalle labbra. Un fremito mi scuote, il mio battito accelera. Sento qualche goccia calda bagnarmi la maglietta. Sta piangendo. Le sciolgo la croccia stando attento a non farle male, infilo le mani in mezzo ai suoi capelli attirandola ancora più vicina al mio petto, muovo piano le dita in mezzo a quella foresta di ricci respirando a fondo il loro profumo.
Lentamente smette di tremare, il suo respiro si calma. Le sue mani allentano la presa finendo per sfiorare il tessuto che le separa dalla mia pelle, provocandomi un brivido ancor più forte se possibile.
«Non inizierai a piangere anche tu, vero?» cerca di sdrammatizzare.
La sua voce è ovattata perché ha ancora il viso stretto al mio petto, riesco a sentire il suo fiato caldo mentre parla.
«Dai, iniziamo entrambi, così facciamo una bella piscina qui dentro.»
Rido. Le spalle le tremano di nuovo, ma stavolta il movimento è dalla sua bellissima risata. Alza il viso rimanendo aggrappata a me, così vicina non riesco a metterla a fuoco per intero, le fisso gli occhi che sono lievemente arrossati e molto lucidi.
«Non devi fare niente che non ti vada di fare, Ram.» le sussurro. «Sono stato uno stupido ad insistere.»
«Ma tu non hai insistito.» Il suo respiro mi solletica il collo. «Io volevo davvero parlarne con te. Lo voglio anche adesso, giuro. Solo che poi le parole non escono e non so da dove iniziare.»
Le bacio la fronte. «Va bene così. Non preoccuparti.»
Ram si alza sulle punte e riempie il breve tratto che divideva le nostre labbra. Un bacio breve, timido, dura poco ma scaturisce un quantitativo inquantificabile di dolcezza. Ho ripensato a lungo al nostro primo bacio, ma non mi ero reso conto fino ad adesso di quanto mi mancasse in realtà il suo sapore. Vorrei subito farlo ancora, ma è così bella mentre mi sorride che non riesco a staccarle gli occhi di dosso. No, neanche per baciarla.
Mi prende per mano e mi accompagna di nuovo verso il letto. Si siede e mi porta accanto a se. Mi bacia di nuovo, il tocco della sua lingua sulle mie labbra risveglia in me sensazioni che non credevo più di essere in grado di provare. Non mi ritrovo in una situazione come questa da troppo tempo. Ho dimenticato come si fa. Mi sembra di essere tornato il quattordicenne sborone che fingeva di essere uno sciupafemmine ma quando si trovava da solo con una ragazza se la faceva sotto e non riusciva a muoversi. Cosa dovrei fare adesso? Devo stringerla? Quanto? Come? Ho voglia di stringerla a me, di sentirla vicina, di toccare la sua pelle, ma ho sbagliato così tanto con lei stasera che sono terrorizzato al pensiero di fare l’ennesimo sbaglio ed essere mandato via.
Con un movimento impacciato, poggio le mani sulle sue gambe coperte dalla pesante tuta. In risposta, le sue mani scivolano lungo le mie braccia fino ad arrivare al mio viso. Le sue carezza cancellano ogni mio dubbio. Non lascerò passare neanche un momento in più.
Con un gesto più sicuro l’abbraccio stringendola di nuovo a me, il suo petto respira contro il mio. La sento ridacchiare senza scostarsi dalle mie labbra. Si sbilancia leggermente all’indietro, colgo il suo invito silenzioso seguendola fino a sdraiarci completamente. Faccio peso sulle braccia per non schiacciarla, mentre lei mi aiuta a togliere il giubbotto che fa volare in direzione del tavolo. Mi fermo a osservarla, accarezzandole i capelli. Non ride più, ma i suoi lineamenti sono distesi, la sua pelle è illuminata e i suoi occhi sembrano ancor più grandi. Le labbra umide sono leggermente dischiuse. Le accarezzo con l’indice, mentre lei le inarca in uno dei suoi dolci sorrisi.
«Sei così serio!» dice, prendendomi in giro.
