Fanfic su attori > Altri attori/film
Ricorda la storia  |      
Autore: corvonero83    12/12/2017    1 recensioni
[Tom Hardy]
/Tom Hardy/
Lei ricordava tutto di quell'incontro, tutto nei minimi dettagli. Ogni sensazione, ogni emozione e parola detta: e avrebbe ricordato tutto ancora per molto tempo. Forse per tutta la vita…..
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

A volte scrivo cose improponibili e il bello è che le pubblico anche. Abbiate pietà ma quest’uomo mi sta uccidendo…

Tom Hardy non mi appartiene e la storia è frutto della mia testolina bacata e forse un po’ troppo innamorata…..

 

 

 

“….è facile sai
averti
se chiudo i miei begli
occhietti spenti

e cerco su di me
la tua pelle che non c'è
poi ti entro, in fondo
dentro, lo sai
soltanto per capire chi sei
forse sei un congegno che
si spegne da se

e puoi maledire
la tua bocca
se sbagliando mi chiama
quando lui ti tocca

cercherò su di me
la tua pelle che non c'è
ti entravo, in fondo
dentro, lo sai
soltanto per capire chi sei
forse sei un congegno che
si spegne da se…..”

(Afterhours-Pelle)


 

Siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”

(W. Shakespeare)

 

Quattrocento anni fa, il bardo dell’Avon aveva già capito tutto. Sogni. Siamo, noi, semplici sogni? Come possiamo capire quando stiamo sognando e il modo in cui lo facciamo? Capire dove sta la lieve linea che segna il confine tra sogno e realtà? perché a volte viviamo esperienze così irreali che possiamo crederle sogni ad occhi aperti, oppure sogniamo cose talmente forti da credere di averle vissute realmente.

Perché queste domande?

Perché la nostra protagonista si trova in questa condizione di incertezza: aveva sognato un' avventura inspiegabile o aveva vissuto un’ esperienza incredibile?

Era un mese che si stava arrovellando su quella domanda. Non ne aveva parlato con nessuno, se lo era ripromessa, ma ora era sull’orlo di una crisi di nervi. Ed era già passato un mese, un mese!

Lei ricordava tutto di quell'incontro, tutto nei minimi dettagli. Ogni sensazione, ogni emozione e parola detta: e avrebbe ricordato tutto ancora per molto tempo. Forse per tutta la vita…..

 

 

Ullapool era fredda anche in Agosto. Fredda ma incredibilmente bella e irreale. Il sole, misero sole estivo in un cielo nord europeo, scintillava pallido sulle sponde del mare; l’acqua era gelida, quasi ghiacciata, l’aveva saggiata con la punta delle dita e il vento soffiava forte, arrabbiato con la cittadina alle sue spalle. Aveva bisogno di caldo, il freddo le aveva penetrato le ossa e lei non era geneticamente portata per sopportare il freddo, si asciugò le mani e si avviò sulla strada principale del paese. Aveva adocchiato una tipica tea room prima di recarsi al molo in caccia di foche, dato che quello era lo scopo del suo viaggio fin li, nel nord della Scozia. Dal locale aveva sentito provenire un buon odore di dolce e soprattutto aria calda e lei aveva bisogno di caldo.

Un’oretta per rimettersi a posto e poi avrebbe ripreso l’autobus per Iverness e da li avrebbe proseguito per Edinburgo dove avrebbe passato l’ultima notte prima di tornare a casa.

Quando entrò un campanellino suonò all’ingresso del locale, era un posto piccolo ma accogliente, due stanze divise da una parete ingiallita dal tempo e decorata con foto di animali artici, una stufa a legna contribuiva a riscaldare il locale.

Il caldo e le foto la fecero sorridere e dopo aver salutato la titolare, una donna un po’ avanti con l’età e dalle guance paffute, si sedette ad un tavolo; era sola ma sentì che nella stanza vicino qualcuno rideva di gusto, probabilmente giocando a carte, da uno specchio poté infatti vedere le figure di due signori anziani, ben coperti da sciarpe e felpe, nonostante nel locale si stesse più che bene.

