Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ellery    07/12/2017    1 recensioni
Francia, Marzo 1942 - Un piccolo caccia della Royal Air Force viene abbattuto nella campagna francese, lungo il Fronte Occidentale. Per i due piloti non c'è alcuna speranza: catturati da una brigata tedesca, torturati per informazioni su una importante azione militare degli Alleati. Allo spietato capitano Weilman si contrappone il Maggiore Erwin Smith, altrettanto desideroso di ottenere informazioni; almen fino a che qualcosa non scatterà nella mente del giovane ufficiale, portando alla luce vecchi debiti e promesse.
Aveva cercato in tutti i modi di tenere su l’aereo, tirando al massimo la cloche, sterzando ripetutamente per non costringere il piccolo caccia allo stallo, ma era stato tutto inutile: le ali non riuscivano a catturare correttamente l’aria, trapassate come erano, mentre dal motore usciva una scia di fumo nero.
La ff, a più capitoli, si propone di partecipare alla Challenge AU indetta sul forum da Donnie TZ. Prompt: Historical AU! IIWW = seconda guerra mondiale.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Farlan, Church, Hanji, Zoe, Irvin, Smith
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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35. Operazione Chariot
 


Marzo 1942. Repubblica di Vichy. Base Alleata di Limoges.


L’ufficio del generale non era altro che una misera stanza, ospitata in una baracca di legno; sobrio, quasi anonimo, non presentava altro che un tavolaccio a fungere da scrivania ed un paio di sedie per far accomodare eventuali ospiti. Non vi erano mensole, né librerie. Soltanto una sputacchiera faceva capolino nell’angolo accanto ad un finestra dai vetri smerigliati.
Erwin si accomodò su una seggiola, sussultando al cogliere il cigolio delle vecchie gambe.

«Non vi preoccupate, maggiore. Ha retto pesi più grandi del vostro.»

Darius Zackley sedeva in una sgangherata poltrona, la cui imbottitura sfuggiva da strappi lungo i braccioli e lo schienale. La stoffa, di un terrificante color senape, sembrava sul punto di cedere definitivamente.

«Chiedo scusa.» bofonchiò comunque Erwin, studiando sottecchi al figura dell’uomo davanti a sé.

Il generale doveva aver oltrepassato i sessant’anni, senza dubbio. Il viso squadrato era accompagnato da folti capelli argentati, che scendevano oltre la nuca e contornavano le orecchie scivolando in una spessa barba. Il naso aquilino reggeva degli occhiali tondeggianti, dalla semplice montatura in corno chiaro. Lo sguardo, grigio quanto il cielo in tempesta, stava ancora studiando alcune carte. Nel complesso, il generale era una persona corpulenta: l’addome pingue premeva contro i bottoni della camicia, le cui maniche erano state arrotolate sugli avambracci muscolosi. Ad una prima occhiata, regalava l’idea di un personaggio pigro e piuttosto sciatto; era incredibile come quell’uomo fosse, invece, il capo supremo dell’esercito Alleato in Francia; come gestisse le trame alle spalle del governo di Vichy che, nonostante le tendenze filotedesche, era a conti fatti un ammasso di burattini nelle mani delle alte cariche americane e inglesi. La Repubblica, in fondo, era nata come una mansueta pecora al pascolo: sorretta da persone che non volevano guai con la vicina Germania, ma che, al tempo stesso, non erano riuscite a conservare il loro potere. La Repubblica, così, si era ritrovata ad essere agnello e lupo ad uno stesso tempo.

«Non c’è bisogno di scusarsi.» Zackley accantonò finalmente i rapporti, dedicandogli attenzione «Pare abbiate fatto un lungo viaggio, maggiore; e soltanto per parlare con me. Perché? In Germania non vi pagavano abbastanza?»

«Posso assicurarvi che il mio stipendio era più che soddisfacente.» Erwin rimase impassibile, aggiungendo alle replica soltanto un mesto sorriso. Non sarebbe caduto in provocazioni simili. «Se sono qui, è solo perché devo un favore ad una persona, che ci ha rimesso la vita per portarvi queste informazioni. Vi pregherei di ascoltarmi, quindi; e senza ironie di sorta, se possibile. È una questione della massima importanza e sono certo che non sminuirete il valore di quanto sto per dirvi.»

«Parlate, dunque. Sono tutto orecchi.»

