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Autore: WhiteRaven_sSR    09/12/2017    2 recensioni
Collegata a "Another point of view", raccontata dal punto di vista di Oskar.
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"Sbuffando, lo stregone fu in procinto di mettersi all'opera, rendendosi già almeno invisibile, quando udì un rumore che non gli piacque per nulla. Prima dei passi si fecero sempre più vicini, poi gli ansimi iniziarono a farsi sentire, ma dalle scale dell'ingresso fece capolino non un demone, né una bestia infernale di qualsivoglia natura, solo una semplice Mondana."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Londra, 25 dicembre 2010

Ho sempre pensato al Natale come ad un bel momento. Un momento gentile, caritatevole, piacevole e dedicato al perdono. L’unico momento che conosco, nel lungo anno, in cui gli uomini e le donne sembrano aprire consensualmente e liberamente i loro cuori, solitamente chiusi.”
Canto di Natale, Charles Dickens

Il giorno di Natale uno si aspetterebbe di trovare un po' più di neve. Lungo le strade, sui tetti ad imperlare i comignoli sputacchianti fumo scuro, sulle auto parcheggiate sempre allo stesso posto da una vita. Invece no, solo una spolveratina qua e là. Quello fu il Natale più stupido che lo stregone oscuro Asgeirr, per gli amici “Oskar”, Svart si trovò ad affrontare. Il più stupido, ma anche il più bello. Si sa che spesso le due cose vanno di pari passo, ma tralasciamo.
Concluso un affare nel quartiere di Soho, Westminster, nella Chinatown della zona, situata nei pressi di Gerrard street, decise di fare due passi per strada, diretto a Piccadily Circus per godersi qualche luce natalizia, l'odore dei dolci venduti alle bancarelle mondane, il rumore dei carillon e dei giocattoli meccanici che ancora venivano costruiti e fatti funzionare in nome della tradizione, rigorosamente di legno o di latta. Nonostante l'orario, il buio era ormai già calato, come una qualsiasi giornata d'inverno e le temperature lo costrinsero a stringersi appena in quel cappotto classico, un doppiopetto nero, come la sciarpa in cotone spesso. Svedese di nascita, il freddo non era certo uno dei suoi problemi, poco ma sicuro.
Una giornata come un'altra per lo stregone, il glamour ben attivo per potersi mostrare ai Mondani come un qualsiasi uomo d'affari, in completo nero e cappotto abbinato, gli scuri capelli liberi da ogni vincolo, lunghi appena sotto le spalle, in uno scalato regolare, preciso. Ogni cosa di lui trasmetteva precisione e inflessibilità, compreso lo sguardo di ghiaccio in perfetto tema con in clima.
L'intenzione era quella di raggiungere Shaftesbury Ave, per poi tirarla dritta fino a Piccadilly, osservando di tanto in tanto quelle quattro luci che poi avrebbe guardato meglio a Trafalgar Square, altra piazza piuttosto rinomata in cui ogni anno veniva allestito e decorato un bell'albero natalizio. Per quanto quel posto non avesse assolutamente nulla da invidiare a casa sua e alla bellissima Stoccolma, secondo il suo “modesto” parere, qualche luce qua e la non se la poteva certo perdere prima di andare via. Certo, non c'era la neve e già questa cosa lo aveva innervosito parecchio, ma se non altro sarebbe potuta andare peggio. Poteva piovere. Come iniziò a fare poco dopo che lo ebbe pensato.
Città schifosa!” mormorò il corvo, stringendosi maggiormente nel cappotto.
Avviatosi all'incrocio con Shatesbury Ave, accelerò il passo per poi girare l'angolo e proseguire sempre avanti, deciso a trovare una soluzione per coprirsi da tutta quella pioggia, senza dover staccare la testa a un Mondano per rubargli l'ombrello. Dannati Mondani, dov'erano gli “omini degli ombrelli” indiani, quando servivano?! Loro non sarebbero dovuti essere impegnati a festeggiare il Natale, che fine avevano fatto, li aveva mangiati qualcuno?!
