Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: _Kalika_    07/12/2017    1 recensioni
La storia non tiene conto dei fatti ne "Le Sfide di Apollo"
Will è in preda ai sintomi di una terribile malattia, una maledizione che colpisce alcuni figli di Apollo… le possibilità di sopravvivenza sembrano scarse, ma Nico non intende perderlo. Riuscirà il figlio di Ade a superare le prove proposte, compreso lo scontro con un odiato nemico?
*
*
*
«Che intendi dire?» Nico strinse il Ferro dello Stige, alternando lo sguardo tra la figura che si dimenava debole e l’ombra.
«Ti sarà richiesto soltanto un sacrificio. Devi scegliere tu se sei disposto ad accettare»
«Di cosa stai parlando?» Chiese ancora, irritato. L’ombra non rispose. Si mosse appena, poi scomparve con un risucchio nel terreno.
*
*
«Sono ancora uno stupido, Raggio di Sole?»
Il figlio di Ade sbuffò, riappoggiando il capo sulla maglietta arancione del biondo. «Sì, moltissimo. Anche se non è stata tutta colpa tua.»
«Ah, no?»
«No. Probabilmente gli dei avevano già deciso che avresti fatto la stupida azione che hai fatto.»
«Mh. Quindi ti sei sbagliato a darmi uno schiaffo, prima.»
«No, non sto dicend…»
«E ti devi far perdonare.»
«Non…»
«Facciamo così: se farai un’azione più stupida della mia, allora potrò restituirti il torto.»
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cupido, Eros/Cupido, Nico di Angelo, Nico/Will, Nuovo personaggio, Will Solace
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il Frutto del Sacrificio – Cap 1
 
 
 
 
 
Una piazza circondata da colonne colorate si ergeva tutto intorno a lui. Sul fondo, un arco a volta formato da pietre colorate, con grandi mura ai lati. Anch’esse erano vistosamente decorate: affreschi ritraenti scene di un banchetto festoso, due persone sedute su una grande poltrona che si tenevano per mano, il tutto circondato da uccellini colorati e cornucopie piene di succosi frutti. L’arco portava all’ingresso di una grande casa.
Nico camminò nervoso lungo il pavimento lastricato della piazza, facendo vagare lo sguardo dal cielo azzurro fino alle colonne. Nonostante l’atmosfera gioiosa, c’era qualcosa che non andava in quel posto.
Qualcuno sussurrò alle sue spalle, ed il figlio di Ade si voltò per trovarsi di fronte all’aria. Un leggero venticello dall’aroma dolciastro gli passò sul collo.
Il ragazzo tornò con il busto rivolto all’arco di pietra. Aumentò il passo, dirigendosi verso di quello che ancora distanziava di una cinquantina di metri, quando un’ombra dalle fattezze umane gli bloccò la strada, arrestandosi di fronte a lui. Nico indietreggiò appena, percependo l’essere come una minaccia.
Sguainò il Ferro dello Stige lentamente, mentre fissava ancora la figura e cercava di individuarne i lineamenti. Impresa vana: sembrava che il suo volto, così come la forma del suo corpo, variasse in continuazione, risucchiato dall’alone nero.
«Chi sei?» Urlò.
L’ombra non rispose.
Sembrò ondeggiare avanti e dietro, in un movimento ipnotico e confuso che fece venire a Nico la nausea. La sua visione si distorse, e l’arco di pietra davanti a lui si trasformò in un solido muro di mattoni incrostati di muffa.
Passò ancora qualche istante, in cui il figlio di Ade tentò di rendere più nitido ciò che vedeva sfocatamente davanti a lui, poi dal muro emersero dei filamenti di ferro che si intrecciarono a formare due pesanti catene. Contemporaneamente si formò dal nulla una figura indistinta, più fumo che materiale solido, dalle chiare fattezze umane. Emanava un bagliore rassicurante, ma non appena prese più consistenza le catene di ferro si strinsero ai suoi polsi, mentre un collare di avviluppava sul suo collo.
L’essere crollò a terra, perdendo parte del dolce tepore che emanava.
«Non si salverà, a meno che tu non lo voglia» L’ombra parlò, ma furono più le frasi a formarsi direttamente nella testa di Nico. Era una voce cupa ma al contempo affascinante, che fece tentennare il figlio di Ade.
«Chi è?» Non riusciva neanche a capire se la figura incatenata fosse un uomo od una donna, tanto era mutevole la sua forma, ma Nico era del tutto intenzionato a liberarla.
«Non puoi salvarlo ora» Come se gli avesse letto nel pensiero, l’ombra ignorò la domanda. «Ma se, quando sarà il momento, vorrai farlo, nessuno te lo impedirà.»
«Cosa intendi dire?» Nico strinse il Ferro dello Stige nervoso, alternando lo sguardo tra la figura che si dimenava debole e l’ombra.
«Ti sarà richiesto soltanto un sacrificio. Devi scegliere tu se sei disposto ad accettare»
«Di cosa stai parlando?» Chiese ancora, irritato. L’ombra non rispose. Si mosse appena, poi scomparve con un risucchio nel terreno.
Il figlio di Ade non perse tempo. Provò a correre verso il muro, ma si rese conto che le gambe non gli obbedivano. Cadde in ginocchio con un sussulto, mentre la pietra sotto di lui si apriva in una voragine, inghiottendolo.
Non abbassò lo sguardo. Sapeva cosa c’era sotto di lui.
Lanciò un ultimo sguardo alla figura luminosa, poi si concentrò e la sua essenza volò via, fluttuando libera nell’etere dei sogni.
 