Erwin raccontò. Si sforzò di non tralasciare nulla, alcun dettaglio. Parlò del ritrovamento dello Spitfire, della cattura degli inglesi; di come fosse riuscito a salvare soltanto Levi e come fosse venuto a conoscenza dell’Operazione Chariot. Il pilota aveva dunque spifferato l’intero piano? Sì, ma perché costretto e per salvare un compagno d’armi. Non era stato un tradimento intenzionale, anzi. Levi stesso aveva vagato per l’Europa, attraversando la Francia con ogni mezzo per cercare di raggiungere Limoges il prima possibile.
Perché il signor Ackerman non era lì? Come detto, era caduto durante uno scontro con il capitano Weilman, da giorni sulle loro tracce. Il capitano era a conoscenza dell’Operazione? Sì, naturalmente. L’aveva, anzi, riferita a Berlino prontamente. L’intera Operazione era in pericolo: occorreva annullarla o studiare un nuovo piano da capo.
Il signor Smith sarebbe stato tanto gentile da fornire una strategia alternativa? No.
Perché? Perché il signor Smith era stanco di sporcarsi le mani del sangue altrui; era stanco di vedere il proprio nome legato a stragi senza fine, a famiglie distrutte e corpi dilaniati. No, non era disposto ad aiutarli.
Perché il signor Smith aveva aiutato un pilota inglese a scappare? Che cosa guadagnava da tutta quella faccenda, se non il disprezzo dei connazionali ed il titolo di disertore?

«Queste non sono questioni che vi riguardano, generale. Con il dovuto rispetto, è una faccenda che lega la mia famiglia a quella degli Ackerman.» Erwin rilassò la schiena contro la seggiola, espirando lentamente. Era finita? Sì. Aveva narrato tutto, nei minimi dettagli. Si era sforzato d’essere esauriente, di rispondere a tutte le domande del generale, di fornirgli ogni ricordo. Aveva parlato di Nile, della famiglia Jaeger, della piccola Christa e di Mike e Nanaba. Aveva cercato di non dimenticare nulla. Alla fine, però, era giunta quella domanda scomoda: perché aveva aiutato Levi? Forse, non era ancora in grado di rispondere. Per salvare un vecchio debito? Sì, almeno… inizialmente. Poi, per cosa? Aveva usato quella faccenda come una valida scusa per allontanarsi dalla Germania, per abbandonare quegli ideali che iniziavano ad andargli stretti; per cercare di riscattarsi, di salvarsi e di salvare il proprio Paese passando per la distruzione d’entrambi. Non era sicuro di volerlo spiegare ad un estraneo ed un nemico.

«D’accordo. Per il momento è sufficiente, maggiore.» Zackley poggiò il mento sulle mani incrociate, con aria solenne «Vi prego, tuttavia, di riconsiderare la mia offerta. Abbiamo poco tempo per rivalutare l’intera Operazione Chariot. Siete certo di non volerci aiutare?»

«Sissignore.»

«Potrei chiudere un occhio sulle vostre origini e sul vostro passato, comprendete? Siete… quel genere d’uomo che apprezzo, maggiore Smith: risoluto, forte, deciso e… spietato, all’occorrenza. Mi rammaricherebbe alquanto dover agire contro di voi; e sono sicuro che non desiderate attendere la fine della guerra in un campo di prigionia.»

«Non rientra nei miei progetti, tuttavia… devo declinare. Ho già tradito il mio Paese una volta; non chiedetemi di farlo ancora.»

«Temo di non avere altra scelta, allora. Le informazioni che ci avete portato sono preziose, ma credo non siano sufficienti a cancellare Hannut.»
 

***
 

Il carcere della base era ospitato in una baracca stretta e lunga, attorniata da un doppio giro di filo spinato. Una precauzione abbastanza inutile, considerato che erano praticamente vuote. Chi avrebbe dovuto scappare da lì? I ratti, tutt’al più. A giudicare dai piccoli escrementi che costellavano il pavimento della prigione, dovevano esservene a bizzeffe.