Nella testa dello stregone gli insulti iniziarono a volare più pesanti, rivolti a tutti, come al proprio solito, fossero essi per i poveri indiani malcapitati o per i Mondani già muniti di ombrello, stretti uno accanto all'altro per ripararsi dall'acqua e dal freddo, come dolci piccioncini intenti a tubare, intonando canzoni natalizie. Che schifo la vita quando sei uno stregone oscuro, eh?
Se non altro la buona notizia era che lui, a differenza degli stupidi umani, disponeva della magia, ma probabilmente se si fosse messo ad andare in giro con un incantesimo che lo riparava dalla pioggia, senza alcun oggetto visibile a proteggerlo, i Mondani lo avrebbero scambiato per miracolato. O per Dio in persona, ma sorvoliamo. E sappiamo tutti che lo stregone non si sarebbe risparmiato gli insulti e le battute sarcastiche.
Poco importava in quel momento, la precedenza andava al trovare una stradina, un vicolo in cui infilarsi per potersi rendere invisibile all'occhio mondano e ripararsi dalla pioggia. Nulla sarebbe cascato a fagiolo meglio di Wardour street, stradina più isolata, per così dire, dal caos di persone riversatosi in strada nel rientrare dalla casa di amici e parenti o uscire dalla propria per poter andare a festeggiare in giro, o di nuovo a casa di altri. Poco interesse per lui, che di feste cristiane e cose moderne spesso non sapeva che farsene, vista la propria credenza nelle divinità nordiche e il ricorrente festeggiamento dei Sabbat. Secondo il proprio parere, i Mondani erano in ritardo di ben quattro giorni, Yule era ormai passato da un pezzo, altro che!
Tuttavia al momento la magia aveva la precedenza, e una volta svoltato nella stradina, si diresse verso gli alberi, sebbene una volta arrivato ed entrato dal cancello, potè tranquillamente rendersi conto che ce n'erano giusto quattro in croce.
Che delusione. No, davvero, quella città piaceva tanto ai Seelie per i loro parchi, il fiume, le zone ben tenute...forse sarebbe stato meglio se fosse andato a Parigi, almeno sugli Champs Elysees quel vialone alberato sarebbe saltato all'occhio. Ok, forse non in pieno inverno come in quel caso, ma sarebbe stato sempre meglio di nulla!
Se non altro si sarebbe potuto godere quel momento di pace in una zona isolata, visto che i Mondani sembravano tutti intenti a festeggiare a destra e a manca, lasciando quella via completamente vuota o quasi.
Costruita nella seconda metà del Seicento, la chiesa al fondo del piccolo cortile verde, con due strade asfaltate a intersecarsi, dei gradini al cancello d'ingresso posto a recintare tutta la piccola zona, si ergeva nelle sua piccole dimensioni di circa venti metri quadrati di pietra e guglia in legno aggiunta solo successivamente, attorno agli inizia del Settecento. Le due grandi finestre a vetrata ampia sui lati, facevano contrasto con le piccole finestre tonde del centro e si poteva notare chiaramente come la guglia fosse stata annessa dopo, visto il materiale differente.
Sbuffando, lo stregone fu in procinto di mettersi all'opera, rendendosi già almeno invisibile, quando udì un rumore che non gli piacque per nulla. Prima dei passi si fecero sempre più vicini, poi gli ansimi iniziarono a farsi sentire, ma dalle scale dell'ingresso fece capolino non un demone, né una bestia infernale di qualsivoglia natura, solo una semplice Mondana. Stupida, Mondana, per l'esattezza, che dopo essersi trascinata per qualche metro, era crollata a terra sul fianco, raggomitolata.
Tutte a lui, ecco quale fu il pensiero dello stregone, ormai resosi invisibile agli occhi dei comuni parassiti mortali che i Nephilim amano tanto.
Oskar rimase nell'ombra, per quanta potessero offrirgli quegli alberi ormai spogli della loro chioma piena, ringraziando che ci fosse il complesso della chiesa a coprirlo maggiormente dalle luci sistemate in giro per tutta la città, osservando la scena da diversi metri di distanza.
Quella donna non gli pareva certo inglese. O meglio, lo sarebbe potuta essere se non fosse stata coperta di stracci, recuperati un qualche centro profughi o qualcosa di simile, ci mancava solo la tazza con cui fare la carità ed eccola lì, pronta e servita! Doveva essere una zingara. Altri insulti volarono nella propria mente, sebbene lo stregone si stesse limitando a osservare senza muovere un muscolo.
