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Autore: chia_99    14/12/2017    0 recensioni
Dal primo capitolo:
"Caro diario,
questa è la prima volta che scrivo qualcosa che non sia un tema scolastico, quindi non sono molto sicura del risultato finale, potrebbe venir fuori un capolavoro in grado di far commuovere anche la persona più insensibile del mondo oppure un mix di frasi scollegate.
Non ho mai avuto un diario segreto, l'ho sempre considerata una cosa stupida, che senso ha scrivere qualcosa che tanto nessuno leggerà mai? Per me nessuno, evidentemente mia madre, un po' per fare il genitore attento ai bisogni della figlioletta adolescente, un po' per evitare di pagare uno psicologo (da cui comunque non sarei mai andata), ha un'opinione diversa."
Attraverso riflessioni profonde e momenti che, spero, riusciranno a strapparvi un sorriso, tutti raccontati nelle pagine di questo diario, imparerete a conoscere Arizona Leonardi, una diciottenne milanese, che a Barcellona comincerà una nuova vita.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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05/09/2016

Caro diario,

questa è la prima volta che scrivo qualcosa che non sia un tema scolastico, quindi non sono molto sicura del risultato finale, potrebbe venir fuori un capolavoro in grado di far commuovere anche la persona più insensibile del mondo oppure un mix di frasi scollegate.

Non ho mai avuto un diario segreto, l’ho sempre considerata una cosa stupida, che senso ha scrivere qualcosa che tanto nessuno leggerà mai? Per me nessuno, evidentemente mia madre, un po’ per fare il genitore attento ai bisogni della figlioletta adolescente, un po’ per evitare di pagare uno psicologo (da cui comunque non sarei mai andata), ha un’opinione diversa.

 E’ stata sua l’idea di regalarmi un diario o forse, cosa più probabile, del suo fidanzato; d’altronde solo ad un idiota come lui poteva venire in mente una cosa del genere … comunque, tralasciando i complimenti rivolti al mio patrigno ( mi viene la nausea se penso che tra pochi mesi sposerà mia mamma), oggi è il mio compleanno!

Non un compleanno qualunque, da oggi davanti alla legge (chiariamoci SOLO davanti alla legge) sono un’adulta, in grado di votare, prendere la patente e cosa più importane (almeno per me) poter andare al bar e ordinare una scura media!

Già … da oggi sono maggiorenne e invece di passare la serata tra cocktail, balli improbabili, musica spacca timpani, luci accecanti e adolescenti brufolosi e complessati, sono sdraiata sul letto, con un bicchiere di latte poggiato sul comodino, diciotto cupcakes con diciotto candeline, preparati da Olga (la cuoca) ai piedi del letto,  le cuffiette nelle orecchie, la mia amata playlist selezionata, una crocchia disordinata, struccata, con un pigiama di Minnie di almeno due taglie più grande addosso e sotto il mio piumone viola di Titti, compagno di maratone notturne di film accompagnate da così tanti pop-corn da star male, domeniche in coma, nottate senza riuscire a chiudere occhio pensando a problemi esistenziali o facendomi film mentali da Oscar e mattinate in cui nel separarmi da lui mi sentivo un po’ come il comandante del Titanic …

Il perché è piuttosto semplice e stai pensando che io sia una sorta di nerd asociale, che non mette il naso fuori di casa e che ha una strana relazione con il suo letto sbagli di grosso …

Certo io e il mio letto siamo sposati da tanti anni ormai e quello che ci lega sono sentimenti di amore e fiducia reciproca, ma a parte ciò ho una compagnia di amici in carne ed ossa che adoro …

L’unico piccolo e insignificante problema è che loro si trovano a chilometri da qui, sono a Milano, la città in cui sono cresciuta, in cui c’è la casa dove ho mosso i miei primi passi, dove ho detto le mie prime parole, dove ho giocato, fatto la lotta e litigato con i miei fratelli, dove otto anni fa è nata la nostra sorellina, la principessa della casa, dove fino a un mese fa abitavo ancora, prima che mia madre decidesse di imballare tutte le mie cose, fare armi e bagagli e seguire il suo ridicolo fidanzatino spagnolo nella sua città.

