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Autore: lime_    11/12/2017    0 recensioni
Fiocchi di neve.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La rosa ha le sue spine,

e per questo la rosa

è il fiore dell'amore.

 

 

Nevicava quel giorno.

Quel giorno invernale di un anno prima, i fiocchi cadevano morbidi creando un atmosfera delicata e piacevole.

Tutti erano più felici quel giorno, la neve fa sorridere tutti. Ma il sorriso che avevo io quel giorno, scommetto che nessuno ne stava facendo uno più grande.

Fu il primo giorno che andai a casa del mio attuale ragazzo, era tutto così bello. Allora ancora eravamo solo amici, ma sapevamo entrambi che le cose sarebbero cambiate.

Ricordo ancora ogni particolare di quel giorno come se fosse ieri.

Passammo tutto il giorno assieme; a ridere, a guardarci, a sorridere e a cercare piccoli contatti tra le nostre mani.

Conobbi sua madre quel giorno, una donna arcigna, pettegola e meschina, tutto il contrario di lui, che io ammiravo così tanto. Non lo vedevo come un dio, ma lo seguivo con gli occhi come se emanasse un'aura di bontà e bellezza. Era leale lui, dolce, simpatico e un po' timido.

Mi sono sempre piaciute le sue spalle. Quante volte ho immaginato di poter appoggiare la mia testa sulla sua schiena abbracciandolo da dietro, e quante volte ho desiderato far toccare alle mie labbra quella morbida curva tra spalla e collo, quella curva dove ora è legata la collana argentata che gli ho regalato.

Anche le sue mani sono belle. Grandi e forti, per niente morbide.

I suoi capelli, un po' lunghi e ingestibili. Mi hanno sempre fatto venire voglia di stringerli e accarezzarli.

Era un po' egocentrico, sicuro di sé e vanitoso. Ma mi piaceva.

Per tornare a casa mia dovevo prendere il treno, e siccome la strada a piedi era lunga mi accompagnò.

Stavamo parlando, come facevamo sempre. Ma forse quel giorno era un po' diverso, sentivo un tono più malizioso nelle sue parole, vedevo più intraprendenza nei suoi gesti.

A un certo punto si bloccò, il suo sguardo era stato catturato dalle piante in esposizione in un negozio di fiori. Mi disse di aspettare un attimo fuori, senza darmi spiegazioni. Aspettai fuori, e nell'attesa mi distrassi a guardare il cielo; i fiocchi scendevano ancora, ora più fitti di prima. Non mi accorsi che era uscito fino a quando non mi appoggiò qualcosa di vellutato e leggermente umido sulla guancia. Mi girai e vidi davanti al mio viso una piccola rosa rossa col gambo incartato nell'alluminio.

Alzai lo sguardo verso i suoi occhi e ci vidi, per la prima volta, insicurezza. Sorrisi emozionata e senza esitare presi la rosa tra le mia dita e mi allungai verso di lui per dargli un leggero bacio sulla guancia sussurrando un grazie.

Prese la mia mano libera tra le sue, e continuando a sorridere ritornammo a camminare verso la stazione.

Ricordo che quello fu il giorno in cui mi disse per la prima volta che ero bella.

Mi disse che somigliavo a quella rosa. Capelli rossi e fiocchi di neve.

E ricordo anche che quel giorno, mentre il treno iniziava a rallentare fermandosi producendo quel fastidioso rumore stridulo, in un impeto di sfacciatezza che mai avevo avuto nella mia vita gli presi il volto tra le mani e gli diedi un veloce e sfuggevole bacio sulle labbra. Mi sembra ancora di sentire sui polpastrelli la leggera barba pungente, mi sembra ancora di vedere qui davanti a me quel viso stupito, con gli zigomi arrossati dal freddo e i piccoli fiocchi di ghiaccio tra i capelli.

Nel corso degli ultimi giorni ho ricordato tutte le cose belle che abbiamo fatto assieme.

Ho ricordato tutti i baci, gli abbracci, le carezze, le risate. Anche i litigi ho ricordato con un sorriso, perché dopo un litigio c'era sempre un gesto d'affetto per chiedere scusa.

 

Stamattina mi sono svegliata, e appena aperti gli occhi la prima cosa che ho provato è stata disperazione.

Non avevo molta voglia di alzarmi oggi, perché sapevo che ciò che mi attendeva non sarebbe stato divertente.

Il cielo era nuvoloso e la temperatura fredda.

Guardai il telefono con la piccola speranza di trovare il buongiorno che da un anno ogni mattina mi mandava, ma non trovai nessun messaggio ricevuto.

Presi l'autobus, e dopo tre fermate, come da concordato, salì una ragazza che si sedette vicino a me. Nemmeno lei sembrava molto contenta di essere lì, ma di sicuro non provava nemmeno lontanamente il dolore che provavo io.

Arrivammo in stazione e prendemmo il treno, dopo trenta minuti di viaggio scendemmo. Tutto questo fu fatto in silenzio, nessuna delle due aveva voglia di parlare. Lei per vergogna, io per un sentimento ben diverso che tutt'ora non so definire.

Mi costrinsi a darle delle indicazioni, le dissi di telefonargli e dirgli che tra poco sarebbe arrivata.

Durante il tragitto lanciai uno sguardo a quel negozio di fiori che mesi prima mi aveva reso così felice.

Arrivati davanti casa sua suonò il campanello e si mise davanti al cancello. Io mi spostai dietro al muro, dove lui non sarebbe mai arrivato a vedere.