Aprì gli occhi trasalendo. Avrebbe voluto riflettere sul sogno appena fatto, ma non ne ebbe l’occasione. Non appena fu completamente cosciente, capì subito che qualcosa non andava; probabilmente fu per la matassa di capelli biondi che si ritrovò a pochi centimetri dal volto, o forse per la mano abbronzata e coperta di lentiggini che gli stringeva spasmodicamente la maglietta all’altezza del petto.
Cosa ci faceva Will ancora lì, nella casa di Ade insieme a lui? Non che fosse un problema, ma a giudicare dai rumori fuori dalla cabina era già mattina, forse ora di colazione, ed il figlio di Apollo era sempre stato molto attento a tornare nella sua casa prima dell’alba per non farsi beccare dalle arpie o dai fratelli.
Il moro fece per scostare rapido la mano di Will dal suo petto, ma si pietrificò quando la sentì innaturalmente bollente al tatto. Va bene che i figli di Apollo emanavano sempre un certo tepore, ma quella temperatura era decisamente troppo alta per un qualsiasi mortale o semidio. Nico si mise allarmato in ginocchio sul letto, inquadrando finalmente il corpo di Will e soffocando un’imprecazione: il biondo tremava e sussultava in un bagno di sudore, con gli occhi chiusi in un’espressione sofferente ed il volto arrossato in modo allarmante.
«Ehi, Will!» Nico gli posò una mano sulla fronte, ritirandola subito dopo per il contatto con la pelle bollente del compagno.
Com’era possibile? Un figlio di Apollo, per di più uno dei migliori guaritori, malato?
Non ebbe il tempo di rifletterci, perché qualcosa – poi riconosciuto come la mano di Will – gli agguantò il polso facendolo trasalire. Sotto lo sguardo attento di Nico, portò la mano del figlio di Ade all’altezza del collo lentigginoso, posandola sopra come una pezza gelata e facendola poi passare per il viso e la fronte. L’espressione dolorante si distese, mentre il respiro affannato si calmava un poco.
«Nico..» Il biondo alzò lo sguardo stralunato su di lui, affaticandosi a cercare le parole in quello stato di semi-coscienza: «I miei fratelli.. chiamali…»
Richiuse di nuovo gli occhi con un sospiro, lasciando la mano del moro. Lui si riprese e si vestì in tutta fretta, correndo poi alla casa di Apollo come una bufera.
 
