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Autore: laylahsharriz    07/12/2017    0 recensioni
Avevo una qualche strana affinità con l'acqua. Era diventato un momento, estremamente mio, in cui ogni cosa attorno a me si annullava e potevo immergermi per quanto tempo volevo nelle profondità oscure dell'acqua.
Fu proprio per questo grande amore nei confronti dell'acqua che, dopo aver saputo dall'Angente Speciale Supervisore Emily Prentiss che ero entrata nella sua squadra elitaria del BAU, decisi di fare un bagno caldo.
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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▪ ONE ▪



Avevo una qualche strana affinità con l'acqua, probabilmente nata all'età di tre anni quando, forse troppo prematuramente, mia madre aveva deciso che sarei diventata una nuotatrice provetta. Ma, nonostante le nuotate fatte in piscina, lei non ha mai potuto vedere sua figlia in cima al podio, felice per la vittoria appena conquistata. L'acqua era però il mio elemento caratterizzante, come la propria firma sulla carta d'identità o il portafortuna da tenere sempre con sé nei momenti dubbiosi della propria vita. Non ero né una sirena né un tritone, non riuscivo a trasformarmi in un pesce né tanto meno facevo magie con i fluidi. Era solo un momento, estremamente mio, in cui ogni cosa attorno a me si annullava e potevo immergermi per quanto tempo volevo nelle profondità oscure dell'acqua.
Fu proprio per questo grande amore nei confronti dell'acqua che, dopo aver saputo dall'Angente Speciale Supervisore Emily Prentiss che ero entrata nella sua squadra elitaria del BAU, decisi di fare un bagno caldo. Sulla superficie cristallina c'era poca schiuma perché non avevo bisogno di lavar via le emozioni, ma volevo che si impregnassero per bene nella mia pelle. Adoravo la pelle delle mani e dei piedi raggrinzita dopo aver passato ore nella vasca da bagno, come se il mio corpo avesse assorbito più acqua del dovuto, anche se sapevo perfettamente che la percentuale di acqua che il mio corpo aveva era sempre del 50% rispetto al mio peso. O forse 55%, dato che sono sempre stata più magra del normale. Mentre mi immergervo nella vasca e vedevo l'acqua risalire per la conosciutissima Spinta di Archimede - un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l'alto pari al peso del volume di fluido spostato; ripetei mentalmente - mi venne da pensare come la vita sia piena di imprevisti. Credevo fortemente nelle leggi della fisica che dimostravano ogni cosa - o quasi - del mondo che ci circondava, ma allo stesso tempo mi meravigliavo di come a volte la vita prendesse delle strade completamente diverse da quelle che ci eravamo prefissati di percorrere.
La chiamata di Emily Prentiss era proprio una di queste. L'elitaria squadra del BAU era formata dai più esperti criminologi e dottori di probabilmente tutti gli Stati dell'America. Erano un gruppo ben strutturato e coeso, avevano dietro le spalle tantissimi casi a cui erano riusciti ad arrivare a capo e avevano dato giustizia ad ogni vittima incontrata sul loro cammino. Avevano portato davanti al Tribunale la maggior parte dei serial killer da loro ricercati, probabilmente avevano sparato migliaia di colpi di pistola e sicuramente avevano riso tanto insieme, quando il male non entrava nei loro discorsi. Avevano visto dolore e sofferenza, l'avevano provata sulla loro pelle, ma erano sempre riusciti ad uscirne vincitori. Eppure non riuscivo a capire perché hanno dovuto scombussolare la loro comfort zone introducendo nella squadra una ragazzina di 21 anni. Tecnicamente ero uscita dall'età adolescenziale da ormai due anni, ma l'idea di essere messa sullo stesso piano di studiosi e Agenti Speciali in servizio da anni mi irritava parecchio. Poi avevo detto a me stessa che non dovevo farmi problemi di questo genere perché se Emily Prentiss mi aveva voluto nella sua squadra, significava solo che tutti mi avrebbero accolta come loro pari. Ma continuava a non avere senso, non potevo essere uguale agli altri quando non sapevo neanche io il perché della mia candidatura. Non ero un'Agente particolarmente brava nell'Unità, non avevo nessuna specializzazione in criminologia e non conoscevo per filo e per segno tutti i serial killer susseguitisi nel tempo. E questa era una cosa gravissima, perché la mia intera vita si basava sul sapere. Fu proprio in quel momento che capii una cosa che prima mi era sfuggita - maledetta Spinta di Archimede che mi ha distratta -. Capii che il genio ripaga sempre. E stava ripagando davvero bene.
Uscii dalla vasca da bagno e ringraziai con un inchino l'acqua per essere stata ancora una volta il mio momento di affinità con qualcosa di reale che non fosse mia madre o mio fratello e ritornai in camera. Mi ero prefissata che, semmai questo giorno sarebbe arrivato, l'avrei affrontato nel migliore dei modi e che il primo passo per abbattere le barriere sarebbe stata una ricca - ma normale - presentazione alla squadra.

