Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: tatagma_    13/12/2017    2 recensioni
Park Jimin lavora come cameriere in uno dei ristoranti più ambiti di tutta Seoul. La sua è una vita stabile, circondata da amici, divertimento ed un grande sogno nel cassetto: quello di diventare un ballerino professionista. Tutto cambia quando incontra Jeon Jungkook, figlio di un importante avvocato, ribelle, trasgressivo e con un forte desiderio di libertà. [Jikook _ accenni Namjin _ surprise!]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Seokjin/ Jin, Park Jimin
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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You got the best of me
 
- Prologo -

 
“Jin hyung, per l’amor del cielo, sbrigati! Finirò per far tardi di nuovo se non esci subito da lì !”

Erano ormai quindici minuti che Park Jimin batteva le mani strette in pugni sulla superficie della porta lignea del bagno sperando - quasi invano - che il suo coinquilino uscisse da quel metro cubo di stanza il più in fretta possibile. Il suo turno serale presso uno dei ristoranti più prestigiosi e rinomati di tutta Seoul stava per iniziare ed il giovane ragazzo, dai capelli biondi come l'avorio e il viso morbido e pallido come quello di una bambola di porcellana, con già indosso una divisa classica e stretta che ben fasciava le sue curve, sapeva che si sarebbe beccato una grossa strigliata dal suo capo se fosse arrivato anche solo con un secondo fuori dal giro perfetto di lancetta. Sarebbe finito in cucina, a lavare piatto su piatto, stoviglie su stoviglie, per tutta la notte, se non direttamente licenziato con tanto di "non farti rivedere mai più" nella peggiore delle ipotesi.

Jimin non poteva farsi sfuggire dalle mani, come una farfalla in primo volo, quell'occupazione che tanto aveva sudato per ottenere e trattenere con sé, supplicando e dimostrando al suo capo di saper gestire anche i turni più affollati e massacranti della settimana. Con l'aiuto del suo essere giovane e di bell'aspetto, una gentilezza fuori dal comune che da sempre caratterizzava la sua bontà d'animo, ed un sorriso perfetto che abbagliava la più bella delle città, Jimin riusciva così, alla fine di ogni mese, a percepire a suo malgrado uno stipendio e mance sostanziose che gli permettevano non solo di pagare le bollette e l'affitto della sua piccola casa comune, ma di continuare a seguire il suo sogno devoto, l'unica cosa solida e certa di amare nella vita, e pagare così la retta dell'autorevole accademia di danza che frequentava ormai da un anno.

 “Non mi interessa se sei nudo, Jin-ah, giuro che se non apri questa porta nel giro di due minuti, la sfondo!” Jimin urlò ancora, attendendo con poca pazienza e nervi a fior di pelle che dall'altro si percepisse un tanto e disperato cenno di assenso.

Difatti, in seguito a quella flebile minaccia, suonata forse in maniera fin troppo poco convincente, la serratura scattò e la porta del bagno dinanzi alla sua piccola statura finalmente si aprì. La chioma corvina e gocciolante di Kim Seokjin sbucò tra una fitta nube di vapore che odorava di bagnoschiuma al muschio, lui a piedi nudi, ignaro delle piccole pozzanghere d'acqua che stava appena formando sul pavimento, e con indosso un solo accappatoio di colore rosa, il suo preferito. "Scusa Jimin, ero in doccia, stavi dicendo qualcosa ?" chiese Jin stuzzicante con un sorriso ironico sulle labbra.

 “Finalmente!” imprecò il biondo precipitandosi all’interno del bagno ed afferrando spazzolino e dentifricio dal bicchiere posta accanto al lavabo. "Farò tardi per colpa tua!”

“Che bello vedere che sei di buon umore anche oggi, cupcake” sdrammatizzò il maggiore soffiandosi sulle unghia.

“Io sono sempre di buon umore!!"

L'amicizia che legava Jin e Jimin si proponeva da oramai quattro lunghi anni. I due si erano incontrati in maniera del tutto casuale, proprio lì, tra quelle mura ritinteggiate del loro appartamento in un pomeriggio di fine estate in cui i loro rispettivi agenti immobiliari decisero di accompagnarli per sbaglio - o forse solo per pura coincidenza - a visitare la stessa casa nello stesso giorno. Jin non conosceva nessuno, nato e cresciuto a Gwancheon, si era da poco trasferito nella grande capitale con lo scopo di racimolare fortuna e far decollare la sua carriera da attore, a Jimin d'altro canto faceva invece comodo qualcuno con cui dividere le spese del modesto appartamento e quel ragazzo dal sorriso contagioso era riuscito a catturare sin dall'inizio la sua reciproca simpatia.