Erwin saggiò con cautela l’unico sgabello della cella; a dispetto delle apparenze, sembrava più solido di quello nell’ufficio del generale. Tuttavia, pareva essere l’unica cosa pulita in quei pochi metri quadri che gli erano concessi. Il giaciglio non era altro che un materasso rovesciato a terra, coperto di macchie e infeltrito dall’umidità. Vi era una brocca sbeccata con dell’acqua stagnante, dove una mucillaggine verdastra galleggiava placidamente. L’unica finestra era posta troppo in alto perché potesse guardare all’esterno, mentre verso l’interno la cella era delimitata da sbarre arrugginite e scrostate, a cui non si era nemmeno avvicinato.

In tutto ciò, era l’unico ospite del complesso. Nessun altro era stato tanto stupido da farsi imprigionare lì dentro. Si stupì, dunque, quando colse la porta d’ingresso spalancarsi con un sonoro tonfo e dei passi pesanti attraversare il corridoio.

«Tu sei tutto suonato!» la figura di Mike riempì lo spazio della porta, le mani aggrappate nervosamente alle sbarre rugginose «Che diamine ti salta in testa?! Vuoi morire qui? Vuoi farti deportare? Cazzo, Erwin! Non ti riconosco più.»

«Non toccare quelle cose; sono luride e potresti prenderti un’infez…»

«Risparmiami la predica! Morirai di colera prima tu, stando qui dentro! Perché hai rifiutato l’offerta di Zackley? Ci tieni così tanto a passare per il martire della situazione?»

«Non urlare. Ci sento, sai?» Erwin abbandonò lo sgabello, muovendo qualche passo verso l’amico «Perché sono stanco, Mike. Sono stanco di dover combattere con i fantasmi, di dovermi sporcare le mani e la coscienza per gli altri; il mio fardello è già abbastanza grande, senza che vi aggiunga le lacrime di altre vedove e il dolore di altre madri.»

«Pensi che tirandoti indietro riuscirai ad evitarlo? Credi che nascondendoti salverai delle vite? Forse ne condannerai il doppio, invece. Condannerai quelle di questi ragazzi che hai visto in mensa, di quelli che ci hanno salutato all’ingresso, dato un passaggio per arrivare fin qui e…»

«Lo so! Credi che non ci abbia riflettuto? Ma… sono davvero esausto. Non voglio progettare un altro massacro. Un’altra carneficina firmata a mio nome.»

«E l’Operazione Chariot?»

«Ho consigliato a Zackley di annullarla, piuttosto.»

«Ma… potrebbe decidere le sorti della guerra! Te ne rendi conto? Questa guerra potrebbe durare ancora un anno, due, cinque… non possiamo saperlo, ma… se Chariot fosse un modo per accelerarla? Non credi sarebbe giusto darle una possibilità? Salveresti più vite future, sacrificandone qualcuna oggi.»

«Mi peserebbe comunque. Il marinaio che sta là, al cambio turno… non può sapere che tra qualche giorno morirà. Sono sicuro che se glielo chiedessimo non sarebbe d’accordo. Nemmeno se sapesse che il sacrificio suo e dei suoi compagni potrebbe forse accorciare la guerra e salvare altre persone, permettere ai padri di veder crescere i loro figli; permettere alle donne di sposarsi ed ai bambini di nascere. Non sarebbe d’accordo, perché la sua vita è questa. Soltanto questa. Non si interessa ad altre famiglie che forse verranno; lui vuole solo rivedere la sua. Puoi dargli torto?» una pausa, e un leggero colpo di tosse; faceva freddo in quella stupida cella. Avrebbe chiesto una coperta pulita più tardi «No, non puoi. Le generazioni future non sapranno mai che sono qui perché uno sfortunato marinaio è morto nel marzo millenovecentoquarantadue; si preoccuperanno della loro esistenza, senza badare a quelle passate. In fondo, forse, è anche giusto così.»  Sollevò lo sguardo, incrociando quello di Mike. Vi lesse il dubbio. Non era convinto? «E se su quella nave ci fosse Nanaba? O se fosse su un aereo che verrà certamente abbattuto? Ti interesserebbero davvero le vite future?»

«Non lo so.»

«Te lo dico io: “No”. Non ti interesserebbe. Lei è il tuo presente; è la donna con cui hai scelto di poter costruire qualcosa. Davvero saresti disposto a sacrificarla per un futuro migliore?»

«È un colpo basso questo.»

«Lo so, ma è l’unico modo per farti ragionare; perché tu capisca.»

«Però… non credi, allora, che tutto questo sarebbe stato inutile?»

«Cosa intendi?»