Ma io non sono più in contatto con la mia parte razionale. Tutto di lei mi fa perdere la testa. Mi tuffo di nuovo a baciarla. Ho il peso del corpo sul gomito destro che lei accarezza appoggiato accanto al suo viso. Con l’altra mano seguo piano il profilo del suo corpo, scendendo lungo il collo, passando tra i seni senza toccarli, arrivando al ventre. Mi avventuro piano sotto la sua felpa. Quando le tocco la pelle della pancia, lei sussulta.
Tiro subito via la mano, preoccupato di aver esagerato.
«Ho le mani fredde, scusa.» le dico, mentre riprendo fiato.
Lei mi guarda rassicurante, prende la mia mano e la poggia nuovamente sulla sua pancia. «Non sono poi così fredde.»
Poi infila anche la sua sotto la mia maglia. Trattengo a stento un breve gemito, ma non riesco a fermare l’ennesimo brivido che il contatto con la sua pelle mi provoca. «Com’è la mia? Troppo fredda?»
«No, è perfetta, come te.»
Riprendiamo a baciarci, rotolando sul letto come due adolescenti. Spinge via le mie scarpe scalciando, fa scomparire la mia maglia. Quando tira via la sua felpa il mio cuore perde un colpo, ma sotto non è nuda come pensavo. Una canotta bianca la protegge ancora dal mio sguardo smanioso di godere della sua bellezza.
In ginocchio sul letto, continuando a baciarmi, tira via il piumone. Ridendo mi spinge facendomi cadere sul materasso, per poco evito di sbattere contro la testiera del letto. Si siede a cavalcioni sul mio bacino, sa del mio desiderio pulsante contro la zip dei jeans ma lo fa lo stesso. Si morde il labbro inferiore accasciandosi verso di me. Mi avvicino per baciarla ma lei mi allontana dispettosa e io credo di impazzire. Si allunga a spegnere la luce. Adesso che ad illuminare la stanza rimane solo una fioca lampada sul comodino, l’elettricità tra di noi aumenta. La osservo mentre strategicamente arrotola la sua canotta fin sotto il seno, lasciando scoperta la linea morbida del ventre. Cerco di nuovo di sollevarmi perché il suo ombelico sembra creato per essere baciato, ma lei ancora una volta mi tiene giù. Si sdraia su di me, lentamente, facendo aderire la sua pelle alla mia, incastrando i nostri respiri. Appoggia il viso nell’incavo del mio collo, le dita della mano destra giocano con i miei capelli mentre la sinistra forma dei cerchi vicino alla mia clavicola. Non riesco a muovermi, sento le terminazioni nervose lanciare scintille, perdo il contatto con il mondo.
«Credo che tu mi abbia stregato.»
Ridacchia e sento distintamente il suo seno saltellare sul mio petto.
«Devo essere una strega potente per farlo senza formule magiche.»
«Allora hai drogato il prosecco, non c’è nessun’altra soluzione.»
Si solleva a guardarmi, i capelli le ricadono su una spalla.
«Sei bellissima.»
Scontato, banale, ma non trovo altre parole per lei, perché qualsiasi frase ad effetto, costruita poeticamente, sminuirebbe la purezza di quello che io vedo quando la guardo negli occhi.
Credo che sia arrossita anche se con questa poca luce è difficile da dire con certezza. Mi prende le mani e le poggia sui suoi fianchi nudi. Si solleva, strofinandosi sul mio corpo, si porta vicino al mio viso ma non mi bacia. Sta aspettando qualcosa.
Le afferro i fianchi, palpando delicatamente la sua carne morbida tra le dita. La vedo chiudere gli occhi, socchiude le labbra e sospira. Allento la presa, poggio sulla sua pelle solo i polpastrelli. Salgo verso la vita con un movimento asfissiantemente lento. Ad ogni passo i suoi occhi si chiudono di nuovo e i suoi sospiri si fanno sempre più grevi. Quando arrivo al bordo arrotolato della canotta, mi fermo, aspettando un suo segnale. Quando Ram apre gli occhi, alzo piano il limite osservando il suo viso per cercare conferme. Si morde di nuovo il labbro. Lo prendo come un sì. Le sfilo dolcemente la canotta. La prendo per i fianchi chiedendole in silenzio di rimanere sollevata. Mi riempio gli occhi di lei, della morbidezza delle sue curve, della perfezione delle sue linee.