Forse si aspettava uscisse fuori un drago da qualche parte per mangiarsela, o forse dei piccoli gnomi, chi può dirlo. Terribili gli gnomi!
Non accadde nulla. Non uscirono demoni da nessuna parte, né draghi, gnomi, unicorni o qualsiasi tipo di creatura idiota pronta a divorare la Mondana. Si sorprese che nemmeno gli stessi Mondani si fossero accorti di lei e di quello che da lontano, a ben guardarlo, poteva essere sangue copioso sull'asfalto. Se ne aveva lasciato in giro tanto all'interno del complesso, doveva essercene anche fuori, per il marciapiede, ma anche i pochi passanti presenti, sembrarono non farci caso, forse calpestandolo pure, quasi come fosse...invisibile.
Un Mondano invisibile era roba da matti, doveva avere una spiegazione! Quindi si decise ad avvicinarsi, pronto ad aprire un portale per casa appena si fosse reso conto di essere in pericolo. Non che fosse un codardo, ma la voglia di combattere dello stregone rasentava lo zero, specie dopo quella giornata infame tra cinesi corrotti e pioggia a catinelle senza nessun accenno di neve!
Udì la donna ansimare e sibilare qualcosa, che non riconobbe subito. Forse una preghiera, visto il luogo. Quella chiesetta sembrava essere antica, doveva essere stata consacrata alla vecchia maniera, con uno di quegli incantesimi potenti dell'epoca. Non male, doveva ammetterlo.
Aiuto...” mugolò la donna, cercando di guardarsi attorno, come stesse cercando qualcuno.
Era chiaro come non vedesse lo stregone, ma gli altri Mondani nemmeno vedessero lei.
Quindi Oskar rimase a osservarla, notando il sangue man mano fluire sull'asfalto, denso, chiaramente umano a giudicare dall'odore e dal colore, per quanto potesse vedere in quella semi oscurità. Nessuna traccia di icore, ecco tutto. Poi si decise, dopo aver preso un bel respiro, a mostrarsi in tutta la propria altezza, imponente ancora di più da quell'angolazione, gli occhi di ghiaccio a squadrarla dall'alto come fosse l'ultimo degli insetti sulla faccia della Terra.
Nessuno dei due si mosse o disse nulla, rimasero lì in silenzio, lui a fissarla, quasi si aspettasse tirasse le cuoia da un momento all'altro, lei raggomitolata su sé stessa, come volesse ripararsi da quella figura sbucata dal nulla per mezzo della magia. Avrà pensato che lo stregone fosse una specie di Angelo della Morte o qualcosa del genere a giudicare dalla reazione, stringendosi nei propri stracci, spaventata.
Dal canto suo lui non riusciva a spiegarsi chi o cosa l'avesse ridotta in quello stato. Nell'osservarla più da vicino e con maggior attenzione, si rese conto che gran parte della maglia, già logora di suo, era stata lacerata e una ferita profonda si faceva spazio sul fianco della donna, fino all'addome. E chissà se avesse avuto altre ferite simili in giro per il corpo.
Non erano affari propri. Mentre esaminava la donna con lo sguardo, lo stregone si poté fare una chiara idea delle sue condizioni e benché non fosse un medico, una base di studi sul corpo umano l'aveva eccome per potersi permettere certe cose, dagli esperimenti, alle dissezioni, ma non entriamo nei dettagli.
La cosa certa era che lui per lei non avrebbe né voluto, né potuto fare nulla. Incapace di usare incantesimi e di produrre vere e proprie pozioni di guarigione sin da bambino, con tanto di persone e animali morti o feriti dopo diversi tentativi, al massimo avrebbe potuto darle una delle proprie tisane salutiste, con qualche erba rinvigorente, ma nulla di più. Uno di quei rimedi che vanno bene per il raffreddore, al massimo una bronchite con guarigione naturale a lungo termine, non se hai il fegato spappolato!
Nulla, nemmeno un ospedale con tanto di streghe e stregoni avrebbe potuto salvarla in quelle condizioni e lei stessa lo stava guardando con occhi imploranti, mugolando perché quel dolore smettesse di lacerarle le carni e il sangue fermasse la sua corsa contro il tempo.