«Il tuo viaggio fin qui, l’aver aiutato l’Inglese… Levi sarà morto invano, se non ci darai una mano.»

«Lui voleva soltanto recapitare un messaggio; avvisare gli Alleati. Non voleva che concepissimo un piano diverso.»

«Se fosse stato qui, ti avrebbe chiesto di aiutarli e tu lo sai.»

Erwin scosse piano il capo. Che Mike avesse ragione? In fondo, che senso aveva viaggiare tanto a lungo, sopravvivere a mille pericoli, soltanto per recapitare un messaggio e poi attendere nell’inedia lo svolgersi dei fatti? Tanto sarebbe valso il rimanere ognuno al proprio posto: lui in Germania, Mike a Le Blanch e Levi… beh, non ci sarebbe stato comunque più.
Perché salvarlo da Weilman, però? Perché aiutarlo a raggiungere Limoges e poi abbandonarlo sul traguardo, rifiutandosi di spingerlo oltre? Anzi, di spingere oltre un suo ricordo, una sua volontà. Perché Levi ormai non c’era più; la sua volontà a chi era affidata, allora? Al suo compagno di viaggio?

«Cosa sai dell’Operazione Chariot?» chiese, all’improvviso, rialzando lo sguardo.

«Poco niente.»

«La base di Le Crotoy… è un porto francese, riparato in un’insenatura. Gli Alleati schiereranno le corazzate all’imboccatura del golfo e bloccheranno così le navi tedesche. Alla Raf sarà affidato il bombardamento delle stesse. Pensano di sorprenderle all’alba, durante il cambio turno. A quell’ora si è tutti mezzi addormentati e poco reattivi…» cercò di fare mente locale. Le Crotoy era… «Nella regione dell’Alta Francia. L’attacco è previsto per il ventisei marzo, tuttavia…» ciondolò nuovamente il capo «Spero solo che Zackley cambi idea.» concluse, risollevando lo sguardo sull’amico.

«è tutto ciò che puoi dirmi?»

«No.» Erwin sentì la gola secca, mentre le parole sgorgavano caute «Posso anche darti una alternativa, ma… non voglio che si sappia che è mia. Sarà un tuo piano, una tua idea.»

«Ti consentirebbe di uscire da qui…»

«No. Non voglio andarmene in giro come se niente fosse, a raccogliere altri sguardi di odio e di disgusto. Come pensi reagiranno i soldati, quando sapranno chi sono? Quanti di loro pensi avessero amici o parenti ad Hannut? Forse tutti, forse nessuno… non farà differenza; mi disprezzeranno comunque.» sbuffò piano, serrando i pugni lungo i fianchi «Cosa faresti, se dovessi riorganizzare l’operazione, come prima cosa?»

«Cambierei giorno.»

«Esatto. Possiamo anticiparla?»

«No, non avremmo tempo materiale di predisporre le truppe, credo…»

«Sono d’accordo. Cambiare piano equivale a cambiare logistica, oltre che strategia. Ci serve tempo, ma non troppo: devono pensare che ci siamo ritirati, non che ci stiamo riorganizzando; altrimenti, si muniranno anche loro di nuovi armamenti, di contraerea e mortai. In ogni caso, a Le Crotoy staranno già organizzando la difesa. Ci sono altre basi sul territorio che potrebbe essere opportuno colpire?»

«Non saprei. Dovrei informarmi.»

Erwin mimò un leggero sorriso:
«Allora vai. Ti aspetterò qui…»


***
 

Mike tornò mezz’ora più tardi, recando del pane caldo ed un paio di fette di formaggio:
«Vuoi mangiare qualcosa?» gli chiese, tendendo anche una coperta di lana che Erwin non tardò a drappeggiarsi sulle spalle:

«Il pane ha un profumo squisito. Penso che accetterò la tua offerta» replicò, strappandone rapidamente un morso «Novità?»

«Secondo il colonnello Pixis, l’ideale sarebbe colpire il bacino di Saint-Nazaire. È alla foce della Loira, poco lontano da Nantes. Ospitano alcune navi in fase di riallestimento, i depositi di carburante per i sottomarini, arsenali della Kriegsmarine.»

«Sarebbe utile? Ne varrebbe davvero la pena?»

«Secondo il colonnello, sì.»

«Bene. Di che forze disponete?»

«Dimmi semplicemente cosa ti serve.»