Sorride e si avvicina di nuovo al mio corpo accarezzandomi il ventre, scendendo sempre più in basso. Non riesco più a frenarmi. Cerco di non essere troppo irruento mentre mi volto facendola sdraiare. Scendo a baciarle il collo, Ram geme mordicchiandomi l’orecchio destro. Il mio desiderio di lei cresce sempre più. La sento sospirare mentre gioco con i suoi  i seni che sento già turgidi. Quando i sospiri si fanno più densi, le sue unghie iniziano a graffiarmi la schiena. Un urletto leggermente stridulo le sfugge dalle labbra, cerca di trattenerlo mordendomi ancora. Sento le sue mani cedere improvvisamente.
La guardo, ha il viso arrossato, tiene gli occhi chiusi in modo stranamente stretto.
 «Tom...» la sua voce è affannata.
«Stai bene?»
Apre gli occhi e si allarga in una risata.
«Benissimo! Non mi era mai capitata una cosa simile. Non così!»
«Non vorrai dirmi che...»
«Invece te lo dico!»
Ride più forte. Mi sdraio accanto a lei e non posso fare a meno di seguirla. Ram si volta e inizia ad accarezzarmi il petto.
«Buona educazione vuole che adesso ci si occupi di te, no?»
Le fermo le mani, non so perché. Credo che una parte di me non abbia desiderato altro da quando siamo entrati in questa stanza, ma qualcosa non è suonata nel verso giusto.
«Ram, fermati!»
«Come? Credevo che...» il suo viso è sbigottito.
«Lo volessi? Certo! Certo che ti voglio!» Riprendo ad accarezzarla. «Sarei un folle a non volerlo. Ram, tu mi piaci, sei fantastica, sei sexy, sei tutto quello che un uomo può desiderare. Ma non voglio che tu faccia qualcosa solo perché io… perché siamo arrivati a questo punto.»
Sorride. Inizia a baciarmi di nuovo, dolcemente.
«Devi promettermi che non farai niente che non vuoi, che qualsiasi cosa succeda, se non ti dovessi sentire a tuo agio o ci fosse qualcosa che non va, tu mi fermerai.»
Annuisce sbadatamente, mentre già mi sta baciando il collo e io sto perdendo di nuovo la connessione con la mia rete neurale.
«Porc… Sapevo dall’inizio che sarei impazzito per te.»
Solo la mia parte bruta sa quanto vorrei chiederle di non fermare la sua corsa mentre con i baci scende verso il mio ventre, di non fermarsi arrivata ai jeans, di slacciarli in fretta e iniziare a fare l’amore immediatamente perché il desiderio di lei mi sta distruggendo. Non lo faccio e non mento se dico che non mi pesa. Voglio solo che lei stia bene.
Mi da un nuovo bacio sulle labbra, poi si ferma a guardarmi negli occhi. Nonostante la fioca illuminazione stavolta non ho dubbi che sia arrossita, mentre la vedo mordersi le guance.
«Che c’è, bimba?» Non so perché l’ho chiamata così, forse perché in questo momento lo sembra un po’.
«Prima di andare avanti, credo che ci sia una cosa che devo dirti.»
Le do un bacio sul naso. Chiamo a raccolta tutta la mia buona volontà per placare il desiderio e non farmi influenzare dal fatto che sia in un letto semi nuda con me… e voglia parlare proprio adesso.
«Ti ascolto.» Sorrido.
«So che magari non ti sembrerà il momento più appropriato, ma...» si morde ancora le guance.
«Ram, se c’è qualsiasi cosa che ho fatto che non ti è andata a genio, dimmelo. Io voglio solo che tu stia bene.»
«Lo so, certo. Proprio per questo devo dirtelo. Non hai fatto niente che non va, ma è necessario che tu sappia una cosa e te l’ho tenuto nascosto fin troppo visto...» si guarda intorno e crea un piccolo circolo in aria tenendo l’indice teso, indicando il perimetro della stanza «...la situazione in cui mi sono decisa a dirtelo.»
«Credo che sia tardi per dirmi che in realtà sei un uomo.» Cerco di buttarla sul ridere, ma il suo discorso mi sta facendo un po’ spaventare davvero.
Ride, ci sono riuscito. Mi da un veloce bacio all’angolo delle labbra.
«Sono una donna, non preoccuparti. Solo che… so che può sembrare strano, ma... sono ancora vergine.»
   
 
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