Aprì Helen, una semidea dell’età di Will, con ancora indosso i pantaloncini del pigiama ed i capelli biondi ingrovigliati tra loro. «Nico, ti serve qualcosa? Gli altri sono appena andati a fare colazione, tra un po’ inizio il turno in infermeria.»
Il figlio di Ade riferì in fretta quanto visto poco prima, tentennando appena quando vide gli occhi della ragazza farsi carichi di preoccupazione. Helen uscì dalla casa ancora prima che potesse finire il racconto, prendendo Nico per mano ed intimandolo a portarlo da Will.
Vista l’espressione della bionda, il ragazzo non esitò a portarla nella sua cabina, ma raggelò quando, aperta la porta, vide il letto vuoto con le lenzuola sparse sopra disordinatamente.
«Dove…» Un rumore raccapricciante proveniente dal bagno della casa troncò la domanda sul nascere. Nico ed Helen si precipitarono nel punto d’origine del suono, e trovarono Will piegato sul gabinetto, scosso da continui ed interminabili conati di vomito, il volto di una terrificante sfumatura verdognola e le lacrime che scorrevano libere sul viso contratto.
«Oh, Will!» Helen si inginocchiò al suo fianco chiamandolo con voce rotta, sostenendogli la testa ed accarezzandogli la schiena con fare protettivo.
Nico rimase indietro, pietrificato sulla porta. Fece saettare lo sguardo per la stanza, fino a che non si soffermò su Will e si maledì di averlo lasciato solo anche per pochi minuti.  Tremò quando la sua vista percepì un particolare per niente rassicurante. «Sta.. sta vomitando sangue.»
Helen annuì febbrilmente, senza smettere di sussurrare parole rassicuranti al biondo. Dopo un po’ i conati parvero fermarsi per qualche minuto, ma Will non era abbastanza cosciente da accorgersi della presenza della sorella al suo fianco. Lei tuttavia gli pulì la bocca con uno straccio, poi tirò fuori dalla tasca un medicinale mortale, una pastiglia, che fece ingoiare al ragazzo con un’espressione appena corrucciata.
Passarono pochi istanti in cui Nico si permise di tirare un sospiro di sollievo, ma poi il biondo si affacciò di nuovo al gabinetto e continuò a rigettare, il corpo scosso in continuazione da tremiti.
Fu allora che Nico se ne rese conto. «Perché non lo curi con la magia o l’ambrosia?»
«Cosa?»
«Perché non gli fai passare la malattia, o quello che è? Non vi basta una canzoncina in greco, a voi figli di Apollo?»
La semidea alzò allora lo sguardo lucido su di lui, scuotendo piano la testa. «No, non basta, con questo..»
Nico strinse i pugni, cercando di ignorare la rabbia che gli provocavano quelle risposte enigmatiche. «“Questo”? Che cos’è “questo”?»
Helen parve intimorita dall’espressione del figlio di Ade. Aprì tremante la bocca per rispondere, ma prima che potesse pronunciare parola fu interrotta da Will. Si rialzò in piedi barcollando con sguardo vacuo, seguito a ruota dalla sorella che sorresse il suo peso, e si diresse verso il lavandino per sciacquarsi il viso. Nico si dimenticò all’istante della rabbia, si avvicinò ai due e tirò fuori da un armadietto lo spazzolino di Will, passandolo alla semidea perché lo aiutasse a lavarsi un poco, poi uscì per prendere da un cassetto una maglietta di ricambio, anch’essa appartenente al biondo. Fu sorpreso di scoprire quante cose di proprietà del ragazzo – del suo ragazzo – fossero presenti nella sua cabina, e del fatto che lui le tenesse lì come la cosa più naturale del mondo. Quando tornò in bagno con il cambio in mano, Helen stava tentando amorevolmente di togliere la maglietta imbrattata di sangue al fratello, e la ragazza sorrise appena quando Nico gli passò il panno.
 
Will crollò letteralmente sul letto del figlio di Ade, mentre questi gli rimboccava le coperte. Helen gli diede una pezza bagnata che passò sul collo del ragazzo, poi sull’intero viso e infine sulla fronte accaldata. Gli accarezzò piano la testa, scostandogli i capelli dal volto intriso di sudore.
Cos’hai…?” Nico poggiò la testa sul letto accanto al biondo, come incantato dal movimento ipnotico delle dita sui suoi capelli.
«Dovremmo portarlo in infermeria» La voce di Helen lo riscosse dal torpore. «Lì abbiamo alcuni degli strumenti che ci servono.» Continuò poi.
Si era legata i capelli in un frettoloso chignon, che gli dava un’aria molto più professionale. Nico si chiese quale fosse il motivo di tanta serietà, anche se non era sicuro di volerlo sapere.
Si alzò in piedi, nonostante anche così fosse più basso della semidea, e borbottò lievemente imbarazzato: «Va bene. Ma se Chirone verrà a sapere che… ecco, che si trovava nella mia cabina..»
Helen sorrise appena. «Per quanto mi riguarda, ho trovato Will febbricitante in infermeria, da solo, e allora ti ho chiamato. Ti va bene?»
«Direi di sì. Grazie.» Si guardò intorno circospetto, scrutando attraverso la finestra il campo di basket visibile dalla cabina. «Ma gli altri…?»
La figlia di Apollo sollevò una mano, e delle nubi bianche coprirono il corpo di Will e si avvilupparono lungo le gambe dei ragazzi. Foschia.
«Nessuno ci noterà. E noi della casa di Apollo non lasceremo passare una parola.» Gli fece l’occhiolino, ritrovando il sorriso. «D’altronde, sono mesi che copriamo le vostre scappatelle.»
Nico sentì il volto andare a fuoco e si voltò di spalle, mentre Helen ridacchiava e si avvicinava al fratello.
 