Certo avrei mille volte preferito restare a Milano, nella casa di mio padre … noi non abbiamo proprio un normale rapporto padre-figlia, le nostre conversazioni si limitano a commenti calcistici ( una passione o meglio l’unica che abbiamo in comune), partite alla play e poco altro (il dialogo non è proprio il suo forte) però gli voglio bene. Allora mi chiederai … perché cavolo non sei rimasta a Milano? Il motivo è che ho promesso a Martina, mia sorella, che non l’avrei mai e poi lasciata sola con la mamma, Miguel e suo figlio Fernando ( un moccioso odioso e viziato di dieci anni che non fa altro che chiedere regali e piangere al primo no) e mio malgrado, benché non potessi nemmeno lontanamente  immaginare quest’avventura catalana, io mantengo la mia parola fino in fondo.

Così eccomi qui, a Barcellona, a trascorrere tra le pareti verde  petrolio ( colore scelto da me per sostituire quell’orribile rosa confetto che c’era prima) della mia camera il mio diciottesimo compleanno.

In realtà la camera non è nemmeno mia, è della figlia più grande di Miguel, Maya, ha 22 ed è una sorta di figlia modello stando alle parole del padre, in questo momento si trova a New York, frequenta la Columbia University; anche mia madre aveva progettato per me una cosa simile, ma per suo grande rammarico i suoi sogni in merito ad un futuro che mi vedrebbe come un ingegnere o un avvocato non coincidono con i miei.

Comunque … sono proprio curiosa di vedere la faccia di Maya quando, tornata, vedrà la sua camera stile casa delle bambole trasformata completamente: dal colore delle pareti alla disposizione dei mobili; da tutte le sue foto rinchiuse in uno scatolone e sostituite dai miei poster di Messi, della Juve, di Griezzman … alla playstation 4; da tutti i suoi peluche sostituiti dai miei amati libri, fumetti e giochi della play agli scatoloni di pizza, resti di cibo e vestiti sporchi sparsi per il pavimento che hanno preso il posto di quel fastidioso ordine maniacale.

Ci sarà da ridere, soprattutto ricordando l’espressione di Miguel alla vista di quel che avevo combinato in meno di un mese … mia madre era sbiancata, il suo bell’incarnato rosa pesca aveva assunto la tonalità delle tende perfettamente bianche poste alle finestre.

“Yo no sé còmo … no sé que decir … sòlo … lo siento amor no … no me siento bien”

Era riuscita a dire solo questo, con il suo accento siciliano, mettendo insieme quel poco di spagnolo che ha imparato stando appiccicata a Miguelito H24 per gli ultimi tre anni.

In ogni caso meglio passare il mio compleanno così piuttosto che l’altra idea brillante di mia madre (oggi si è proprio superata, direi che l’influenza di Miguel si fa sentire …), ovvero una cena di ‘famiglia’ con i genitori e le sorelle di Miguel, considerando che li avrò visti due volte nella mia vita, che non è permesso usare il cellulare a tavola e che avrei dovuto trascorrere la serata con gente di cui mi importa meno della metà di niente, ho gentilmente rifiutato l’offerta inventando la scusa poco convincente di un’emicrania fulminante (non sono una brava attrice se non si fosse capito) e mi sono chiusa in camera.

Così ho passato la serata con Martina, l’unica in quella casa la cui vista non mi provochi un’irritazione cutanea condita da nausea e tutti i tipici sintomi dell’allergia.

Abbiamo fatto una video-chiamata con Matteo e Christian, i miei due fratelli più grandi, il primo ha 23 anni e sta a Parigi, lavora presso un importante stilista, il secondo ha 20 anni, è rimasto a Milano con papà e studia per diventare un avvocato; poi mi ha chiamato mio padre, sta mattina mi è arrivato il suo regalo: biglietti per andare a vedere Barcellona-Alaves tra due settimane. E’ stato senza dubbio il regalo più bello della mia vita e l’unica cosa positiva della giornata che non è stata proprio una delle migliori, anzi direi che se ci fosse un torneo per le giornate più sfortunate, questa salirebbe sul gradino più alto del podio.

Sono già le undici e visto che non si vede sonno all’orizzonte, ho deciso che passerò l’ultima ora della mia prima giornata da persona adulta matura e responsabile ( si fa per dire)  raccontando tutto ciò che ha contribuito a rendere questo cinque settembre il trionfo della sfiga, delle figure di merda e di incontri poco graditi. 