Non c'era altro da fare. Lo stregone potè sentirla biascicare le ultime parole, delle sillabe forse, come cercasse di dirgli qualcosa, poi s'inginocchiò per essere alla sua altezza, portando una mano alla sua testa, alla base del collo, prima vertebra cervicale. Pressione, pura e semplice dettata dalla magia di base che potrebbe imparare anche uno stregone alle prime esperienze nel creare le onde d'urto, un semplice “clack” nel sentire la vertebra spezzarsi, poi di nuovo il silenzio.
Per quanta pioggia cadesse, a Oskar parve che quel sangue non finisse mai. Rimase a fissarlo per qualche secondo, impassibile, dentro sé ancora confuso sul perché una Mondana dovesse essere stata resa invisibile, ma in fin dei conti non erano affari suoi. Il proprio compito da buon giustiziere senza cuore lo aveva fatto, anche se come al solito se si fosse venuto a sapere sarebbe passato per lo stronzo di turno, ma poco male, ci era abituato.
Un sospiro, tornando invisibile all'occhio umano, e fu sul punto di aprire un portale quando udì un mugolio, forse un lamento, una sorta di rumore fastidioso che gli fece storcere la bocca in una smorfia.
Tornò ad avvicinarsi alla donna, ormai esanime, volendo assicurarsi che la sua anima non avesse preso pieghe inaspettate, magari trasformandosi in una creatura oscura, o prendendo possesso di un oggetto, come si dice sia accaduto in alcune leggende. Dal momento che “tutte le leggende sono vere” non si sa mai a cosa si può andare in contro.
Si accucciò per tastare i vestiti e parte del corpo della Mondana, come a volersi assicurare che non ci fosse qualche creatura sovrannaturale al suo interno, sentendo qualcosa di morbido muoversi al di sotto dei vestiti. Sempre pronto ad aggredire qualsiasi cosa fosse stata, preparò una sfera infuocata sul palmo della mancina, la propria mano dominante, impiegando la destra per eseguire uno scatto repentino nel togliere quella stoffa che si frapponeva tra lui e quella creatura arcana.
Gli occhi si sbarrarono alla vista della creatura. Una smorfia di shock, misto a disgusto, misto a sua volta a sollievo nell'osservare quella cosina tanto piccola quanto...innocente.
Un bambino.
Che giornata scarognata! Di tutte le cose che gli sarebbero potute capitare, aveva trovato un dannato bambino! Quindi ora che avrebbe dovuto farci, il tacchino di Natale?! Un polpettone? Patè di Mondano, Dio che schifo!
La pioggia non voleva saperne di smettere e lui era perfettamente consapevole che un bambino in quelle condizioni, esposto alle intemperie, al sangue probabilmente contaminato della madre e cose simili, non sarebbe mai sopravvissuto. Poco male, un problema in meno a cui pensare. Non si sarebbe certo dato pena per uno stupido cucciolo umano! No, quel bambino andava eliminato e subito anche. Non aveva voglia di creare portali per il primo ospedale Mondano per lasciarcelo lì, figurarsi, aveva ben altro a cui pensare!
Avrebbe dovuto farlo e anche in fretta.
Cercò quindi di porre una mano tra i vestiti e la testa del piccolo, facendola scivolare il più possibile per non destare sospetti, in un certo senso. I bambini sono molto più sensibili alla magia in genere, non si sarebbe sorpreso di sentirlo urlare. Anzi, era già sorpreso che non stesse piangendo, quel microbo!
Nel sistemare la mano, una parte della stoffa scivolò via dalla testa del bimbo, lasciando scoperte le orecchie, che fecero immediatamente bloccare lo stregone dall'applicare la stessa pressione impressa al collo della madre, solo molto più lieve.
Piccole pinne al posto delle orecchie, come fosse una creatura marina, che nel discostargli leggermente il padiglione esterno, fecero rivelare al corvo ciò che lui realmente era: un bambino munito di branchie. Ecco perché non stava piangendo, l'acqua in un qualche modo rientrava in uno dei suoi elementi e il corpo si sarebbe sentito a suo agio probabilmente senza tener conto della temperatura, che in ogni caso a lungo andare lo avrebbe ucciso.