Non fu facile trasportare Will in infermeria, e quando lo adagiarono su uno dei lettini non sembrava neanche aver ripreso un po’ di colore. Se ne stava lì, un po’ delirante, con il volto a tratti arrossato e a tratti pallido, senza dare segni di coscienza a Nico che lo osservava mezzo stordito.
«Che cosa gli è successo?»
Helen gli comparve al fianco allacciandosi il grembiule da infermiera. Ignorò la domanda, trasse da una tasca un termometro e lo mise in bocca al fratello. Poi si chinò sul comodino accanto al letto, scribacchiò pensierosa alcune parole su un foglietto di carta e per finire posò sul banco un paio di flaconi contenenti medicinali mortali. Descrisse brevemente a Nico cosa somministrare al biondo nel caso si fosse svegliato, e se ne andò dicendogli di cambiare gli abiti di Will con una delle tuniche da pazienti.
Non appena la porta si richiuse dietro di lei il figlio di Ade obbedì borbottando, sfilando non senza difficoltà la maglietta da poco cambiata del ragazzo e ripiegandola – o tentando di farlo – sul comodino. Diede una rapida occhiata al termometro che saliva velocemente, poi si avvicinò per sbottonargli i pantaloni distrattamente.
«Whoa, Nico, capisco tutto, davvero, ma siamo in infermeria. Trattieniti.» La voce divertita e appena affannata fece alzare di scatto la testa al figlio di Ade, che incontrò gli occhi azzurro cielo di Will e arrossì violentemente. Due volte nel giro di neanche un’ora. Quei figli di Apollo erano davvero pericolosi.
«Idiota!» Nico allontanò imbarazzato le mani dalla patta del compagno, sedendosi di peso su una sedia accanto al letto. «Come stai?»
«Tutto acciaccato» Rispose corrucciato il biondo mentre finiva di cambiarsi d’abito. Raccolse dal grembo il termometro che gli era caduto di bocca, e aggrottò la fronte quando controllò la temperatura. «Cosa mi è successo?»
Nico rammentò quanto successo poco prima e rabbrividì, pensando all’espressione assente del figlio di Apollo. «Sei stato male. Molto male. Hai la febbre?» Si sporse appena cercando di vedere il risultato del termometro, ma si ritirò non appena si ricordò dei medicinali sul comodino. «Helen ha detto che devi prendere queste cose.»
Will lanciò un’occhiata ai flaconi ed annuì lievemente tirando su col naso, mentre il moro si alzava per prendere un bicchiere d’acqua con cui fargli ingoiare le pastiglie. «Avranno effetto sì e no tra un’ora, ma intanto mi verrà un po’ di sonnolenza.» Borbottò fra sé e sé, osservando poi il figlio di Ade avvicinarsi ed aiutarlo a stare dritto mentre gli accostava il bicchiere alle labbra. «Che bravo che sei, Nico, potrei nominarti mio assistente…» rise appena, ma notando l’espressione preoccupata del ragazzo si rifece serio. «Ehi, che c’è? Non ti facevo così sentimentale, Raggio di Sole.»
«Finiscila. Mi hai fatto preoccupare, prima. Non mi hai neanche detto se hai la febbre o no.»
Will finì di inghiottire l’ultima medicina e sorrise appena. Si sporse verso il figlio di Ade e lo baciò leggero sulle labbra, per poi mormorare: «Dimmelo tu.»
«In che senso?»
«Nel senso che voglio che me lo dici tu. Non mi fido del termometro.» Mentre parlava si stese di nuovo, senza staccare il contatto visivo con il ragazzo.
Un medico che non si fida del termometro… questa è bella. Tuttavia Nico obbedì e fece per posare la sua mano sulla fronte del biondo.
«No, non così» si ritirò lui.
«No?»
«Devi posare le labbra sulla fronte.»
«Stai scherzando?» Il moro incrociò le braccia incredulo, mentre l’altro si concesse un sorriso.
«Forse. Ma adesso consideralo vero. Le labbra percepiscono meglio la temperatura reale.» Questa volta non sfuggì al figlio di Ade come l’altro riprese fiato, affannosamente, mentre un brivido lo scuoteva da capo a piedi.
Alla fine il moro acconsentì borbottando a seguire le istruzioni, posando le labbra sulla fronte lentigginosa, che dopo qualche secondo si spostò appena. «Sei freddo, Raggio di Sole.»
Nico si accigliò. «No, sei tu troppo caldo!»
«Uhm..» Non ribatté, ma si sistemò meglio sul letto e fece segno a Nico di fare lo stesso. Il ragazzo esitò appena, ma poi si distese accanto a lui e coprì entrambi con la coperta, mentre il biondo posava la testa sul suo petto tutt’altro che muscoloso. Il figlio di Ade rispose in automatico all’impulso portando le mani fra i riccioli dorati e sul collo arrossato, accarezzandogli piano il capo.
«Non è che poi mi contagi?» Borbottò ad un tratto. Non che gliene importasse. Si sarebbe preso mille volte la peste pur di stare con lui, anche se non l’avrebbe ammesso ad anima viva. E nemmeno ad una morta, non ci si può mai fidare dei fantasmi.
«No» Rispose subito Will con un filo di voce, mortalmente serio.
«No?» ripetè Nico. «Quindi sai che genere di malattia hai?»
Probabilmente il figlio di Apollo avrebbe risposto, ma una scarica di tosse gli bloccò le parole in gola. Si raddrizzò all’istante, con una mano sullo stomaco e l’altra sulla bocca, seguito a ruota da Nico al quale si appoggiò con tutto il suo peso.
Il figlio di Ade si voltò subito verso il comodino dove prese un fazzoletto quando, inorridito, vide Will allontanare la mano dalla bocca e trovarla imbrattata di sangue.
«Oh dei, Will…» Accarezzò lentamente la schiena del ragazzo semi-cosciente quando finì di tossire, aiutandolo a tamponarsi le labbra dipinte di rosso e poi a ridistendersi sul letto. Questa volta Nico scese dal materasso, lasciando più spazio al compagno, poi si avvicinò e lo baciò appena sotto gli occhi, intrappolando fra le labbra alcune delle lacrime che erano sfuggite al biondo per lo sforzo muscolare del volto.
Posò una pezza bagnata sulla fronte del ragazzo, poi si sedette di nuovo contemplando il petto di Will alzarsi e abbassarsi affannosamente. Che fine aveva fatto Helen, adesso che il fratello aveva il bisogno di un medico?
La risposta non tardò ad arrivare. Dopo soli pochi minuti la porta dell’infermeria si aprì. Entrò la semidea con due brioches in mano e Chirone sulla sedia a rotelle al seguito.
Lanciò un’occhiata al fratello, a Nico, ai medicinali aperti sul comodino e poi nuovamente a Nico, prima di dichiarare: «Non appena Will si riprenderà un poco, ci vediamo nella sala assemblee. Dobbiamo parlare.»
 