Non dico altro per non spoilerare il finale ad un possibile lettore del futuro (mamma se stai leggendo, tu non sei un lettore del futuro, chiudi il diario, esci da questa camera e lasciami un po’ di privacy una volta tanto), solo alcune avvertenze prima di cominciare a narrare dall’inizio questa giornata che vi farà capire perché Arizona Leonardi è ufficialmente la ragazza più sfigata del pianeta.

Punto primo: in italiano ho la media del 5,99 arrotondato a 6 per bontà d’animo e perché in giro dicono che io sia parecchio simpatica, quindi eventuali errori di grammatica sono giustificati e vi faranno capire perché la sera prima dell’ultimo giorno di scuola sfornavo muffin ai mirtilli da portare alla mia prof

Punto secondo: la scelta dei tempi è puramente casuale, ci possono essere salti dal presente al passato senza ragione(vedi punto precedente) , chiedo umilmente scusa a tutti gli amanti della consecutio temporum (liceali parlo con voi) se le mie scelte stilistiche non rispettano alcuna logica

Punto terzo: il contenuto non è adatto a chi soffre di attacchi di ridarella incontrollati (tipo la sottoscritta) , quindi se siete in giro e volete evitare di ridere da soli come psicopatici, sedetevi, prendete un caffè e gustatevi la storia, ma occhio che il caffè macchia (poi capirete il perché)

C’era una volta una ragazza che viveva in una torre alta alta e aveva lunghi capelli biondi …..

Mmm no … forse ho sbagliato storia …

Dunque dove eravamo?

Sembrava proprio una tranquilla domenica mattina  di settembre in cui non hai l’ansia della scuola che ci sarà l’indomani, con pile di compiti da fare per il venerdì prima e pagine da studiare che si moltiplicano solo guardandole, e puoi goderti gli ultimi giorni di libertà in attesa di tornare in prigione. Io dormivo beatamente dopo aver aspettato la notte prima fino alle due gli auguri da parte delle persone a me più care, ma invano. E mentre mi disperavo perché i miei amici si erano dimenticati di me e maledicevo il giorno in cui avevo messo piedi in terra catalana, mi resi conto che avevo esaurito i giga e che mia madre si era scordata di farmi la ricarica, quindi per gli auguri avrei dovuto aspettare il giorno dopo.

Comunque tutto sembrava filare liscio, io stavo facendo un bellissimo sogno in cui palleggiavo al Camp Nou con Messi quando il rumore della mia sveglia mi fece aprire gli occhi di scatto.

Quella maledettissima sveglia che da metà settembre ai primi di giugno suona sempre puntuale, oggi, primo giorno di allenamenti con una nuova squadra, ha deciso di suonare un’ora dopo.

Inutile dire quale fosse il mio umore dopo aver interrotto un sogno bellissimo e dopo aver constatato (dopo essermi ripresa dallo shock iniziale) che avevo solo un’ora di tempo per fare ciò che normalmente non riesco a finire nemmeno in due.

Visibilmente in preda al panico iniziai a cercare la mia divisa ovunque mettendo sottosopra ( ancora peggio di com’è di solito ) il mio armadio e inciampando in una lattina di coca-cola che probabilmente si trovava lì da più di una settimana, comunque ogni mio sforzo risultò inutile dal momento che questa non saltò fuori da nessuna parte. Scoprii solo alcune ore dopo che Carmen (la donna delle pulizie peruviana con cui faccio lunghe conversazione sul mio sogno di girare tutto il Sud America) l’aveva messa per sbaglio a lavare, così recuperai un paio di pantaloncini neri della Nike dall’ammasso di vestiti sulla sedia della mia scrivania e una canotta bianca e come una furia mi diressi in bagno.

Ovviamente non avevo tempo per passarmi la piastra e miei capelli sembravano la chioma di un albero appena colpito da un fulmine. Mia madre dice che sono stata io a ridurli in questo stato dal momento che, riccia naturale, mi ostino a piastrarli almeno due volte a settimana, forse ha anche ragione, ma detto da una che appare sempre perfetta e che anche alle 8 del mattino non ha nemmeno un capello fuori posto, fa un tantino innervosire, soprattutto se tu alle 8 del mattino sembri un leone sopravvissuto ad una rissa nel cuore della savana. Ad ogni modo legai i miei ricci ribelli in una coda di cavallo contando di sistemarli in un futuro prossimo.