Qualche secondo e sentimmo la sua voce che la salutava. Udii il rumore dei suoi passi fare le scale e avvicinarsi piano al cancello. Mi sembrò di vedere il suo sorriso quando le disse che poteva entrare senza dover aspettare che lui scendesse. "Non è la prima volta che vieni, oramai sai la strada."

Il mio cuore si dimenticò qualche battito, lasciandomi per un attimo col fiato corto.

Sentì lei annuire ridacchiando leggermente e dopo qualche passo i suoni che vennero non erano più parole.

Con molto coraggio, e dopo aver fatto qualche respiro profondo, mi spostai mettendomi allo scoperto. Ciò che vidi mi fece tremare le ginocchia.

In quel momento non potei evitare di sentire diversi spilli, uno dopo l'altro, penetrare il mio cuore.

Conoscevo già la situazione da ore, avevo dubbi già da giorni. Avevo letto tutti i loro messaggi il giorno prima, e in modo quasi minaccioso avevo costretto questa ragazza a programmare un loro incontro.

"Non provo più sentimenti per lei"

"Sta diventando un peso"

"Sto ancora con lei perché mi è utile, se no già l'avrei lasciata"

"Semplicemente non la amo più"

"Io voglio stare con te. La lascerò"

"Non mi soddisfa come mi soddisfi tu"

"Tu sei più bella"

Era di spalle in quel momento, e nonostante tutto non riuscì a far a meno di pensare quanto effettivamente io lo trovassi ancora attraente. Mi sentì parecchio stupida per questo, mi sarei presa a sberle.

Rimasi lì, in attesa che finissero. Non mi mossi, non dissi nulla. Semplicemente li guardai.

E la tristezza che prima provavo, lentamente si stava trasformando in rabbia.

Lei mi vide, e codardamente, senza rispettare gli accordi precedenti, lo prese per mano e iniziò a salire le scale.

Sapevo che se non li bloccavo ora non avrei più avuto modo di farlo, ma i miei piedi si rifiutavano di muoversi. La mia voce si rifiutava di uscire.

Stranamente lui si fermò e disse di dover andare a chiudere il cancello, una cosa che non faceva mai, dato che il suo cancello rimaneva sempre aperto.

Quando si girò mi vide a circa quattro metri di distanza da loro, e con un'espressione di puro panico si fermò sul posto.

Non mi degnai di avvicinarmi. Lo insultai e basta, con voce controllata. Gli dissi di tutto lo schifo che provavo, e lui rimase zitto.

Non piansi, non urlai e non tirai pugni.

Augurai ad entrambi che la loro relazione durasse in eterno, ma che fosse una relazione triste e malata.

Tirai un grazie beffardo, sorridendo di sbieco, alla ragazza affianco a lui. Le dissi che mi era stata molto utile negli ultimi due giorni, e lui, con espressione stupita, ci mise qualche secondo per capire come avessi fatto a creare quella situazione.

Alzai lo sguardo e vidi alla finestra una donna bionda che bene conoscevo sorridere con occhi cattivi. Sorrisi anche io, per un attimo, a quella donna che per un anno mi era venuta contro, e pensai che forse, suo figlio non era tanto meglio di lei.

Lo guardai negli occhi un'ultima volta, e il suo sguardo non diceva ciò che mi aspettavo.

Lo sguardo urlava pietà, tristezza, colpa e perdono. Ma la bocca rimaneva chiusa.

Le gambe rimanevano ferme. Le mani strette a pugno.

Tolsi dal mio polso e gettai a terra il bracciale che mi regalò mesi prima e quasi involontariamente guardai il suo collo trovandovi ancora la collana da me regalatagli.

Gli rivolsi un'espressione arresa, con calma mi girai e superai il cancello, uscendo per sempre da quella casa.

 

Il tragitto verso la stazione fu straziante.

Ricordai tutte le numerose volte che l'avevo fatto assieme a lui, tenendoci per mano.

Ricordai quella volta che lo feci correndo arrabbiata, e che poco prima di arrivare a destinazione lui mi aveva raggiunta per poter chiarire.

Sperai che anche questa volta lui mi avrebbe seguito, e che magari mi avrebbe detto che era tutto uno scherzo.

Ma non accadde.

Arrivata alla stazione rallentai il passo, improvvisamente esausta anche di respirare, e mi sedetti su una panchina a lato della ferrovia.

Era domenica mattina e a quell'ora nessuno stava aspettando il treno, quindi senza preoccupazione tirai indietro la testa e chiusi gli occhi, pronta al pianto che presto sarebbe arrivato.

Venni bloccata da dei piccoli tocchi freddi sulle guance e aperti gli occhi vidi che la neve aveva iniziato a scendere debole e lenta. Sorrisi ironicamente e chiudendo di nuovo gli occhi appoggiai le mani sulla panchina tirando leggermente le braccia dietro la mia schiena.

Ma con la mano destra mi punsi su qualcosa che pur senza aprire gli occhi già sapevo cos'era.

La presi, la portai davanti a me e aprendo gli occhi vidi una rosa rossa con numerosi petali spezzati.

I fiocchi di neve si stavano morbidamente appoggiando su quella rosa come sui miei capelli, e questa volta non potei evitare di realizzare quanto io e quella rosa fossimo effettivamente simili in questo momento.

Capelli rossi e fiocchi di neve.

 

 

 

Tutto ciò che è scritto è frutto della mia immaginazione solo in minor parte. 

Twitter: noliflereamor

  
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