 
 
 
 
 
*** Angolo dell’Autrice ***
Ave, fan di Percy Jackson! Questa è la prima storia che scrivo sul fandom di PJ, nonché la prima “long” (intendo farla di circa 6-7 capitoli) della mia vita.
Okay, non è esattamente la prima, ma se non altro è la prima che pubblico e che ho intenzione di concludere. Questo perché avevo provato, qualche annetto fa, a scrivere qualcosa di molto lungo sulla Marvel, ma visto che non mi ero creata una trama vera e propria su cui lavorare non sono mai riuscita a finirla.
Adesso invece, dopo aver passato circa un anno a base unicamente di One Shot, torno con una trama già definita e più decisione.
Non so con quale frequenza aggiornerò, probabilmente il prossimo capitolo potrebbe comparire anche dopo Natale, perché devo prima finire un paio di Challenge su One Piece per potermi dedicare a questa storia con l’impegno che vorrei.
Ma passiamo alle cose importanti: vi prego di non uccidermi. Non è colpa mia, non l’ho voluto io maltrattare Will. Si tratta della mia ispirazione. È molto pericolosa, sappiatelo, perché se seguirete la storia la rivedrete.
Detto questo, spero di ottenere qualche recensione: essendo come ho già detto la prima long, spero di non combinare pasticci... o nel caso che qualcuno me lo faccia notare!
Al prossimo capitolo,
_Kalika_
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: _Kalika_