Già ero in ritardo e sono nervosa di mio aggiungici che dovevo mettere le lenti a contatto eee sbattere il tutto, cuocere per 2 minuti a fuoco vivo e la frittata è pronta da servire in tavola … cotto e mangiato! 

Le lenti sono cadute  nel lavandino e la sfortuna, onnipresente, ha fatto si che io lasciassi il rubinetto aperto … ad ogni modo probabilmente le mie lenti ora come ora stanno nuotando con i pesci del Mediterraneo.

Mi sarei presentata all’allenamento senza divisa, con i capelli da pazza e dulcis in fundo senza vedere ad un palmo dal mio naso.

Certo io volevo mettermi in mostra, ma per il mio dribbling alla Messi e la mia grinta alla Mandzukic, non per essere l’imbranata della situazione …

Con l’umore sotto le scarpe (rigorosamente della Nike) mi diressi correndo con il borsone in spalla giù per le scale, ovviamente non vidi Olga (la cuoca più brava che conosco e che mi prepara sempre una crema al mascarpone da leccarsi i baffi) e la investii in pieno, così volò per terra con la faccia sulla torta che aveva preparato come colazione speciale per il mio compleanno, quanto a me rotolai giù per gli ultimi scalini e mi ammaccai il mio bellissimo culetto.

Mi sembra inutile riportare le urla di mia madre o lo sguardo di Miguel, la fotocopia di quello del giorno in cui era entrato nella mia stanza rivoluzionata, né tanto meno il fatto che nessuno dei due mi abbia fatto gli auguri troppo presi a sbraitare insulti davvero originali, lo devo ammettere, (parlo di mia madre ovviamente) e a osservare contrariati la scena, che comunque a mio parere vista da occhi meno seri sarebbe anche risultata esilarante, ma evidentemente il senso dell’umorismo è un qualcosa di sconosciuto in questa casa.

Comunque chiesi scusi ad Olga che, una volta sole, scoppiò in una fragorosa risata e abbracciandomi mi sussurrò ‘Feliz cumple princesa’, mi diede anche il suo regalo: un braccialetto davvero delizioso da parte sua e di Carmen.

Basterebbe solo questo a decretare la giornata un fallimento totale, ma evidentemente il destino aveva deciso di divertirsi ancora un altro po’ con me.

Arrivai agli allenamenti scortata da Gerard (l’autista) con soli dieci minuti di ritardo.

Quando uscii dagli spogliatoi le altre ragazze si stavano già scaldando e non c’era traccia del mister, così decisi di raggiungerle e fare finta di niente, ma quando credevo di averla fatta franca, ecco una voce alle mie spalle che mi fece sussultare.

-Bueno … no sé còmo se hacen las cosas en Italia, pero aquì nos suelen llegar a tiempo señorita …-

(il resto delle conversazioni lo scrivo in italiano perché non ho proprio voglia di tradurre)

Volevo sprofondare, era solo il primo giorno e già ero partita male … quando mi girai per guardarlo in faccia mi trovai di fronte un ragazzo che definirlo ‘carino’ sarebbe riduttivo: carnagione leggermente scura con diversi tatuaggi un po’ su tutto il corpo, bei lineamenti probabilmente brasiliani o comunque sudamericani, occhi di un colore che non saprei descrivere e capelli neri e ricci. Indossava una vecchia maglietta del Barcellona, al collo portava un fischietto e teneva un piede sul pallone mentre era intento a fissarmi con un sorriso da togliere il fiato.

Rimasi lì a fissarlo, stordita, incapace di dire qualcosa per non so quanto tempo.

-Che c’è il mio fascino ti ha sconvolta? Ti aspettavi forse di trovare un allenatore calvo, con i baffi e che puzzava di formaggio? Sei forse delusa perché ho i capelli, sono incredibilmente bello, con un fisico da paura e profumo di muschio bianco?- disse senza smettere di sorridere.