Erwin sbuffò piano. Sperava di poter far arrivare Mike alle sue stesse conclusioni, ma evidentemente era impossibile. Senza dubbio, l’amico si era dimenticato di chiedere di quante forze disponessero gli Alleati, quanti piloti, marinai e soldati potessero essere impiegati nella missione; di quanti fondi disponeva l’esercito e quanto si era disposti a sacrificare.
«So come è fatto il porto di Saint-Nazaire. L’ho visto una volta, durante un sopralluogo. Se così non fosse stato, ti avrei chiesto mappe e piantine della base. Immagino che tu non abbia domandato niente del genere a Pixis…»

«No.»

«Lo sospettavo.»

«Tu non me lo hai chiesto.»

«Beh, farei così. Disponente di cacciatorpediniere? I modelli della Royal Navy sono piuttosto simili a quelli tedeschi, almeno gli ultimi fabbricati. Tre dovrebbero bastare; fate in modo che battano bandiera tedesca, così da ingannare le sentinelle e chiedete rifugio nel porto. Attaccate di notte, così da ridurre la visibilità del nemico.»

«Tutto qui?»

«No. Con il sopraggiungere delle navi all’imboccatura del bacino, avviate un bombardamento aereo. I nazisti saranno confusi, dovranno rispondere rapidamente al fuoco e… le nostre navi potranno fingersi danneggiate e chiedere urgentemente rifugio. Le faranno entrare nel porto non appena la raffica della Raf sarà cessata. A quel punto, potrete anche dichiararvi Alleati.»

«D’accordo, ti sto seguendo.»

«Due navi faranno sbarcare gli uomini con delle motolance. I commando assalteranno le strutture del porto.»

«E la terza?»

«Saint-Nazaire ha un ingresso molto stretto, che è anche l’unica via d’uscita. Imbottite l’ammiraglia di esplosivo, incagliatela sull’apertura del bacino e fatela saltare in aria. Dovresti riuscire a distruggere le postazioni di vedetta, i depositi carburante e le installazioni principali lungo l’imboccatura.»

Mike annuì debolmente. Aveva compreso. A Zackley sarebbe piaciuto quella strategia, senza dubbio: puntare su un obiettivo diverso, in date diverse e cogliere alla sprovvista i tedeschi fingendosi loro compatrioti. Era quel genere di piano che incontrava il benestare del generale; qualcosa di affatto banale, di studiato e coordinato; al tempo stesso, qualcosa di estremamente rischioso: poteva risolversi in una grande vittoria o nell’ennesimo spreco di vite.

«Mi sembra un ottimo piano.» disse infine, grattandosi il mento coperto dalla pungente barba «Solo… che ne sarà degli uomini a bordo dei cacciatorpedinieri? Come faremo a recuperarli dopo l’attacco?»

Erwin piegò le labbra, in un sorriso amaro:
«è per questo che ti ho chiesto se ne vale la pena.» 


 

Angolino: Buonasera! Ogni tanto ritorno e aggiorno. 
Faccio un po' di fatica, ultimamente, con questa long. Sarà che si sta avviando alla conclusione. Vi è ancora abbastanza da scrivere, ma indubbiamente il viaggio dei protagonisti si è concluso. Piano piano la finirò, devo solo buttare giù le ultime idee.
L'operazione Chariot: il nome originale è leggermente diverso da quello che ho usato io; avvenne realmente il 28 marzo 1942 e si svolse a grandi linee come descritto. In realtà, ho già deciso che cambierò le sorti dell'operazione: non fu una grande vittoria Alleata, a conti fatti. Spero, tuttavia, di poter piegare ancora un poco la storia per renderla un successo dei nostri protagonisti. In fondo, ho già cambiato la storia (e involontariamente anche la geografia) più volte nello sviluppo di questa ff. L'ho fatto per esigenze di trama principalmente; altre volte, invece, per disattenzione mia. A partire dal titolo, in effetti, che è proprio una svista. Quando stesi i primi capitoli, sbagliai ad inserire la I di Chariot e così finii per tenere involontariamente il nome sbagliato. In realtà, la cosa non mi dispiace poi molto... preferisco sia Chariot, nel mio racconto (dal nome dell'ufficiale che per primo la ideò, come ricordato da Levi).
Al solito, vi ringrazio per aver letto fin qui!
Un abbraccio

E'ry

 
  
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