Molestie
Sakura si scostò una
ciocca di capelli dalla fronte, soffiandoli via con uno sbuffo. Mescolò
energicamente il contenuto della pentola, sparendo nella coltre di vapore che
ne fuoriusciva. Ravioli al vapore,
aveva chiesto Sasuke, e ravioli al vapore sarebbero stati. I migliori della
storia, per l’uomo della sua vita.
Sorrise tra sé,
spostando l’attenzione sulla cottura degli spiedini. Dopo più di
un anno di relazione e undici di innamoramento, poteva dire che le cose
andavano nel modo giusto. Il suo ragazzo non era il fidanzato perfetto –
realisticamente, era quanto di più lontano da quella definizione si
potesse concepire – ma a lei stava bene così, zotico, prepotente e
brontolone. Qualche volta, quando Sasuke per
sbaglio le sorrideva, Sakura avvertiva la curiosa sensazione di levitare a
un buon metro e mezzo da terra. Non poteva essere meglio di così e non
aveva senso pretendere che Sasuke tutt’a un tratto diventasse un
individuo civile, educato e premuroso. Per quanto certe volte avvertisse il
profondo desiderio di sfondargli il cranio a cazzotti, Sakura non
l’avrebbe cambiato di una virgola: per lei era perfetto così
com’era, con i suoi malumori, le sue pontificazioni e la sua
incancellabile malinconia silenziosa.
Al piano di sopra risuonarono
il rumore di una porta che si apriva, un tramestio di passi e poi lo sbattere
di una seconda porta; il tutto lasciava indicare che l’oggetto dei suoi
pensieri avesse finito di fare il bagno e che nel giro di uno o due minuti
sarebbe comparso nella tenuta che Sakura prediligeva tra tutte: ciabatte ai
piedi, un asciugamano avvolto in vita e i capelli ancora sgocciolanti.
Sasuke ci mise qualche istante
più del solito a fare la sua comparsa e si palesò mentre lei
aggiungeva le spezie nella pentole. Lo stomaco di Sakura fece la solita,
violenta capriola nello scorgere la sua figura, graziosamente seminuda,
addossarsi mollemente allo stipite della porta, mani strette lungo i fianchi,
testa piegata a lato.
“A che punto sei?”
chiese Sasuke spiccio.
“Ancora una
mezz’ora,” rispose lei, facendo scorrere lo sguardo su quel
sacrosanto ben di dio. Sasuke arricciò il naso con noncuranza, fingendo
come suo solito di non sapere quale fosse l’effetto che poteva fare.
Sakura si perse nell’osservazione della traiettoria di una gocciolina
d’acqua che aveva avuto la magnifica idea di scivolare giù dalla
spalla di lui, percorrere lentamente la curva dei pettorali, l’addome
scolpito e poi perdersi sull’orlo dell’asciugamano, laddove
iniziava la curva della sua anca.
“...Ando, Sakura?”
la riscosse Sasuke, brusco.
“Scusami,” rispose
lei, scrollando la testa con un sorriso. “Mi sono distratta.”
“Sssì,”
commentò Sasuke laconico. “Credo che quello sguardo si possa
largamente inserire nella categoria molestie
sessuali, sai?”
Sakura sgranò gli occhi
con innocenza, fingendosi scandalizzata.
“Io ti molesterei?”
protestò indignata.
“Ora non fare finta che
sia una novità. Hai iniziato ad otto anni,” la liquidò lui,
altero. Sakura portò una mano sul fianco pronta a reagire
impetuosamente, stando al gioco, ma Sasuke scelse oculatamente quel momento per
farlesi incontro, piegarsi in avanti e catturare le sue labbra in un bacio.
Sakura lo lasciò fare condiscendente, aggrappandosi alle sue spalle
ancora umide. Se c’era una cosa buona di Oto era che in quel postaccio
Sasuke aveva messo su una muscolatura da squagliarsi aui suoi piedi.
Si reclinò indietro
mentre lui approfondiva il bacio avvolgendole la vita con un braccio, la mano
chiusa sul suo fianco. L’altra si andò a posare sul piano della
cucina con un leggerissimo tintinnio mentre Sakura si perdeva tra quelle
labbra.
“Vedi di bruciare il
pranzo,” commentò Sasuke sarcastico, allontanandosi da lei.
