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Autore: Ohitslouu    07/12/2017    0 recensioni
Io ero morto, non potevo sentire più nulla.
Loro erano vivi, riuscivano a sentire ancora tutto quanto.
Quanto è semplice superare la morte di una persona cara?
Fin dove può portare il dolore?
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Io ero morto, non potevo sentire più nulla.

Loro erano vivi, potevano ancora sentire ogni cosa.

 

PROLOGO

 

Dolore.

Ecco quello che sentivo in quel momento: dolore. 

Molti potrebbero pensare che soffrire per la perdita di una ragazza sia da stupidi e, sinceramente, lo pensavo anche io. 

Però non riuscivo a non farlo. Non riuscivo a non soffrire. Non riuscivo a non pensare a lei. Non ci riuscivo e, questo, mi stava rovinando, lentamente, la vita. 

I miei amici non facevano altro che ripetermi come: "Dai Jin, passerà" o "Non pensarci, troverai sicuramente qualcuna migliore". Insomma, stronzate del genere. Per loro, però, era semplice parlare; loro non sapevano come mi sentivo.

Era da circa due giorni che non dormivo e non ne sentivo nemmeno il bisogno, ad essere sincero. 

Quella notte, però, mi addormentai. Non per molto, ma in quel lasso di tempo la vidi.

La sognai. Sognai la ragazza che mi stava rovinando.

Più andavo avanti e più mi sentivo male. Ultimamente ero tornato dallo psicologo, colui che mi seguiva già qualche anno fa, i miei genitori dicevano di essere preoccupati per me, dicevano che era per questo che mi ci avevano portato di nuovo, ma io sapevo che non era così. Erano preoccupati, sì, ma non per me. Bensì per la loro reputazione, non volevano che gliela rovinassi. Tra l'altro, come biasimarli? Erano una delle coppie più ricche del paese, i loro amici ovviamente erano come loro, se non più importanti. Non potevano permettersi un figlio depresso che li rovinasse.  

Comunque, tornando al discorso dello psicologo, mi aveva diagnosticato nuovamente la depressione, non che fosse mai andata via, sia chiaro. Continuavo a sentirmi triste e vuoto nello stesso momento, continuavo a piangere senza che nessuno se ne rendesse conto, continuavo a non avere le forze nemmeno per uscire dalla mia camera, ma lei era colei che mi aveva aiutato, oltre ai miei amici. Con lei ero riuscito a sorridere di nuovo, non lo facevo spesso, ma era già un passo avanti per me. Forse era per questo che stavo soffrendo così tanto. Lei era andata via, e insieme a lei, era andata via la mia ultima possibilità di essere felice. 

So cosa pensano gli adulti di me: pensano che la depressione a diciotto anni non possa esistere, che noi giovani non possiamo soffrire. Loro fanno tutto facile. Essere giovani, per loro, significa essere felici. 

So anche cosa pensano i ragazzi della mia età: "poverino, chissà cosa gli è successo". Fanno finta di capirmi, mi  dicono sempre cose come: "ti capisco, anche io ero depresso, ma poi passa." Ma loro non possono capire, loro non erano davvero depressi. Loro non hanno idea di cosa significhi. 

 

Quella notte mi ritrovai nel bagno, davanti lo specchio. Ogni volta che mi guardavo allo specchio tutto ciò che provavo era schifo.

Mi facevo schifo. Mi faceva schifo la situazione in cui mi trovavo. Mi faceva schifo la vita.

In quel momento, non riuscii più a ragionare. Presi gli antidepressivi che mi erano stati prescritti. Presi la quantità più grande possibile e la misi in bocca. Quello, probabilmente, fu lo sbaglio più grande della mia vita. 

Un minuto dopo mi ritrovai in auto, stavo guidando, ma non avevo una meta precisa. Dopo un po', però, mi venne voglia di visitare il parco, quello dove andavo sempre da piccolo. Da piccolo mi piaceva andarci, per vedere le farfalle.

 

            

 

Adoravo vederle mentre volavano liberamente. 

 

In quel momento un bel ricordo era tutto ciò di cui avevo bisogno. 

 

Per arrivare al parco, in auto, però mi toccava attraversare un ponte, ma una volta arrivato su di esso  iniziai a sentirmi male. La vista mi si offuscò, non mi sentivo più nessuna parte del corpo. I miei polmoni iniziarono a non funzionare bene. Quindi era questo quello che si provava mentre si moriva? Avevo sempre pensato che avrei visto la luce, che la mia vita mi sarebbe passata davanti ... insomma, tutte quelle stronzate che ti dicono da piccolo. Invece no, era tutto buio ed io, pian piano, iniziai a non sentire più nulla. Persi il controllo dell'auto. Questo era tutto ciò che ricordavo. 

Solo dopo, però, mi pentii di ciò che avevo fatto. Avevo fatto una cazzata. La prima nella mia vita e, a quanto pare, anche l'ultima. 

La mattina seguente non mi sarei più svegliato.

   
 
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