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Autore: Mash    10/12/2017    1 recensioni
Questa storia partecipa al calendario dell’Avvento del gruppo fb di Voltron
[Pre-Kerberos Sheith]
Keith ama guardare le stelle dal tetto della Garrison. Quando poi si unisce anche Shiro, il tetto diventa stranamente migliore.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al calendario dell'Avvento del gruppo FB: Voltron Legendary Defender - IT.


Sotto Zero

 
 
“Quando si desidera che una determinata persona
sia presente nello stesso luogo in cui ci si trova,
quella persona è come se facesse parte della tua famiglia.
Indipendentemente da quanto tempo la si conosca.”
 
Nel giro di una settimana dopo l’ammissione alla Garrison, il tetto era diventato il luogo preferito di Keith; l’unico posto in cui riusciva a rimanere in tranquillità e raccogliersi nei suoi pensieri, senza nessuno che lo disturbasse o lo seguisse con lo sguardo ovunque andasse.
Anzi, quando si trovava sul tetto era lui che fulminava chiunque entrasse da quella porta e nessuno, dopo una sua occhiata, azzardava a rimanere.
Dopo la pubblicazione dei primi risultati del trimestre, inoltre, gli altri ragazzi avevano iniziato a evitarlo con ancora più insistenza rispetto a prima.
Keith non era mai stato bravo nel fare nuove amicizie e parlare con le altre persone, principalmente perché non sapeva mai quale fosse la frase giusta da dire senza sembrare troppo arrogante, e il suo ingresso all’accademia non aveva migliorato le sue interazioni personali.
Quei pochi del suo corso con cui aveva legato si erano allontanati dopo l’uscita dei punteggi e a stento gli rivolgevano ancora la parola in aula.
Era, però, un quieto vivere che poteva accettare.
Non che amasse particolarmente la solitudine ma almeno era contento di non avere intorno persone che lo frequentavano solo per il proprio tornaconto.
Andava bene così.
Fintanto che ci fosse stata anche solo una persona che desiderasse veramente passare del tempo con lui, per Keith era abbastanza.
E quella persona, era Shiro.
Lo aveva incontrato il primo giorno all’accademia e poi aveva continuato a vederlo durante le lezioni. Non era un cadetto, quindi incontrarlo era più difficile rispetto agli altri ragazzi, ma in breve tempo, la sua stessa esistenza era diventata come il tetto della Garrison per lui.
Indispensabile.
Era assurdo se ci pensava con lucidità, ma sentiva di poter essere se stesso in sua compagnia, e soprattutto, sapeva che l’altro non l’avrebbe giudicato per quello che faceva.
In un certo senso, in compagnia di Shiro si sentiva… libero.
Un soffio di vento gli accarezzò i capelli, scompigliandogli appena la frangia già in disordine. Il sole era ormai calato da un pezzo, ma avanti, verso l’orizzonte, si poteva ancora scorgere un leggero alone rossastro, che gli faceva apprezzare il panorama ancora di più.
Andava sul tetto quando poteva, ma più che durante il giorno, era la notte il suo momento preferito. Appena tramontato il sole, dopo cena, saliva sul tetto dei dormitori, aspettando che spuntassero le stelle in un cielo che a poco a poco scuriva sempre di più.
Nonostante le luci della base rimanessero per forza di cose sempre accese, le stelle erano chiaramente visibili e lui rimaneva le ore a guardarle, fino a quando crollava dal sonno e doveva tornare nella sua stanza.
L’altro motivo per il quale ritenesse che la notte fosse il momento migliore per stare sul tetto, era che per Shiro fosse molto più facile venire per passare del tempo con lui rispetto il giorno, durante il quale era sempre pieno di cose da fare e circondato da altre persone.
Era da qualche settimana che Keith sperava sempre di vederlo spuntare da quella porta per passare anche solo qualche minuto in sua compagnia.
Dicembre era ormai agli sgoccioli e quella notte, con la Luna alta nel cielo e a tratti oscurata dalle solitarie nuvole di passaggio, riusciva a vedere il cielo senza alcuna difficoltà.
Dai dormitori gli arrivavano le voci degli altri ragazzi, quelli che come lui non potevano – o non volevano - tornare a casa per le feste.
Nonostante l’avvertimento di non fare troppo baccano, stavano godendosi il clima festivo che si era creato nell’Accademia durante le poche ore che li separavano dal Natale.
 Keith aveva tentato di sopportare tutta quell’eccitazione e chiacchiericcio per quasi una settimana ma quella mattina, mentre si allenava, era dovuto scappare dalla sala perché uno degli altri cadetti aveva iniziato a fischiettare interrottamente “Jingle Bells”, rischiando di fargli venire un esaurimento nervoso.
Era la canzone che durante quel periodo si sentiva in continuazione, e dopo averla ascoltata per quasi un mese, non ce la faceva più.
A Keith non era mai piaciuto il Natale, nemmeno quand’era un bambino. C’era un’atmosfera troppo festosa per i suoi gusti.
Forse perché dopo una certa età, quando anche suo padre l’aveva lasciato, non aveva mai avuto veramente qualcuno con cui festeggiare.
Appoggiò la testa sulle braccia che avvolgevano le ginocchia e lasciò uscire un sospiro, formando una nuvola di vapore che si alzò per pochi istanti nel cielo notturno.
Ricordava l’ultimo Natale passato con suo padre.
Ricordava l’uomo che gli sorrideva e gli consegnava un regalo che lui avrebbe poi scartato con veemenza e tanta curiosità, per poi scoprire che all’interno c’era esattamente quanto aveva richiesto.
Ricordava il proprio sorriso e il calore di suo padre che lo abbracciava e lo teneva stretto, dicendogli che, anche se sua madre non era con lì loro, il Natale era comunque la sua festa preferita perché poteva passarla con suo figlio.
Purtroppo, quei ricordi s’interrompevano sempre troppo presto.
 