Ordinò te alla mente a una fetta di torta al cioccolato, scontata forse ma dall’aspetto molto invitante. Si perse a riordinare le cose scritte fino a quel momento, gli schizzi fatti in giro per la Scozia, si ricordò di mandare un messaggio a sua madre e ad Alessandra, la sua migliore amica. Era via da due settimane, era stata bene, non aveva trovato quello che cercava ma forse aveva capito un po’ di più se stessa e le sue ultime scelte di vita.

Era ora di partire e decise di fare una scappata al bagno, lasciando tutto sopra il suo tavolo, superò la stanza da cui provenivano le risate, non facendo molta attenzione ai presenti ma con la coda dell’occhio notò che erano in quattro.

“Partita a carte” pensò tra se, sorridendo.

Di ritorno si fermò al bancone per pagare prima di prendere lo zaino e le sue cose ma la signora, sorridendo sorniona e complice le fece sapere che era già stato tutto pagato. Rimase perplessa e la domanda che le lampeggiava negli occhi fu soddisfatta da un cenno della donna che le indicò il suo tavolo.

Qualcuno era seduto al suo posto, le dava le spalle ma vide benissimo che stava guardando il suo album con gli schizzi. Fu pervasa da un misto di rabbia e curiosità: come si permetteva quell'uomo? forse era solo uno degli anziani, un po’ curioso, ma erano comunque cose sue!

Andò al tavolo e schiarendosi la voce per avvertire l’uomo della sua presenza si sedette davanti a lui. Questo prima di degnarla di uno sguardo finì di esaminare i suoi disegni.

Lei ebbe un brivido. Non poteva essere. No, era impossibile! Stava sicuramente avendo un’allucinazione. Ma quando lui alzò la testa lei non poté che sgranare gli occhi incredula.

-Ottimo lavoro, davvero!- le sorrise con quella bocca malandrina che faceva venire in mente solo una cosa: morderla!

Lui notò il suo stupore ma non se ne fece un problema -Perdonami, sono un ficcanaso e i tuoi disegni mi hanno incuriosito molto, io sono Tom….-

-So bene chi sei- lo disse asciutta. Non per disprezzo o altro, solo perché non pensava di vivere la realtà. Probabilmente era già sull’autobus per Iverness e si era appisolata di brutto.

Lui la scrutò e quegli occhi la divorarono in un boccone famelico. Erano veri, brillanti e stavano davanti a lei.

-Sei brava, molto brava….- voleva sapere il suo nome, le stava porgendo la mano.

-Nola, sono Nola- lei porse la sua. Non poteva che accettare quella presa, dolce ma sicura e calda, calda e tremendamente reale.

-Sei….italiana?-

Annuì ancora persa nei suoi dubbi.

-L'accento…- lo disse facendo uno strano gesto con la mano.

Seduto davanti a lei c’era Tom Hardy, con cappellino da baseball e una splendida camicia da boscaiolo, barba incolta, interessato ai suoi disegni e che le aveva appena offerto una merenda. Non poteva non essere un sogno, anche se gli aveva stretto la mano, anche se sentiva quelle pietre cristalline fisse su di lei, lui non poteva essere reale. Tom Hardy interessato a lei?! Poi che ci faceva Tom Hardy in una sala da te di un paesino sperduto della Scozia a giocare a carte con degli anziani? Che poi si ritrovò a pensare che almeno lei nei suoi sogni un minimo di decenza poteva averla, invece no! Aveva una felpa nera degli Slipknot, jeans e scarponcini, capelli raccolti alla meno peggio e unghie smangiucchiate: un amore proprio!

Prese un bel respiro e si fece coraggio -Sto sognando, vero?- lo sperava!

La risata fu soffocata, ma ci fu. Gli occhi brillarono maliziosi in quel volto macchiato dalla barba incolta e lei arrossì in un batter d’occhio per la vergogna. No, non stava sognando.

-O cazzo!- se lo lasciò scappare e stavolta lui non si trattenne, la risata riecheggiò forte ma non troppo offensiva. Era divertito, dolcemente divertito!