Confuso da quel caos, non seppe trovare una soluzione logica alla cosa. Una madre Mondana, a giudicare dalla sua aura, con un bambino mezzo pesce che doveva essere a tutti gli effetti uno stregone non era la cosa più preoccupante di tutta quella storia. No, la cosa preoccupante era perché quella madre lo stava proteggendo tanto da essere stata disposta a dare la vita per lui.
Inconcepibile.
Nella mente di Oskar, tutto ciò era semplicemente assurdo. Tuttavia al momento la questione più urgente era decidere che farne della creaturina e pioggia e canzoni natalizie provenienti dalla strada principale non erano certo il massimo per la concentrazione!
Indeciso, iniziò a percepire il battito cardiaco accelerare, l'ansia farsi strada nel proprio animo come se non avesse mai provato una sensazione tanto sgradevole in vita propria. Se lo avesse ucciso, avrebbe ucciso un membro della propria specie, se l'avesse salvato, avrebbe dovuto assicurarsi che stesse bene almeno una volta all'anno, ricordarsi del suo compleanno, forse, piantarlo da qualche parte con qualche stramba famiglia pronta ad adottarlo. Che schifo le responsabilità!
Se lo avesse dato a un qualche istituto, sarebbe stato cresciuto da quegli schifosi dei Nephilim, se invece lo avesse consegnato ai Mondani, sarebbe rimasto traumatizzato per il resto della sua vita per essere quello diverso, forse rinnegato dai nuovi genitori. Sempre ammesso che il suo genitore demoniaco non lo volesse indietro, un po' come il proprio.
La cosa lo fece rabbrividire. Per lo schifo, mica per altro.
Guardò la creatura con una smorfia, sentendo i suoi occhioni azzurri addosso, benché la luce permettesse di vedere poco. Sospirò, indeciso sul da farsi, puntandogli l'indice sulla guancia come a volerlo tastare e assicurarsi che fosse morbido, le unghie forse un po' troppo lunghe non calcate per non ferirlo, quando lo vide voltarsi e afferrare il proprio dito con le manine, portandolo alla bocca come di consuetudine. I bambini scoprono il mondo con la bocca, è risaputo che tendono ad “assaggiare” qualsiasi cosa e lui lo stava facendo con il dito dello stregone.
Compassione. Lui quasi non sapeva cosa fosse, l'aveva dimenticato. Aveva amato una volta, aveva avuto pietà per tutte quelle persone che ne avevano bisogno, provando a salvarle, realizzando che il proprio corpo di stregone non avrebbe mai potuto salvare nessuno. Incapace di guarire, incapace a relazionarsi, aveva chiuso tutto sé stesso in quel corpo di svedese senza lasciar trasparire nessuna emozione. Statico, stoico nell'imporre il proprio volere, aveva imparato ben presto a prendere con la forza tutto ciò che desiderava, fosse esso di vitale importanza o un mero capriccio.
Cresciuto dal proprio padre naturale, un demone quindi, non ci si sarebbe potuti aspettare nulla di diverso. Il suo corpo glie l'aveva solo continuato a ricordare più e più volte, rammendandogli che la sua natura, quella vera, non sarebbe stata fatta di altro che sofferenza e solitudine. Non si sentiva uno stregone, non si sarebbe mai sentito tale. Lui era e rimarrà per sempre un demone.
Sei già tutto bagnato e il tuo corpo è freddo, tra qualche ora morirai di certo. Ora vuoi anche prenderti la peste?” riferito al proprio dito, ancora in bocca al neonato.
Poteva aver toccato qualsiasi cosa con quelle mani, dal sangue a qualche erba per le pozioni, a cose illegali vista la bisca cinese dalla quale era appena uscito.
Sospirò, tirando le somme. Forse avrebbe potuto prenderlo come animale domestico. Come un cane o un gatto giusto un po' più umano. Nah, la schiavitù era stata abolita dalla fine dell'Ottocento.
Un assistente. Un piccolo assistente alla mo di Umpa Lumpa ne “La fabbrica di cioccolato”, ecco che ne avrebbe fatto! Doveva essere così, ne avrebbe avuto bisogno di un assistente a cui rompere le scatole tutto il giorno, visto che la propria casa era sempre vuota.