La porta si aprì con un movimento deciso.
-Keith.-
Riconobbe subito l’inconfondibile accento nella voce dell’altro, e fu come se il suo cuore avesse deciso di prendersi un secondo di pausa, assaporare quel momento e poi tornare a battere con una velocità maggiore rispetto a prima. Quella voce era diventata così familiare che non ebbe bisogno nemmeno di alzare la testa per sapere chi avesse appena parlato.
-Cosa stai facendo?- domandò, anche se conosceva già la risposta.
-Penso.- rispose Keith, gettandogli una veloce occhiata.
Non poteva vedere la sua espressione, ma era sicuro che Shiro stesse sorridendo, il più grande gli faceva quella domanda ogni volta che saliva sul tetto e lui, puntualmente, gli dava quell’identica risposta. Era quasi una tradizione ormai.
L’altro gli sedette accanto, avvolgendo entrambi in una calda e morbida coperta che aveva portato con sé.
Keith alzò lo sguardo verso di lui, sorpreso.
-Non era necessario. – borbottò, cercando di evitare di fissare troppo gli occhi dell’altro ragazzo, stringendo un lembo della coperta per farla aderire meglio al corpo.
-Si gela qui sopra. - ribatté Shiro, sorridendogli.
Gli ci vollero almeno dieci secondi prima di realizzare che cosa Shiro stesse indossando. Dovette trattenere a stento una risata, quello, era uno dei maglioni natalizi più imbarazzanti che avesse mai visto.
L’altro si accorse dell’occhiata e Keith alzò le sopracciglia in una mossa che valeva più di mille parole.
Shiro rise. Una risata appena accennata, divertito dallo sguardo di Keith e da quello che gli aveva fatto intendere, ma il ragazzo avvertì di nuovo la stessa sensazione di poco prima, quando Shiro era apparso dalla porta.
Era un calore diverso rispetto a quello provato dalla presenza della coperta. Era un calore che si ampliava dentro di lui ogni istante in più che passava in sua compagnia.
-Me l’hanno spedito da casa come regalo.- Shiro sorrise di nuovo e abbassò lo sguardo sul maglione, rosso mattone con un grande t-rex addobbato di palline colorate e una frase che avrebbe dovuto far ridere: -Non posso indossarlo ufficialmente, però è così caldo che sarebbe un peccato non metterlo.-
Keith dischiuse le labbra in un sorriso appena accennato, poi, alzò lo sguardo verso il cielo, preferendo non rispondere. Non sarebbe dovuto rimanere sorpreso dal fatto che Shiro avesse qualcuno che gli spedisse regali per le festività. Anche se non ne parlava, aveva una famiglia che lo aspettava da qualche parte in Giappone.
Espirò e una nuova nuvola di vapore si alzò verso il cielo, cercando di scacciare il ricordo di quel Natale con suo padre, quello dove ancora riusciva ad apprezzare la festività.
Quello che, ormai, era un ricordo lontano.
 