Ma si può? Non ho mai conosciuto nessuno con così tanta autostima di sé, chi si credeva di essere? Brad Pitt? Johnny Depp?

Non sopporto le persone così, va bene essere sicuri si sé, ma questo è un po’ troppo per i miei gusti … voglio dire, io non mi sono mai lamentata del mio aspetto, ma non mi sono mai nemmeno pavoneggiata così (se non per scherzare) e per di più in presenza di sconosciuti.

Sentivo le guance andare a fuoco e le risatine delle mie compagne.

-Si … cioè volevo dire no … insomma …-

-Però timida la ragazza, per fortuna Miguel mi aveva detto che hai un caratterino … ad ogni modo non abbiamo tutto il giorno. Chicas lei è Arizona, la nostra new entry, Arizona le tue compagne di squadra … le conoscerai con calma una per una. Oh, lei è Marisol, il nostro capitano, per qualsiasi cosa rivolgiti pure a lei- disse indicando una ragazza con il fisico perfetto, un bel viso pulito, una lunga coda di cavallo bionda e gli occhi azzurri che mi guardava dall’alto in basso con aria di superiorità.

-E ora forza su, 10 giri di campo prima di iniziare le serie di addominali, veloci … Electra Garcia Ramìrez sei in ritardo! Per te due giri in più di campo. Beh direi che sei in buona compagnia Arizona, scommetto che farete amicizia, soprattutto durante quei due giri di campo in più …-

Una bella ragazza con le trecce castane, gli occhi scuri, la pelle chiara e il fiatone tipico di chi ha appena corso per arrivare in orario senza successo (tipo io il lunedì mattina quando entro in classe) sbuffò scuotendo la testa  e poi mi rivolse un ampio sorriso che ricambiai, eravamo entrambe consapevoli di essere nella stessa barca … mi stava già simpatica!

Stavo già per raggiungere le mie compagne quando il mister mi fermò mettendomi una mano sulla spalla, sussultai a quel tocco, ero abituata ad un tipo di rapporto giocatrice-allenatore completamente diverso.

-In che ruolo giochi?-

-Come attaccante, seconda punta, almeno nell’ultimo anno … ho anche giocato come trequartista e una volta mi ha schierato in regia … si beh in realtà ho fatto un po’ di tutto da metà campo in avanti, in base alle necessità dell’allenatore - dissi ricordando con una nota di nostalgia la mia vecchia squadra, di cui ero leader in campo e in spogliatoio. Inutile dire che la mia fonte di ispirazione è Messi.

-Va bene … nella partitella provo a schierarti da falso nueve e vediamo che combini, mmm? Una fantasista ci mancava proprio, vediamo se l’abbiamo trovata- rispose lui con un sorriso compiaciuto.

-Certo mister, come vuole …-

Mi girai quando mi fermò nuovamente.

-Un’ultima cosa … qui tutte mi chiamano per nome … così chiamami pure Neymar, mister invecchia-

Chissà perché ci avrei giurato che si faceva chiamare per nome da tutte le ragazze …

-Si mist … volevo dire Neymar-

-Arizona?-

-Si?-

-Vedo che ti piace la panna, forse dalla prossima volta sarebbe meglio un piatto meno calorico e più salutare. L’alimentazione è un aspetto fondamentale per arrivare in forma e pronta per una partita …- disse prima di passare un dito sulla mia guancia e portarselo alla bocca.

-E questo cos’è? Caffè?- continuò indicando la mia canotta.

Abbassai lo sguardo più rossa che mai cercando ancora di capire come fosse finita della panna sulla mia guancia ( evidentemente quando la torta era caduta doveva essermene schizzata una parte in faccia) e notai una vistosa macchia di caffè, come diavolo avevo fatto a non accorgermene?

Lui rise sonoramente buttando indietro la testa .

Per un attimo dimenticai la macchia, le mie compagne, l’allenamento, tutto … ero come ipnotizzata da quel sorriso e quegli occhi magnetici.

-Senti … lo so che è difficile, ma cerca di non innamorarti di me. Sarebbe imbarazzante, no?-

-Come?!-

Lo guardai sconvolta, ricomponendomi immediatamente. Era bastata una semplice frase per farmi capire di avere davanti un pallone gonfiato e non bastava tutta la Spagna per contenere il suo ego.
   
 
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