-Sono vero. In carne ed ossa. E voglio sapere cosa ci fai in questo villaggio sperduto, Nola!- lo sguardo gli divenne dolce. Troppo dolce e lei si lasciò sottomettere da quella dolcezza e dal destino che le aveva preparato quello scherzetto

Forse ne aveva bisogno.

-Sono in viaggio da due settimane, ho fatto il giro della Scozia. In cerca di qualcosa, forse in cerca di me stessa, non lo so. Volevo vedere le foche….-

-E le hai viste?- era interessato.

Annuì -Due, bellissime!- sorrise e sentì i nervi sciogliersi un poco dietro il suo collo.

-In cerca di te stessa? Bene…- grugnì. Gli aveva sentito fare quel verso di approvazione mille volte nei suoi film, ora sapeva che era una cosa sua, che apparteneva al suo essere Tom e non era solo finzione. La cosa le piacque tantissimo.

-Dopo ogni film anche io devo ritrovare me stesso. Vengo sempre qui un paio di giorni, finite le riprese, il freddo, la solitudine o le partite a carte con i miei “old boy” mi aiutano a ricordare che sono Tom e non il personaggio appena interpretato-

-Dunkirk-

-Già- era un po’ sorpreso.

-Credo che sarà un film molto interessante-

-Lo spero- sorrise malizioso.

Rimasero in silenzio per un po’, lei gli stava fissando le mani, belle mani forti ma curate, solo arrossate dal freddo, era ipnotizzata e non si accorse che lui si era rimesso a guardare i suoi disegni.

-Mi piacciono tanto, soprattutto questo, il castello di Iverness,; i suoi ruderi, mi mettono sempre delle sensazioni molto strane in corpo. Sensazioni belle, intendo…-

-Le ha trasmesse anche a me….- non riusciva a guardarlo in faccia. Lui si rese conto che era in difficoltà e decise di aiutarla.

-Ti va una birra?-

-Perché no?- Nola aveva dimenticato tutto, tutto il mondo esterno, i suoi impegni e l’autobus che doveva prendere. Il fatto che non aveva un posto dove passare la notte.

-Come la preferisci?-

-Bionda. Ma stavolta offro io, se no mi offendo- si era alzata senza ammettere repliche. In realtà aveva bisogno di prendere fiato, realizzare ancora una volta che non stava sognando e per farlo doveva allontanarsi da lui.

Tom alzò le mani in segno di resa -Mirta sa cosa mi piace- lo disse con una vena di malizia in quella voce roca e la lasciò andare al bancone, osservandola. Anche se aveva dei jeans e una felpa aveva notato il fisico proporzionato, forse un po’ troppo magro. Di certo non gli era sfuggito il sedere. Era un uomo dopo tutto e aveva un debole per il lato B delle donne. Lo ammetteva a se stesso. Come ammetteva serenamente di amare il sedere di alcuni suoi compagni di set.

Quella ragazza era bella, senza troppe pretese e soprattutto era intrigante.

La birra l’aiutò. L’aiutò a sciogliersi del tutto di fronte a quell’uomo bellissimo e decide di vederlo proprio come un semplice uomo, decise di godere della compagnia di lui come fosse uno sconosciuto comparso dal nulla, non uno degli attori più sexi del pianeta.

Un uomo dal viso magnetico, dai gesti in parte goffi ma gentili e dallo sguardo dolce.

-Parli bene inglese!-

-Grazie, in realtà non mi piace molto, preferisco lo spagnolo- sorrise ma divenne anche rossa. Sentì le guance accaldate.

Poi lo vide concentrato, gli occhi socchiusi e in pochi secondi lo sentì dire -Sei molto...bravo...a, brava!-

Stavolta fu lui a sorprenderla, anche se era un italiano strascicato e dal forte accento inglese, le fece piacere sentirgli parlare la sua lingua e lo guardò curiosa.