Per quanto si fingesse a proprio agio anche in mezzo alla folla, Oskar rimaneva pur sempre un inguaribile asociale. Amante della solitudine, al massimo della compagnia di un paio di persone alla volta, possibilmente a casa accanto al camino, coperta sulla gambe con tanto di pigiama, rigorosamente nero o viola, una tazza di thé in mano ad ammirare i paesaggi invernali perenni della Svezia del nord. “Kalmar”, lui la chiamava ancora in quel modo, visto il periodo in cui era nato e aveva trascorso la propria infanzia.
Quindi un assistente giovane e moderno gli avrebbe fatto senz'altro comodo! Con tutta quella tecnologia da imparare a usare, quelle cose così di moda al momento, a cui non si sarebbe mai abituato da solo, l'idea di prendere con sé un assistente a cui scaricare il lavoro gli sembrò perfetta. O una perfetta scusa per decidersi a fare la cosa giusta.
Si decise quindi a muoversi, visti quei minuti persi a rimuginarci sopra, strappando parte delle vesti della donna morta lì accanto per poterci avvolgere il bambino, riscaldandolo con la propria magia. Gli indumenti infatti erano fradici, dovette usare diversi incantesimi per renderli asciutti, uno per riparare anche il piccolo dalla pioggia costante e uno per estrarre l'acqua, nonché scaldare quella piccola area riparata, ma controllando il fuoco come elemento principale, non fu un problema. Il problema fu quando nel sollevare il bimbo, si accorse di avere a che fare con una bambina.
Ennesimo sospiro, nervoso, se fosse stato un cartone animato si sarebbe potuta vedere la vena sulla testa sul punto di esplodere.
Sei inutile. Una piccola pesciolina inutile!” disse, punzecchiandole ancora la guancia con il dito.
Era così morbida. Squartare gli adulti era un conto, ma fare a pezzi una creaturina tanto piccola e morbida gli sembrò quasi troppo. Non era il figlio di un nemico, da punire severamente. Solo una piccola strega.
Buttando poi l'occhio sul corpo della madre, decise che lo avrebbe bruciato. Chiunque avrebbe potuto reclamarla o trasformarla in qualcosa di orrendo e già il fatto che non ci avesse pensato lui, la diceva lunga. La bambina aveva la priorità.
Materializzò quindi sul palmo l'ennesima palla di fuoco, dopo aver reso anche la zona relativa alla donna “impermeabile” per così dire, quando con la luce da lui stesso creata notò un simbolo alla base del collo, quasi sulla scapola. Un sigillo, ecco cosa l'aveva resa invisibile. Lasciò la palla di fuoco sospesa, stringendo a sé la bambina perché non gli scivolasse nello sporgersi per analizzare il sigillo.
Forneus. Quella schifezza urlava “Forneus” da tutte le parti. Trentesimo demone della Ars Goetia, Marchese conosciuto per la sua buona retorica, qualcuno dice anche il suo amore verso i propri nemici, ma soprattutto per la sua natura dedicata all'acqua e ai fluidi.
Oskar capì in quel momento che la donna Mondana doveva essere stata raggirata dal demone e dalla loro unione era nata quella piccola strega. Forneus l'aveva marchiata come una sua proprietà e quasi sicuramente era alla ricerca della bambina.
Soddisfazione. Eccolo quel sorriso che gli si dipinse sul volto, pura e semplice soddisfazione.
Realizzò che oltre a portarsi a casa un nuovo animaletto domestico, avrebbe potuto fare un torto al proprio padre, impossessandosi della bambina come fosse un proprio oggetto, facendo impazzire il Marchese, che quasi sicuramente sarebbe andato da papino a lamentarsi per le azioni avventate dello stregone. Sì, quel piano era geniale!
Si trasse in piedi poco dopo, guardando la piccola con aria da furbo, non avendo nulla di buono in mente, sentendosi in un qualche modo sciogliere per quegli occhioni puntati addosso, ora più azzurri che mai alla luce del globo infuocato.
Non guardarmi in quel modo, se non fossi stata una strega, ti avrei lasciata qui a marcire!” sbuffò.
Chi lo sa come sarebbe andata, non era sicuro nemmeno lui delle proprie parole.