“Mi vado a vestire,” stabilì poi, voltandole le spalle.
Sakura desiderò non aver promesso gli stupidi ravioli, spegnere il
fuoco, seguirlo e trascorrere il resto della giornata tra le lenzuola. Invece
aveva dato la sua parola e sbuffò tra sé, voltando uno sguardo
scornato verso pentole e cucina. Si bloccò di scatto, scoprendo un
oggetto inconsulto poggiato accanto al tagliere, laddove poco prima non
c’era nulla.
Un anellino. Era piccolo e
chiaro, forse d’oro bianco, con quel che pareva essere un rubino ovale
incastonato sulla sommità. L’osservò perplessa per qualche
secondo.
“Cos’è
questo?” chiese di getto, con un sobbalzo brutale delle interiora e il
cuore che saltava a mille.
Sasuke s’irrigidì
sulla porta, prima di voltarsi indietro.
“Questo cosa?”
chiese, secco e noncurante.
“Questo,”
ribadì Sakura, afferrando l’anellino con dita tremanti per
sollevarlo verso di lui.
Sasuke si strinse nelle
spalle, inespressivo.
“Così, ad occhio
e croce, azzarderei che è un anello,” borbottò ritroso.
“E cosa ci fa sul piano
della cucina?” chiese lei, cercando di controllare il panico, il tremore
delle gambe e la folle idea che la stava invadendo.
“E perché lo
dovrei sapere?” controbatté il genio, altezzoso.
“Perché ce
l’hai messo tu ora, Sas’ke!” sbottò Sakura
nervosamente, alzando un poco la voce.
Sasuke storse il naso con
disappunto evidente e voltò il viso di lato, distogliendo lo sguardo.
“Può
darsi,” borbottò, chiaramente all’apice della vergogna.
Sakura si sentì mancare
il fiato una, cinque, dieci volte e pensò che sarebbe soffocata.
Annaspò, aggrappandosi all’asse da lavoro nel posare
l’anello. Il suo stomaco si strinse in una morsa di timore e euforia e
per qualche secondo non poté parlare.
“Perché?”
pigolò infine, senza fiato.
Sasuke le regalò una
smorfia e sbuffò rumorosamente, impettito.
“Mh,”
mugugnò impacciato.
Sakura si lasciò
sfuggire un gemito d’incredulità, estasiata e ancora incredula.
“Sas’ké,
perché?” ripeté avvicinandosi di un passo.
“Beh...”
attaccò infine lui, rassegnandosi. Sasuke Uchiha, il Vendicatore senza
paura, atterrito all’idea di porre una semplice domanda.
“Cioé,
tu...” lo zittì Sakura esagitata. “Tu...vuoi
sposarmi?” domandò senza poter credere che fosse vero.
Vide le labbra del genio
arricciarsi in una smorfia e i suoi occhi assottigliarsi, truci.
“Sakura, merda, quella
era la mia battuta! La mia, lo vedi?
Sono io che ti ho dato un anello, non
tu!” protestò indignato, accigliandosi. “Sono io che ti
chiedo di sposarmi, non tu! È inammissibile che una donna mi...”
ringhiò qualcosa d’incomprensibile a mezza voce, profondamente
infastidito. “Insopportabile,” concluse torvo. Arrossiva
ininterrottamente da quaranta secondi e cominciava a somigliare a un pomodoro
maturo.
E Sakura gli buttò le
braccia al collo e lo baciò con tanta foga che Sasuke traballò,
sbatté un fianco nella maniglia della porta, sussultò per il
dolore, scartò di lato e rovinò indietro finendo a terra senza
che lei smettesse di annegare sulla sua bocca, con il cuore che batteva
così forte che lo sentive persino lui. E piangeva. Sasuke trovò
stupefacente che una donna potesse baciare qualcuno con tanta foga e
contemporaneamente singhiozzare così violentemente, ma non dedicò
al fenomeno più di un secondo di attenzione, che si concentrò
sulla ragazza che gli stava sdraiata addosso – e accessoriamente sul
gomito che la gentile fanciulla gli stava conficcando tra le costole.
“Sakura,”
mormorò, afferrando il suo polso e allontanando delicatamente il braccio
assassino. “Perché cavolo piangi, adesso?”