Lui capì di dover spiegare -Amo Italia e...e la tua lingua….- si sforzò ancora ma poi cedette e tornò al suo inglese -Da dove vieni?-

-Da un posto che è tra la Toscana e la Liguria- non riusciva a sostenere il suo sguardo. Quegli occhi tra il verde e l’azzurro, a tratti grigi, simili ai suoi, la stavano divorando, senza fretta e soprattutto senza farle troppo male.

-Mare bellissimo e poi la Toscana credo abbia città meravigliose e del gran cibo- si baciò la punta delle dita -Il vostro cibo è...è….unico!-

Si guardarono in silenzio per un po’, c’era qualcosa nell’aria che le stava mettendo ansia. Lei era attratta da lui in modo spaventoso ma possibile che lui fosse attratto da lei? Non lo poteva ritenere credibile eppure, eppure quegli occhi non la mollavano un secondo.

-Da cosa scappi, Nola?- la spiazzò. Con voce gentile ma seria le chiese l’impossibile -Tu non stai cercando qualcosa, tu stai scappando da qualcosa, o qualcuno. Ti si legge in faccia, i tuoi occhi non mentono- occhi verdi, come un bosco in estate e malinconici. Una calamita per lui, come miele per un orso affamato.

Rimase interdetta e cercò di rispondergli -Forse è vero- ma non gli disse altro. Non parlò di un ragazzo, un uomo, che aveva lasciato in Italia dopo cinque anni di relazione e convivenza perché si sentiva in gabbia, non gli disse di un lavoro che non le piaceva e che le stava risucchiando ogni energia, non lasciandole tempo per altro. Per quello che le faceva bene! Non gli disse dei suoi malesseri che la precipitavano in giornate buie dove tutto era fatica e odio e dove solo una cosa le poteva fare bene. Acqua. Nuotare o stare ore ad ascoltare il mare. Per questo era finita nel nord della Scozia, per ascoltare la sofferenza del Mare del Nord.

-Forse è vero, sto scappando da qualcosa. Ma non saprei dirti da cosa- mentì. E per scappare dal suo sguardo si guardò intono rendendosi conto che l’orologio alla parete indicava le sette e mezzo di sera, passate. Aveva perso l’autobus!

-Diavolo! l’autobus è partito! Mi sa che devo andare all’albergo che ho visto qua vicino per cercare una stanza- fece per alzarsi ma lui la fermò con il suo solito grugnito da orso.

-L’albergo di Karl avrà sicuramente un posto per te, ma vorrei offrirti io ospitalità. Ho un appartamento qui e dato che ti ho fatto perdere io la cognizione del tempo….-

-Non è colpa tua io...io sono stata bene qui con te- era sincera.

-Allora vieni da me. Vorrei averti vicina stanotte. Vorrei poter continuare a parlare con te. Anche io sono stato bene e credo di avere bisogno di te-

-Non, non credo sia una cosa giusta….- ma lui non era soddisfatto da queste misere parole -Come puoi considerare normale che io venga a dormire da te? Tu sei il sogno di parecchie donne e io non mi escludo da queste e non capisco. Perché dici di avere bisogno di me? Perché io?-

-Perché non sei come le altre?- stavolta la guardò come un bambino guarda la madre quando le dice la scusa più ovvio per una marachella appena fatta.

-E’ una scusa banale e molto usata, lo sai?-

-Lo immaginavo, ma è la verità. Non è una scusa. Voglio averti vicino per quanto possibile, non so spiegarti bene perché. Non è detto che finiamo a letto, o meglio c’è un’alta probabilità che io voglia portarti a letto perché dopo molto tempo mi sento attratto fisicamente da una donna che non è la madre di mio figlio e ….-

-Ecco!- non aspettava altro -Io sono una ragazza normale, mi reputo semplice e di certo non una che fa voltare gli uomini per strada. Tu, tu hai una donna bellissima al tuo fianco e non riesco proprio a capire come tu possa, lo hai detto tu, dio mio! Essere attratto da me?! E poi...poi hai due bimbi…..- le si smorzò la voce in gola.

-I miei figli non c’entrano in questo tipo di decisioni. Loro sono miei e li saranno sempre- nel dirlo si toccò la clavicola sinistra dove portava tatuato Padre fiero, lo fece inconsciamente, pensò lei.

