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Autore: Rota    10/12/2017    0 recensioni
Come primo atto, io sentii la voce di lei - ovattata, al di là dell’acqua e della barriera a doppio strato entro cui il mio corpo galleggiava. Quella colonna cilindrica, quella piscina di reflussi a neutroni liberi fu come il ventre materno che mi diede al mondo.
-Oh, guarda Kuro-chan! Guarda!
Poi un rumore sordo, che all’epoca non avrei mai saputo definire. Quel bambino si era sporto e aveva schiacciato mani e viso contro il vetro che ci divideva.
Aprii gli occhi di scatto e lui arretrò spaventato, seguito dalle risa di quella donna.
-Hai visto? Si è svegliato! Si è svegliato, Kuro-chan!

[Shu!Centric - Lievissimissimo KuroShu]
Questa storia partecipa allo "Sci-Fi Fest” a cura di Torre di Carta e Fanwriter.it!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shu Itsuki, Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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*Numero parole: 880
*Prompt 8: “Ci sono molti generi di prigione, capitano. Sento che la sua se la porta ovunque vada.” (Chirrut Imwe, Rogue One)




 

Stringe le mani robotiche attorno al manico del carrello, quando attorno a lui passano altre persone - guarda con un certo puntiglio il carico che sta spingendo in avanti, lasciando che sia la persona che gli cammina accanto a salutare e sorridere come richiede l’occasione. La sua espressione tesa tradirebbe troppe cose, e gli è stato imposto di non camminare troppo velocemente per non destare qualche sospetto davvero pericoloso: in ogni istante potrebbero scoprirli.
Fortunatamente, quel lungo corridoio ha una fine, così come la struttura da cui stanno scappando con lentezza. Sull’orlo dei due confini, la terra libera e la Massima Prigione di Nuova Terra, il suo compagno gli fa cenno di disfarsi del camice scuro con cui si è vestito, e di togliersi anche il caschetto che nasconde i suoi fin troppo riconoscibili capelli rosso fuoco.
Una sacca, nessuno che possa vederli, il punto cieco di diverse telecamere in precedenza studiato e trovato. Kuro razionalmente trova quel piano di fuga ben congegnato, tuttavia il suo spirito non riesce a lasciar andare anche solo parte dell’ansia che ha tenuto tesi i suoi muscoli umani.
Forse è per l’importanza del carico che trasporta. Forse, più che altro, per aver coinvolto qualcuno in faccende che ritiene assolutamente personali.
Leo lo conduce quindi a un’autovettura noleggiata per l’occasione; avrà soltanto cinque ore di tempo per andare, fare e quindi tornare. Non un minuto di più e non uno di meno.
Quando alla fine il carico è stato messo nel bagagliaio, con l’attenzione di non scoprirlo dal lenzuolo scuro che lo avvolge tutto e lo tiene stretto, Kuro sospira gravemente.
-Tsukinaga, passeresti dei guai se questo si venisse a scoprire…
L’altro si sposta un ciuffo lungo di capelli ribelli, prima di sorridergli e zittirlo, prima ancora che dica qualcosa di troppo.
-Vorrà dire che non si dovrà venire a scoprire, Kiryuu! Non c’è cosa più facile di questa!
Non c’è mai stata ombra di una qualche sorta di pentimento, sulla sua espressione. Non quando ha proposto il piano, non quando ha cominciato a realizzarlo, non in quel momento.
Benché Kuro non riesca ad ammetterlo - per orgoglio e per quella strana e forse stupida convinzione che, d’altra parte, a nessun altro essere umano può davvero mancare la presenza indisponente di Shu Itsuki - Leo è stato emotivamente coinvolto da tutto quello molto prima di avere incontrato lui e la sua tristezza.
​I
l piccoletto, che tanto corto e tanto fragile non sembra considerarsi, chiude lo sportello del bagagliaio e gli da una forte pacca sulla spalla. Proprio lì dove la parte metallica e dura inizia per poi distendersi fino alla punta delle dita.
-Ringrazierò anche Mama da parte tua!
-Certo.
Mikejima Madara è un altra persona coinvolta nel piano, anche se non presente. Come pure Izumi Sena, e Arashi Narukami, per quanto in secondaria e strana misura.
Leo sospira, lasciando andare la stanchezza mentale e fisica, mentre ancora muove le mani per scacciare via il dolore a cui non vuole dare voce.
Le sue parole perdono gioia e allegria per qualche secondo, quando gli occhi fissano un punto nel vuoto sopra il cofano appena chiuso.
-Dovrai trovare un posto dove nascondere entrambi, in modo che non vi trovino. Se vuoi, posso suggerirti qualcosa io-
Questa è la volta di Kuro, a interromperlo. Prima che, davvero, dica qualcosa di troppo.
-Hai già fatto abbastanza, Tsukinaga.
Leo lo guarda in viso e capisce che non è una questione, quella, di gelosia: nel caso dovessero essere scoperti, non sapere proprio tutti i dettagli potrebbe essere un vantaggio per loro. E forse sì, anche un po’ di orgoglio di Kuro, dal momento che Shu è sempre stata cosa sua, anche nel momento in cui ha dovuto fermare la sua pazzia. Il senso di colpa che prova, i suoi sentimenti per quella Macchina, tutta la storia che li unisce. Queste cose sono la sua condanna per l’eterno, e forse anche la sola via che ha per la salvezza.
Leo lo comprende benissimo.
-Come desideri. Ma questo mio silenzio ti costerà un’altra cosa.
-Cosa?
-Salutamelo, quando riuscirai a montarlo. Non sono riuscito a salutarlo a dovere, quando era ancora acceso.
Sorride di nuovo, con tutto il viso. Con tutto lo spirito.
Ricordando uno dei motivi per cui si ritrovano entrambi in quel parcheggio, a scapito della neve giallastra e dell’imponente struttura governativa che staglia la propria ombra per diversi chilometri.
L’altro risponde con un sorriso e abbassa le spalle, finalmente. 
-Certamente.
Ma quando si volta in direzione della porta vicino al posto del conducente, per una guida manuale, Leo Tsukinaga gli grida senza una reale motivazione un’ultima cosa, importantissima.
-Kiryuu!
Aperta la portiera, gli rivolge soltanto metà viso.
-Se quando si risveglierà avrai quella faccia, non credo sarà molto felice. Il tuo grugno non è esattamente un bello spettacolo!
Lo vede portarsi le mani alle guance e sollevare gli angoli della bocca, in un’imitazione davvero infantile di quanto gli sta per suggerire.
-Cerca almeno di sorridergli, d’accordo?
E poi ride, lasciandolo interdetto e un po’ confuso. Strani, strani gli esseri umani.
Saggi e pazzi allo stesso tempo.
Kuro non risponde, si introduce nell’abitacolo e chiude la portiera; accende la macchina che, sollevandosi da terra di qualche metro, è finalmente pronta a partire con il suo importantissimo carico.
Nel giro di qualche istante, è sparita nella luce.

   
 
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