Guardare le stelle lo rilassava; si sentiva insignificante paragonato alla vastità dello spazio, e la sua mente sembrava come sgombrarsi da tutti i pensieri, i ricordi, le emozioni e i problemi. Soprattutto quelli degli ultimi giorni.
Ripensò alla domanda iniziale di Shiro e alla sua risposta. Non era vero che saliva sul tetto per pensare, ma per smettere di farlo.
Anche Shiro alzò gli occhi verso il cielo.
Non conosceva Keith da molto tempo, ma aveva imparato a osservare i suoi cambiamenti di umore, leggere più a fondo nei suoi sguardi, ascoltare i suoi silenzi e apprezzare la sua compagnia. Più volte su quel tetto si era trovato a fissare il volto sereno dell’altro ragazzo più che il cielo.
Anche se avrebbe potuto, non si era informato sulla sua storia personale e non voleva conoscerla, a meno che l’altro non avesse voluto condividerla, ma non era difficile capire che qualcosa in quel periodo turbava Keith.
Ed era sicuro che non c’entrassero i risultati del primo trimestre. 
Qualsiasi cosa fosse, anche se l'altro non si sarebbe mai aperto con lui, voleva essergli vicino.
Esserci per lui, anche se sapeva che lui non gli avrebbe mai chiesto di farlo.
E non era per pietà o perché si sentiva in dovere in quanto suo superiore.
Keith gli piaceva, così come passare del tempo in sua compagnia.
Incontrarlo era stata una boccata d’aria fresca in quell’Accademia sempre uguale.
-Sai…- mormorò Shiro, chiudendo gli occhi, ma rimanendo con il volto verso il cielo: -… ho sempre amato guardare le stelle. È come se ogni altra cosa scomparisse e riuscissi a capire quanto effettivamente piccolo io sia nell’intero universo; non siamo altro che piccoli esseri umani in una galassia immensa e piena di altre vite e storie. Con gli occhi chiusi, circondato da queste stelle, è quasi come galleggiare nello spazio…-
-Non vedo l’ora di andare lassù.- sussurrò Keith, inclinando la testa verso l’altro ragazzo, aspettando di vedere gli occhi grigi di Shiro riflettersi nei suoi: -Libero…- aggiunse; un sussurro più basso rispetto a prima, che Shiro riuscì a sentire a fatica.
Il più grande sorrise e allungò una mano a scompigliargli appena i capelli: -Considerando i tuoi risultati, non ci vorrà molto prima che tu lo faccia.-
Keith scansò quella mano e incontrò nuovamente quegli occhi: -Tra un paio di anni ti raggiungerò nello spazio.- sorrise, stringendosi nella coperta, avvicinandosi ancora di più all’altro, immergendosi nel piacevole tepore di Shiro.
Non era facile vedere il sorriso di Keith, ma ogni volta che l’altro riusciva a vederlo, desiderava che rimanesse un po’ di più sul volto del ragazzo.
-Vedi quel gruppo di stelle?- chiese, indicando una costellazione verso est.
Keith annuì, ricordava di averla letta nei manuali.
-Non si può vedere Plutone a occhio nudo nel cielo, ma la spedizione avrà quella rotta… proprio verso la stella che emana quel bagliore rosso. Quindi…- Shiro fece una pausa e abbassò di nuovo lo sguardo verso l’altro.
- … saprai dove guardare.-
Keith si strinse appena nelle spalle, le guance che sembravano andare a fuoco per quelle parole, distogliendo lo sguardo da lui, non riuscendo a mantenere il contatto visivo.
In una situazione del genere, quale sarebbe stata la cosa migliore da dire? Quale la risposta più adatta da dare?
-Te l’ho detto. Ti raggiungerò presto, non ci sarà bisogno di guardare le stelle.- sussurrò, decidendo di posare la testa sulla spalla dell’altro e alzare di nuovo gli occhi verso il cielo, guardando la costellazione che gli aveva indicato l’altro ragazzo.
Shiro sorrise a quella risposta e scosse appena la testa, prendendo il lembo della coperta per avvolgere meglio sia lui sia Keith.
Keith si fece più vicino, mentalmente grato che Shiro avesse avuto l’accortezza di portare quella coperta. Averlo vicino gli faceva provare un piacevole tepore, che riusciva, così come il cielo stellato, a cancellare i suoi pensieri e tutti quei problemi che prima sembravano insormontabili. In compagnia del ragazzo, anche i ricordi non erano più un problema.
In quel momento, Shiro era l’unica cosa di cui avesse bisogno.




Note:
Allora, volevo entrare nel fandom facendo qualcosa di carino e spero di avercela fatta in un qualche modo. Volevo fare una preKerberos da tanto tempo, e il calendario mi ha dato l'occasione giusta.
Spero vi sia piaciuta e se vorrete, ci sarà un piccolo capitolo conclusivo più avanti, che però è semplicemente un epilogo di poche parole su un fatto divertente che è uscito con un'amica mentre si mi aiutava e sopportava le mie paranoie.
Buone feste a tutti <3
Aggiungo una piccola cosina innocente. Uno Shiro modificato con il maglione che ho immaginato per lui.
https://i.imgur.com/62ITN17.jpg

 
  
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