-La mia compagna, be’ vedi, è da un po’ che non comunichiamo più. Può non sembrarti possibile ma mi sento molto solo, non do confidenza a tutti e soprattutto non mi porto a letto la prima che mi fa gli occhi dolci solo perché ho delle necessità fisiche!-

-Non ti ho fatto gli occhi dolci!- era risentita e lui sorrise a quelle parole.

-No ma hai comunque degli occhi che parlano e credimi mi hanno detto mille cose in poco tempo...-

Nola arrossì e si sentì in trappola. Non era però così contrariata.

-Cosa ti frena?- era curioso ma non voleva neanche insistere troppo.

-Ho paura- lo disse decisa, mordendosi il labbro superiore. Era la verità, era quello che sentiva. Paura di stare sola con lui.

E lui rimase colpito da tanta sincerità. Tanti avevano provato un approccio con lui, ragazze meravigliose, ragazzi ambigui, donne mature, poche volte aveva ceduto in passato e solo con chi lo colpiva veramente. Molti erano stati i suoi rifiuti gentili ma pur sempre rifiuti ed ora aveva davanti una ragazza semplice, vero, ma pur sempre bella che aveva paura di poter rischiare di finire a letto con lui. Di conseguenza non era sicura di voler stare sola con lui. Il mondo era strano! Di certo questo lo portò ancora di più a convincersi che la voleva. La voleva eccome. Sentiva un bisogno disperato dentro di lui di toccare qualcuno, di farsi toccare, di riempirsi dell’odore e della carne di qualcuno, ma quanto era difficile trovare quel qualcuno! Lui voleva quella ragazza, per una notte, vero! Era squallido? Per lui no. Sperava che anche lei potesse pensarla così.

-Non ti farei mai niente di male, questo lo sai, vero?- la guardò fisso negli occhi -Sei diversa, non lo so cosa mi spinge verso di te ma...io vorrei davvero stare con te stanotte, vada come vada-

-Io...- era indecisa e imbarazzata. Lui la incalzò con lo sguardo -E’ molto tempo che non sto da sola con un uomo che non conosco e io...non ti conosco più di tanto! Poi….guardami!e’ assurdo che tu voglia me!sono brutta e insipida e ...-

-Sei bella invece, molto...bella- la fermò e con quella parola detta in italiano cercò di conquistarsi la sua fiducia. Lei si sentì morire.

-Tu mi prendi in giro, ammettilo!- sogghignò perplessa -Hai fatto qualche scommessa! E poi, scusami ma anche bene come fai a fidarti di me? Potrei essere una pazza, una mitomane! Potrei metterti sui giornali, fare uno scandalo! Inventarmi chissà cosa!-

-Non lo faresti mai e ti spiego subito perché- si raddrizzò sulla sedia -Anche tu hai bisogno di me e non perché sono io!no, tu hai bisogno di uno sconosciuto per liberarti del peso che ti stai portando dentro, qualunque esso sia. Io vorrei prendere questo peso e forse tu potresti volere un po’ del mio….- la guardò dolcemente -Non dobbiamo finire per forza a fare del sesso, anche se come ti ho detto ammetto che ne avrei una gran voglia e che tu mi intrighi molto. Ma se tu non te la senti possiamo anche solo continuare a parlare davanti a un tè-

La tranquillità che aveva quell’uomo la stava disarmando, il modo in cui la guardava, come se non fosse una sconosciuta, il modo in cui le diceva quelle parole a cui non poteva credere. E la sua bellezza sfrontata. Era dannatamente bello e si stava chiedendo se fosse normale farsi dei dubbi ad un invito di Tom Hardy. Se avesse avuto ancora vent’anni sarebbero già a casa di lui a fare sesso ma ora, a quasi trentacinque si sentiva meno sicura di se e più titubante davanti agli estranei. Nonostante questo estraneo avesse un viso che ti mandava in tilt il cervello.

-Il mio peso...- riuscì a dire solo questo.