Ma lei non rispose affatto, si
limitò ad affondare il viso contro il suo petto e stringersi ancor
più forte al suo collo, dando sfogo al pianto. Soltanto quando lui
l’ebbe scrollata lievemente, tra l’imbarazzo più sfrenato e
uno strano rimescolamanto del torace che poteva essere tenerezza,
balbettò qualcosa di inintelligibile in cui si identificava
“felice”. Sasuke si raddrizzò sui gomiti e puntò le
spalle alla parete, sospirando.
“Questo non risponde
affatto alla domanda,” osservò asciutto. “Sakura...”
mormorò piano, sfregando le labbra contro il suo orecchio.
“Non te ne andare
mai!” sbottò lei sollevando la testa e avvinghiandosi ancora di
più. “Non te ne andare mai più!”
“Ma dove vuoi che vada,
Sakura!” protestò Sasuke imbarazzato, fissando le mattonelle del
pavimento. “Ti ho appena chiesto... Beh, mi sposi o no?”
Lei si scostò
leggermente per guardarlo in faccia e spalancò enfaticamente le labbra,
poi s’immobilizzò ad occhi sgranati. Smise persino di
singhiozzare.
“Che?” chiese
Sasuke, perplesso.
“Pensa...” rispose
lentamente lei, assorta. “Pensa se adesso rispondessi di no. Cioé, immagina la
scena.”
“Ti farei vedere da un
medico del cervello,” replicò Sasuke, secco.
“Ferito
nell’onore. Che smacco.”
“Sakura, piantala. Hai
rovinato tutto. Prima hai fatto la domanda al posto mio, poi sei scoppiata a
piangere come per un’orazione funebre e ora dici idiozie.”
Sospirò rassegnato. “Sei veramente un caso umano.”
“Sei tu che hai mollato
lì l’anello come se fosse stato una polpetta!”
protestò lei, scoppiando a ridere di pura gioia. “Non è
mica colpa mia se sei un disadattato!”
“Un... COSA?”
ringhiò lui truce, con tono profondamente minaccioso.
Sakura sorrise soavemente, rapita.
“Ti sposo,
Sas’ke,” mormorò a fatica.
La bocca di lui si
spalancò sdegnosa prima che realizzasse il senso delle parole, e
restò aperta per qualche secondo.
“...Ah.”
Sakura accennò un altro
sorriso, incerta. Poi le braccia del genio le si strinsero intorno, il suo
calore la avvolse e l’acqua strabordò dalla pentola, schiumando
rumorosamente.
“I ravioli!”
strillò Sakura saltando in piedi, per poi gettarsi verso il fuoco.
“Io l’avevo
detto,” commentò Sasuke, sprezzante.
“E’ sempre colpa
tua!” protestò lei, affannandosi per abbassare la fiamma.
“Un attimo e...”
“Sakura,” la
troncò Sasuke deciso, con la mano che si chiuse sulla sua per spegnere
la fiamma. “Lascia stare. Me ne frego dei ravioli,” affermò
brusco, avvolgendola dalle spalle in un abbraccio imperioso. Poi allungò
una mano e prese l’anellino, osservandolo.
“Dai,”
intimò. Sakura cabalizzò per un paio di secondo e poi tese la
mano, guardando senza fiato quella stranamente incerta di Sasuke infilarle
l’anello al dito. Deglutì emozionata e poi ruotò indietro
tornando ad incollarsi alle sue labbra, mentre con una mossa veloce allentava
l’asciugamano dai fianchi di lui facendolo scivolare a terra.
“Ehi,” protestò
Sasuke, sgranando gli occhi.
Sakura sorrise deliziata,
stringendosi alla sua vita.
“Ho tutto il diritto di
molestarti sessualmente, adesso,” affermò vittoriosa, sussurrando
le parole contro la linea della sua mascella.
Sasuke levò
pazientemente lo sguardo al cielo, lasciandosi stoicamente spintonare verso le
scale. Ridacchiò, senza alcun motivo logico, quando Sakura gli
affibbiò un bel pizzicotto sul sedere.
“Fortunatamente ci ho
fatto il callo, ai tuoi abusi,” precisò sostenuto, mentre le
risatine ebeti diventavano due.