Lasciò quindi che il piccolo globo si posasse sugli abiti ora asciutti della donna, iniziando a bruciare ogni cosa, dagli indumenti alla carne viva, voltandosi con la piccola tra le braccia in modo che non vedesse nulla. Gli scienziati attestano che non è possibile ricordare determinate cose prima di una certa fascia d'età, ma così come non sanno spiegare perché alcuni bambini hanno ricordi della vita precedente, altri misteri del cervello ancora oggi non sono stati svelati, quindi lo stregone preferì non rischiare. Se anche un giorno avesse ricordato lui o la madre stesa a terra, se fosse venuta a sapere per vie traverse che lui stesso l'aveva uccisa, non se lo sarebbe mai perdonato. Certo, ormai la donna era senza speranza ed era sicuro che arrivata a un'età sufficiente per capire determinate cose, la bambina probabilmente gli avrebbe chiesto che fine avesse fatto sua madre, ma se avesse potuto evitarle gli incubi dovuti al subconscio, sarebbe stato meglio. Avrebbe dovuto dirglielo prima o poi, ma al momento era un problema che avrebbe rimandato.
Già s'immaginava con lei in giro per casa a sgambettare qua e là, facendo domande sulle pozioni e sulle erbe, a giocare assieme con la neve, a raccontarle qualche favola per farla addormentare...stiamo divagando! No, non avrebbe ceduto al fascino della bimba per fare il paparino moderno, nossignore!
La guardò poi con un mezzo broncio nel pensare certe cose, inviando un messaggio di fuoco per attenderne la risposta, aprendo quindi un portale diretto all'indirizzo arrivatogli, il messaggio autodistruttosi pochi secondi successivi.
Ti ci vuole un nome”
Eccolo lì, prima pensa di farci un tacchino natalizio, poi di spedirla in qualche stramba famiglia assurda, quindi un assistente e ora quasi si crede il padre nel volerle dare un nome. Dare nomi alle cose è il primo segno di affetto, dovresti saperlo, Oskar!
Ma era così piccola. E carina.
Al diavolo tutto, quella creaturina l'aveva trovata lui, quindi ora gli apparteneva. Molto logico come ragionamento, certo. Avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per decidere che farsene, poco ma sicuro. Certo era, ora come ora, che un nome le ci voleva o non avrebbe saputo come chiamarla se avesse avuto bisogno dei suoi servigi. Perché una bambina di un mese o giù di lì, sicuramente era in grado di fargli subito da assistente.
La cosa sembrò non interessare più di tanto allo stregone, perso nelle sue mille contraddizioni, benché il proprio subconscio aveva già deciso di tenerla con sé senza che se ne rendesse conto.
Si mise quindi a pensare a qualcosa in quei pochi istanti, sapendo di dover attraversare il portale per raggiungere la Casa di Magia dei gemelli, ora dislocata chissà dove, ricordando una favola di Dickens che avrebbe potuto aiutarlo molto. Effettivamente lui e il caro Ebenezer Scrooge avevano tanto in comune: l'essere asociali, il poco spirito delle feste, viste le proprie credenze pagane, l'avarizia...no, quella no, lui a differenza del vecchio faceva le cose per sopravvivere o per semplice divertimento sadico.
Nell'aria le canzoni di Natale avevano continuato a riempire l'atmosfera con la loro melodia per tutto il tempo, provenienti dai negozi aperti per qualche ora, come a voler coinvolgere il pubblico o ovviare a un problema di fondi, dalle case lì attorno e dalla via principale con il traffico, le macchine, quei rari mezzi pubblici che come i negozi rappresentavano un'eccezione.
A Christmas Carol. Carol.” disse, decidendo senza pensarci.
Quello sarebbe stato il suo nome.
Attraversò quindi il portale, conscio del fatto che nulla lo avrebbe fermato dal tenerla con sé, sebbene la testa gli stesse dicendo di lasciarla lì o al massimo dai gemelli. Perennemente in dubbio e in conflitto con sé stesso, già sapeva che si sarebbe fatto tutti quei problemi.

Infine la lasciò alla Casa di Magia dei gemelli egiziani, ma nei giorni, nelle settimane e nei mesi successivi non seppe trattenersi dall'andare a trovarla ogni giorno, presentandosi puntualmente con un giocattolo, un vestitino, una nuova copertina con ricamato il suo nome. Immaginate la faccia del povero Mondano addetto ai ricami quando si era presentato al negozio con quell'aura tetra e agghiacciante, chiedere di incidere un nome su una coperta per bambina.