-Se lo vuoi- non si lasciò intimidire oltre dalla sua insicurezza. La voleva. Punto!

-Promettimi che non me ne pentirò mai-

-Tu promettimi di essere davvero quello che dimostri con i tuoi disegni- si alzò tendendole la mano e lei decise di dargli la sua. Decise di affidarsi completamente a lui.

Prese lo zaino ma lui glielo tolse di mano mettendoselo in spalla da perfetto galantuomo. Il vento della sera soffiava senza sosta ma non c’erano nuvole e lo spettacolo del cielo era inaspettato: stelle luminose senza ritegno. Van Gogh al naturale. Fecero qualche passo al freddo ma poi lui prese un vialetto e la guidò su per delle scale di legno. In pochi secondi erano di nuovo al caldo in un bell’appartamento, arredato in modo semplice anche se si vedeva che era più un rifugio per pochi giorni l’anno che una vera e propria casa.

-Vuoi bere qualcosa? Ho tè di ogni tipo o se vuoi anche alcolici-

-Tè al rum? Ti va?- Tom annuì e sorridendo impercettibilmente sparì in quella che doveva essere la cucina. Si guardò intorno un po’ furtiva. C’erano soprattutto foto, che risaltavano in quell’ambiente spoglio, foto di lui con i bambini. Decise di non guardarle, non voleva interessarsi ad una vita che non le apparteneva e mai le sarebbe appartenuta. Quella era una parentesi voluta dal destino. Un destino beffardo e stronzo a pensarci bene, trovarsi da sola con un uomo che hai sempre ammirato sullo schermo e che ti ha sempre fatto un gran sesso. Grazie destino, proprio simpatico, sei!

E come sarebbe andata a finire?

-Ecco- si ritrovò impalata davanti alla finestra mentre lui la chiamava -Nola? Vieni, siediti qui-

E fu un attimo ritrovarsi a parlare di mille cose sciocche, senza una vera importanza, senza indagare troppo su chi erano realmente.

-Sono mesi che non ci capiamo più. Lei mi parla poco ed è sfuggente e io sto male ma non so cosa fare per ricucire uno strappo che non mi sono accorto di aver fatto- se lo lasciò sfuggire in un momento di silenzio.

-Sei sicuro che sia stato tu a fare questo strappo?- non voleva difenderlo a tutti i costi ma la vedeva la sofferenza nei suoi occhi e voleva capire.

-Quasi sicuro al cento per cento, anche se ti ripeto: non so cosa ho fatto!-

-Be’ se sei così sicuro, portare delle donne nelle tue case non è un buon modo per ricucire, sai?-

-Sei la prima donna che porto qui o in qualsiasi altro posto che mi appartiene. Credimi non sono un donnaiolo e non ci tengo ad esserlo! Tu sei diversa da tutto quello che mi è capitato tra le mani fino ad ora. Sento che non posso lasciarti andare via così, senza averti sfiorato un po’ l’anima-

Lei arrossì di colpo a quelle parole. Lui se ne accorse ma non glielo fece notare.

-Ti va di farti una doccia?- all’improvviso cambiò discorso. Lei cercò di capire cosa ci fosse dietro quella proposta ma trovò solo due occhi gentili e privi di qualsiasi malizia.

-Se posso, volentieri- sorrise e forse quello fu il primo sorriso davvero sincero che gli fece dall’inizio della serata.

Fu semplice lasciarsi cullare dall’acqua bollente, ne aveva bisogno, molto bisogno. L’acqua la rilassava sempre, sentirla scorrere lungo la pelle , gocce limpide e vitali per lei. Vapore familiare.

Si godette quella doccia senza vergogna e quando uscì trovò un accappatoio grigio, troppo grande per lei ma che indossò lo stesso perché voleva prendersi un suo abbraccio, anche se finto. Il tessuto odorava di lui e si perse in quel profumo di uomo. Selvatico ma buono.

Sentì della musica provenire da dietro la porta. “Jazz” pensò.