Fra una risata ed una chiacchiera, spese dinanzi due tazze di tè caldo, i due avevano deciso in quel medesimo giorno di diventare coinquilini, ma soprattutto di diventare migliori amici, l'uno la spalla dell'altro, con il corso del tempo. Nonostante il più delle volte Jin si comportava come un vero genitore nei suoi confronti, rimproverando Jimin per le faccende domestiche non svolte o per la spesa non fatta quando il frigorifero gli si presentava vuoto a tarda sera, da quel fatidico giorno i due non si erano più lasciati. Jin e Jimin si sostenevano e si amavano al pari di due fratelli. L’uno parte integrante della vita dell’altro, insieme nei trionfi e nelle loro stesse avversità.

Jimin ricordava sempre con amabile tenerezza il giorno in cui Jin si era chiuso nella sua stanza a chiave e gli aveva confessato da dietro la porta di essere confuso per sentimenti che provava per un altro ragazzo, con il timore di non essere da lui pienamente accettato. Il biondo aveva aspettato così con pazienza che il maggiore si calmasse, seduto lì in mezzo al corridoio con le spalle al muro e le gambe incrociate, per poi abbracciarlo forte nel silenzio quieto privo di parole una volta uscito. A lui non importava minimamente Jin chi portasse a letto o chi frequentasse, se ciò riusciva a renderlo felice, anche Jimin lo era, a prescindere da ogni cosa.

 “Cosa dovrei mettere stasera secondo te?” urlò Jin dalla sua stanza, fermo impalato dinanzi l'armadio.

“Esci con Namjoon ?” gridò a sua volta Jimin.

“Sì, felpa da incontro ‘casual’ o camicia da incontro ‘scottante’ ?”

Jimin lo raggiunse per esaminare le due proposte, “Camicia, decisamente” decretò infilando nello zaino dei pantaloni ed una maglietta di ricambio, indossava già la sua divisa da lavoro. “Hai bisogno di casa libera? Posso rimanere da Hoseok se vuoi”

“No tranquillo, resto io da lui stavolta”, Jin afferrò il minore per un braccio e gli sistemò con poche manovre il nodo della sottile cravatta. “Ciò significa che tu rimarrai solo soletto, per tutta la notte

"Ed ecco che ci risiamo", Jimin sbuffò, “Ho il turno per tutta la notte, se mi va bene il signor Choi mi risparmierà le stoviglie. Non avrò nessuna forza di portare qualcuno a casa dopo".

“Sono il tuo migliore amico Jiminie, mi preoccupo per te. Sei troppo stressato e te lo dico francamente: hai bisogno di scopare”.

“Tu invece hai bisogno di uno psichiatra”, il biondo gli voltò le spalle ed una volta afferrate le chiavi di casa, si incamminò verso la porta d’ingresso. “Ci vediamo domani Jin-hyung, ti voglio bene!”

“Ti voglio bene Jimin-ah e buon divertimento, tanto lo so che mi renderai orgoglioso!”

Il biondo scosse la testa con un sorriso, alzando gli occhi al cielo e richiudendo con un pesante tonfo la porta alle sue spalle. L’amore, quell'ambiguo e miserioso sentimento che si instaurava tra due cuori, era sempre stato un grande tarlo nella sua vita se non la sua più grande mancanza. Jimin era incapace di credere che qualcuno potesse considerare un'altra persona il centro del suo universo, la fonte della proprià felictà. Non sapeva cosa volesse dire avere il batticuore, lo stomaco accartocciato. Non sapeva cosa si provasse nel tornare a casa con il sorriso sulle labbra, passare una notte insonne nell'attesa di un messaggio. Tutte queste cose Jimin non le sapeva, e ciò ancor più di incredibile è che non aveva nessuna curiosità a riguardo. Reputava tutti quei gesti stupidi, infantile, a tratti persino una perdita di tempo. Park Jimin aveva 23 anni e non si era mai innamorato. O forse non aveva mai incontrato la ragazza che più facesse al suo caso.  

Jimin si rigirò un'ultima volta a guardare la porta chiusa e a pensare ulteriormente a Seokjin, sempre così felice, spensierato e così innamorato del suo Namjoon. Forse però il suo hyung non aveva tutti i torti, forse aveva davvero bisogno di staccare la spina e rilassarsi. Quello non era però esattamente il momento adatto per farlo, Jimin non poteva lasciarsi sfuggire ulteriori colpi di testa. Scacciò via quei pensieri subordinati, come se degli insetti gli stessero annebbiando la vista, ed ascoltò invece la sua fedelissima e cara amica ragione. Si
 gettò lo zaino in spalla e scese le scale del condominio rapidamente, pronto ad affrontare - come suo solito e come ogni sera - un’estenuante e monotona serata lavorativa.

   
 
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