• • •


Nell'esatto istante in cui misi piede per la prima volta negli uffici del BAU, mi dimenticai completamente come ci si presenta. Tecnicamente non ho mai dovuto presentarmi se non alle elementari, sono sempre stati gli altri a farlo per me. Quindi l'idea di dare una buona prima impressione alla squadra stava sfumando lentamente da sotto i miei occhi.
Emily Prentiss mi accolse nel suo studio e quando mi sedetti su una delle poltrone in pelle, mi sembrava di essere davvero tanto piccola e insignificante in quella stanza così piena di cose. Ma era divertente il fatto che quello studio non era pieno di cose materiali, molto probabilmente l'avere tanti oggetti non era uno dei passatempi di Prentiss, ma per di più era impregnato di parole e memorie. Ed era come se tutto questo mi schiacciasse verso il fondo della poltrona, o semplicemente era la forza di gravità che mi spingeva verso il basso, complice anche il tessuto vissuto su cui ero seduta. Emily Prentiss mi guardava dall'altra parte della scrivania e forse osservava più particolari possibili di me: passava in rassegna la mia tracolla di cuoio che stringevo al petto, i lunghi capelli corvini spettinati - dovevo ascoltare mia madre e farmi una coda, maledizione - e la mia pelle diafana.
« Benvenuta nella squadra. Ti troverai bene. Non essere spaventata da noi o dalla nostra esperienza. Se sei qui ci sarà sicuramente un motivo. » mi disse ad un certo punto Prentiss, sorridendomi.
« Un motivo, certo. » ripetei. Volevo proprio sapere quale fosse questo mistico motivo, dato che io non ne avevo trovato uno valido in sette ore.
« Vieni, ti presento agli altri. »
Uscimmo dallo studio e Prentiss mi precedette portandomi verso la sala bar, dove la squadra stava allegramente sorseggiando del caffè caldo.
« Buongiorno a tutti. Prima di iniziare con le solite mansioni, vorrei presentarvi la nuova Agente della nostra squadra. Lei è Laylah Evans. » Prentiss era al mio fianco e io iniziai a stringere a tutti la mano. « Purtroppo all'appello manca il nostro Tecnico Garcia, ma credo la riconoscerai facilmente. Loro sono gli Agenti Rossi, Alvez, Reid, Simmons e Jerau. »
« Chiamami pure JJ. » mi disse la donna bionda, sorridendomi, ed io annui.
Poi rimasi completamente immobile, senza sapere cosa dovessi fare, mentre loro mi guardavano come se volessero qualcosa di specifico da me. Li guardai attentamente, uno ad uno, poi mi ricordai che dovevo fare una presentazione ricca, ma normale.
« Oh emh ... sì, tecnicamente il mio nome completo è Laylah Charlotte. Questo perché Laylah è un nome che deriva dall'arabo e significa 'notte', ma forse questo non vi interessa. Però deriva dall'arabo quindi mia madre mi ha dato come secondo nome uno completamente americano, uno dei più usati qua. Questo per il terrorismo e ... no? » mi bloccai quando vidi le loro facce perplesse, e fu strano pensare che loro non sapessero nulla sul terrorismo arabo nei confronti dell'America, quindi continuai « Beh, il terrorismo, in questo caso islamista, è una forma di terrorismo religioso praticato da diversi gruppi di fondamentalisti musulmani e .. » mi bloccai di nuovo, questa volta perché qualcuno stava ridendo. Era l'Agente Rossi.
« Sappiamo cos'è il terrorismo Laylah, e no, non stavo ridendo per te. » mi disse immediatamente, forse perché voleva evitare che pensassi che mi stesse prendendo in giro. Strano, dato che tutti lo facevano a causa della mia vasta conoscenza.
« Ehi Spence, credo che hai trovato filo da torcere. » questa volta aveva parlato JJ, rivolta all'Agente che aveva vicino, di sicuro il più giovane tra loro.
« Cosa? Io .. non ho capito... » iniziai, forse con un tono di voce troppo bambinesco.
« No, tranquilla, niente. Solo che il dottor Spencer Reid è un genio con 187 di QI, ha una memoria eidetica e può leggere circa 20,000 parole al minuto. » Rossi continuò a parlare, e ogni volta che aggiungeva qualcosa alla lista alzava un dito dalla sua mano destra.
« Uhm, io sono solo un genio. » risposi naturalmente guardando l'Agente Reid. Poi sorrisi perché la mia voleva sembrare una battuta, ma di sicuro lui non aveva colto la mia ironia. Normale, succedeva sempre.
« Essere un genio significa avere una particolare attitudine per qualche cosa e, generalmente, questo termine ci viene dato da persone terze. Bisogna sempre vedere quanto si è geni veramente per noi stessi. » Spencer Reid iniziò a parlare, con una velocità al di fuori del normale, e uscì fuori dalla sala bar con la stessa agilità che mi sembrava si fosse smaterializzato in un secondo. Le sue parole avrebbero dovuto buttarmi giù psicologicamente? Forse sì, forse era questa la sua intenzione, ma non era riuscito nel suo intento. L'unica cosa che pensai di Spencer Reid quando lui era ormai seduto chino sulla sua scrivania era che fosse un bravo genio, probabilmente alla portata di tanti altri che avevo conosciuto nella mia breve vita.
« Scusalo, non accetta il fatto che ci sia qualcuno bravo quanto lui. » Alvez si avvicinò a me e con un leggero tocco dietro la schiena mi condusse vicino alla mia scrivania « Ti troverai bene qui. » mi disse infine, sorridendomi.
Era la seconda volta nell'arco di tredici minuti che mi veniva posta questa affermazione, come se ci fosse uno spirito maligno nella mia mente a farmi pensare il contrario. Il che era strano perché 1) gli spiriti non esistono, e 2) se esistessero gli spiriti maligni non sarebbero di sicuro nella mia testa, oppure non sarei mai entrata in questa squadra.
  
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