Dopo essersi asciugata decise di uscire per vestirsi, solo che Tom nello stesso momento decise di entrare in bagno per portarle un altro asciugamano. Si trovarono l’uno di fronte all’altra, fissandosi in imbarazzo per secondi interminabili.

-Non puoi pensare davvero di essere brutta...- lo sussurrò quasi incredulo che lei ne fosse davvero convinta.

-Invece posso, credimi- non riuscì a sorridergli questa volta. Era una lotta con se stessa da quando aveva quattordici anni. Da quando si era ammalata e usava il suo fisico per farsi male, riuscendo ad uscirne molti anni dopo con grande fatica e portandosi dietro strascichi pesanti di sofferenza ed insicurezza. La sua immagine allo specchio le dava ancora molto fastidio.

Un grugnito di assenso, forse di resa, uscì dalla bocca dell’uomo. Ma non era resa perché prima che lei potesse rendersene conto lui la fece indietreggiare fino al lavello e sollevandola per le cosce la fece sedere sul bordo. In tutto questo lei non riuscì a dire niente o a fare qualcosa. Come una preda inerme lo lasciò fare, gli lasciò aprire l’accappatoio, gli lasciò accarezzare la sua pelle, gli lasciò premere il basso ventre contro il suo. E in quel momento guardandolo negli occhi, nonostante l’imbarazzo, capì che lui la voleva davvero. Per qualche strano motivo quell’uomo meraviglioso, in quel momento, voleva lei. Si passò la lingua sulle labbra, non per malizia ma perché le sentiva secche. Aveva sete. E lui in un attimo placò quella sete baciandola.

Irruento e passionale, divenne ben presto dolce. Aveva sete anche lui.

Nola decise di partecipare a quel gioco in cui si era ritrovata invischiata. Iniziò a spogliarlo della camicia, bottone dopo bottone, e gli tolse la maglietta mettendo allo scoperto quella pelle decorata. Nero, inchiostro nero brillante: le maschere teatrali, il corvo, la Madonna, gli intrecci tribali e le scritte tra cui quelle per i figli. Passò il dito sulla parola padre e lo guardò ancora con un po’ di titubanza.

-Sei davvero sicuro di volermi?-

Lui capì i suoi dubbi -Io si, io stasera ho bisogno di te anche se non so chi sei. Tu? Tu hai bisogno di me?- le teneva il viso tra le mani, cercando di non farle distogliere lo sguardo e di capire cosa volesse davvero quella ragazza.

-Come se fosse possibile rifiutare Tom Hardy!- sogghignò lei. Tom la baciò ancora, con fame e lei non trovò niente di sbagliato in quel bacio, non lesse lascivia nei suoi occhi, ne alcun tipo di perversione. Solo voglia di prendersela, sbranarla cercando di farle il minor male possibile.

-Sei un uomo in fin dei conti. Famoso, vero, ma pur sempre un uomo. Posso dimenticare chi sei per stasera e prendermi solo l’uomo. Posso farlo...- lo disse più per se stessa.

E stavolta fu lei a baciarlo di nuovo, perché quella bocca le stava dando da mangiare dopo un periodo di carestia feroce. Si ritrovò su un letto enorme e sfatto, dalle lenzuola scure che sapevano di lui e dei suoi sogni. Forse anche dei suoi incubi.

Ma per quanto ci provasse lei lo sapeva che non era un uomo normale quello che la stava amando, quegli occhi, quelle pietre verdi dalle sfumature incerte tra il grigio e l’azzurro la stavano soggiogando. E averlo dentro fu un terremoto che le mise in agitazione tutto il sistema nervoso. Non era amore, ne innamoramento, non ci si poteva innamorare di un personaggio famoso! Era da stupidi. Era una voglia matta di prenderselo, perché quella sera toccava a lei. Voleva quel corpo massiccio che la stava schiacciando al letto, soffocandola quasi e lei voleva sentirsi soffocare, sentirsi senza respiro. Annegando in quel piacere che poche volte aveva sentito. E per non annegare del tutto si aggrappò con le unghie alla carne di quelle spalle solide, a quel corpo che dolcemente la stava inghiottendo in un baratro nero.