Per quanto sembrasse assurdo, aveva sempre apprezzato i bambini. Piccoli, paffuti, ingenui e dall'enorme potenziale se cresciuti come si deve. Delle piccole macchinette del caffè che se riempite correttamente con la miscela giusta, sanno produrre ottimi risultati. Per non parlare della loro sincerità. Qualsiasi cosa pensino, loro la dicono, li apprezza tutt'ora soprattutto per quello, imbarazzanti come pochi.
Nonostante le cure dei gemelli, si munì di ogni precauzione per essere presente, l'unico motivo che lo spinse a non portarla a casa fu per la pericolosità degli oggetti al suo interno. Per quanto avrebbe voluto, il proprio lavoro gli avrebbe impedito di poterla avere con sé ancora per qualche anno. Se per disgrazia avesse toccato qualche pozione velenosa o qualche artefatto, sarebbe morta all'istante, quindi era meglio non rischiare.
Eppure quel legame contraddittorio spesso gli faceva male. Non sapeva che futuro avrebbe potuto garantire a una bambina uno come lui, disposto a entrare nella piena illegalità delle proprie azioni, a uccidere per il proprio lavoro. Quindi non erano rari i casi in cui andava a trovarla e fuggiva dopo poco per paura di affezionarsi troppo a qualcuno che un giorno lo avrebbe visto per il mostro che era.
Accadde così, in una semplice giornata estiva, qualche mese dopo.
Intento a farle il bagnetto come a un qualsiasi bambino della sua età, immersa per metà nella bacinella, si stava preoccupando di insaponarla e risciacquarla, quando la vide agitarsi, tutta contenta, come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione.
Che succede, principessa di zio?” chiese, sorridendole. Un sorriso dolce, rassicurante, di quelli che in genere rivolge solo a lei nel privato.
Di fatto non era suo padre, da lì quell'appellativo, che avrebbe impiegato diversi anni ad abituarsi a togliere per sostituirlo con “papà”.
Ovviamente la piccola non sapendo ancora parlare, si limitò a emettere qualche verso, muovendo gambe e braccia come di consuetudine per un bambino di quell'età. Un ciuffetto di capelli biondo chiaro già era visibile sulla testa della bimba.
Con enorme sorpresa dello stregone, l'acqua presente nella bacinella venne mossa dalla bambina, non sarebbe potuto essere altrimenti visto che erano soli, che iniziò a sollevarla in tante piccole gocce, rilasciandola come fosse pioggia sopra la propria testa.
La cosa in un primo momento lo sconvolse.
Perchè, Carol, che cosa vuoi dirmi?” chiese.
Era ovvio che non potesse essere la vera e propria volontà della bambina, ma il suo subconscio a parlare. Troppo piccola per ricordare o per esprimersi se non a suon di “gagu” non ben definiti.
Alla domanda fu probabilmente di nuovo il subconscio a rispondere, impiegando il sapone, gonfio all'interno della bacinella, a formare un piccolo fiocco di neve, che levitando nell'aria finì sulla guancia dello svedese, lasciandolo basito.
Lui lo interpretò come un “grazie” e per un attimo sentì le gambe cedere. Lui, che aveva chiuso il proprio cuore sotto strati di ghiaccio perenne, si ritrovò con una lacrima a solcargli il viso, scendendo lungo la guancia sulla quale si era depositato il fiocco di neve di sapone da lei creato.
Era forse quella la felicità?




Questi personaggi appartengono alla sottoscritta, gradirei che non infrangeste il copyright e non li riutilizzaste nelle vostre storie, salvo permesso.
L'opera originale "Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi, fatti e persone è puramente casuale, mi scuso in caso di omonimia.

Note: non ce l'ho fatta, non ho resistito a scrivere questo capitolo “spin-off” dell'altra storia! Che dire, adoro com'è uscito Oskar, ci tenevo a far capire quale fosse il tipo di legame che lo univa alla piccola Carol e come si sono incontrati. Spero vi sia piaciuto, alla prossima~
   
 
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