Di colpo fu lei a prendere il sopravvento, spinta da un istinto animalesco lo poté contemplare dall’alto, guardare quel volto perso nel godimento senza sapere che anche lui stava impazzendo sotto quelle spinte che gli stavano bruciando il ventre. Uno scontro, una lotta nata impari ma che stava diventando equa, una lotta tra simili, due esemplari selvatici affamati dalla solitudine e dalla malinconia. E quando lo scontro fini in un amplesso silenzioso ma sospirato fu naturale riprendere fiato.

Lei non era abituata alla dolcezza e lui non era abituato a darne. Ma decisero di non rispettare i loro istinti. L’abbracciò e lei poté perdersi in quel calore e nel suo odore di uomo, pungente ma buono.

-Fai palestra?- lo disse lui all’improvviso.

-No, odio la palestra. Perché?- era sospettosa. Dopo tutto quell’uomo aveva appena finito di esplorare il suo corpo.

-Sei tonica… e qui..- sentì il suo dito passarle sulla scapola dandole ulteriori brividi di piacere -Qui il muscolo è ben delineato...-

-Nuoto. Tre volte a settimana-

-E’ bello nuotare. Non sono bravissimo ma sto a galla- rise delle sue parole e lei sorrise con lui.

-L’acqua è l’unica cosa che mi da serenità, assieme al disegno...-

Sentì quelle braccia forti stringerla ancora di più.

-Potresti avere tante cose da dire, lo so. Lo sento. Anche tu hai tuoi tatuaggi e le storie che nascondono devono essere molto interessanti...-

-Forse in una vita parallela potrei raccontarti di me Mr. Hardy e potremmo conoscerci meglio…..in una vita parallela….-

Dopo poco lo sentì respirare pesantemente. Si era addormentato. Lei ci provò, sonnecchiò un po’ ma l’adrenalina in corpo era ancora tanta. Troppa. Era ancora convinta di vivere un sogno, ma il calore di quel corpo, quella braccia che la stavano stringendo, il viso addormentato di quell’uomo ora simile ad un bambino, erano veri.

Ad un certo punto decise che doveva andarsene. Non sarebbe stato normale dirsi addio. Come poteva essere un addio tre di loro?

Si alzò, senza far rumore andò in bagno e si vestì. Erano quasi le cinque e mezzo di mattina, il primo autobus per Edinburgo sarebbe partito alle sei e un quarto. Lo guardò un po’ mentre dormiva pacifico a pancia in giù, abbracciato al cuscino. Le spalle larghe e massicce, forse un po’ troppo ma rese irresistibili da quell’inchiostro nero. Un modo per abbellire un corpo a detta di lui deformato dallo sport e dall’amore per il suo lavoro? Per lei era semplice bellezza, non potevano esserci imperfezioni in lui. Non dopo quella notte. Riuscì a dargli un lieve bacio sulla fronte senza svegliarlo. Lasciando sul comodino lo schizzo di Iverness e una semplice messaggio: grazie, non dimenticherò mai questo sogno meraviglioso……

 

 

Capite perché stava impazzendo? Per lei era stato solo un sogno, un sogno reale che non riusciva a togliersi dalla testa. “Come faccio a spegnerti?” si chiedeva ogni volta che pensava a lui. E quando ascoltava gli Afterhours non poteva che credere alle parole di Manuel: forse sei un congegno che si spegne da se….. forse! E lo sperava. Vivere l’illusione di un amore fugace con un uomo simile.

Ripresa la vita di tutti i giorni cercò di non pensarci, di non pensare a quell’uomo. A Tom. Cercò di evitare in tutti i modi di trovarsi la sua immagine davanti. Convinta che i sogni prima o poi si dimenticano. Ma quando, dopo un mese, decise di sistemare lo zaino del viaggio trovò la risposta al suo problema: una camicia da boscaiolo rossa era stata messa in fondo, nascosta da tutto il resto. Una camicia che nonostante tutto sapeva ancora di lui….

 

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Altri attori/film / Vai alla pagina dell'autore: corvonero83